samanta
|
martedì 14 maggio 2019
|
allah è con voi il paradiso vi attende
|
|
|
|
Il film è tratto da una vicenda vera (purtroppo) l'attocco avvenuto il 26 novembre 2008 a Mumbai (già oggetto di attacchi rerroristici) da un gruppo di terroristi islamici 10 in tutto che al grido di Allah è grande seminarono la morte e la distruzione nella Città (oltre 200 morti) prima di essere quasi tutti uccisi dopo 3 giorni.
La pellicola mostra l'efferratezza di persone che uccidono senza alcuna pietà ma sostanzialmente tranquille come schiacciassero delle mosche, guidate al telefono auricolare da un "padrino" che oltre a promettere il Paradiso li incita a uccidere alla domanda "ho davanti una donna cosa faccio?" risponde "uccidila sono animali, nessuna pietà".
[+]
Il film è tratto da una vicenda vera (purtroppo) l'attocco avvenuto il 26 novembre 2008 a Mumbai (già oggetto di attacchi rerroristici) da un gruppo di terroristi islamici 10 in tutto che al grido di Allah è grande seminarono la morte e la distruzione nella Città (oltre 200 morti) prima di essere quasi tutti uccisi dopo 3 giorni.
La pellicola mostra l'efferratezza di persone che uccidono senza alcuna pietà ma sostanzialmente tranquille come schiacciassero delle mosche, guidate al telefono auricolare da un "padrino" che oltre a promettere il Paradiso li incita a uccidere alla domanda "ho davanti una donna cosa faccio?" risponde "uccidila sono animali, nessuna pietà".
La regia di Anthony Maras greco australiana al suo terzo film (prima Palace del 2011 sulla guerra turco cipriota) cerca di essere, come riconosciuto dalla critica, aderente ai fatti pur utilizzando alcuni personaggi di fantasia (come la famiglia americana o il russo) da una parte mostrando senza enfasi la crudeltà di un atteggiamento religioso per cui i terroristi sono convinti di fare del bene (d'altra parte anche Hitler o Stalin e i loro seguaci erano convinti di agire per il bene del loro popolo), dall'altro lo spavento, la paura il terrore, la disperazione di perdere i propri cari che sconvolgono le vittime e nello stesso tempo come i momenti difficili facciano risvegliare sentimenti di solidarietà, umanità e amore che portano a dare la vita per persone che in fin dei conti non si conoscono.
Nell'attacco vennero attaccati numerosi luoghi, ma il film si concentra quasi tutto sugli ospiti e il personale del TAJ gigantesco e lussuoso Hotel di 7 piani simbolo di Mumbai, in particolare viene messo in risalto il sacrificio del personale (ci furono più morti tra i dipendenti che tra gli ospiti) per salvare i turisti, la pellicola si sviluppa in un thriller ben diretto, senza un attimo di respiro, con una tensione continua. Il regista si concentra su 5 figure 2 (reali) lo chef Oberoi (Anupam Kher noto attore indiano) ) e il cameriere Sikh Arjun (Dev Patel, The millionaire, Marigold Hotel, Lion), tre gli ospiti: la coppia americana David (Harmie Hammer (J. Edgar, Biancaneve, The Lone Ranger) e la moglie Zahra di origine iraniana (Nazanin Boniadi) che per molte ore visse nella disperazione per il figlioletto disperso con la tata, la moglie verrà risparmiata perché recita un versetto del Corano, mentre il marito viene ucciso. Una nota stonata il turista russo Vasili (Jason Isaacs) un pò macchiettistico. La recitazione comunque nel complesso è molto buona, segno che il regista ha saputo dirigere con sicurezza.
In conclusione il film manda due segnali: la repulsione perc questo terrorismo islamico dilagante (sono recenti gli episodi di Colombo e Burkina Faso) ma inoltre oltre ad implementare le misure di sicurezza (nella vicenda le forze indiane non solo sono prese di sorpresa, ma anche reagiscono lentamente) viene messo in risalto che l'umanità , la solidarietà e la forza morale sono anch'esse armi vincenti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a samanta »
[ - ] lascia un commento a samanta »
|
|
d'accordo? |
|
enzo70
|
lunedì 28 settembre 2020
|
un''altra espressione della banalità del male
|
|
|
|
A circa sette anni dall’attacco mortale al cuore degli Stati Uniti con un’operazione studiata e di ampissimo raggio, nel 2008 un manipolo di dieci terroristi riuscì a mettere a ferro e fuoco Mumbai. L’attacco coordinato da coordinatori pakistani puntò a centri nevralgici e simbolici della città, stazioni, locali trafficati ed il Taj Mahal, l’hotel a cinque stelle simbolo del consumismo occidentale. Il regista riesce a proporre un bel film in cui mette in evidenza la banalità del male, in questo caso rappresentato da dieci ragazzini mandati allo sbaraglio in nome di Allah. Dall’altro lato l’umanità degli ospiti dell’albergo e, soprattutto, del personale dell’albergo che riesce a trasformare l’ospitalità per mestiere, come missione umana.
[+]
A circa sette anni dall’attacco mortale al cuore degli Stati Uniti con un’operazione studiata e di ampissimo raggio, nel 2008 un manipolo di dieci terroristi riuscì a mettere a ferro e fuoco Mumbai. L’attacco coordinato da coordinatori pakistani puntò a centri nevralgici e simbolici della città, stazioni, locali trafficati ed il Taj Mahal, l’hotel a cinque stelle simbolo del consumismo occidentale. Il regista riesce a proporre un bel film in cui mette in evidenza la banalità del male, in questo caso rappresentato da dieci ragazzini mandati allo sbaraglio in nome di Allah. Dall’altro lato l’umanità degli ospiti dell’albergo e, soprattutto, del personale dell’albergo che riesce a trasformare l’ospitalità per mestiere, come missione umana. Un film importante anche per ricordare.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a enzo70 »
[ - ] lascia un commento a enzo70 »
|
|
d'accordo? |
|
felicity
|
mercoledì 30 dicembre 2020
|
potente, non perfetto, ma sincero
|
|
|
|
Visivamente Hotel Mumbai si inserisce perfettamente nel filone americano dedicato ad attacchi terroristici, di origine fittizia o meno, come Attacco al potere - Olympus Has Fallen e Boston - Caccia all'uomo, di cui ne scimmiotta ritmo e natura emotiva, in bilico tra il voler fare una ricostruzione il più possibile dettagliata degli eventi e allo stesso tempo drammatizzare il tutto per meglio coinvolgere il pubblico, farcendo la trama con esili vicende personali e una tecnologia che fa sempre cilecca nel momento di massimo bisogno dello sceneggiatore.
Attacco a Mumbai però si distanzia dai suoi simili nei cardini attorno ai quali viene fatta ruotare la vicenda. Al centro infatti non vi è la cacciata dell'invasore e nemmeno lo spirito patriottico tipico dei prodotti a stelle e strisce e il tutto non viene mai trattato come una home invasion - o in questo caso una hotel invasion.
[+]
Visivamente Hotel Mumbai si inserisce perfettamente nel filone americano dedicato ad attacchi terroristici, di origine fittizia o meno, come Attacco al potere - Olympus Has Fallen e Boston - Caccia all'uomo, di cui ne scimmiotta ritmo e natura emotiva, in bilico tra il voler fare una ricostruzione il più possibile dettagliata degli eventi e allo stesso tempo drammatizzare il tutto per meglio coinvolgere il pubblico, farcendo la trama con esili vicende personali e una tecnologia che fa sempre cilecca nel momento di massimo bisogno dello sceneggiatore.
Attacco a Mumbai però si distanzia dai suoi simili nei cardini attorno ai quali viene fatta ruotare la vicenda. Al centro infatti non vi è la cacciata dell'invasore e nemmeno lo spirito patriottico tipico dei prodotti a stelle e strisce e il tutto non viene mai trattato come una home invasion - o in questo caso una hotel invasion.
Per il personale del Taj l'hotel non è una patria da cui cacciare l'invasore, bensì un ambiente noto alla perfezione e di cui sfruttare al meglio la conoscenza per permettere agli ospiti di aver salva la vita. Il regista pone infatti l'indiana sacralità dell'ospite come linea guida lungo la quale seguire la vicenda, rendendo il film per certi versi più vicino al disaster movie in cui il sentimento a prevalere è la solidarietà, anche se si tratta più di un enunciato che di un vero e proprio sviluppo.
La premessa però viene rispettata solo parzialmente perché a questa linea – su cui si articola la resistenza delle vittime – si aggiunge un'altra totalmente svincolata che segue un processo di umanizzazione degli attentatori.
Se in principio infatti i terroristi sono visti come una macchina inarrestabile priva di ragione mentre le forze dell'ordine degli sprovveduti in preda al panico incapaci di mirare, un punto di svolta cambia la rotta di una caratterizzazione psicologica nulla che sembrava destinata a rimanere tale.
Non una progressione, ma un cambio repentino innescato dal crollo psicologico di uno degli estremisti islamici che telefona a casa per accertarsi che il suo sacrificio da martire di guerra santa non sia vano, bensì ricompensato, almeno sul piano terreno, da un pattuito pagamento alla famiglia.
Da quel momento in poi i terroristi ricevono un trattamento di favore dalla macchina da presa che ne mostra ed enfatizza la crisi.
Questo eccesso di onniscienza, o ostinazione a uno sguardo più ampio che dir si voglia, nel voler mostrare tutto finisce involontariamente per aderire, almeno parzialmente, con il punto di vista degli attentatori, contrapposti nello scontro a fuoco finale alle forze speciali indiane descritte come macchina inarrestabile priva di singole identità a causa delle maschere indossate, riservando invece ai carnefici primi piani sofferenti di peso pari a quello delle vittime.
Il tentativo di rimandare la colpa agli ancora impuniti organizzatori e sgravandola dagli esecutori, le cui azioni vengono più giustificate che motivate, è un passaggio quantomeno discutibile se non condannabile.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a felicity »
[ - ] lascia un commento a felicity »
|
|
d'accordo? |
|
maramaldo
|
sabato 4 maggio 2019
|
se di coraggio dobbiamo parlare...
|
|
|
|
... sarebbe quello di un tal Anthony Maras che spolvera "una storia vera", quasi dimenticata se non altro a causa dell'assuefazione che abbiamo ai fattacci. L'incosciente ne puntualizza alcuni dettagli su cui i media a quel tempo preferirono sorvolare.
Tranquillizzatevi, non si tratta di un film antislamico. Forse tutt'altro, per certi versi (o versetti) adombra un confronto tra sunniti e sciiti.
Gli occidentali, o come preferite chiamare gli infedeli o i crociati, non ne escono bene. David (il belloccio Armie Hammer), grezzo yankee spaesato nella raffinatezza del Taj Mahal e del suo personale. Vassili, ex-sovietico banditesco nouveau riche (Jason Isaac, boria e occhi d'acciaio).
[+]
... sarebbe quello di un tal Anthony Maras che spolvera "una storia vera", quasi dimenticata se non altro a causa dell'assuefazione che abbiamo ai fattacci. L'incosciente ne puntualizza alcuni dettagli su cui i media a quel tempo preferirono sorvolare.
Tranquillizzatevi, non si tratta di un film antislamico. Forse tutt'altro, per certi versi (o versetti) adombra un confronto tra sunniti e sciiti.
Gli occidentali, o come preferite chiamare gli infedeli o i crociati, non ne escono bene. David (il belloccio Armie Hammer), grezzo yankee spaesato nella raffinatezza del Taj Mahal e del suo personale. Vassili, ex-sovietico banditesco nouveau riche (Jason Isaac, boria e occhi d'acciaio). D'acciaio non solo gli occhi lo slavo impersonato, in quel trambusto ingurgita whisky e cognac insieme senz'altro effetto che quello di aumentare la propria arroganza. Odioso uomo di successo al quale si dà volentieri del "puttaniere". Attenzione, però, sorvegliamo il linguaggio, potrebbe insinuare che c'è chi va in India in cerca di escort. Si farebbe torto agli esploratori che sono stati soggiogati dalle malie di quella terra ancora misteriosa. Tra questi includerei lo stesso Maras, per il rispetto che mostra verso quella società.
Ma c'è pure un pensiero alla platea di un miliardo. Oberon, lo chef, Anupam Kher, icona portata in tutto il mondo, uno che viene dal sofferto Cashmir. Arjun - l'accattivante ora cresciutello Millionaire, Dev Patel - rende omaggio ad una cultura che sacralizza il turbante e venera la famiglia.
La sorpresa Anthony ce la riserva con Zahra, l'iraniana perfetta bellezza forse di origini circasse, Nazanin Boniadi. L'ultimo ostaggio vivo con vibrante "salah" confonde il giovanotto sterminatore distogliendolo dal portare a termine la "giustizia divina". Continui accenni alla religione ma fatti da un laico vuoto di una propria ispirazione. Solo trovate e sentito dire: la voce guida che dall'alto dei cieli rimbalza sui telefonini, quella di chi garentisce sussidi familiari in questo mondo e premio eterno nell'altro. Ingenuità. Perfino onestà che può destare perplessità nel giudizio di chi non ci pensa tutti i giorni.
Non rompetevi la testa. Apprezzate scene e ritmo, spettacolo e suspense. Potrà bastarvi.
[-]
[+] cos'altro dovremmo cercare?
(di bizantino73)
[ - ] cos'altro dovremmo cercare?
[+] a prescindere
(di maramaldo)
[ - ] a prescindere
|
|
[+] lascia un commento a maramaldo »
[ - ] lascia un commento a maramaldo »
|
|
d'accordo? |
|
|