sergiolino63
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sabato 2 aprile 2016
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emozionante, forse non un capolavoro, ma bello!
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Non capisco proprio come un film del genere a qualche critico possa non piacere. Beh, certo, loro amano solo i polpettoni di Cannes e Venezia, ma sappiano che sono lontani anni luce dal giudizio del pubblico, anche di ceto culturale medio-alto.
A me il film è piaciuto molto, 138 minuti che filano via senza un attimo di noia, le sfumature ci sono eccome.... la storia, vera, è appassionante, gli attori sono bravi, l'amicizia tra Owen e il campione tedesco ben rappresentata e commovente, il tema del pregiudizio razziale ben affrontato, il periodo storico ben inquadrato, i valori (veri) dello sport in bel risalto...
Non un capolavoro forse, ma un film da consigliare ai nostri ragazzi.
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jujitsu
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martedì 12 aprile 2016
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sento la libertà che si trova in quei 10 secondi
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Un film appassionante! Descriverei cosi la visione di questa pellicola che dall’inizio alla fine non ha mai perduto mordente e anzi ti trascina verso l’olimpiade del ’36 quasi senza accorgertene. La storia è vera (anche se a tratti leggermente romanzata), gli attori sono bravi e hanno dato un’ottima prova di recitazione, gli ambienti sono ricostruiti fedelmente e soprattutto la suspance durante le gare rimane sempre a galla e non ti lascia fino alla vittoria.
La scena preferita? Quando Jesse entra nello stadio con la sagoma sua e quella dell' allenatore in controluce e attraverso un'unica ripresa cammina guardandosi intorno, sedendosi, mettendosi le scarpe col portafortuna, prendendo posto alla partenza, scavando le due zollette per i piedi, scattando e , magicamente, vincendo!
P.
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Un film appassionante! Descriverei cosi la visione di questa pellicola che dall’inizio alla fine non ha mai perduto mordente e anzi ti trascina verso l’olimpiade del ’36 quasi senza accorgertene. La storia è vera (anche se a tratti leggermente romanzata), gli attori sono bravi e hanno dato un’ottima prova di recitazione, gli ambienti sono ricostruiti fedelmente e soprattutto la suspance durante le gare rimane sempre a galla e non ti lascia fino alla vittoria.
La scena preferita? Quando Jesse entra nello stadio con la sagoma sua e quella dell' allenatore in controluce e attraverso un'unica ripresa cammina guardandosi intorno, sedendosi, mettendosi le scarpe col portafortuna, prendendo posto alla partenza, scavando le due zollette per i piedi, scattando e , magicamente, vincendo!
P.S. Piaciuto un casino il personaggio di Goebbels
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filippo catani
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mercoledì 6 aprile 2016
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quattro ori contro il razzismo
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Jesse Owens è un ragazzo che studia e lavora cercando di mantenere la propria famiglia d'origine e la donna e la bimba che hanno avuto insieme. La sua velocità non può non essere notata e il ragazzo volerà alle Olimpiadi di Berlino del 1936.
Il film si gioca su vari livelli e fa arrivare chiari e tondi i messaggi che deve fare arrivare senza strafare. La figura e la storia di Owens servono a sottolineare il doppio razzismo vigente negli USA e in Germania; coloro che infatti protestano fuori dal comitato olimpico americano per boicottare i giochi nazisti sono gli stessi che non esitano a prendersela con le persone di colore riservando a loro un trattamento terribile e autobus e ingressi diversi persino in teatro (molto bella ed eloquente la scena finale).
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Jesse Owens è un ragazzo che studia e lavora cercando di mantenere la propria famiglia d'origine e la donna e la bimba che hanno avuto insieme. La sua velocità non può non essere notata e il ragazzo volerà alle Olimpiadi di Berlino del 1936.
Il film si gioca su vari livelli e fa arrivare chiari e tondi i messaggi che deve fare arrivare senza strafare. La figura e la storia di Owens servono a sottolineare il doppio razzismo vigente negli USA e in Germania; coloro che infatti protestano fuori dal comitato olimpico americano per boicottare i giochi nazisti sono gli stessi che non esitano a prendersela con le persone di colore riservando a loro un trattamento terribile e autobus e ingressi diversi persino in teatro (molto bella ed eloquente la scena finale). Allo stesso tempo il film rende la sontuosità dei giochi organizzati da Goebbels per cercare di purificare l'immagine del regime e per fare trionfare la razza ariana specialmente nei confronti degli odiati ebrei. La pellicola inoltre ci mostra un qualcosa che ahimè stiamo vivendo e abbiamo vissuto anche nei mesi scorsi: le oscure trame di potere, soldi e sport che finiscono per intrappolare chi dello sport è il massimo rappresentante ed è quì il caso del personaggio interpretato da Irons. Insomma il film ha dialoghi e immagini che colpiscono nel segno anche se effettivamente niente di particolarmente sorprendente ma Race resta comunque un film più che valido.
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lbavassano
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sabato 2 aprile 2016
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la bellezza delle storie di sport
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Una volta di più l'industria cinematografica statunitense dimostra la propria eccellenza nel saper raccontare le storie di sport. Merito della volontà di mettere al servizio di tale genere ottimi talenti tecnici. Merito della capacità di saper raccontare, perché comunque il cinema è, e resta, una forma di narrazione. Merito infine della cultura sportiva di matrice anglosassone, quella che a noi italiani, troppo spesso succubi del becerismo delle tifoserie calcistiche, manca. Non può però essere messa fra parentesi la capacità e la volontà del cinema statunitense di mettere in discussione il passato: mai come in questi ultimi anni la denuncia dell'ignominia del razzismo ha potuto trovare adeguato spazio.
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Una volta di più l'industria cinematografica statunitense dimostra la propria eccellenza nel saper raccontare le storie di sport. Merito della volontà di mettere al servizio di tale genere ottimi talenti tecnici. Merito della capacità di saper raccontare, perché comunque il cinema è, e resta, una forma di narrazione. Merito infine della cultura sportiva di matrice anglosassone, quella che a noi italiani, troppo spesso succubi del becerismo delle tifoserie calcistiche, manca. Non può però essere messa fra parentesi la capacità e la volontà del cinema statunitense di mettere in discussione il passato: mai come in questi ultimi anni la denuncia dell'ignominia del razzismo ha potuto trovare adeguato spazio.
Non un capolavoro, ma un ottimo film, che ti avvince dalla prima all'ultima scena senza cedimenti. Un film non esente da retorica, tutt'altro, ma che mostra quale sia la differenza fra una retorica volta all'esaltazione di valori positivi e quella, di regime, intesa alla negazione dei medesimi. Una storia che è giusto ed importante le generazioni più giovani conoscano, per capire cosa è stato, cosa può essere, lo Sport, cosa è stata la Storia. E' giusto ed importante che conoscano chi è stato Jesse Owens.
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shingo tamai
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venerdì 31 marzo 2017
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intramontabile mito
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Corre veloce Jesse,corre come in pochi sanno fare verso una favola fatta di ben quattro ori olimpici.
Lo fa in una Germania nazista che non vuole neanche stringere la mano al campione.
Una storia così va raccontata e ricordata.
Questo credo sia il merito della pellicola che probabilmente in alcuni momenti trascende nella storiella un poco stucchevole.
Fortunatamente non ci sono momenti noiosi ed il messaggio che lo sport può donarci momenti e sogni ad occhi aperti arriva forte chiaro.
Purtroppo ci sono posti ,ahimè come il nostro,dove le Olimpiadi non sono viste di buon occhio.
Cari politici di turno guardatevi il film,costruite due autostrade in meno e due palazzetti dello sport e campi sportivi in più.
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Corre veloce Jesse,corre come in pochi sanno fare verso una favola fatta di ben quattro ori olimpici.
Lo fa in una Germania nazista che non vuole neanche stringere la mano al campione.
Una storia così va raccontata e ricordata.
Questo credo sia il merito della pellicola che probabilmente in alcuni momenti trascende nella storiella un poco stucchevole.
Fortunatamente non ci sono momenti noiosi ed il messaggio che lo sport può donarci momenti e sogni ad occhi aperti arriva forte chiaro.
Purtroppo ci sono posti ,ahimè come il nostro,dove le Olimpiadi non sono viste di buon occhio.
Cari politici di turno guardatevi il film,costruite due autostrade in meno e due palazzetti dello sport e campi sportivi in più.
All'entrata metteteci la statua di Jesse "figlio del vento".
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viallofr
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sabato 2 aprile 2016
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la storia di un eroe
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Nel suo genere (non e' un film d'azione!!) e' sicuramente un bel film. Racconta la storia di un uomo che con coraggio ''vince'' superando le enormi difficolta' che il '' mondo'' in cui ha vissuto gli ha opposto,essendo un uomo di colore.
Grandiosa e' la scenografia di una storia ambientata nella meta' degli anni trenta,curatissime le ambientazioni sia negli USA che durante i Giochi Olimpici in Germania,
suggestiva e' la fotografia con panorami mozzafiato (penso che il film sia costato decine di migliaia di dollari e le riprese siano durate parecchi mesi!!).
La storia e' volutamente raccontata in modo lineare,senza grossi colpi di scena od immagini d'effetto senza comunque mai annoiare lo spettatore.
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Nel suo genere (non e' un film d'azione!!) e' sicuramente un bel film. Racconta la storia di un uomo che con coraggio ''vince'' superando le enormi difficolta' che il '' mondo'' in cui ha vissuto gli ha opposto,essendo un uomo di colore.
Grandiosa e' la scenografia di una storia ambientata nella meta' degli anni trenta,curatissime le ambientazioni sia negli USA che durante i Giochi Olimpici in Germania,
suggestiva e' la fotografia con panorami mozzafiato (penso che il film sia costato decine di migliaia di dollari e le riprese siano durate parecchi mesi!!).
La storia e' volutamente raccontata in modo lineare,senza grossi colpi di scena od immagini d'effetto senza comunque mai annoiare lo spettatore.
La storia sportiva di un grande campione si intreccia con quella della sua vita privata dove predominano sentimenti di fratellanza,lealta' ed amicizia in contrasto a quelli di razzismo ed odio che prevalevano in quel periodo,anche se con intensita' diversa,nelle piu' importanti.
Nazioni del mondo.
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luca scialo
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domenica 17 gennaio 2021
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hopkins sceglie la strada facile del politically correct
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Dopo una lunga filmografia di film riusciti quasi sempre a metà, o anche meno, il regista Stephen Hopkins decide di aderire al Politically correct che da alcuni anni ha assunto sempre più il potere nella nuova Hollywood, per accontentare le nuove esigenze socio-culturali. Esaltare il black power e il ruolo indipendente delle donne. E così, traspone per il grande schermo un biopic sul grande Jesse Owens, l'atleta americano di colore strappato dalla vita marginale alla quale, ancora nella prima età del '900, le persone afroamericane erano costrette negli Usa in ascesa a livello mondiale Terra dalle grandi promesse, ma anche dall'odio razziale nelle radici. L'uomo vinse ben 4 medaglie sotto i baffi di Adolf Hitler seduto in tribuna, dato che le olimpiadi si svolsero a Berlino nel 1936.
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Dopo una lunga filmografia di film riusciti quasi sempre a metà, o anche meno, il regista Stephen Hopkins decide di aderire al Politically correct che da alcuni anni ha assunto sempre più il potere nella nuova Hollywood, per accontentare le nuove esigenze socio-culturali. Esaltare il black power e il ruolo indipendente delle donne. E così, traspone per il grande schermo un biopic sul grande Jesse Owens, l'atleta americano di colore strappato dalla vita marginale alla quale, ancora nella prima età del '900, le persone afroamericane erano costrette negli Usa in ascesa a livello mondiale Terra dalle grandi promesse, ma anche dall'odio razziale nelle radici. L'uomo vinse ben 4 medaglie sotto i baffi di Adolf Hitler seduto in tribuna, dato che le olimpiadi si svolsero a Berlino nel 1936. E dovevano restituire al Mondo una Germania dall'organizzazione impeccabile, dove la razza ariana ha la supremazia sulle altre. Ed invece, a prevalere sugli altri atleti della Germania nazista e dell'Italia fascista, sarà paradossalmente un nero (seppur sarà la Germania ad aggiudicarsi il maggior numero di medaglie). A filmare il tutto, una regista donna scelta personalmente dal Fuhrer, che però alla fine si ribellerà ai dettami imposti dal regime. Incarnati dal criptico Goebbels. Ma anche qui occorre capire come davvero andarono le cose. Nel mezzo, il coach di Owens che mostra il lato dell'America buono e dai sani valori, in contrasto con il razzismo ancora imperante. Sebbene nella realtà la sua figura non sia stata particolarmente rilevante. Infine, si sceglie anche la strada facile del mancato saluto di Hitler all'atleta americano. Quando in realtà le cose andarono diversamente, anche per ammissione dello stesso Owens. La pellicola risponde anche alle esigenze registiche del cinema di oggi, che impone ritmi serrati, poca cura dei particolari, poca profondità dei personaggi e panoramiche ad effetto. Evidentemente, dopo tante critiche, tra cui quella alla biografia di Peter Sellers che aveva praticamente scontentato tutti, Hopkins ha scelto la via più semplice. Comunque, anche per questa pellicola vale il discorso che, pur ammettendo qualche discrepanza qua e là, nonché l'eccessivo politically correct, si apprezza lo sforzo di portare alla luce storie che le nuove generazioni non conoscono. Buona norma sarebbe, dopo aver visto il film, documentarsi meglio sul personaggio o sul fatto storico raccontato. Il web per fortuna lo consente.
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domenico maria
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domenica 3 aprile 2016
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doppio razzismo
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Non sono mai stato,anche per un brutto incidente a 14 anni, un vero appassionato di sport. Questa pellicola mi interessa come storia di persone, e come sfondo storico. Il film parte, secondo me piuttosto bene e con una atmosfera anni '30 nel complesso ben ricreata. Tuttavia nella seconda parte del primo tempo e anche per un po' del secondo ho avuto la sensazione di un calo di tensione. Sempre secondo me la parte "berlinese" vera e propria, gli ultimi 30/40 minuti sono il momento migliore, nonostante l'ingresso di Owens allo stadio, ricordi smaccatamente "Il Gladiatore" e il primo ingresso di Massimo al Colosseo a Roma. Riflessione: si sta peggio in un paese socialmente lacerato sulla questione razziale come gli USA anni '30, in barba a Lincoln e al 13° Emendamento 70 anni dopo(vi ricordate la scena iniziale del film di Spielberg,il soldato di colore che dice al presidente forse tra qualche generazione potremmo anche accettare l'idea di un generale di colore.
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Non sono mai stato,anche per un brutto incidente a 14 anni, un vero appassionato di sport. Questa pellicola mi interessa come storia di persone, e come sfondo storico. Il film parte, secondo me piuttosto bene e con una atmosfera anni '30 nel complesso ben ricreata. Tuttavia nella seconda parte del primo tempo e anche per un po' del secondo ho avuto la sensazione di un calo di tensione. Sempre secondo me la parte "berlinese" vera e propria, gli ultimi 30/40 minuti sono il momento migliore, nonostante l'ingresso di Owens allo stadio, ricordi smaccatamente "Il Gladiatore" e il primo ingresso di Massimo al Colosseo a Roma. Riflessione: si sta peggio in un paese socialmente lacerato sulla questione razziale come gli USA anni '30, in barba a Lincoln e al 13° Emendamento 70 anni dopo(vi ricordate la scena iniziale del film di Spielberg,il soldato di colore che dice al presidente forse tra qualche generazione potremmo anche accettare l'idea di un generale di colore...accettare!).O si sta peggio in un paese dove la cultura della diversità in senso rovesciato e pervertito è diventata, nel '36 almeno a livello emotivo e irrazionale, quasi totalmente uniformata, e di fatto accettata, per il 95-98% del popolo tedesco? Sto peggio nel paese dove devo sempre strizzarmi il cervello per capire se e quanto sono sopportato e sopportabile?O sto almeno meno peggio nel paese dove tutti o quasi hanno una idea chiarissima,pur se indotta con diabolico e perverso genio,nella massa? Almeno gli ebrei più previdenti avevano l'idea chiarissima di dover lasciare già allora un paese dove l'aria era divenuta già allora pesantissima.Almeno so chiaramente come regolarmi. Anche il campione tedesco che dialoga con il campione di colore ricalca una scena di un altro film stimolantissimo, "A torto o a ragione" con Harvey Keitel, sul processo a Furtwangler,il più grande direttore d'orchestra tedesco di quella generazione; e la risposta, o meglio l'interrogativo amletico è lo stesso:io sono tedesco,amo la mia patria,la mia cultura,la mia tradizione,la mia identità, appunto di tedesco.Per me al potere è arrivata una manica di pazzi furiosi. Allora, scappiamo in 50/60 milioni tutti da casa,per lasciare un paese vuoto in mano a pazzi deliranti? Quell'aiuto a Owens gli è costato carissimo,nonostante la bellissima battuta della Riefenstahl "hai fatto il mio film",ovvero hai fatto storia. Il vero sport(per ciò che ne è rimasto,certo non in certe discipline ad alta diffusione e ad alti livelli di compensi),supera anche i pazzi nazisti e entra nella storia. Ma che delusione quella società così istericamente bipolare. Almeno a livello di profilo psicologico, noto, con un certo sconcerto che i tedeschi rappresentati,chi pù o meno filonazi,sono più interessanti e stimolanti di gran parte dei personaggi "made in U.S.A.".Con in aggiunta(sempre anti U.S.A.)un finale personale del campione davvero molto amaro.
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