samanta
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lunedì 1 ottobre 2018
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quando si vede meglio il mondo da una carrozzella
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Tutti in piedi è una commedia francese diretta, con abilità, alla sua prima esperienza di regia da Frank Dubosc che interpreta anche Jocelyn il personaggio principale .
Jocelyn è un uomo ricco, dirigente di una grossa società di scarpe da running, ha 50 anni ma in certi atteggiamenti è un ragazzo, sbruffone, bugiardo, infaticabile seduttore di donne che scarica subito. Quando muore la madre va a casa di lei e si siede sulla sua carrozzella, viene sorpreso dalla bellissima vicina Julie (Caroline Anglade) che lo crede paraplegico, lui vuole approfittare della situazione proponendo che l'assista ( il suo lavoro è l'assistenza domiciliare)) contando di sedurla così facilmente.
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Tutti in piedi è una commedia francese diretta, con abilità, alla sua prima esperienza di regia da Frank Dubosc che interpreta anche Jocelyn il personaggio principale .
Jocelyn è un uomo ricco, dirigente di una grossa società di scarpe da running, ha 50 anni ma in certi atteggiamenti è un ragazzo, sbruffone, bugiardo, infaticabile seduttore di donne che scarica subito. Quando muore la madre va a casa di lei e si siede sulla sua carrozzella, viene sorpreso dalla bellissima vicina Julie (Caroline Anglade) che lo crede paraplegico, lui vuole approfittare della situazione proponendo che l'assista ( il suo lavoro è l'assistenza domiciliare)) contando di sedurla così facilmente. Ma tutto si complica: la ragazza gli presenta la famiglia tra cui la sorella Florence (Alexandra Lamie) bella e brava violinista anche lei in carrozzella e tra i due matura un sentimento di simpatia che si tramuta in amore, anche se lei sa fin dall'inizio che lui mente. C'è il lieto fine ma originale e inconsueto.
E' una commedia tipicamente francese (quest'anno abbiamo visto C'est la vie anch'essa gradevole) con la leggerezza dell'umorismo che la contraddistingue, con una prima parte divertente e comica per poi instradarsi sul sentimento anche con piccoli risvolti drammatici.Non c'é l'umorismo greve presente nella commedia italiana: il sesso non è volgare. sono assenti le parolacce che martellino i dialoghi, i doppi sensi ci sono ma non sono pesanti. La morale del film è che il vero amore supera la diversità, Jocelyn ama non per pietà o per fare l'infermiere ma per avere legame che duri tutta la vita, sarà Florence a fare l'infermiera della sua anima. Bella la scena di Lourdes in cui Jocelyn va con Florence e l'amico Max (Gérard Damon) per far credere di essere miracolato, ma lo prende da parte un prete che lo smaschera accorgendosi che mente dalle scarpe non consumate, e gli dice che i pellegrini ritornano a Lourdes anche se non miracolati perché hanno capito che il vero miracolo è accettare la propria condizione, Jocelyn comprende e si rivela per quello che è a Florence. Ottima l'interpretazione di Jocelyn da parte di Frank Dubosc, irresistibile nelle scene comiche , bravi gli altri interpreti specie Florence e Max, un piccolo gioiello l'interpretazione del papà di Jocelyn fatta da Claude Brasseur (vi ricordate il papà di Vic Nel tempo delle mele ?).
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vittorio
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giovedì 27 settembre 2018
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splendida commedia per riflettere
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Le commedie francesi mai banalizzano, mai uniformano, mai annoiano. Questa ,ne è un esempio. Ciò che sembrava il tipico refrain del classico equivoco amoroso, dell’intreccio di gioco sentimentale, riesce a commuovere ed a far riflettere. Laddove la disabilità diventa del protagonista,lui prima spavaldo impenitente non più giovane donnaiolo, poi uomo che si sgretola nel profondo alla luce della solida, franca, realistica coscienza del suo stato,di una splendida, matura disabile..come Alexandra Lamy.
E nel gioco delle parti, dove tutti sanno tutto, ma nessuno rivela, la protagonista si staglia maestosamente saggia, ed innamorata.
E l,amore, il vero amore, perdona.
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Le commedie francesi mai banalizzano, mai uniformano, mai annoiano. Questa ,ne è un esempio. Ciò che sembrava il tipico refrain del classico equivoco amoroso, dell’intreccio di gioco sentimentale, riesce a commuovere ed a far riflettere. Laddove la disabilità diventa del protagonista,lui prima spavaldo impenitente non più giovane donnaiolo, poi uomo che si sgretola nel profondo alla luce della solida, franca, realistica coscienza del suo stato,di una splendida, matura disabile..come Alexandra Lamy.
E nel gioco delle parti, dove tutti sanno tutto, ma nessuno rivela, la protagonista si staglia maestosamente saggia, ed innamorata.
E l,amore, il vero amore, perdona...
Consigliatissimo
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flyanto
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giovedì 11 ottobre 2018
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anche gli scapoli più impenitenti capitolano
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“Tutti in Piedi” dell’attore/regista francese Franck Dubosc è una commedia ‘politically correct’ che affronta, come tante precedenti, il tema della disabilità.
Il protagonista è un uomo sulla cinquantina, di bell’aspetto, benestante, con una posizione professionale ai vertici di un’azienda che produce scarpe da running e, soprattutto, ‘tombeur des femmes’. In quanto tale egli colleziona molteplici avventure con giovani e belle donne che immancabilmente abbandona dopo il primo o qualche incontro e pertanto è uno scapolo incallito che non vuole assolutamente creare una relazione sentimentale stabile con nessuna.
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“Tutti in Piedi” dell’attore/regista francese Franck Dubosc è una commedia ‘politically correct’ che affronta, come tante precedenti, il tema della disabilità.
Il protagonista è un uomo sulla cinquantina, di bell’aspetto, benestante, con una posizione professionale ai vertici di un’azienda che produce scarpe da running e, soprattutto, ‘tombeur des femmes’. In quanto tale egli colleziona molteplici avventure con giovani e belle donne che immancabilmente abbandona dopo il primo o qualche incontro e pertanto è uno scapolo incallito che non vuole assolutamente creare una relazione sentimentale stabile con nessuna. Un giorno, nel corso di una delle sue innumerevoli conquiste e, più precisamente, corteggiando la giovane vicina di casa dell’appartamento della defunta madre, l’uomo conosce la sorella di quest’ultima, una bella donna, brillante, violinista ed immobilizzata su una sedia a rotelle a causa di un incidente d’auto. In seguito ad un equivoco ella crede che il protagonista sia, come lei, paraplegico in una sedia a rotelle e l’uomo, al fine di conquistarla, decide di recitare la parte dell’handicappato. Ma ben presto la situazione precipiterà a causa anche del nascente e sempre più sincero sentimento d’ amore che il l’uomo inizia a provare per la suddetta donna….
Il comico attore Franck Dubosc con “Tutti in Piedi” si cimenta per la prima volta alla regia e vi riesce appieno avendo ideato una commedia molto divertente e, pertanto, piacevole, scorrevole e mai volgare. La tematica, quella, appunto, della disabilità non è nuova e la trama nemmeno originale in quanto la serie di eventi e l’innamoramento finale risultano già scontati e prevedibili sin dall’inizio, ma ciò che rende gradevole questa gradevole pellicola è tutto l’insieme e, cioè, l’atmosfera gioiosa, le situazioni (per lo più paradossali), la simpatia degli attori, nonchè la loro evidente sintonia.
Altro non vi è da aggiungere ma “Tutti in Piedi” è altamente consigliabile se si vuole trascorrere un poco di tempo in tutta spensieratezza.
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achab50
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sabato 29 agosto 2020
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il messaggio sotteso
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Non è facile entrare nel mondo dei disabili, della disabilità, senza cadere nel pietismo o nell'esaltazione, che è poi l'altra faccia della stessa medaglia, dunque ben vengano opere come questa che, con leggerezza ed anche una piccola dose di coraggio, ci aprono alcune porte.
La disabilità viene vista come la "non" capacità di fare qualcosa, tralasciando ciò che il disabile riesce a fare, che è tutto il resto. E' il classico paradosso di una piccola macchia d'inchiostro su di un grande foglio bianco: tutti guardano la macchia e non vedono l'enorme spazio libero disponibile. Ho sempre trovata detestabile la definizione "diversamente abile" che trovo pelosa e limitante.
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Non è facile entrare nel mondo dei disabili, della disabilità, senza cadere nel pietismo o nell'esaltazione, che è poi l'altra faccia della stessa medaglia, dunque ben vengano opere come questa che, con leggerezza ed anche una piccola dose di coraggio, ci aprono alcune porte.
La disabilità viene vista come la "non" capacità di fare qualcosa, tralasciando ciò che il disabile riesce a fare, che è tutto il resto. E' il classico paradosso di una piccola macchia d'inchiostro su di un grande foglio bianco: tutti guardano la macchia e non vedono l'enorme spazio libero disponibile. Ho sempre trovata detestabile la definizione "diversamente abile" che trovo pelosa e limitante. il disabile non è felice d'esserlo, ma normalmente "è" felice per il mondo che si è costruito, per le relazioni, per quel che gli riesce bene. Qualcuno si sente disabile perchè non capisce nulla della fisica quantistica? Ecco, vivere su di una carrozzina ti impedisce di salire le scale e poco altro, e tutto il resto non conta nulla?
Tutto questo premesso ci troviamo di fronte ad una ennesima frizzante commedia francese, con dialoghi mai banali, da cui ci si lascia volentieri trasportare credendo davvero che un manager tombeur de femme possa innamorarsi di una paraplegica per quanto affascinante e puntutamente intelligente, che dice alla sorella "il tuo problema sarà quanto dura un amore, il mio è averne uno".
Al regista-interprete questo gioco di equilibrismi riesce perfettamente, tutti recitano bene, anche le parti minori sono bene tratteggiate, fra le quali voglio citare il medico-amico che è quasi la sua coscienza che tenta di farsi largo: chi non vorrebbe avere un medico cosi? Deliziosa la segretaria innamorata del principale, decisivo l'intervento del sacerdote, il padre apparentemente svanito....
Regia attentissima, davvero poche increspature, colonna sonora adeguata: perfida la scelta musicale che compare al protagonista, completamente amuso, quando cerca su google un pezzo per violino e si trova un Brandeburghese di Bach e chiude il collegamento disgustato!
Rinfrescante, credetelo, detto da un disabile.
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cardclau
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domenica 30 settembre 2018
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il paradossale che potrebbe fare riflettere
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Vediamo un po’ il film Tutti in piedi di Franck Dubosc, che è anche Jocelyn, playboy e supermanager delle scarpe sportive, inossidabile, che umilia i suoi sottoposti da considerarli invisibili o quasi. Sembra sia un mangiatore di femmine, le porta a cena, poi a letto, quindi le lascia, apparentemente una dietro l’altra, dice. Inaspettatamente, il processo si intoppa per conquistare Julie, ben fornita delle giuste rotondità al posto giusto, al momento disoccupata, che farebbe assistenza ai non autosufficienti. Si finge per questo paraplegico, sperando di conquistarla, ottenendo in cambio un invito a passare una domenica dalla sua famiglia, dove lei gli presenterà sua sorella Florence, in sedia a rotelle, davvero paraplegica per uno stop non rispettato.
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Vediamo un po’ il film Tutti in piedi di Franck Dubosc, che è anche Jocelyn, playboy e supermanager delle scarpe sportive, inossidabile, che umilia i suoi sottoposti da considerarli invisibili o quasi. Sembra sia un mangiatore di femmine, le porta a cena, poi a letto, quindi le lascia, apparentemente una dietro l’altra, dice. Inaspettatamente, il processo si intoppa per conquistare Julie, ben fornita delle giuste rotondità al posto giusto, al momento disoccupata, che farebbe assistenza ai non autosufficienti. Si finge per questo paraplegico, sperando di conquistarla, ottenendo in cambio un invito a passare una domenica dalla sua famiglia, dove lei gli presenterà sua sorella Florence, in sedia a rotelle, davvero paraplegica per uno stop non rispettato. Da quel momento comincia una commedia degli equivoci, che lo porterà a corteggiare Florence, fingendosi portatore dello stesso handicap. Il film finisce come un pubblico sentimentale vuole che finisca. Ma sono necessarie alcune riflessioni, perché pieno di elementi paradossali. Rimane un film comunque oltremodo coraggioso, perché affronta un aspetto particolarmente profondo dei diversamente “uguali”, che è la solitudine negli affetti, malgrado l’essere circondati da tante persone “compassionevoli”, che ovviamente ti capiscono. Jocelyn è chiaramente un narcisista, non un pazzo come lo definisce il suo amico medico Max, che dal punto di vista dell’analisi del profondo sembra piuttosto sguarnito. Questo è accentuato da una truccatura degli occhi, non necessaria, disturbante, e particolarmente femminea. Non si capisce come un narcisista, discretamente attempato, possa essere in grado di amare una paraplegica, con la quale condividere che cosa? Una situazione complessivamente inelaborabile, irrisolvibile, in assenza di un profondo, vero, disagio del vivere. Non la musica classica, per lui uno schifo, della cui bellezza non può sentire, e apprendere, malgrado la tardiva necessità. E non si capisce come Florence, violinista di fama, possa in contemporanea giocare a tennis dando manrovesci portentosi, di qua e di là, noncurante della delicatezza delle sue mani e delle sue braccia. Facciamo finta di niente, perché vogliamo credere al messaggio di Florence, consapevole dell’imposture di Jocelyn, che suona un po’ stonato: “godiamo quello che abbiamo, mettiamocela tutta, crediamoci, finché dura”.
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