Il Sacrificio del Cervo Sacro

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Un film di Yorgos Lanthimos. Con Colin Farrell, Nicole Kidman, Barry Keoghan, Raffey Cassidy.
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Titolo originale The Killing of a Sacred Deer. Drammatico, durata 109 min. - Gran Bretagna, USA 2017. - Lucky Red uscita giovedì 28 giugno 2018. MYMONETRO Il Sacrificio del Cervo Sacro * * 1/2 - - valutazione media: 2,98 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Materia, Anima e Mito

di Paul


Feedback: 10
venerdì 29 giugno 2018

Fin dalla prima inquadratura, che mostra un cuore che batte durante un’operazione, si capisce che il protagonista, un chirurgo dall’aspetto rispettabile, e dunque prevedibile, è un uomo della Materia. Coi piedi per terra, ha belle mani con cui ha costruito nel tempo una famiglia perfetta e altrettanto prevedibile: una bella moglie oftalmologa, una figlia obbediente e un figlioletto dai capelli fluenti che pare un piccolo dio greco dagli occhi vispi e indagatori. Non si sa come, a un certo punto nel ménage familiare entra in campo un 16enne dall’eloquio forbito e dal viso asimmetrico, tanto che il suo aspetto contrasta un poco col suo fare gentile e quasi cerimonioso. Fin dall’inizio si presenta come eterno affamato, quasi uscisse da un girone dantesco in cui ci si sbrana a vicenda (e non uso questo verbo a caso: non posso certo rivelarvi tutto).
Si scopre ch’è il figlio di un paziente del dottore, paziente ch’è deceduto durante un’operazione condotta tempo prima da Steven, il padre-marito integerrimo. Il ragazzo appartiene alla schiera degli enfants terribles, o meglio dei ragazzi demoniaci, di cui fa parte anche il protagonista del film Nella casa di François Ozon: essi hanno qualcosa di non-umano, di trascendente, di ultraterreno, tanto da far dubitare di ogni parola e di ogni gesto che inventano per distruggere le convenzioni sociali e gli stessi sentimenti di chi ha la ventura di trovarli sulla propria strada. Nella letteratura, nel cinema e ancor prima nella vita s’incontrano spesso tali personaggi, i quali danno anima al racconto tanto da diventarne l’insegnamento morale e dunque l’essenza. Per farla breve Martin (così si chiama il giovane dèmone che parla come un adulto assennato e pur mai banale), in un climax degno di Kubrick, ossessiona il dottore quasi fosse un amante capriccioso e scombussola l’equilibrio della famiglia perfetta rivelandogli di conoscere la causa della morte del padre. Il dr Steven dapprima lo ascolta impietrito e non osa ribattere all’accusa di aver operato il padre sotto l’effetto dell’alcool, non riesce cioè a credere a tanta superbia, a tanta hybris da parte di un 16enne.
Ma il demone ha ragione, è andata così? Martin si affida alla Giustizia (uno dei tanti nomi che il mito chiama Vendetta) e farnetica di una sorta di patto, ch’è invece un avvertimento piuttosto brutale e senza possibilità di scelta: o il medico sacrificherà una persona della sua famiglia oppure questa sparirà presto per intero. Di figli sacrificati pullula l’immaginario letterario e iconografico dell’Occidente: da Ifigenia, la figlia di Agamennone che avrebbe dovuto propiziare i venti per le navi achee dirette contro Ilio, alla vicenda di Isacco, posto in croce come l’agnello, che non si ribella ai carnefici e che per questo è diventato allegoria del Cristo. Un sacrificio richiede uno scambio, un do ut des: tu sconti la pena ed io ti perdono, o meglio sono costretto a ristabilire l’ordine, il Kòsmos, l’equilibrio che tu hai infranto. Che tu abbia sbagliato per inettitudine, per leggerezza o per malvagità non importa: devi pagare, e se non ci pensi tu ci penserà l’Ananke, la Necessità o come volete chiamare il Fato.
E infatti il Fato agisce e paralizza prima le gambe al figlio piccolo e poi quelle della figlia più grande. Analisi dopo analisi, i due dottori non trovano nulla di patologico dal punto di vista organico, senza contare il fatto che, quando Martin ingiunge alla piccola di alzarsi e camminare, lei lo fa come se fosse uno dei paralitici guariti da Gesù. Che sia il disequilibrio tra mente e corpo oppure, chissà, persino la forza di un pensiero ossessivo e vìndice (come suggerirebbe il Mito), non importa: la Vita sta mostrando segni inequivocabili riguardo all’ineluttabile destino che spetta alla famiglia se il sacrificio non verrà messo in atto al più presto. O ti punisci tu o ti punisce il Fato: Delitto e Castigo di Dostoevskij o Il demone della perversità di Edgar Allan Poe sono solo due riferimenti colti a una letteratura sterminata che ha posto il Rimorso al centro della vicenda umana. Il mai risolto rapporto tra il potere del pensiero, della volontà, dell’intenzione da una parte e la giustizia, l’ordine, la vendetta dall’altra non può non confonderci: può la volontà di un singolo che si ritiene nel giusto piegare il Cosmo alla sua sete (nel caso di Martin, alla sua fame) di giustizia, di vendetta? Possiede addirittura la facoltà stregonesca di far sanguinare gli occhi sùbito prima della morte della vittima, unendo la maledizione del padre chirurgo a quella della madre oftalmologa? O Martin (il cui nome richiama la Guerra) è solo uno strumento di un Universo che neppur lui può cogliere nella sua essenza? Oppure è egli stesso, pur così giovane, un dio o un demone cui è permesso inventare le leggi stesse del Creato?
Il Padre (che entra nelle viscere dei corpi fino a manovrarne il cuore) rappresenta la Terra, la Materia mentre la Madre (che studia gli occhi e ha una visione più acuta della media dei mortali) rappresenta la Psiche, l’Anima, che in termini moderni e non mitici si traduce in psicologia (pur avendo assistito al “miracolo” della figlia paralitica che si alza all’ingiunzione di Martin, ella crede, vista l’assenza di patologie, che i figli soffrano di mali psicosomatici); Martin rappresenta invece l’aspetto sovrannaturale, metafisico, sfuggente, rappresenta il Mistero della Vita e della Morte, rappresenta il Mito come racconto archetipico di tutto ciò ch’è stato e di tutto ciò che sarà.

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