eugenio
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domenica 19 febbraio 2023
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e (ri)venne il giorno
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E’ sufficiente un luogo chiuso, avulso dal mondo, quattro personaggi e una minaccia alle porte per creare un film, non eccessivamente lungo, appena un’ora e mezza, ma capace di porre inquietanti interrogativi sull’esistenza umana e sulla paventata apocalisse che pandemia a questa parte, pare attrarre cineasti di ogni dove.
M.Night Shyamalan in Bussano alla porta, riprende un tema molto simile a E venne il giorno, ovvero la profezia di un’apocalisse, paventata da quattro oscuri personaggi che di punto in bianco, irrompono in una baita isolata tra i boschi della Pennsylvania che una coppia gay, Andrew e Eric, ha preso in affitto con la figlia adottata Wen.
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E’ sufficiente un luogo chiuso, avulso dal mondo, quattro personaggi e una minaccia alle porte per creare un film, non eccessivamente lungo, appena un’ora e mezza, ma capace di porre inquietanti interrogativi sull’esistenza umana e sulla paventata apocalisse che pandemia a questa parte, pare attrarre cineasti di ogni dove.
M.Night Shyamalan in Bussano alla porta, riprende un tema molto simile a E venne il giorno, ovvero la profezia di un’apocalisse, paventata da quattro oscuri personaggi che di punto in bianco, irrompono in una baita isolata tra i boschi della Pennsylvania che una coppia gay, Andrew e Eric, ha preso in affitto con la figlia adottata Wen.
Orbene, il gruppo, che a primo avviso pare una combriccola di matti: un nerboruto tatuato Leonard (Bautista), un nevrotico Redmond, un’infermiera, Sabrina e una cuoca Adriane, avvisa lo spaventato terzetto che sono stati scelti per decidere le sorti dell'umanità: dovranno scegliere chi tra loro tre uccidere e compiere il sacrificio, senza possibilità di suicidio. Ad ogni rifiuto, uno dei quattro intrusi verrà sacrificato e una pestilenza o un cataclisma si verificherà sul pianeta fino a che non rimarranno solo loro tre vivi. Isolato e spaurito, il terzetto cercherà di comprendere in maniera razionale quell’insensato sproloquio di una setta di fanatici religiosi dalle visioni mistiche, ma via via che le coincidenze diverranno sempre più inquietanti (con tanto di notizie a primo avviso capaci di confermare il delirio di questi personaggi), le loro certezze si faranno sempre più precarie.
Ma allora, quei quattro chi sono? Omofobi fanatici o cavalieri dell’apocalisse venuti ad avvisare della fine del mondo? Quale la verità?
Shyamalan è abile a seminare il dubbio, ponendo i protagonisti dai caratteri antitetici, Andrew irruento ed Eric pacato, dinanzi a una situazione estrema e cercando, con cura, di far riflettere noi spettatori su temi universali, facendoci ascoltare le une e altre ragioni, come un romanzo a tesi contemporaneo e difficile. Abbiamo un discorso costruito sulle ambiguità di genere, sul rapporto basato sulla fiducia, sulle false dicerie a cui l’intelletto cerca di trovare una ragione e in generale al concetto sacro di famiglia nonché alla difesa dell’unità ad ogni mezzo anche se ciò comporta un sacrificio.
Il cineasta non fa che ribadire un concetto di fondo cruciale oggi: la difficoltà di decifrare la verità in un mondo pieno di mitomanie e menzogne, raggiri e psicosi diffuse. E il senso è proprio quello che i due protagonisti: l’impulsivo Andrew e il sentimentale Eric dovranno comprendere ed in fondo anche noi: prendere delle decisioni, rinunciare a qualcosa senza chiudersi nel proprio fondamentalismo egotico, figlio dell’imborghesito ambiente in cui viviamo. Ci dice in fondo, Shyamalan nel rispetto dei valori, che l’individuo deve recuperare un concetto sin troppo relegato ovvero il suo senso di responsabilità e buonsenso, di rispetto della collettività, senza il quale, ovviamente, nessuno si potrà mai salvare se non da solo nella sua piramide di indifferenza, deleteria per lo stesso pianeta in cui vive oltre che masochistica.
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[+] sacrificar chi si ama per evitare l''apocalisse
(di antonio montefalcone)
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figliounico
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giovedì 2 febbraio 2023
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la magia dura poco
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Shyamalan non delude ma nemmeno entusiasma con questo fantapocalittico di ispirazione mistico religiosa tratto da un romanzo di Tremblay la cui trama viene pedissequamente tradotta in film eccetto che per il finale, forse perché non in perfetto stile hollywoodiano. La cosa migliore del film sono le prime inquadrature, quelle della bambina che cattura grilli ai margini del bosco, è un momento magico di pura sospensione in cui tutto può accadere e che continua per qualche minuto anche dopo la comparsa sullo schermo del mastodontico Dave Bautista. L’incanto dura poco e le ragioni del plot prevalgono sulla ricerca della suggestività delle prime immagini, subentra un meccanismo di logica logorroica che potrebbe ancora funzionare se si trattasse soltanto di un thriller ma è qualcosa di diverso, un paranormale millenarista che rilegge in chiave moderna e politicamente corretta l’Apocalisse di Giovanni.
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Shyamalan non delude ma nemmeno entusiasma con questo fantapocalittico di ispirazione mistico religiosa tratto da un romanzo di Tremblay la cui trama viene pedissequamente tradotta in film eccetto che per il finale, forse perché non in perfetto stile hollywoodiano. La cosa migliore del film sono le prime inquadrature, quelle della bambina che cattura grilli ai margini del bosco, è un momento magico di pura sospensione in cui tutto può accadere e che continua per qualche minuto anche dopo la comparsa sullo schermo del mastodontico Dave Bautista. L’incanto dura poco e le ragioni del plot prevalgono sulla ricerca della suggestività delle prime immagini, subentra un meccanismo di logica logorroica che potrebbe ancora funzionare se si trattasse soltanto di un thriller ma è qualcosa di diverso, un paranormale millenarista che rilegge in chiave moderna e politicamente corretta l’Apocalisse di Giovanni. I quattro cavalieri sono equanimemente divisi in due coppie di afroamericani e di bianchi, la famigliola presa in ostaggio è formata da due gay e una bambina orientale adottata. In questo modo il protocollo è salvo, ma nel frattempo la suspense è andata persa tra l’annunciazione di una catastrofe e l’altra da verificare ovviamente guardando la televisione perché è la fonte della verità rivelata. A metà film si capisce come andrà a finire e questo non va affatto bene per un regista che vorrebbe essere il nuovo Hitchcock ma che ha in comune con il maestro del brivido, che peraltro anche nel genere paranormale ha realizzato un capolavoro, Gli uccelli, soltanto la passione per le comparsate ed anche in questo film non manca di fare il solito cameo questa volta apparendo in tv per pubblicizzare pollo fritto.
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jaylee
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domenica 5 febbraio 2023
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la fine è vicina (abbiate fede)
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Mala tempora currunt… certo che questo genere umano le prova veramente tutte per estinguersi: se non è per le epidemie, più o meno auto-inflitte, sono le guerre più o meno inutili, se non è la siccità causata dalla decadenza climatica, è il terrorismo di mille religioni inutili e litigiose. Certo che a vederli da fuori questa seconda decade del 21° secolo sembra davvero il preludio alla fine dei tempi, e così deve aver pensato M. Night Shyamalan, regista tanto talentuoso quanto discontinuo. Basato su un libro (solo adattato, lo sviluppo nella parte finale è molto diverso), Bussano Alla Porta inizia con la famiglia formata da 2 padri e una figlia adottata che sta passando una vacanza idilliaca in una casa nel bosco; ma arrivano 4 stranieri con strane armi rudimentali che prima li assediano e, quando riescono ad entrare, li legano per fare loro un’annunciazione apocalittica: a meno che i 3 non decidano volontariamente di sacrificare uno di loro, la fine del mondo è in arrivo attraverso inondazioni, malattie, incendi e disastri tecnologici.
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Mala tempora currunt… certo che questo genere umano le prova veramente tutte per estinguersi: se non è per le epidemie, più o meno auto-inflitte, sono le guerre più o meno inutili, se non è la siccità causata dalla decadenza climatica, è il terrorismo di mille religioni inutili e litigiose. Certo che a vederli da fuori questa seconda decade del 21° secolo sembra davvero il preludio alla fine dei tempi, e così deve aver pensato M. Night Shyamalan, regista tanto talentuoso quanto discontinuo. Basato su un libro (solo adattato, lo sviluppo nella parte finale è molto diverso), Bussano Alla Porta inizia con la famiglia formata da 2 padri e una figlia adottata che sta passando una vacanza idilliaca in una casa nel bosco; ma arrivano 4 stranieri con strane armi rudimentali che prima li assediano e, quando riescono ad entrare, li legano per fare loro un’annunciazione apocalittica: a meno che i 3 non decidano volontariamente di sacrificare uno di loro, la fine del mondo è in arrivo attraverso inondazioni, malattie, incendi e disastri tecnologici. E siccome i 3 non sembrano (ovviamente) così convinti, i 4 danno inizio ad una serie di macabri rituali. Come finirà?
La storia è intrigante, ci ricorda il miglior Matheson (quello di The Box e Io Sono Leggenda), con un presupposto misterioso e mai realmente chiarito (c’è un Dio dietro questo? O sono solo dei pazzi invasati? C’è una spiegazione razionale o siamo davvero nel furore religioso?), ed in effetto soprattutto all’inizio, il film ti tiene incollato subito. Sia per la trama, che i dialoghi così serrati di personaggi alla fine credibili nella loro apparente lucida follia (bravissimo Dave Bautista – ci ha stupito l’ex wrestler, colosso che qui ci regala un’interpretazione spaventosamente tranquilla. Tutto sommati bene anche gli altri). È un film che peraltro non cede al voyeurismo dei rituali (che sono solo intuiti) ed ha l’ormai raro dono della sintesi, essendo un film di 1h40’ dove ormai anche un Fast & Furious infligge durate da cinema d’essai. Ci è anche piaciuto come Shyamalan si stia cimentando anche in nuovi modi di fare cinema, anche qui, come parzialmente in Old, il suo ultimo film, non c’è il suo marchio di fabbrica (il “twist” finale che rovescia quello che credevamo essere vero), e la fotografia tante volte ha delle inquadrature alla Sergio Leone sui volti degli attori, lui che in genere predilige la costruzione del set (c’è anche qui, cmq) come dei quadri, e la forte codifica dei colori come in Unbreakable (e anche questa c’è). Musiche come nella sua tradizione tese ed evcative, stavolta di Herdís Stefánsdóttir.
Peccato che non funzioni. Un po’ come in Signs, Shyamalan ovviamente propugna l’idea di qualche forma di intelligenza superiore che governa l’universo e che da buon deus ex machina lo può risolvere al prezzo di un sacrificio di tradizione abramitica, non figurativa, proprio reale. Che forse abbia voluto essere metafora di uno stile di vita (quello occidentale/statunitense) assediato da un mare di problemi in parte causato da quello stesso stile e che deve “cedere” un pezzo di se stesso per salvare tutti? Forse, ma mica ci convince troppo cosi come è sviluppato e risulta un po’ tanto scontato alla fine. Lasciamo stare qualche debolezza di trama (i 4 cavalieri dell’apocalisse sono rappresentati in modo un po’ arbitrario come caratteristiche) e la solita distribuzione “woke” delle parti (sempre più stucchevole), però non è un film che ti lascia molto, né come sottotrame (flashback che alla fine non conducono da nessuna parte) ma neanche come messaggio finale: come fare a salvare questo mondo che sembra essere alla fine allora? È un bagno di sangue più o meno inevitabile? Insomma, un po’ tiepido in fin dei conti.
Semi-Apocalittico. (www.versionekowalski.it)
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