onufrio
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domenica 15 marzo 2020
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montalbano e la donna morta "archiviata"
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Montalbano indaga sulla tragica morte di una ragazza 27enne "archiviata" (Catarella dixit). La ragazza, Agata, è stata infatti ritrovata barbaramente uccisa a colpi di martello all'interno dell'ufficio dell'archivio comunale. Parallelamente, il commissario è alle prese con Pasquale, ladruncolo impegnato in un misterioso furto in un villino. Episodio tipicamente "Giallo" con indagine seria e concreta, insomma: Un giallo da manuale.
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mae
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giovedì 12 marzo 2020
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salvo e livia...amati e nostri.
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Torna Montalbano e tornano le sue indagini. Torna Livia, l'eterna fidanzata, tornano Fazio, sempre preciso nel suo lavoro, Mimì, affidabile collega di lavoro, Catarella, che ancora non ha imparato ad aprire una porta e forse non lo capirà mai (ma va bene così). Torna un gruppo di attori che é un piacere vedere, che sono bravi a tenerci incollati alle loro indagini dall'inizio alla fine, perché se è vero che in Montalbano vediamo raccontata la vita per come è, senza inutili fantasticherie, é anche vero che in qualche modo i personaggi creati dalla penna di Camilleri ci somigliano, ci sentiamo simili e vicini a loro. Ecco forse perchè Montalbano ha successo, perchè è uno di noi, normale, umano, vero.
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maramaldo
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mercoledì 26 febbraio 2020
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ci libereremo mai di montalbano?
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Male non mi ha fatto immergermi anche sul grande schermo nell'aria calda di questa Sicilia morbosa, colpevole, barocca. Atmosfera che ormai troviamo connaturata, il genio affabulatore di Camilleri ce l'ha resa attuale e familiare. Eppure viene da lontano. Ambientazione, ghigni e demenze, inganni e ipocrisie, rispetto per niente e per nessuno, gioco delle apparenze illusorie ci portano a Pirandello e al suo mondo originario. Solo che l'agrigentino era cosmopolita (traduceva Goethe, andava a "Nuova York", scriveva di cinema in francese), Camilleri, che ne vanta la discendenza spirituale (erano pure paesani), nonostante l'apertura intellettuale e l'impegno che in ultimo l'ha indotto a fare il grillo parlante, è rimasto "girgentano".
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Male non mi ha fatto immergermi anche sul grande schermo nell'aria calda di questa Sicilia morbosa, colpevole, barocca. Atmosfera che ormai troviamo connaturata, il genio affabulatore di Camilleri ce l'ha resa attuale e familiare. Eppure viene da lontano. Ambientazione, ghigni e demenze, inganni e ipocrisie, rispetto per niente e per nessuno, gioco delle apparenze illusorie ci portano a Pirandello e al suo mondo originario. Solo che l'agrigentino era cosmopolita (traduceva Goethe, andava a "Nuova York", scriveva di cinema in francese), Camilleri, che ne vanta la discendenza spirituale (erano pure paesani), nonostante l'apertura intellettuale e l'impegno che in ultimo l'ha indotto a fare il grillo parlante, è rimasto "girgentano". Dai luoghi della sua gioventù tutti i nomi dei suoi personaggi (Montalbano è il cognome più diffuso in provincia, Catarella ne fu un vescovo).
Ma è nell'uso della lingua che affiora il radicamento alla sua matrice. Non nel mafioso-siculo che imperversa da decenni, Montalbano si esprime nelle esatte inflessioni di un dialetto puro, filologico, che Camilleri avrà impartito puntigliosamente ai non indigeni.
Se ne è impadronito alla perfezione Luca Zingaretti. Il nostro inossidabile Salvo, l'ho sempre apprezzato, anche in tempi non sospetti quando ancora non gli erano state attribuite benemerenze non artistiche.
Il film lo fa filare, con qualche sveltezza. Soddisfa le aspettative: folklore, penetrazione psicologica, disistima beffarda, suspense e conclusione logica.
Per giustizia (e per affetto) da menzionare gli immancabili: Fazio (Peppino Mazzotta, mi convinse con Anime Nere); Mimì (Cesare Bocci, meno fisime da donnaiolo - s'invecchia -, ricordo personificazioni da barzelletta, anche danceur); analoghe doti coreutiche in Angelo Russo, l'insopprimibile agente ossequioso (ne esistono ancora?) a cui ogni tanto "scappa la porta".
La domanda all'inizio implica un'apprensione.
"Si parva licet..." (sto scherzando, per favore), e se, un giorno, Luca Zingaretti volesse fare come Sean Connery? Ovvero, uscire da una personificazione, da una maschera che l'ha reso famoso, iconico e continuare gloriosamente? Non trascuriamo che, con buona pace dei Brexiter, James Bond non esiste in natura mentre da noi lo "sbirro terrone, onesto e bravo" è specie che ancora prolifera. Sarà difficile per l'immaginario nazionale sbarazzarsene.
Non sono problemi seri, lo so. Per il momento rigustiamoci il buon commissario dalle gambe arcuate, la villetta costruita sulla battigia e tutte le passioni di quell'italico Macondo ai tempi del coronavirus.
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