nerofelix
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lunedì 28 agosto 2006
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intenso
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Bello... ma, a mio modo di vedere, il film merita una valutazione disgiunta perché alla bravura tecnica di Faenza e degli attori, alla profondità della storia, fa riscontro una sceneggiatura a tratti un po' sfilacciata ed una vena narrativa non sempre adeguata al tema trattato che talvolta ridicolizza (suo malgrado) la figura di Jung. Piccoli limiti che non pregiudicano però il piacere della visione, infatti nel complesso è un film che coinvolge e commuove. Racconta di una storia d'amore che entra ed esce continuamente dalla soglia della follia... eppure è tutto molto tenero e profondo. L'interpretazione della protagonista, nelle vesti di Sabina Spielrein, è superba e assolutamente convincente.
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Bello... ma, a mio modo di vedere, il film merita una valutazione disgiunta perché alla bravura tecnica di Faenza e degli attori, alla profondità della storia, fa riscontro una sceneggiatura a tratti un po' sfilacciata ed una vena narrativa non sempre adeguata al tema trattato che talvolta ridicolizza (suo malgrado) la figura di Jung. Piccoli limiti che non pregiudicano però il piacere della visione, infatti nel complesso è un film che coinvolge e commuove. Racconta di una storia d'amore che entra ed esce continuamente dalla soglia della follia... eppure è tutto molto tenero e profondo. L'interpretazione della protagonista, nelle vesti di Sabina Spielrein, è superba e assolutamente convincente. Il finale è triste e promette di strappare qualche lacrima e sicuramente un bel po' di riflessioni.
E' un bel quadro, un ritratto della protagonista con, sullo sfondo, la fase pionieristica della moderna psicanalisi e l'orrore di cruciali passaggi della nostra storia. Prediligendo la vicenda umana è stato quasi inevitabile semplificare questi grandi eventi storici. Un pubblico avveduto e informato potrà forse goderne di più rispetto ad uno sprovveduto. Quattro stelle per Faenza, attori e coinvolgimento emotivo del film, tre stelle per la storia e la colonna sonora, due per la sceneggiatura. Va visto e vissuto dentro. Intensamente.
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stefanocapasso
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giovedì 3 aprile 2014
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la relazione autentica che cura
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costruisce il film basandosi sul libro di Aldo Carotenuto “Diario di una segreta simmetria”, che a sua volte prende spunto da lettere, ritrovate a distanza di anni, che Sabina Spielrein spediva al suo terapeuta Carl Gustav Jung.
E’ la storia di una scoperta.
Jung è un giovane medico che sperimenta per la prima volta su Sabina, diagnosticata affetta da isteria, la nuova terapia psicoanalitica di Freud, di cui egli stesso è allievo prediletto.
Jung si dedica con passione al suo lavoro, dedica tutta la sua vita ai suoi pazienti, e Sabina che è una giovane e bella donna riceve lo stesso tipo di attenzione.
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costruisce il film basandosi sul libro di Aldo Carotenuto “Diario di una segreta simmetria”, che a sua volte prende spunto da lettere, ritrovate a distanza di anni, che Sabina Spielrein spediva al suo terapeuta Carl Gustav Jung.
E’ la storia di una scoperta.
Jung è un giovane medico che sperimenta per la prima volta su Sabina, diagnosticata affetta da isteria, la nuova terapia psicoanalitica di Freud, di cui egli stesso è allievo prediletto.
Jung si dedica con passione al suo lavoro, dedica tutta la sua vita ai suoi pazienti, e Sabina che è una giovane e bella donna riceve lo stesso tipo di attenzione. Ben presto l’ardente passionalità di Sabina, la sua intelligenza, le sue intuizioni diventano per Jung una potente attrazione amorosa, ricambiata dalla stessa Sabina.
Il rapporto terapeutico sconfina e si trasforma in una storia d’amore travolgente che Jung dovrà interrompere quando capisce che è a rischio la sua vita, il suo lavoro, la famiglia, il suo stesso equilibrio. Sabina tornerà nella sua Russia e a sua volta studierà psicologia e svilupperà ella stessa un suo approccio terapeutico indirizzato in special modo verso i bambini.
Quello che rimane di questa storia, che vista da oggi sarebbe vista come una grossa violazione dei confini dell’ambito terapeutico, è che la relazione autentica, fatta anche di amore nel senso più ampio del termine, è ciò che guarisce. E il percorso è per entrambi di evoluzione. Sabina, ricostruisce, con la terapia di Jung, il bisogno di amore primario e potrà dedicarsi finalmente agli altri; Jung, che veniva da una mondo fatto di rigide convenzioni, grazie a questo sconfinamento scopre qualcosa di più di se , quel qualcosa che gli permetterà di porre le basi per sviluppare il suo personale approccio terapeutico olistico.
Il tutto è raccontato da una coppia dei nostri giorni che a Mosca, si incontra casualmente in una biblioteca e cerca di ricostruire i pezzi di questa storia. A differenza della Spielrein e di Jung i due non avranno lo stesso coraggio, lo stesso trasporto passionale e confineranno al rapporto di collaborazione, una attrazione che sembra sul punto di sbocciare.
Due piani narrativi che si intrecciano. L'alternanza della densità emotiva delle due storie permette di prendere fiato tra uno stacco e l'altro dalla storia principale.
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stefanocapasso
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giovedì 3 aprile 2014
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la relazione autentica che cura
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Roberto Faenza costruisce il film basandosi sul libro di Aldo Carotenuto “Diario di una segreta simmetria”, che a sua volte prende spunto da lettere, ritrovate a distanza di anni, che Sabina Spielrein spediva al suo terapeuta Carl Gustav Jung.
E’ la storia di una scoperta.
Jung è un giovane medico che sperimenta per la prima volta su Sabina, diagnosticata affetta da isteria, la nuova terapia psicoanalitica di Freud, di cui egli stesso è allievo prediletto.
Jung si dedica con passione al suo lavoro, dedica tutta la sua vita ai suoi pazienti, e Sabina che è una giovane e bella donna riceve lo stesso tipo di attenzione. Ben presto l’ardente passionalità di Sabina, la sua intelligenza, le sue intuizioni diventano per Jung una potente attrazione amorosa, ricambiata dalla stessa Sabina.
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Roberto Faenza costruisce il film basandosi sul libro di Aldo Carotenuto “Diario di una segreta simmetria”, che a sua volte prende spunto da lettere, ritrovate a distanza di anni, che Sabina Spielrein spediva al suo terapeuta Carl Gustav Jung.
E’ la storia di una scoperta.
Jung è un giovane medico che sperimenta per la prima volta su Sabina, diagnosticata affetta da isteria, la nuova terapia psicoanalitica di Freud, di cui egli stesso è allievo prediletto.
Jung si dedica con passione al suo lavoro, dedica tutta la sua vita ai suoi pazienti, e Sabina che è una giovane e bella donna riceve lo stesso tipo di attenzione. Ben presto l’ardente passionalità di Sabina, la sua intelligenza, le sue intuizioni diventano per Jung una potente attrazione amorosa, ricambiata dalla stessa Sabina.
Il rapporto terapeutico sconfina e si trasforma in una storia d’amore travolgente che Jung dovrà interrompere quando capisce che è a rischio la sua vita, il suo lavoro, la famiglia, il suo stesso equilibrio. Sabina tornerà nella sua Russia e a sua volta studierà psicologia e svilupperà ella stessa un suo approccio terapeutico indirizzato in special modo verso i bambini.
Quello che rimane di questa storia, che vista da oggi sarebbe vista come una grossa violazione dei confini dell’ambito terapeutico, è che la relazione autentica, fatta anche di amore nel senso più ampio del termine, è ciò che guarisce. E il percorso è per entrambi di evoluzione. Sabina, ricostruisce, con la terapia di Jung, il bisogno di amore primario e potrà dedicarsi finalmente agli altri; Jung, che veniva da una mondo fatto di rigide convenzioni, grazie a questo sconfinamento scopre qualcosa di più di se , quel qualcosa che gli permetterà di porre le basi per sviluppare il suo personale approccio terapeutico olistico.
Il tutto è raccontato da una coppia dei nostri giorni che a Mosca, si incontra casualmente in una biblioteca e cerca di ricostruire i pezzi di questa storia. A differenza della Spielrein e di Jung i due non avranno lo stesso coraggio, lo stesso trasporto passionale e confineranno
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elgatoloco
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martedì 10 dicembre 2019
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discutibile, forse, ma solleva problemi
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"Prendimi l'anima"(2002, Roberto Faenza)è un fim che ricostruisce, partendo dal carteggio originale della donna, ritrovato e pubblicato da Aldo Carotenuto, la storia di Sabina Spielrein, giovane ebrea russa ricoverata in un"Manicomio"(allora si chiamava così)di Zurigo e curata da Carl Gustav Jung , con cui, però, presto si crea un rapporto che va al di là della seduta psicanalitica(all'epoca Jung era ancora freudiano...). Jung, però, a un certo punto, avrebbe avuto paura dell'esplosione dello scandalo(era spostato con figli), pur seguendo l'ex paziente ormai prossima a diventare psicananlista e poi psicoterapeuta, innovatrice, fondando in Russia(vi era tornata)il coisddetto"Asilo Bianco", poi inviso a Stalin.
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"Prendimi l'anima"(2002, Roberto Faenza)è un fim che ricostruisce, partendo dal carteggio originale della donna, ritrovato e pubblicato da Aldo Carotenuto, la storia di Sabina Spielrein, giovane ebrea russa ricoverata in un"Manicomio"(allora si chiamava così)di Zurigo e curata da Carl Gustav Jung , con cui, però, presto si crea un rapporto che va al di là della seduta psicanalitica(all'epoca Jung era ancora freudiano...). Jung, però, a un certo punto, avrebbe avuto paura dell'esplosione dello scandalo(era spostato con figli), pur seguendo l'ex paziente ormai prossima a diventare psicananlista e poi psicoterapeuta, innovatrice, fondando in Russia(vi era tornata)il coisddetto"Asilo Bianco", poi inviso a Stalin. Sarebbe poi morta , uccisa dai nazisti, durante l'invasione russa di Rostov. La storia viene ricostruita da due stuidiosi, negli anni successivi alla caduta del"comunismo"in URSS. Faenza, valido studioso dei mass.media e regista/sceneggiatore a tratti discontinuo, qui è in parte prolisso nei dialoghi, riuscendo a dare scarsa consistenza narrativa al"doppio"della storia dei due ricercatori(una, francese di origini ebraiche, forse persino parente della Spielrein, essendone omonima, si innamora, da donna del personaggio, lui è uno storico scozzese)che non riesce ad essere tale, rimanendo l'allusione a un"doppio", per l'apppaunto, decisamente nel vago, mentre la trattazione della vicenda principale rischia, a tratti ma anche nel ductus prinicipale, di essere calligrafica e comunque di maniera. C'è comunque un problema: il film risolleva il caso Spielrein, psicoanalista comunque innovativa ed importante, ma anche quello dell'affaire"controtransfert"; in altri termini, se il transfert consiste nell'innamoramento del"paziente"(più facilmente della paziente)per l'analista, se quest poi viene ricambiato, siamo nel"controtransfert"...Ora, molti junghiani si sono radicalmente opposti a questa ricostruzione: nel 2003 completavo la formazione da reflector con il dott.prof.Sergio Gaffi, junghiano, che negava totalmente valore al film su questo piano. Sena voler entrare in medias res, rimane comunque una questione irrisolta. Vorrei solo aggiungere che"spielrein"in tedesco, come dice la protagonista, vuol dire"gioco pulto", ma puà voler dire anche, come imperativo"gioca pulito!"(Spiel rein!), il che aggiunge una serie di equivoci ma anche di rimproveri da parte della protagonista(che poi si sposerà e avrà figli, oltre all'attivista analitica e psicoterapeutica)a Jung e comunque la doppiezza della quaestio contro(o contra(transfert. Ottimi gli interpreti, da Emilia Fox a Ian Glen(protagonisti della storia principale)a Craig Ferguson e Caroline Ducey, i"quasi doppi"... Jane Alexander è estremamente brava nel riuolo della moglie di Jung. Molte musiche, anche assolutamente adatte, nel film, ma stona la presenza di un walzer vienne di Johann Strauss, che è assolutamente "fuori contesto"rispetto alle scene che dovrebbe"commentare". Un film che apre interrogativi, per cui sarebbe interessante uno scambio d'opinioni anche polemico, con Faenza stesso, autore con altri anche della sceneggiatura. El Gato
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lore64
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mercoledì 10 febbraio 2010
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discreto anche se alquanto scontato
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Discreta pellicola, certo non un capolavoro. Rimane a metà fra due ordini di estremi: anzitutto fra un'analisi del rapporto medico-paziente e della nascita della psicanalisi, e una biografia in chiave fortemente elogiativa; in secondo luogo fra una seria ricostruzione storiografica e una storia d'amore.
La prima metà la pellicola si concentra sul periodo della malattia, poi vediamo alcuni spezzoni della vita successiva della donna, con salti d'un decennio o più. Dall'intreccio non si comprende bene quale fossero le cause della sua malattia, o perché la ricercatrice francese abbia preso tanto a cuore il suo personaggio (salvo il fatto che "Spielrain in tedesco vuol dire gioco pulito"...).
Inoltre si ha l'impressione che la personalità della Spielrain sia ricostruita in chiave elogiativa, piena di sogni, amore, dolcezza e dedizione incondizionata alla propria attività didattica.
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Discreta pellicola, certo non un capolavoro. Rimane a metà fra due ordini di estremi: anzitutto fra un'analisi del rapporto medico-paziente e della nascita della psicanalisi, e una biografia in chiave fortemente elogiativa; in secondo luogo fra una seria ricostruzione storiografica e una storia d'amore.
La prima metà la pellicola si concentra sul periodo della malattia, poi vediamo alcuni spezzoni della vita successiva della donna, con salti d'un decennio o più. Dall'intreccio non si comprende bene quale fossero le cause della sua malattia, o perché la ricercatrice francese abbia preso tanto a cuore il suo personaggio (salvo il fatto che "Spielrain in tedesco vuol dire gioco pulito"...).
Inoltre si ha l'impressione che la personalità della Spielrain sia ricostruita in chiave elogiativa, piena di sogni, amore, dolcezza e dedizione incondizionata alla propria attività didattica... neppur mancano alcuni stereotipi dell'immaginario mediatico demoliberale (come il rifiuto sdegnoso di sottomettersi agli sgherri del KGB, immancabilmente pieni di prepotenza e arroganza, venuti a farle firmare l'atto d'abiura per le sue teorie pedagogiche libertarie). Infine, non si può evitare l'impressione che il fatto di essere un'ebrea fucilata dai tedeschi abbia contribuito a rendere il suo personaggio papabile per la trasposizione filmica in chiave simpatizzante... ci mancava l'amica lesbichetta ed avevamo Anna Frank novelty 2002.
Originale il tema, buona la recitazione degli attori e ben ricostruiti gl'interni d'epoca. Mi ha ricordato "I colori dell'anima", ambientato nel medesimo periodo e caratterizzato dalla medesima oscillazione fra analisi imparziale d'una personalità e d'un rapporto complesso (in questo caso quello di Modigliani colla convivente) e sua trasvalutazione in termini di storia d'amore infelice fra anime troppo pure per sottostare al peso della vita (!!).
Nel complesso: una pellicola che merita di essere vista, certo non osannata.
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