fabio silvestre
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domenica 4 agosto 2024
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jack dinorscio one man show !!!
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Sidney Lumet con la sua magistrale regia mette in scena quello che è stato il processo per mafia più lungo celebratosi negli Stati Uniti: 20 imputati per decine di capi di accusa tra cui associazione a delinquere tra i componenti di 2 famiglie del New Jersey. Tra gli imputati il protagonista in assoluto della pellicola è Jack DiNorscio, interpretato alla grande da Vin Diesel, che, già in carcere per traffico di droga, decide di difendersi da solo spiegando la propria posizione, di fronte alla marea di prove raccolte, alla giuria e interrogando i vari testimoni presentati dal procuratore. Si assiste per 2 ore in modo spassoso, simpatico e ironico ad un vero e proprio one man show dinanzi alla Corte dove con una parlantina spesso infarcita da termini non proprio giuridici in tribunale il DiNorscio fa spesso ridere i giurati con la sua spavalderia da italo/americano e mancando di rispetto al giudice.
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Sidney Lumet con la sua magistrale regia mette in scena quello che è stato il processo per mafia più lungo celebratosi negli Stati Uniti: 20 imputati per decine di capi di accusa tra cui associazione a delinquere tra i componenti di 2 famiglie del New Jersey. Tra gli imputati il protagonista in assoluto della pellicola è Jack DiNorscio, interpretato alla grande da Vin Diesel, che, già in carcere per traffico di droga, decide di difendersi da solo spiegando la propria posizione, di fronte alla marea di prove raccolte, alla giuria e interrogando i vari testimoni presentati dal procuratore. Si assiste per 2 ore in modo spassoso, simpatico e ironico ad un vero e proprio one man show dinanzi alla Corte dove con una parlantina spesso infarcita da termini non proprio giuridici in tribunale il DiNorscio fa spesso ridere i giurati con la sua spavalderia da italo/americano e mancando di rispetto al giudice. La sceneggiatura è comunque ben scritta evidenziando i tanti luoghi comune sugli Italo/americani ed il film scorre veloce fino al sorprendente verdetto finale. Voto: 7/10.
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giovanni
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martedì 22 settembre 2020
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storia vera? non convince ma amareggia.
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Film forse un po' troppo lungo, ma interessante. C'è da chiedersi: "Veramente una giuria assolve tanti criminali di cui è più che provata la colpevolezza? Per quali motivi assove?" Nel film non cè risposta.
Tutto sommato il film è buono, però - se si tratta di fatti veri - il finale lascia amareggiati.
Ma forse è proprio così: la mafia è vincente, e - come direbbe Humphrey Bogart - noi non possiamo farci niente.
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sabri92
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martedì 22 ottobre 2019
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un grande sidney lumet, un eccellente van diesel!
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Dopo il meraviglioso La Parola ai Giurati, del 1957, e il più che discreto Il Verdetto, del 1982, Sidney Lumet ritorna nelle aule di tribunale per raccontare il più lungo processo penale della storia statunitense. Quello contro il clan Lucchese, con venti imputati ed oltre settanta capi d'accusa. Alla sbarra, fra gli altri, c'è Giacomo Jackie Di Norscio, già detenuto (e condannato a trenta anni di reclusione) per spaccio di stupefacenti. Alla veneranda età di 82 anni, il regista non si smentisce, regalando altra ottima pellicola di genere giudiziario. Gran merito, naturalmente, va ascritto anche alla magistrale interpretazione di Van Diesel nel ruolo proprio di Giacomo Di Norscio, un gangster, ma anche un gagster, cioè un comico, come lui stesso si definisce di fronte alla giuria.
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Dopo il meraviglioso La Parola ai Giurati, del 1957, e il più che discreto Il Verdetto, del 1982, Sidney Lumet ritorna nelle aule di tribunale per raccontare il più lungo processo penale della storia statunitense. Quello contro il clan Lucchese, con venti imputati ed oltre settanta capi d'accusa. Alla sbarra, fra gli altri, c'è Giacomo Jackie Di Norscio, già detenuto (e condannato a trenta anni di reclusione) per spaccio di stupefacenti. Alla veneranda età di 82 anni, il regista non si smentisce, regalando altra ottima pellicola di genere giudiziario. Gran merito, naturalmente, va ascritto anche alla magistrale interpretazione di Van Diesel nel ruolo proprio di Giacomo Di Norscio, un gangster, ma anche un gagster, cioè un comico, come lui stesso si definisce di fronte alla giuria. Per lo spettatore, risulta davvero difficile non parteggiare per il criminale, considerati la simpatia, il carisma ed anche alcuni valori in cui Jackie crede fermamente. E Lumet, probabilmente, desidera che il tifo sia appunto in favore del criminale, e quindi degli altri imputatti, atteso che il Procuratore è presentato come uomo presuntuoso, spocchioso, arrogante, a tratti addirittura odioso. Ulteriore riprova, la presenza nel cast del brillante (e bravissimo) Peter Dinklage, nel ruolo di Ben Klandis, simpatico Difensore di altro accusato. Molte scene si svolgono all'interno del tribunale, altre nel carcere in cui Di Norscio è recluso: probabilmente, una specie di ripresa, da parte del regista, di quegli ambienti chiusi, quasi claustrofobici, che già avevano caratterizzato il richiamato La Parola ai Giurati. Non per tale ragione, però, il film si manifesta lento: al contrario, il ritmo è sempre molto elevato, a tratti coinvolgente. Già riferito di Diesel e Dinklage, anche il resto del cast è di buonissimo livello nelle rispettive parti, con particolare menzione per Ron Silver, nel ruolo del Giudice Finestein. Insomma, nel suo insieme, Prova a Incastrarmi rissulta una pellicola molto godibile che merita un'alta valutazione.
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mencio
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domenica 11 giugno 2017
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un film insoffisfacente
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Il film non mi sembra piatto: ripete lo stereotipo dell'italo-americano mafioso, ignorante, volgare, ma in qualche modo simpatico (ad alcuni, s'intende). Per un insieme di motivi storici, e perchè non deve vivere in America, l'italiano d'Italia non si offende per questo, ma rimane sorpreso. Egli infatti ha visto e conosciuto, grazie alla tv ed ai processi teletrasmessi, diversi terribili mafiosi italiani d.o.c. come Totò Riina e Michele Greco detto il Papa, per citarne solo due. Egli sa che i mafiosi italiani non sono sboccati, come quelli americani, che sono intelligenti, a volte molto spiritosi, ma troppo spietati per poter essere simpatici. In realtà gli stereotipi sono essenziali nel cinema americano: lo spettatore americano non sa che farsene di un irlandese che non beve e che si comporta come un inglese, come di un inglese che si comporti come un italiano.
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Il film non mi sembra piatto: ripete lo stereotipo dell'italo-americano mafioso, ignorante, volgare, ma in qualche modo simpatico (ad alcuni, s'intende). Per un insieme di motivi storici, e perchè non deve vivere in America, l'italiano d'Italia non si offende per questo, ma rimane sorpreso. Egli infatti ha visto e conosciuto, grazie alla tv ed ai processi teletrasmessi, diversi terribili mafiosi italiani d.o.c. come Totò Riina e Michele Greco detto il Papa, per citarne solo due. Egli sa che i mafiosi italiani non sono sboccati, come quelli americani, che sono intelligenti, a volte molto spiritosi, ma troppo spietati per poter essere simpatici. In realtà gli stereotipi sono essenziali nel cinema americano: lo spettatore americano non sa che farsene di un irlandese che non beve e che si comporta come un inglese, come di un inglese che si comporti come un italiano. Rimproverare per questo Sidney Lumet è perciò come rinfacciare a Goldoni di aver rappresentato Arlecchino come un servitore di due padroni. Lo spettatore americano rimarrebbe disorientato di fronte al venir meno delle sue più amate maschere. Resta però nello spettatore italiano una certa insoddisfazione: l'italiano infatti ama una certa quantità di realismo anche nelle modalità comiche e qui, alla fine del film, egli sente che quella porzione di realismo non gli è stata servita e si alza con un certo appetito. Un legale potrebbe notare che i megaprocessi sono sempre pericolosi ai fini di giustizia (Tortora docet), che nel processo al clan dei Lucchese le prove sui reati specifici erano molto fragili, ma a questo punto il gusto dello spettatore se n'è bell'andato per esser sostituito da qualcosa di ben diverso.
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elgatoloco
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lunedì 10 ottobre 2016
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lumet grande come sempre
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Sidney Lumet è regista di notevolissima statura(ora scomparso, purtroppo)cui l'attenzione critico-analitica è spesso mancata, se non totalmente(sarebbe stato impossibile, del resto), almeno parzialmente. E'stata, quella critica, una ricerca su Lumet spesso faziosa, spesso interessata semplicemente a dire che un suo film non poteva stare al livello degli altri suoi film(basso comparativismo, diciamo pure), che il flm non esprimeva lo spirito del tempo etc. Fa eccezione un bel volumetto(de"IL Castoro", collana di cinema, forse oggi esaurita)di Gualtiero De Santi. Tutto falso,quanto alla critica corrente-dominante, in quanto, invece, la sua cinematografia, soprattutto in ambito USA, è assolutamente di primo piano.
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Sidney Lumet è regista di notevolissima statura(ora scomparso, purtroppo)cui l'attenzione critico-analitica è spesso mancata, se non totalmente(sarebbe stato impossibile, del resto), almeno parzialmente. E'stata, quella critica, una ricerca su Lumet spesso faziosa, spesso interessata semplicemente a dire che un suo film non poteva stare al livello degli altri suoi film(basso comparativismo, diciamo pure), che il flm non esprimeva lo spirito del tempo etc. Fa eccezione un bel volumetto(de"IL Castoro", collana di cinema, forse oggi esaurita)di Gualtiero De Santi. Tutto falso,quanto alla critica corrente-dominante, in quanto, invece, la sua cinematografia, soprattutto in ambito USA, è assolutamente di primo piano. Idem vale, senza alcun dubbio per questo"Find me guilty"("scoprimi colpevole", se volete"beccami colpevole", più popolarmente..., ma anche l'italiano"Prova ad incastrarmi non va male, in realtà, esprimendo con una certa rude efficacia il concetto), film documentato, basato sugli atti del processo Lucchese(siamo quasi alla fine degli anni Ottanta del 1900), film puramente processuale(pochissime sequenze girate all'esterno, anzi, dovremmo meglio dire quasi nessuna), molto serio e concentrato. Riesce quasi a dimostrare che una persona volgare, incolta, tout court"ignorante"come Lucchese, assolutamente colpevole quanto conscio d'esserlo, riesca a"farla franca"(riprendendo un po', ma ci vuole, l'ambito semantico del titolo italiano, ma sostanzialmente anche di quello originale)come un avvocato di lungo corso, in quella tradizione, per farla breve, che va da Cicerone(tutt'altro che un sant'uomo, che un incorruttibile, al contrario un"maneggione", un furbo nella tradizione del machiavellismo molto prima e quindi senza il Grande Segretario Fiorentino, ma certo anche uomo di vastissima cultura e di mirabile intelligenza)a Perry Mason, nell'immaginario collettivo, a Giulio ANdreotti, se solo avesse esercitato la professione forense, cosa non fatta, pur essendo il"nostro"laureato in giurisprudenza...Film collettivo, ma in cui Van Diesel riesce ad emergere, caratterizzando"mister"(si fa per dire, ovviamente)Lucchese in ogni suo aspetto. Il diritto all'autodifesa diventa qui vero boomerang per chi, negli States, esalta, per ex.la pena di morte o la vendita indiscriminata di armi per"legittima difesa"... Tensione altissima, anche se non è un"thriller", ma un film drammatico con tematica giudiziaria e processuale. El Gato
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elgatoloco
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lunedì 10 ottobre 2016
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lumet grande come sempre
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Sidney Lumet è regista di notevolissima statura(ora scomparso, purtroppo)cui l'attenzione critico-analitica è spesso mancata, se non totalmente(sarebbe stato impossibile, del resto), almeno parzialmente. E'stata, quella critica, una ricerca su Lumet spesso faziosa, spesso interessata semplicemente a dire che un suo film non poteva stare al livello degli altri suoi film(basso comparativismo, diciamo pure), che il flm non esprimeva lo spirito del tempo etc. Fa eccezione un bel volumetto(de"IL Castoro", collana di cinema, forse oggi esaurita)di Gualtiero De Santi. Tutto falso,quanto alla critica corrente-dominante, in quanto, invece, la sua cinematografia, soprattutto in ambito USA, è assolutamente di primo piano.
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Sidney Lumet è regista di notevolissima statura(ora scomparso, purtroppo)cui l'attenzione critico-analitica è spesso mancata, se non totalmente(sarebbe stato impossibile, del resto), almeno parzialmente. E'stata, quella critica, una ricerca su Lumet spesso faziosa, spesso interessata semplicemente a dire che un suo film non poteva stare al livello degli altri suoi film(basso comparativismo, diciamo pure), che il flm non esprimeva lo spirito del tempo etc. Fa eccezione un bel volumetto(de"IL Castoro", collana di cinema, forse oggi esaurita)di Gualtiero De Santi. Tutto falso,quanto alla critica corrente-dominante, in quanto, invece, la sua cinematografia, soprattutto in ambito USA, è assolutamente di primo piano. Idem vale, senza alcun dubbio per questo"Find me guilty"("scoprimi colpevole", se volete"beccami colpevole", più popolarmente..., ma anche l'italiano"Prova ad incastrarmi non va male, in realtà, esprimendo con una certa rude efficacia il concetto), film documentato, basato sugli atti del processo Lucchese(siamo quasi alla fine degli anni Ottanta del 1900), film puramente processuale(pochissime sequenze girate all'esterno, anzi, dovremmo meglio dire quasi nessuna), molto serio e concentrato. Riesce quasi a dimostrare che una persona volgare, incolta, tout court"ignorante"come Lucchese, assolutamente colpevole quanto conscio d'esserlo, riesca a"farla franca"(riprendendo un po', ma ci vuole, l'ambito semantico del titolo italiano, ma sostanzialmente anche di quello originale)come un avvocato di lungo corso, in quella tradizione, per farla breve, che va da Cicerone(tutt'altro che un sant'uomo, che un incorruttibile, al contrario un"maneggione", un furbo nella tradizione del machiavellismo molto prima e quindi senza il Grande Segretario Fiorentino, ma certo anche uomo di vastissima cultura e di mirabile intelligenza)a Perry Mason, nell'immaginario collettivo, a Giulio ANdreotti, se solo avesse esercitato la professione forense, cosa non fatta, pur essendo il"nostro"laureato in giurisprudenza...Film collettivo, ma in cui Van Diesel riesce ad emergere, caratterizzando"mister"(si fa per dire, ovviamente)Lucchese in ogni suo aspetto. Il diritto all'autodifesa diventa qui vero boomerang per chi, negli States, esalta, per ex.la pena di morte o la vendita indiscriminata di armi per"legittima difesa"... Tensione altissima, anche se non è un"thriller", ma un film drammatico con tematica giudiziaria e processuale. El Gato
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fabio57
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lunedì 26 ottobre 2015
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notevole
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Bella prova di Lumet specialista in film giudiziari,istrionico il protagonista,ma anche i comprimari sono all'altezza della situazione.Inquietante il fatto che il film è la trasposizione fedele di un fatto di cronaca realmente accaduto,non c'è niente di inventato ed è la conferma che il carisma,l'affabulazione,la simpatia possono condizionare e confondere chiunque, travisando l'oggettiva interpretazione dei fatti.
Da vedere
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giuseppetoro
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giovedì 9 aprile 2015
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bello e da seguire!
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Bel film basato su di una storia seria..la mafia in america. Bravo vin diesel nella parte di accusato/difensore di se stesso.
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nicolas bilchi
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domenica 25 settembre 2011
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prova a incastrarmi.
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Penultimo film di Sidney Lumet, questo Prova a incastrarmi segna un ritorno del regista alla realtà dei tribunali, una dimensione nella quale già si era calato con La parola ai giurati e Il verdetto. Questa volta però Lumet ha come obiettivo primario quello di trasportare sullo schermo un bizzarro evento giudiziario: il processo più lungo nella storia degli Stati Uniti d'America, con 76 capi d'accusa nei confronti della famiglia malavitosa Lucchese, protrattosi per quasi due anni. Lo stile adottato si attiene ad opere precedenti dello stesso regista, dalla sua opera d'esordio a Assassinio sull'Orient Express: azione ridottissima, ambientazione sempre uguale e sviluppo della storia tutto affidato alla forza della parola.
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Penultimo film di Sidney Lumet, questo Prova a incastrarmi segna un ritorno del regista alla realtà dei tribunali, una dimensione nella quale già si era calato con La parola ai giurati e Il verdetto. Questa volta però Lumet ha come obiettivo primario quello di trasportare sullo schermo un bizzarro evento giudiziario: il processo più lungo nella storia degli Stati Uniti d'America, con 76 capi d'accusa nei confronti della famiglia malavitosa Lucchese, protrattosi per quasi due anni. Lo stile adottato si attiene ad opere precedenti dello stesso regista, dalla sua opera d'esordio a Assassinio sull'Orient Express: azione ridottissima, ambientazione sempre uguale e sviluppo della storia tutto affidato alla forza della parola. Il concetto del processo, dell'indagine sulla colpevolezza o meno di un dato soggetto, è sempre stato uno dei punti forti del cinema di Lumet, che probabilmente si interessò a riflettere su come una medesima situazione risultasse di volta in volta diversa a seconda della situazione storica alla base della quale si sviluppava. Non è un caso che il regista girerà i suoi film "forensi" in epoche profondamente diverse (almeno dal punto di vista del rapporto tra il cinema e il modo in cui verso di esso si poneva la materia filmabile), nel 1957, 1982 e 2006. Periodi che necessariamente influenzano in un certo modo il risultato finale di produzione di un film, non in relazione alla storia in sè (in Prova a incastrarmi siamo sul finire degli anni '80 per esempio), ma alla resa "tecnica" della pellicola, che risulterà di un certo tipo sulla base di uno specifico, ma fortemente indefinito, sostrato culturale di immagini e segni che si trasforma di pari passo con le modificazioni sociali e tecnologiche della nostra società. Come in La parola ai giurati Henry Fonda aveva il compito di convincere la giuria dell'impossibilità di dichiarare colpevole il ragazzo, qui l'onere di scagionare gli imputati da ogni accusa spetta a... Vin Diesel. I puristi del cinema storceranno senza dubbio il naso all'idea di accostare Fonda e Vin Diesel, ma dopo aver visto il film non si può far altro che ricredersi. E' indubbio nutrire delle preoccupazioni all'idea che l'attore di Fast & Furious e xXx fosse chiamato a ricoprire un ruolo da protagonista in una parte statica, riflessiva e drammatica, è agli antipodi del suo abituale tipo di interpretazioni; eppure Vin, guidato da uno dei registi più versatili in fatto di scelta degli attori, tira fuori una prestazione assolutamente impeccabile. Inizio un po' stentatamente, nei primi minuti sembra fuori luogo, non pare essere riuscito ad immedesimarsi completamente nella parte. E' solo una questione di tempo però; quando ha inizio effettivamente il processo e si entra nella fase giocata tutta sulla mimica facciale e sulla forza dell'eloquenza, Diesel si trasforma in un treno in corsa e travolge tutti gli altri personaggi, monopolizza la scena con stupenda naturalezza, non sbaglia letteralmente una battuta o un movimento. Peccato che nella sua filmografia sia un caso isolato. Per il resto va segnalato il grande virtuosismo registico di Lumet, che riesce ad inquadrare il tribunale ogni volta da un'angolazione differente, trasmettando qualcosa di indefinitamente diverso allo spettatore; in questa massiccia e vividissima fotografia traspare la grande abilità di questo regista nell'asservire ai propri scopi tutta l'esperienza accumulata in anni ed anni di carriera. Non stiamo parlando di un capolavoro della sua produzione, ma semplicemente perchè Prova a incastrarmi non si poneva già di suo le condizioni necessarie affinchè ne risultasse un'opera dal profondo valore artistico; lo stesso evento che si decide di narrare ha contorni più comico-grotteschi che epici, al di là del cronachismo narrativo non c'è quasi nient'altro (ma non si vuole che ci sia). In ogni caso vale comunque la pena sottolineare una certa profondità psicologica sottesa ai fatti: come capitava per Il Padrino si finisce a tifare per i cattivi. Ma se nel suo capolavoro Coppola voleva "soltanto" dare un affresco fulgente e realistico del mondo della mala americana, qui Lumet intende mettere in discussione le schematizzazioni troppo rigide; cioè, è più cattivo DiNorscio o il procuratore, disposto a trucchi e patteggiamenti pur di arrivare alla vittoria? Sidney Lumet, documentatosi in modo ampio sugli atti del processo, scava nell'intimità di questi criminali, con l'obiettivo di mostrare che al di là dell'immagine superficiale che essi trasmettano ci sono comunque delle persone, anche se questo certo non giustifica i loro crimini. Quindi non è una vittoria dei buoni che alla fine i Lucchese vincano la causa, ma è altrettanto significativo il fatto che la giuria voti per la non colpevolezza. I giurati del '57 erano persuasi dal buon senso di Fonda, quelli del 2006 dalla sincerità delle arringhe di DiNorscio, che parla con umiltà e franchezza, libero da qualsiasi artificio retorico proprio dell'ambiente forense. Le sue parole sono prive di qualsiasi ipocrisia, è un uomo che non nasconde le sue colpe e così non rinuncia alla sua dignità. La vittoria dei Lucchese, alla fine, è un pareggio meritato.
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lucido71
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lunedì 16 novembre 2009
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aula claustrofobica
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Probabilmente sarà anche un bel film, ma bisogna esser decisamente pronti a star 2 ore dentro un'aula di tribunale... dopo un po', ho ceduto, e quindi questa è la mia.
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