ema
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sabato 9 dicembre 2017
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il peggiore film che abbia visto quest'anno
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Questo è un film noioso e banale: non dice nulla di nuovo sul rapporto tra padri e figli, il cosiddetto "confronto generazionale", ma questo si può anche tollerare, anche perché è un argomento che nel cinema ed in letteratura è stato trattato in lungo e in largo. Il problema è che i personaggi sono privi di spessore e, secondo me, il padre in particolare non è rappresentativo della situazione dei padri moderni (che non tutti sono ricchi e famosi). Il personaggio del suocero tassista, poi, è del tutto inutile e, mi sembra, messo lì solo per "strappare" le lacrime del pubblico (ma non le mie). Detto questo, una "commedia" in cui non si ride, magari anche amaramente (come nella migliore tradizione della commedia all'italiana), non può essere considerata tale.
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Questo è un film noioso e banale: non dice nulla di nuovo sul rapporto tra padri e figli, il cosiddetto "confronto generazionale", ma questo si può anche tollerare, anche perché è un argomento che nel cinema ed in letteratura è stato trattato in lungo e in largo. Il problema è che i personaggi sono privi di spessore e, secondo me, il padre in particolare non è rappresentativo della situazione dei padri moderni (che non tutti sono ricchi e famosi). Il personaggio del suocero tassista, poi, è del tutto inutile e, mi sembra, messo lì solo per "strappare" le lacrime del pubblico (ma non le mie). Detto questo, una "commedia" in cui non si ride, magari anche amaramente (come nella migliore tradizione della commedia all'italiana), non può essere considerata tale. Per quanto riguarda la recitazione, l'unico che si salva è Bisio. Un passo falso del cinema italiano che invece sta tirando fuori dei buoni film ultimamente.
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(di gigi22562)
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laura
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giovedì 7 dicembre 2017
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quegli accendini accesi....
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C'è qualcosa che non convince fra le immagini che scorrono sullo schermo.
Quel ragazzo, quei ragazzi con i loro capelli lunghi, in bicicletta per le strade di Milano, non sono gli autentici sdraiati chiusi fra le pagine del libro o distesi sui nostri divani ad ammorbarci con la musichetta di qualche gioco elettronico, o con i discorsi elevati di qualche youtuber, il cellulare nella sinistra e la mano destra tuffata nella scatola dei cereali. Quelli sullo schermo sono capaci di ridere, di amare, di odiare, di litigare e poi chiarirsi, si interessano di problemi sociali, sono capaci di camminare sui tetti, di pedalare - con tutta la fatica che ciò comporta.
Quelli sullo schermo siamo noi, madri e padri di questi ragazzi, con l'accendino acceso alto sulle teste ad accompagnare la voce di Bob Marley.
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C'è qualcosa che non convince fra le immagini che scorrono sullo schermo.
Quel ragazzo, quei ragazzi con i loro capelli lunghi, in bicicletta per le strade di Milano, non sono gli autentici sdraiati chiusi fra le pagine del libro o distesi sui nostri divani ad ammorbarci con la musichetta di qualche gioco elettronico, o con i discorsi elevati di qualche youtuber, il cellulare nella sinistra e la mano destra tuffata nella scatola dei cereali. Quelli sullo schermo sono capaci di ridere, di amare, di odiare, di litigare e poi chiarirsi, si interessano di problemi sociali, sono capaci di camminare sui tetti, di pedalare - con tutta la fatica che ciò comporta.
Quelli sullo schermo siamo noi, madri e padri di questi ragazzi, con l'accendino acceso alto sulle teste ad accompagnare la voce di Bob Marley.
Eppure la forza del libro, disattesa dal film, sta proprio qua.... nello stupore di vedere questo essere umano, che è profondamente diverso da noi - che non usa più l'accendino ma il cellulare e Bob Marley non sa nemmeno chi sia - che amiamo profondamente ma che raramente capiamo, arrivare comunque in cima alla montagna, con le sue lunghe gambe, e arrivarci prima di noi.
Un bagliore ancora lontano in mezzo al buio.
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evak.
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venerdì 29 dicembre 2017
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intelligente
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Arrivo un po' in ritardo su questo film perchè in questo periodo ho voluto rivedere prima tutti i film di Francesca Archibugi, della quale ho anche delle obsolete ma bellissime videocassette. Volevo essere sicura del mio giudizio su questo film.
Francesca Archibugi è senza alcun dubbio, nel panorama del cinema italiano, la regista più intellettualmente e culturalmente preparata. Nei suoi film, come anche in questo, è tangibile che il suo lavoro è frutto di un'attenta e capace analisi del contesto contemporaneo. Archibugi guarda, osserva, partecipa; lei stessa si interroga, a volte pare anche riflettersi, senza mai giudicare le dinamiche delle relazioni sociali, famigliari e adolescenziali (temi a lei molto cari).
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Arrivo un po' in ritardo su questo film perchè in questo periodo ho voluto rivedere prima tutti i film di Francesca Archibugi, della quale ho anche delle obsolete ma bellissime videocassette. Volevo essere sicura del mio giudizio su questo film.
Francesca Archibugi è senza alcun dubbio, nel panorama del cinema italiano, la regista più intellettualmente e culturalmente preparata. Nei suoi film, come anche in questo, è tangibile che il suo lavoro è frutto di un'attenta e capace analisi del contesto contemporaneo. Archibugi guarda, osserva, partecipa; lei stessa si interroga, a volte pare anche riflettersi, senza mai giudicare le dinamiche delle relazioni sociali, famigliari e adolescenziali (temi a lei molto cari). Perché la regista non è solo professionalmente preparata. Lei è molto brava, sa esprimersi con immagini e metafore senza "annacquare" le fragilità. Sembra conoscerle bene. È un'intellettuale che partecipa alla vita mostrandoci anche la ricchezza della stessa.
Non era facile portare sul grande schermo un libro. Qui era necessaria una la sceneggiatura che rendesse tridimensionale il monologo di Serra. Lei è stata brava, tuttavia questa sceneggiatura manca di qualcosa. È entrata troppo in punta di piedi. Un po' sfumata negli accenni. Il film comunque è un buon film sebbene necessitasse di maggiore partecipazione emotiva e qualche colore in più.
Francesca Archibugi resta in ogni caso una regia preziosa (sceneggiatura compresa)per il cinema italiano.
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mariaf.
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lunedì 27 novembre 2017
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evviva i buoni film!
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Un film che non avrei voluto perdere per nessuna ragione al mondo, infatti, mi sono fiondata alle 10,40 del mattino, orario per me insolito, nell’unico cinematografo che lo proiettava.
Ha soddisfatto in pieno le mie attese rendendo la lettura dell’omonimo libro di Michele Serra ancora più gradevole.
Non esiste nessuna guida che insegni quale percorso seguire per essere un buon genitore, per cui, alé, pronto via, come dilettanti allo sbaraglio ci improvvisiamo competenti in materia a scapito o a volte per fortuna dei figli che saranno le nostre cavie.
L’argomento ci riguarda tutti, perché tutti genitori o no siamo circondati da adolescenti il cui mondo per noi resta, impenetrabile, incomprensibile non riusciamo a trovare un punto di contatto e una sola ragione che ci porti a giustificare il loro comportamento.
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Un film che non avrei voluto perdere per nessuna ragione al mondo, infatti, mi sono fiondata alle 10,40 del mattino, orario per me insolito, nell’unico cinematografo che lo proiettava.
Ha soddisfatto in pieno le mie attese rendendo la lettura dell’omonimo libro di Michele Serra ancora più gradevole.
Non esiste nessuna guida che insegni quale percorso seguire per essere un buon genitore, per cui, alé, pronto via, come dilettanti allo sbaraglio ci improvvisiamo competenti in materia a scapito o a volte per fortuna dei figli che saranno le nostre cavie.
L’argomento ci riguarda tutti, perché tutti genitori o no siamo circondati da adolescenti il cui mondo per noi resta, impenetrabile, incomprensibile non riusciamo a trovare un punto di contatto e una sola ragione che ci porti a giustificare il loro comportamento.
Le loro priorità non sono le nostre.
Se riflettiamo, per noi, dovrebbe essere possibile allacciare un rapporto, siamo stati adolescenti e dovremmo per questo avere vivi e cocenti i ricordi di solitudine dovuti all’incomunicabilità con quel mondo adulto mille miglia lontano, e invece no, agiamo come se la nostra mente avesse saltato a piè pari quella fase giovanile.
Molti dei ragazzi di oggi non vivono la casa come un luogo, dove tornare per essere ascoltati con interesse, il più delle volte sono sottoposti a continue paternali e costretti ad ascoltare quelle perle di saggezza che pensiamo sia necessario proferire dal nostro pulpito.
Molti dei ragazzi d’oggi, anche perché figli di genitori separati, nel bene e nel male ricevono tutto moltiplicato per due, ciò potrebbe sembrare una condizione privilegiata, una golosa opportunità, una ricchezza, e invece, è solo uno stress: doppia casa, doppie chiavi, doppie regole, e vivono poi quel senso di frustrazione per non riuscire ad accontentare i genitori che incalzano nella loro vita con continue intromissioni ed esagerate attenzioni.
Gli sdraiati sono quei ragazzi che vivono la loro esistenza lasciandosi andare, in una posizione orizzontale o quasi, e osservando la vita da un punto di vista che non è il nostro ma che forse in passato lo è stato.
Appaiono menefreghisti, disordinati, non capaci di una civile convivenza, avventati, sregolati, eppure allo stesso tempo anche osservatori attenti, premurosi con chi senza soffocarli cerca la loro compagnia, vigili e avveduti, equilibrati, accorti.
Sono guerrieri che combattono cercando nello stesso tempo di tenere a bada i genitori invadenti e il proprio corpo che spara ormoni a mille.
Tutto ciò, e molto di più, è stato trasmesso da Tito, di cui, non lo nego, mi sono perdutamente innamorata per la freschezza, il brio, la naturalezza, ma anche per la saggezza, la generosità.
La bravura e l’attendibilità di tutti gli attori hanno reso possibile il raggiungimento di un risultato di eccellenza.
Grazie.
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no_data
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mercoledì 29 novembre 2017
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diagonale
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Il film lo definirei DIAGONALE L’intelligente ironia di Francesco Piccolo unita al talento di Francesca Archibugi di penetrare la fragilità adolescenziale permette a questo film di avere un attento e compassionevole sguardo sul rapporto padre-figlio. Il film non si pone lo scopo di fare un’analisi della società in cui noi oggi viviamo non vuole condannare né assolvere né filosofeggiare sul rapporto padre figlio ma vuole solo restituirci un’immagine onesta e reale di una relazione così intensa e complessa. Tito un dinoccolato troppo alto, troppo sbilanciato adolescente è alla ricerca di una propria identità , rifiutando di conformarsi al modello paterno considerato ormai obsoleto egli esprime e manifesta il proprio disagio attraverso un linguaggio costantemente provocatorio ed indisponente nei confronti del proprio padre camuffando la propria insicurezza con l’insolenza.
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Il film lo definirei DIAGONALE L’intelligente ironia di Francesco Piccolo unita al talento di Francesca Archibugi di penetrare la fragilità adolescenziale permette a questo film di avere un attento e compassionevole sguardo sul rapporto padre-figlio. Il film non si pone lo scopo di fare un’analisi della società in cui noi oggi viviamo non vuole condannare né assolvere né filosofeggiare sul rapporto padre figlio ma vuole solo restituirci un’immagine onesta e reale di una relazione così intensa e complessa. Tito un dinoccolato troppo alto, troppo sbilanciato adolescente è alla ricerca di una propria identità , rifiutando di conformarsi al modello paterno considerato ormai obsoleto egli esprime e manifesta il proprio disagio attraverso un linguaggio costantemente provocatorio ed indisponente nei confronti del proprio padre camuffando la propria insicurezza con l’insolenza. Il padre Giorgio Selva affermato giornalista televisivo appare anch’esso instabile sul piano emotivo perchè vive la relazione con il figlio in un caos emotivo, egli è preda di sentimenti ambivalenti dove la necessità di fare rispettare le regole di una civile convivenza ( Giorgio e Tito abitano nella stessa casa) sono sopraffatti da un più forte desiderio di potere stabilire un dialogo con il figlio. Ora anche i sentimenti dello spettatore sono ondivaghi : la strafottenza di Tito ci indispettisce, l’incapacità di imporsi di Giorgio ci infastidisce. Laddove Tito è senza contenimento Giorgio è incapace di arginare lo sconfinamento. Siamo di fronte ad un’apparente e frustante incapacità di relazione perché il dialogo è impedito, lo scambio è abortito in una totale disperata impossibilità di comunicazione. La scena finale del film ci destabilizza nuovamente : tutto verrà ribaltato e ristabilito secondo un’ armonia cosmica nel compimento di un desiderio sempre espresso da Giorgio e sempre eluso dal figlio : una passeggiata da fare insieme in un sentiero di campagna attraverso i boschi per raggiungere la cima di una collina da dove contemplare il tramonto. La passeggiata si trasformerà in un’azione catartica : nella scena i due protagonisti camminano affiancati l’uno all’altro ma ad un certo punto Giorgio non vede più Tito, si spaventa lo chiama, urla il suo nome e poi lo scorge sulla cima della collina . Tito sorretto dalla sua forza adolescenziale è già sulla vetta, Giorgio è stanco, si sdraia a terra ma in quell’istante avviene l’epifania : Tito nel momento in cui i suoi occhi spaziano nell’infinito comprende ciò che non è visibile agli occhi (come afferma il Piccolo Principe), e capisce che la mitezza del padre non è determinata da debolezza bensì dall’accettazione che scaturisce dall’amore .In quel momento egli avverte tutto lo sconfinato amore che il padre prova per lui e placa le sue ansie. Mettendo pace nel tumulto del suo cuore. Il padre nello stesso istante percepisce l’acquietarsi dell’animo del figlio. Entrambi con stupore scopriranno che l’amore non ha bisogno di discorsi complessi né di condivisioni intellettuali, esso giunge da luoghi sconosciuti, compie percorsi tortuosi, striscia in maniera sottile, ha cavità sotterranee, ti trapassa con la sua forza, puoi non riconoscerlo subito ma non puoi sottrarti ad esso. Dunque nè in orizzontale né in verticale : l’amore attraversa in diagonale i cuori degli uomini per donare loro la consapevolezza che l’unica cosa che conta nella vita è essere amati ed accettati. Elena
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(di zulgin)
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lux
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venerdì 1 dicembre 2017
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interessante spaccato sulle attualissime “famiglie allargate”..
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.. ed il rapporto genitori/figli adolescenti al giorno d’oggi. Io non sono madre, quindi non posso esprimere un giudizio personale a riguardo, ma le amiche che vivono “l’incubo” quotidiano di un periodo di vita così difficile l’hanno trovato molto veritiero. Io ho trovato molto intenso e divertente Claudio Bisio, molto tenero Cochi Ponzoni (che conoscevo solo come comico!), accattivante l’interpretazione di Antonia Truppo (dallo sguardo alla parlata cadenzata), spettacolari i ragazzi, tutti giovani attori esordienti, soprattutto Gaddo Bacchini e Matteo Oscar Giuggioli (che si interfaccia a Bisio in numerose occasioni) e Ilaria Brusadelli.
Bellissime riprese di una Milano che non è più “da bere”, ma è tutta da scoprire girandoci.
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.. ed il rapporto genitori/figli adolescenti al giorno d’oggi. Io non sono madre, quindi non posso esprimere un giudizio personale a riguardo, ma le amiche che vivono “l’incubo” quotidiano di un periodo di vita così difficile l’hanno trovato molto veritiero. Io ho trovato molto intenso e divertente Claudio Bisio, molto tenero Cochi Ponzoni (che conoscevo solo come comico!), accattivante l’interpretazione di Antonia Truppo (dallo sguardo alla parlata cadenzata), spettacolari i ragazzi, tutti giovani attori esordienti, soprattutto Gaddo Bacchini e Matteo Oscar Giuggioli (che si interfaccia a Bisio in numerose occasioni) e Ilaria Brusadelli.
Bellissime riprese di una Milano che non è più “da bere”, ma è tutta da scoprire girandoci.. in bicicletta (uscendo dalla seconda proiezione.. sì, l’ho già visto due volte.. m’é tornata voglia di pedalare)!! Ed ancora più spettacolari le riprese degli spazi aperti e del mare della Liguria: bravissima Francesca Archibugi.
Un lavoro interessante, di facile visione, molto scorrevole. Lo rivedrò ancora, lo so già. E lo consiglio ai (cinquantenni) miei coetanei che, in questo momento, tribolano coi loro ragazzi 15-25enni. Non “vissero tutti felici e contenti”, ma bisogna sperare sempre che ci sia luce in fondo al tunnel!!
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raffele
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domenica 10 dicembre 2017
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felpe, zainetti, lacrime
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Sono disordinati, infingardi, insolenti. Piccoli, stupidelli, teneri, innocenti. Ma ti guardano con l’arroganza misteriosa di chi ha dalla sua più che una certezza: una legge della natura. Cioè prendere, in un modo o nell’altro, la loro strada. O comunque una strada. Che sicuramente non è quella di casa, quella di mamma e papà, quella di quello dei due che si è collocato come madre/padre, genitore insomma, super-io controllore e giudice, perché l’altro dei due può anche figurare come genitore amico, vittima dell’altro. Uno dei due con ogni probabilità sarà l’invadente, il cerbero, che ti sta col fiato sul collo … i meno fortunati hanno il collo sottovento ad entrambi.
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Sono disordinati, infingardi, insolenti. Piccoli, stupidelli, teneri, innocenti. Ma ti guardano con l’arroganza misteriosa di chi ha dalla sua più che una certezza: una legge della natura. Cioè prendere, in un modo o nell’altro, la loro strada. O comunque una strada. Che sicuramente non è quella di casa, quella di mamma e papà, quella di quello dei due che si è collocato come madre/padre, genitore insomma, super-io controllore e giudice, perché l’altro dei due può anche figurare come genitore amico, vittima dell’altro. Uno dei due con ogni probabilità sarà l’invadente, il cerbero, che ti sta col fiato sul collo … i meno fortunati hanno il collo sottovento ad entrambi. Insomma non sanno come si fa, ma devono vivere la loro vita, è un’ovvietà. E tu che hai fatto la stessa cosa in tempi e modi forse diversi, passi le ore, gli anni sconcertato e scandalizzato per gli yogurt spalmati fra cassapanca zaino, decine e decine di felpe contorte come i fatti della vita in tutti gli angoli della stanza, tremante finché non senti finalmente quel clic-clac delle mandate nell’ingresso di casa alle tre di notte, che ti permette di addormentarti, come una carezza sul cuore, come diceva, mi pare Guareschi. Ed arrivi a sapere qualcosa di loro quando parlano al telefono coi compagni. Tu vorresti insegnar loro l’a-b-c della convivenza civile, come punto di partenza per grandi cose, e quando cominci ad essere stanco ti rendi conto che hai fatto solo quello, il tentativo intendo. No, forse gli hai trasmesso qualche messaggio ambiguo quella volta che si accorsero di quel pasticcio, di quella donna, tutte le volte che consumavi lo scontro di una vita con l’altro, l’altra, l’altrui vita, la loro vita... No, forse, una volta o due, complice un loro attimo di disperazione, o il silenzio di una montagna, hanno colto quello che è scontato, e alla lunga inapparente: che gli vuoi bene.
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jackmalone
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sabato 9 dicembre 2017
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vince chi ha più voglia di scalare la montagna
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Il rapporto fra genitori e figli, ampiamente trattato da sempre in tutta la filmografia , ricorda sempre di più gli incontri ravvicinati del III tipo. Non si capisce più chi sia l'alieno in questione;ciascuna delle due parti ritiene che l'alieno sia l'altro. Parlano due linguaggi inaccessibili l'uno all'altro, si muovono e agiscono in modo antitetico in mondi paralleli che non si toccano mai, ognuno trova assurdi e misteriosi i comportamenti dell'altro e se i genitori hanno un bagaglio culturale, migliori mezzi linguistici e rilevanti capacità comunicative ciò non aiuta a creare il rapporto , anzi ne distrugge ogni possibilità di esistenza.
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Il rapporto fra genitori e figli, ampiamente trattato da sempre in tutta la filmografia , ricorda sempre di più gli incontri ravvicinati del III tipo. Non si capisce più chi sia l'alieno in questione;ciascuna delle due parti ritiene che l'alieno sia l'altro. Parlano due linguaggi inaccessibili l'uno all'altro, si muovono e agiscono in modo antitetico in mondi paralleli che non si toccano mai, ognuno trova assurdi e misteriosi i comportamenti dell'altro e se i genitori hanno un bagaglio culturale, migliori mezzi linguistici e rilevanti capacità comunicative ciò non aiuta a creare il rapporto , anzi ne distrugge ogni possibilità di esistenza. Eppure, se due realtà così opposte, sono costrette a convivere o almeno a condividere qualche spazio, seppure per ragioni di comodo e non solo affettive, bisogna trovare un accomodamento, un qualche compromesso che aiuti ad andare faticosamente avanti in attesa che qualcosa si evolva con il tempo. E' il pensiero di tanti genitori che, dopo averle provate tutte: ragionamenti, persuasione, ricatti affettivi, tolleranza, accettazione e psicoterapia, si arrendono, pregano e sperano che le cose si risolvano con il tempo; continuano a trepidare quando il figlo non risponde al cellulare ,rientra a notte fonda ubriaco o non rientra affatto, non rispetta alcun impegno o si mette nei guai, sperando sempre che arriverà il momento in cui capirà, cambierà. I genitori continuano ineluttabilmente a rimettere a posto mutande, accappatoi, auricolari, scarpe spaiate, libri e paccottiglia; non chiedono mai un aiuto ai figli , non chiedono di buttare la spazzatura, riordinare almeno una volta la propria stanza o pagare un bollettino intestato a loro e, non perchè sono diventati tutti matti o troppo tolleranti ,ma perchè prevale l'istinto di sopravvivenza . Perchè poi un alieno dovrebbe fare queste cose e a cosa servirebbe imparare a falre se poi non vuole vivere sulla terra? Forse la terra è un posto bello dove vivere ma ognuno lo deve scoprire da solo e forse può scoprirlo anche scalando una montagna con le scarpe inadatte,ma non per far piacere a suo padre che glielo sta chiedendo da una vita, ma per far piacere a se stesso. In questa dura battaglia tra genitori e figli vince chi ha più forza, sopportazione e voglia di credere nella vittoria ma vince anche chi decide di mettersi in discussione e fare un piccolo, primo passo verso l'altro alieno tendendolgli la mano.
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lucius
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domenica 3 dicembre 2017
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film sui figli (e sui padri)
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Essere stati giovani negli anni 80 è diverso da essere stato giovane nel '68...... ovvero essere nati negli anni'60 non è come essere nati negli anni immediatamente successivi al dopoguerra... Facciamo un pò di conti: Bisio-Selva può avere circa 55 anni e dunque è nato più o meno nel '62. I suoi genitori dunque sono nati prima del secondo conflitto ( e Cochi Ponzoni rappresenta bene questa generazione).
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Essere stati giovani negli anni 80 è diverso da essere stato giovane nel '68...... ovvero essere nati negli anni'60 non è come essere nati negli anni immediatamente successivi al dopoguerra... Facciamo un pò di conti: Bisio-Selva può avere circa 55 anni e dunque è nato più o meno nel '62. I suoi genitori dunque sono nati prima del secondo conflitto ( e Cochi Ponzoni rappresenta bene questa generazione). E’ quindi la generazione dei genitori di Bisio-Selva ad essere chiamata in causa nel film se rispettiamo l’equazione “colpe dei padri ricadono sui figli” o più freudianamente “ nei primi anni di vita del bambino si forma il carattere che avrà da adulto sulla base dei comportamenti che avrà in quel tempo introiettato dal suo ambiente”.Sì perchè questo è , secondo me, un film sui padri- causa che si riverbera sui figli-effetto.E allora sorge la domanda : in cosa Cochi- tassista ha sbagliato nell’impianto educativo di Livia, alter ego generazionale di Selva-Bisio? Ovvero dove la sua generazione ha espresso contraddizioni e comportamenti tali da creare conflitti e crisi nella propria prole quando si è ritrovata grande (ma non adulta)?Pensiamo quindi ai giovani degli anni trenta che più o meno all'inizio degli anni '60, ( Cochi è proprietario di un taxi che guida nella Milano di oggi) si trovano ad essere genitori.La risposta va cercata, quindi, nei cambiamenti che ha espresso la società di allora ,quella del boom economico, quando l'unità ( spesso solo apparente) della famiglia si è andata via via disgregando a favore delle singole individualità, in un contesto, però, di insufficiente background culturale.Individualità che troveranno poi ulteriore compimento negli anni seguenti,sicuramente espressioni più sincere dei propri sentimenti ma del tutto inadeguate a generare rapporti solidi e duraturi.Errori dunque nell'educazione dei nati di allora, sì ma errori di crescita di una società civile, il cui torto, forse, è stato soprattutto quello di non aver cercato con maggior convinzione espressione nei sentimenti e nell'anima, invece che esclusivamente in una sicurezza economica, vista come traguardo indispensabile per evitare alle generazioni future i terribili patimenti sofferti nel periodo pre e postbellico della loro ( mancata) giovinezza.
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flyanto
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mercoledì 29 novembre 2017
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l'inevitabile scontro generazionale
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Tratto dall'omonimo romano di Michele Serra, "Gli Sdraiati" della regista Francesca Archibugi ora nelle sale cromatografiche italiane, è un film che riflette il conflitto generazionale tra genitori e figli.
Qui, per la precisione, quello tra un padre (Claudio Bisio), noto giornalista televisivo e personaggio di spicco, ed il figlio (Gaddo Bacchini) studente di liceo.
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Tratto dall'omonimo romano di Michele Serra, "Gli Sdraiati" della regista Francesca Archibugi ora nelle sale cromatografiche italiane, è un film che riflette il conflitto generazionale tra genitori e figli.
Qui, per la precisione, quello tra un padre (Claudio Bisio), noto giornalista televisivo e personaggio di spicco, ed il figlio (Gaddo Bacchini) studente di liceo. Il giovane, dopo la separazione dei genitori, sin da piccolo ha scelto di vivere con il padre ma ora, come a tutti i figli adolescenti, la convivenza con lui gli sta parecchio stretta perchè, bisognoso di indipendenza e di un a sorta di affrancamento personale, avverte la presenza del genitore come un'interferenza nella propria vita privata ed un insieme di regole a cui egli vuole ribellarsi. Ne scaturiscono, ovviamente, molteplici scontri verbali fino, col passare del tempo, ad una sorta di "comprensione" o, meglio, accettazione dei propri ruoli da entrambe le parti, padre e figlio.
Francesca Archibugi, affronta ancora una volta come nelle sue opere precedenti, il discorso, più precisamente lo scontro, generazionale. Prendendo spunto, appunto, dal romanzo di Serra, ella coglie perfettamente la realtà contemporanea concernente i rapporti esistenti tra genitori e figli e lo fa con acutezza, realismo, delicatezza ed ironia atta a stemperare i momenti più critici. Nella sua precisa analisi la regista non colpevolizza nessuno in particolare, mostrando, invece, come le incomprensioni e certi atteggiamenti di 'ribellione' derivino da colpe che investono la responsabilità di entrambe le parti, genitori e figli, e come solo con il buon senso, la buona volontà e l'affetto, si possano, nella maggioranza dei casi, alla fine recuperare o comunque vi sia la speranza che ciò possa avvenire.
Interessante e consigliabile
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