flyanto
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lunedì 3 dicembre 2018
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il ritratto umano di una donna coraggiosa
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“A Private War” costituisce l’autobiografia della statunitense Marie Colvin che esercitò la professione di reporter di guerra per il quotidiano Sunday Times dal 1985 sino al 2012, anno della sua morte ad Homs, in Siria, nel corso di un bombardamento aereo. La pellicola presenta la figura di questa abile e coraggiosa donna che rischiò la propria vita molteplici volte nel corso della sua carriera di inviata speciale: sempre presente nei luoghi in cui si verificavano scontri bellici, quali quelli in Sri Lanka, Cecenia, Iraq, Afghanistan, ed ultimo in Siria, la Colvin dimostrò di avere coraggio battendosi e denunciando in prima persona con i suoi articoli le crudeltà, le violenze, ed i raggiri politici a discapito delle popolazioni inermi, vittime innocenti di guerre cruente ed inammissibili.
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“A Private War” costituisce l’autobiografia della statunitense Marie Colvin che esercitò la professione di reporter di guerra per il quotidiano Sunday Times dal 1985 sino al 2012, anno della sua morte ad Homs, in Siria, nel corso di un bombardamento aereo. La pellicola presenta la figura di questa abile e coraggiosa donna che rischiò la propria vita molteplici volte nel corso della sua carriera di inviata speciale: sempre presente nei luoghi in cui si verificavano scontri bellici, quali quelli in Sri Lanka, Cecenia, Iraq, Afghanistan, ed ultimo in Siria, la Colvin dimostrò di avere coraggio battendosi e denunciando in prima persona con i suoi articoli le crudeltà, le violenze, ed i raggiri politici a discapito delle popolazioni inermi, vittime innocenti di guerre cruente ed inammissibili. Insignita di molti riconoscimenti per il suo operato e famosa per indossare costantemente una benda ‘da pirata’ sull’occhio sinistro perso durante un attacco in Sri Lanka, in quest’opera cinematografica la Colvin viene presentata non solo dal punto di vista professionale, ma anche da quello della propria vita privata. Lo spettatore, così, viene ad apprendere della sua relazione sentimentale (poi terminata) con un collega giornalista/scrittore, dei suoi svariati incontri occasionali dovuti al suo continuo viaggiare e mai risiedere a lungo in un luogo, la sua collaborazione, ma soprattutto la sua profonda amicizia, con il britannico fotografo freelance Paul Conroy, incontrato ‘casualmente’ in Afghanistan, il suo desiderio, purtroppo per lei mai realizzato, di diventare madre e la sua propensione a bere talvolta qualche bicchiere di troppo…. Insomma, “A Private War”, come biopic, risulta, dunque, una pellicola completa e non soltanto meramente biografica, forse, probabilmente anche un poco romanzata da parte del suo regista Matthew Heineman, ma assai interessante per le molteplici sfaccettature che egli presenta sullo schermo di questo affascinante ed intelligente personaggio femminile, dal cui ritratto emerge soprattutto che, accanto alla natura ed al carattere forte e coraggioso, esisteva anche una parte profondamente umana e quanto mai reale di donna provvista di debolezze, d’ inquietudini e di saltuari scatti d’ira.
L’attrice Rosamund Pike, nel ruolo di Marie Colvin, si dimostra molto credibile ed anche gli attori che ruotano intorno a lei in ruoli più o meno secondari (Stanley Tucci, Jamie Dorman, Greg Wise, ecc…), contribuendo così tutti all’unisono alla riuscita della pellicola e, pertanto, a destarne l’interesse oltre che una giusta dose di riflessione da parte dello spettatore.
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cardclau
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venerdì 23 novembre 2018
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l'importanza della testimonianza
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Il film di Mattew Heineman, A Private War, rende giustamente omaggio, e ne rinfranca la memoria, a Marie Catherine Colvin (Oyster Bay, 12 gennaio 1956 – Homs, 22 febbraio 2012). Una giornalista statunitense, ritenuta dalla maggior parte dei suoi colleghi la più grande corrispondente di guerra della sua generazione, che fu presa di mira e uccisa il 22 febbraio 2012 dalle forze armate siriane perché aveva denunciato per prima la sofferenza della popolazione civile ad Homs, in Siria. Riporto dall’ANSA: “ "Non è importante quale esercito compia l'attacco, quello che conta è il costo umano delle persone". Era una delle convinzioni di Marie Colvin, grande inviata di guerra del Sunday Times, che a 56 anni è rimasta uccisa da un attacco a Homs in Siria, voluto probabilmente da Assad, di cui la giornalista aveva appena rivelato il bombardamento indiscriminato sulla popolazione civile.
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Il film di Mattew Heineman, A Private War, rende giustamente omaggio, e ne rinfranca la memoria, a Marie Catherine Colvin (Oyster Bay, 12 gennaio 1956 – Homs, 22 febbraio 2012). Una giornalista statunitense, ritenuta dalla maggior parte dei suoi colleghi la più grande corrispondente di guerra della sua generazione, che fu presa di mira e uccisa il 22 febbraio 2012 dalle forze armate siriane perché aveva denunciato per prima la sofferenza della popolazione civile ad Homs, in Siria. Riporto dall’ANSA: “ "Non è importante quale esercito compia l'attacco, quello che conta è il costo umano delle persone". Era una delle convinzioni di Marie Colvin, grande inviata di guerra del Sunday Times, che a 56 anni è rimasta uccisa da un attacco a Homs in Siria, voluto probabilmente da Assad, di cui la giornalista aveva appena rivelato il bombardamento indiscriminato sulla popolazione civile.” Forse però le considerazioni su quale esercito compia l’attacco potrebbero essere ampliate dagli interessi in gioco e da chi ci guadagna. Altrimenti tutto si risolverebbe inevitabilmente considerando l’essere umano come guerrafondaio per “natura”, per scrittura nel DNA. Il perché uno decida di fare il corrispondente di guerra, in continuo e drammatico contatto con la sofferenza e la distruzione, rimane avvolto comunque dal mistero, e dal nostro rispetto. Visto infatti che l’aumento della massa cranica, avvenuto circa tre milioni di anni fa, in quello che sarebbe poi diventato l’Homo Sapiens, non sempre viene utilizzato in modo appropriato dal suo possessore, è fondamentale che ci siano dei testimoni che risveglino le coscienze, e che cerchino di rischiarare l’oscurità della falsità con la luce della verità. Marie Colvin ha dato un importante contributo in questa direzione. E se la sua splendida interprete, Rosamund Pike, come il regista Mattew Heineman, cascano in certi momenti nell’agiografico e nel sentimentale, o se stanno troppo in superficie, li possiamo perdonare. Rimangono però una serie di considerazioni, altre dalla testimonianza degli orrori, e che ci fanno intuire che la guerra è cosa assai complessa. Certo da sempre, ma soprattutto dal diciannovesimo secolo, lo sforzo dell’essere umano di perfezionare la armi, si è ingigantito. Adesso possiamo procedere alla distruzione chirurgica, solo del materiale infetto. Ma chi decide cosa è infetto, e chi non lo è? La verità è che ci rimette sempre di più la popolazione civile inerme, e alla grande. Almeno a cominciare dalla prima guerra mondiale. E tu che bombardi vedi negli occhi la sofferenza che induci? I razzi, i droni, i siriani? Ma scusate i droni non erano solo americani? E come hanno fatto i siriani ad averli, questi droni? Allora a questo punto, di fronte a codeste e ad altre angosciose domande mi viene nella mente solo: … e pace in terra agli uomini di buona volontà … Marie Colvin era una di quelle.
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