andrea giostra
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lunedì 26 dicembre 2016
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l'amore del padre!
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Un Film bellissimo!
È questo quello che mi viene di scrivere come prima frase per connotare questa vera e propria Opera d’Arte cinematografica francese che è densa, pregna, colma, intrisa, detonante… di tantissimi elementi che caratterizzano inequivocabilmente la giustizia giusta dalla giustizia ingiusta, la verità dalla mistificazione, l’onestà dalla disonestà, l’indomabile collusione col male dall’ostinata ed ossessiva ricerca della verità per ottenere la giustizia terrena alla quale tutti gli uomini di sani principi anelano dalla nascita del tempo. La giustizia divina – e quella è un’altra storia! - di certo sarà inesorabile e non accoglierà alcuna richiesta di “perdono” da parte dei colpevoli, dei protagonisti-criminali, ovvero, di tutti coloro che si sono macchiati del sangue di una Donna pura e innocente, e sono stati collusi per pusillanimità o per complicità con l’autore del “delitto” di questa drammatica e devastante storia vera iniziata in Francia nel 1982, in una serena, calda e spensierata giornata d’estate.
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Un Film bellissimo!
È questo quello che mi viene di scrivere come prima frase per connotare questa vera e propria Opera d’Arte cinematografica francese che è densa, pregna, colma, intrisa, detonante… di tantissimi elementi che caratterizzano inequivocabilmente la giustizia giusta dalla giustizia ingiusta, la verità dalla mistificazione, l’onestà dalla disonestà, l’indomabile collusione col male dall’ostinata ed ossessiva ricerca della verità per ottenere la giustizia terrena alla quale tutti gli uomini di sani principi anelano dalla nascita del tempo. La giustizia divina – e quella è un’altra storia! - di certo sarà inesorabile e non accoglierà alcuna richiesta di “perdono” da parte dei colpevoli, dei protagonisti-criminali, ovvero, di tutti coloro che si sono macchiati del sangue di una Donna pura e innocente, e sono stati collusi per pusillanimità o per complicità con l’autore del “delitto” di questa drammatica e devastante storia vera iniziata in Francia nel 1982, in una serena, calda e spensierata giornata d’estate. Tutto comincia con un fulmine repentino ed impietoso che squarcia il cielo azzurro e luminoso della Francia del 10 luglio del 1982 quando André Bamberski(Daniel Auteuil), in vacanza nella sua bellissima villa di campagna, riceve la terribile e straziante telefonata dell’ex-moglie Dany (Marie-Josée Croze),che stava trascorrendo coi due figli le sue vacanze in Germania insieme al suo nuovo compagno, il medico tedesco Dieter Krombach (Sebastian Koch). La telefonata è repentina ed incisiva, e trapassa Auteuil come se fosse stato infilato dalla lama d’acciaio della katana forgiata dal Gran Maestro Hanzo, che abbiamo ammirato nella trilogia “Kill Bill” di Quentin Tarantino. La notizia che arriva dalla cornetta alle orecchie di Auteuil è che la figlia quattordicenne era morta improvvisamente per cause inspiegabili!
La regia di Vincent Garenq, specializzatosi oramai in fatti di cronaca giudiziaria dove la giustizia giusta è sempre succube della giustizia ingiusta (…è questo il vero motivo per cui in Italia non vengono più distribuiti i suoi bellissimi Film!), è impeccabile; il Cast di attori è brillante e bravissimo; la sceneggiatura, tratta dal Best Seller francese scritto dal papà della vittima, André Bamberski, insieme al giornalista de “Le Figaro” Cyrille Louis, col titolo originale “Pour que justice te soit rendue” pubblicato in Francia nel 2010,è scritta a quattro mani, dallo stesso regista Vincent Garenq e da Julien Rappeneau; la sceneggiatura risulta incisiva e penetrante, malgrado i ridotti margini di libertà, essendo un fatto realmente accaduto e tratto da un Romanzo di successo: e questo dà loro ancora più onore e merito; le musiche di Nicolas Errèra danno alla narrazione quel tocco in più di pathos e di empatia, come la nocciola croccante dentro un cioccolatino Ferrero Rocher.
Il Film è densissimo di messaggi, di meta-messaggi e di significati reali e veri. E come ho già scritto altre volte, leggendo diverse recensioni dopo aver visto il film, nessuna di quelle che ho letto, scritta da “critici-professionisti”, ha colto il vero messaggio della storia-vera narrata nel Film, nessuna ha compreso la costruzione impavida della sceneggiatura, della regia, del neo-realismo post-moderno dell’Opera!
Tutto questo per me è veramente inquietante e mi chiedo come facciano questi “critici-cinematografici-professionisti” a scrivere di cinema se non riescono a cogliere il senso vero, il messaggio importante di un Film che, nella fattispecie, è così forte e così attuale da non lasciare scampo ad equivoci; un messaggio drammatico e bello insieme, che lascia solchi profondi e sanguinanti nell’anima e nel cuore di ogni Donna e di ogni Uomo che amano la vita e l’amore?
E allora questa mia Recensione sarà un po’ più lunga del solito proprio perché voglio scrivere di questo Film senza che ci possano essere possibilità di interpretazioni improprie da parte del lettore.
È una delle rare volte che a chiedere ossessivamente giustizia dell’evidente femminicidio di una bellissima adolescente, sia un Uomo, in questo caso il padre André Bamberski, che ama con tutto sé stesso e con tutte le sue forze i suoi due figli; e per l’amore che nutre per loro è disposto a sacrificare la sua vita, la sua professione, le sue passioni, il suo amore per la sua nuova donna… insomma, per amore filiale è disposto a sacrificare la sua stessa vita!
È già questo un primo messaggio fortissimo ed attuale, che la nostra cultura occidentale deve ad ogni costo recuperare e rinvigorire; perché è la Cultura che ci hanno lasciato i nostri avi, i nostri nonni, i nostri padri, i nostri culti di origine Cristiana: l’amore filiale incondizionato ed al costo della propria vita di genitori!
Alla notizia della morte improvvisa della figlia, il padre Daniel Auteuil si precipita in Germania per baciare ed abbracciare per l’ultima volta la sua amata “bambina”. Ma lì si rende subito conto che qualcosa non va, che la verità che le viene raccontata è una verità-falsa, costruita ad arte, una “verità” che nasconde accadimenti che una volta rivelatesi, avrebbero ferito a morte il suo cuore di padre e la sua anima di Uomo giusto e amorevole verso la sua prole.
Inizia a questo punto il secondo messaggio del Film; anche questo è un messaggio forte e inquietante, destrutturante e attuale: La giustizia terrena non è per i giusti; La giustizia terrena è per i potenti e per i corrotti. Ma questo è un “messaggio” rispolverato assai opportunamente dal Vangelo secondo Luca (18, 1-8) con la parabola di Gesù “Il Giudice Disonesto”. Non posso certo commentare un passo del Vangelo: non ne sono degno ovviamente! Ma il lettore può facilmente recuperarlo perché oggi come allora, duemila anni fa, le cose non sono affatto cambiate!
Nel caso francese Bamberski, giustizia non venne fatta, ovvero, venne fatta dopo trent’anni solo e soltanto per l’ostinazione temeraria ed indefessa di un padre carico di speranza e di un amore infinito per la sua bambina; perché i giudici e gli inquirenti che presero in mano giuridicamente il caso, erano gli stessi giudici di cui parla nella sua parabola Gesù attraverso le parole del Vangelo secondo Luca. Anche in questo caso mi astengo dal fare commenti perché tutto è già stato scritto da almeno due millenni!
Il terzo messaggio è relativo all’ancora fortemente radicato maschilismo e misoginia da parte della maggioranza degli uomini di potere che culturalmente ed intellettualmente concepiscono ancora oggi la Donna come un oggetto, come un essere inferiore, come una “preda” della quale qualsiasi uomo può farne ciò che vuole; questi “uomini”, per tutte le loro azioni che vedono vittima la Donna, non devono essere puniti né dalla giustizia terrena, né dalla “falsa-morale” di coloro che Fabrizio De André ben narra nella sua bellissima ballata “Un Giudice” del 1971, dove un metaforico “nano” - che l’allievo di Sigmund Freud (1856-1939), Alfred Adler (1870-1937), nella prima metà del ‘900, ebbe a definire clinicamente e correttamente come colui che incorpora una forte “volontà di potenza” frutto dell’ostinata determinazione che ha origine nell’età infantile e adolescenziale che caratterizza ogni Uomo quando è succube del “sentimento di inferiorità” e della sua fragilità umana di quel particolare periodo della propria vita, trasformandolo nel tempo con un forte impulso all’“aspirazione alla superiorità” - divenuto potente ed indiscusso giudice, si “vendica” con chiunque passi sotto la “sua giustizia” per finalmente affermare la sua superiorità malgrado la statura “morale”, e non certo “metrica”, inferiore a quella di tutti i suoi “pari”!
Il quarto messaggio è l’inspiegabile cecità della madre Marie-Josée Crozeche sotto i suoi occhi rinneganti, non vede quello che chiunque avrebbe visto! Ed anche questo, in tutti i delitti di questa tipologia criminologica, è un fatto sempre ricorrente: madri che incomprensibilmente quasi mai salvano le loro figlie vittime di abuso, di violenza sessuale, di femminicidio! Anzi, spesso sono tacite e silenti complici degli aguzzini, dei carnefici, dei vigliacchi che usano la loro forza contro la debolezza fisica della Donna; madri che consentono a questi démoni-pusillanimi, per paura, per meschinità, per vigliaccheria, per “invidia” talvolta, per “rinnegamento”, come direbbe Sigmund Freud, di non vedere ciò che è visibile, e lasciano che il loro stesso sangue venga annientato da mani di “mostri” che abusano, violentano e uccidono quello che hanno generato loro stessi, col sublime dolore del concepimento materno… di madre adesso divenuta snaturata!
Tutti gli altri messaggi, o meta-messaggi, come li vorrà definire il lettore di questa mia Recensione, che certamente, sono sicuro, sarà spettatore di questo bellissimo e drammatico Film di Garenq, dovranno scoprirli all’interno della Sala Cinematografica che li avvolgerà in una storia dirompente e dolorosa, che cambierà certamente il loro modo di vedere la condizione della Donna del XXI secolo del mondo occidentale che si “vanta” mascolinamente, della sua pretestuosa modernità e parità di diritti!
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enzo70
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domenica 12 giugno 2016
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un film necessario
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E torna il grande cinema francese. Basato su una storia vera, questo film ricorda, anzi direi celebra, la lunghissima battaglia giudiziaria del Dr. Bamberski per ottenere giustizia per la morte della figlia. La storia non la racconto, perché questo film va visto e basta, e non solo per il dramma di un uomo che perde una figlia, ma per la capacità del regista di dare uno spaccato realista dello scontro tra gli individui e la macchina della burocrazia. Uno stratosferico Daniel Auteuil dà un valore aggiunto al film, il ruolo sembra disegnato quasi su misura per l’attore francese, ma l’interpretazione è da Oscar. Nella sala cinematografica sentivo il fiato dei colleghi di visione tirare, la condivisione dei sentimenti elementari di una vicenda simile, il dolore, la rabbia ed il desiderio di ottenere giustizia.
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E torna il grande cinema francese. Basato su una storia vera, questo film ricorda, anzi direi celebra, la lunghissima battaglia giudiziaria del Dr. Bamberski per ottenere giustizia per la morte della figlia. La storia non la racconto, perché questo film va visto e basta, e non solo per il dramma di un uomo che perde una figlia, ma per la capacità del regista di dare uno spaccato realista dello scontro tra gli individui e la macchina della burocrazia. Uno stratosferico Daniel Auteuil dà un valore aggiunto al film, il ruolo sembra disegnato quasi su misura per l’attore francese, ma l’interpretazione è da Oscar. Nella sala cinematografica sentivo il fiato dei colleghi di visione tirare, la condivisione dei sentimenti elementari di una vicenda simile, il dolore, la rabbia ed il desiderio di ottenere giustizia. Ripeto un film che fa onore al cinema francese, da tempo in forte ripresa.
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shingo tamai
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lunedì 10 aprile 2017
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l'amore invincibile
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Per quanto mi riguarda i meriti della pellicola sono essenzialmente due.
Il primo è il doveroso racconto,tratto purtroppo da una storia vera,dell'amore di un padre che cerca giustizia per la propria figliola anche dopo anni ed anni di interminabili battaglie processuali e non solo.
Il secondo è la più che soddisfacente interpretazione di Auteuil che ho in realtà sempre apprezzato.
Oggettivamente però,nonostante una attenta regia, il film non riesce a spiccare il volo.
In alcuni momenti sembra di assistere a un documentario vero e proprio ed in altri non c'è la dovuta verve.
Di fatto potreste perdervi alcuni minuti senza perdere minimamente il filo del racconto.
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Per quanto mi riguarda i meriti della pellicola sono essenzialmente due.
Il primo è il doveroso racconto,tratto purtroppo da una storia vera,dell'amore di un padre che cerca giustizia per la propria figliola anche dopo anni ed anni di interminabili battaglie processuali e non solo.
Il secondo è la più che soddisfacente interpretazione di Auteuil che ho in realtà sempre apprezzato.
Oggettivamente però,nonostante una attenta regia, il film non riesce a spiccare il volo.
In alcuni momenti sembra di assistere a un documentario vero e proprio ed in altri non c'è la dovuta verve.
Di fatto potreste perdervi alcuni minuti senza perdere minimamente il filo del racconto.
Comunque questa storia meritava di essere portata sul grande schermo e non ne rimpiangerete l'eventuale visione.
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flyanto
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giovedì 16 giugno 2016
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l'estenuante e tenace lotta di un padre
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La storia del film inchiesta "In Nome di Mia Figlia" racconta un fatto di cronaca realmente accaduto in Francia negli anni '80. Un padre di famiglia, alla notizia della morte della figlia recatasi in vacanza presso la casa della madre e del suo nuovo compagno, notando e poi scoprendo realmente che vi sono state delle "incongruenze" nel corso delle indagini, con anche il sospetto sempre più radicato sulla poca chiarezza della morte della ragazza, decide di non arrendersi alle dichiarazioni ufficiali e di continuare da solo la ricerca della verità e conseguentemente del colpevole. Vi riuscirà ma vi impiegherà 30 anni.
Daniel Auteuil, che impersona ottimamente il suddetto padre, porta sullo schermo una vicenda altamente drammatica sia per la violenza del fatto in sè che per la sua lunga ed estenuante battaglia combattuta contro l'ostilità degli addetti alle indagini e contro gli ostacoli veri e propri di una burocrazia diplomatica la quale tiene maggiormente più conto dell'insabbiamento della verità che del trionfo di essa.
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La storia del film inchiesta "In Nome di Mia Figlia" racconta un fatto di cronaca realmente accaduto in Francia negli anni '80. Un padre di famiglia, alla notizia della morte della figlia recatasi in vacanza presso la casa della madre e del suo nuovo compagno, notando e poi scoprendo realmente che vi sono state delle "incongruenze" nel corso delle indagini, con anche il sospetto sempre più radicato sulla poca chiarezza della morte della ragazza, decide di non arrendersi alle dichiarazioni ufficiali e di continuare da solo la ricerca della verità e conseguentemente del colpevole. Vi riuscirà ma vi impiegherà 30 anni.
Daniel Auteuil, che impersona ottimamente il suddetto padre, porta sullo schermo una vicenda altamente drammatica sia per la violenza del fatto in sè che per la sua lunga ed estenuante battaglia combattuta contro l'ostilità degli addetti alle indagini e contro gli ostacoli veri e propri di una burocrazia diplomatica la quale tiene maggiormente più conto dell'insabbiamento della verità che del trionfo di essa. Pertanto lo spettatore assiste all'estenuante e dura lotta di un individuo comune che è costretto a combattere da solo e che, in aggiunta, è sovraccaricato dal profondo e grandissimo dolore della scoperta dell'efferatezza del crimine riguardante la propria adorata figlia adolescente. La pellicola, pertanto, rappresenta molto efficacemente questa netta dicotomia tra la lucidità razionale e la perseverante tenacia che il genitore in questione da una parte deve avere e mantenere sempre vive nel corso delle sue indagini, e la presenza, dall'altra, costante e profondissima del dolore personale, a cui, purtroppo, il più delle volte la Giustizia sembra essere sorda.
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alex62
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venerdì 7 ottobre 2016
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non arrenderti mai
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Una storia affilata come la lama di un rasoio, anzi di un bisturi per autopsia, sostenuta da un grande protagonista, Daniel Auteuil, il più grande attore francese vivente. Questi regge allo stile da docufilm scelto di proposito da sceneggiatori e regista con eroismo da altissima professionalità, senza la minima sbavatura, senza autocompiacimento, nessun effetto, dentro un'interpretazione rigorosa dalla prima all'ultima inquadratura.
Un padre dedica tutte le sue energie, i suoi mezzi, metà della sua vita (30 anni) alla ricerca sempre più disperata di giustizia per l'infame omicidio della figlia adorata, Kalinka, appena quattordicenne, vittima di uno stupro da parte del patrigno, personaggio sostenuto dal grande, indimenticabile attore tedesco, Sebastian Koch, già co-protagonista del bellissimo Le vite degli altri.
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Una storia affilata come la lama di un rasoio, anzi di un bisturi per autopsia, sostenuta da un grande protagonista, Daniel Auteuil, il più grande attore francese vivente. Questi regge allo stile da docufilm scelto di proposito da sceneggiatori e regista con eroismo da altissima professionalità, senza la minima sbavatura, senza autocompiacimento, nessun effetto, dentro un'interpretazione rigorosa dalla prima all'ultima inquadratura.
Un padre dedica tutte le sue energie, i suoi mezzi, metà della sua vita (30 anni) alla ricerca sempre più disperata di giustizia per l'infame omicidio della figlia adorata, Kalinka, appena quattordicenne, vittima di uno stupro da parte del patrigno, personaggio sostenuto dal grande, indimenticabile attore tedesco, Sebastian Koch, già co-protagonista del bellissimo Le vite degli altri.
Quando il padre vede interrotta e negata ogni via alla soddisfazione di un bisogno naturale, non delegabile e inopinabile, decide di agire direttamente. Questo è il momento in cui la storia inizia, seguito da un lungo flashback che ci mostra impietosamente una vicenda amara, ottusa, di patente ingiustizia.
Ne risulta un ritratto a tutto tondo di cosa deve tornare a significare finalmente la paternità in questo vuoto orrendo in cui ci ha condannato il nostro secolo: l'assenza del padre ci costringe a una dilazione sine termine del raggiungimento della maturità.
Un padre, da solo, contro un intero sistema giudiziario, lotta, senza arrendersi mai contro un mostro, un uomo che viene ripetutamente condannato per violenza sessuale, dopo aver reso incoscienti le vittime con un'iniezione di anestetico. Sebastian Koch si è prestato ad interpretare un ruolo odioso proprio allo scopo di dare risalto a questa vicenda nefanda. Ha messo a servizio di questo film di denuncia i suoi bei lineamenti da persona rispettabile ed innocente.
Il padre, un padre meraviglioso, manterrà la sua promessa alla dolce figlia Kalinka: si arrenderà solo quando l'assassino sarà consegnato alla giustizia francese e finalmente condannato da un tribunale imparziale.
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elgatoloco
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mercoledì 17 febbraio 2021
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di grande efficacia drammaturgica
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"Au nom de ma fille"(VIncent Gareng, scritto dallo stesso regista con Julien Rappeneau, 2016)ispirato alla storia vera di Krombach, medico tedesco , pluripregiduciato per violenza carnale, racconta la storia di un uomo, André Bamberski che vede allontanarsi da lui la moglie, che si innamora di Krombach e la figlia quattordicenne morta in Germania in seguito a segni di violenza carnale e ad iniezioni inopportunamente praticatele dal medico in questione. La sua sarà una battaglia di molti anni, con continue comunicazioni a organi di stampa, ma anche con volantinaggio nei luoghi del delitto(continui viaggi in Germania e in altre parti d'Europa). Krombach sarà sempre protetto dalla giustiaia gemranica, mentre quella francese avrà paura di creare incidenti diplomatici, in Austria e Svizzera il medico persisterà nella sua condotta, finché alcuni uomini lo feriranno, con il plauso di Bamberski, che finalmnete otterrà giustizia circa trent'anni dopo i fatti.
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"Au nom de ma fille"(VIncent Gareng, scritto dallo stesso regista con Julien Rappeneau, 2016)ispirato alla storia vera di Krombach, medico tedesco , pluripregiduciato per violenza carnale, racconta la storia di un uomo, André Bamberski che vede allontanarsi da lui la moglie, che si innamora di Krombach e la figlia quattordicenne morta in Germania in seguito a segni di violenza carnale e ad iniezioni inopportunamente praticatele dal medico in questione. La sua sarà una battaglia di molti anni, con continue comunicazioni a organi di stampa, ma anche con volantinaggio nei luoghi del delitto(continui viaggi in Germania e in altre parti d'Europa). Krombach sarà sempre protetto dalla giustiaia gemranica, mentre quella francese avrà paura di creare incidenti diplomatici, in Austria e Svizzera il medico persisterà nella sua condotta, finché alcuni uomini lo feriranno, con il plauso di Bamberski, che finalmnete otterrà giustizia circa trent'anni dopo i fatti. Film dalla drammaturgia impeccabile, rigoroso nella narrazione diretta dei fatti stessi, con una fotografia impeccabile, di Renaud Chassaing e le musiche mai"distraenti"di NIcholas Errèra, nonché un montaggio(di Valérie Deseine) che non è semère lineare, ma sa alternare con grtande efficacia la successione die tempi in maniera sempre rispettosa di quanto e di come è accaduto. Interpreti di grande qualità, da Daniel Auteuil, ch e è il protagonista Bamberski, a Sebastian Koch, il medico Krombach, a Marie.Josée Croze, che è la moglie totalmente succube delle droghe propinatele da Krombach. Bisogna dire che raramente un film tratto da una vicenda di cronaca reale è risucita ad essere fedele ai fatti, creando invece, come appunto in questo caso, un coinvolgimento notevolissimo da parte degli spettatori, senza però che il"coinvolgimento"porti a errare nell'interpretazione dei fatti, riesca invece a mantenere il giudizio critico vigile da parte di chi guarda il film . Merito naturalmete di tutti i fattori coinvolti,, sopra elencati, che si armonizzano per creare un'opera realmente molto efficace, ben distante dal"pugno nello stomaco"à la"Law and Order"o di altri prodotti televisivi che mirano solo all'"effettaccio"immediato o comunque poco di più. UNa volta tanto "realtà"e"fiction"vengono declinate con intelligenza. El Gato
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lbavassano
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domenica 12 giugno 2016
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l'eccellenza della sottrazione
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Una storia molto forte, la cui realtà non va assolutamente a discapito dell'intensità drammatica (non sempre accade) grazie ad una sceneggiatura eccellente, asciutta e rigorosamente scandita, senza alcun cedimento al pathos più corrivo e che pare lasciare parlare i fatti da soli, completamente nascondendo la propria decisiva presenza. Assolutamente adeguata l'interpretazione dell'ottimo Daniel Auteuil, tutta in sottrazione, capace di esprimere dolore, e rabbia, e follia senza mai il minimo eccesso, ma ottimo anche Sebastian Koch nel rendere tragicamente credibile la figura del "mostro".
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Una storia molto forte, la cui realtà non va assolutamente a discapito dell'intensità drammatica (non sempre accade) grazie ad una sceneggiatura eccellente, asciutta e rigorosamente scandita, senza alcun cedimento al pathos più corrivo e che pare lasciare parlare i fatti da soli, completamente nascondendo la propria decisiva presenza. Assolutamente adeguata l'interpretazione dell'ottimo Daniel Auteuil, tutta in sottrazione, capace di esprimere dolore, e rabbia, e follia senza mai il minimo eccesso, ma ottimo anche Sebastian Koch nel rendere tragicamente credibile la figura del "mostro". Troppo più deboli al confronto le parti femminili. Lucida denuncia del sistema giudiziario francese e tedesco, magra consolazione per chi vive in Italia.
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vanessa zarastro
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mercoledì 15 giugno 2016
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cronaca di un'ingiustizia
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Con “In nome di mia figlia” il regista Vincent Garenq è al suo quarto lungometraggio. Dopo l’”Inchiesta” sui paradisi fiscali e “Presume Coupable” sull’affaire d’Outreau (un caso penale di abuso sui minori), questo film tratta un caso di cronaca giudiziaria francese, una storia veramente terribile! Sembra di rivedere tutti i problemi di ottusità burocratica e di ipocrisia nazionale e istituzionale che troviamo oggi nei casi di cronaca e di morti “sospetti” come, ad esempio, in quello recente di Giulio Reggeni, e di dedizione alla ricerca della verità dei parenti, i genitori (Paola e Claudio) nel caso di Giulio, la sorella Ilaria nel caso di Stefano Cucchi.
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Con “In nome di mia figlia” il regista Vincent Garenq è al suo quarto lungometraggio. Dopo l’”Inchiesta” sui paradisi fiscali e “Presume Coupable” sull’affaire d’Outreau (un caso penale di abuso sui minori), questo film tratta un caso di cronaca giudiziaria francese, una storia veramente terribile! Sembra di rivedere tutti i problemi di ottusità burocratica e di ipocrisia nazionale e istituzionale che troviamo oggi nei casi di cronaca e di morti “sospetti” come, ad esempio, in quello recente di Giulio Reggeni, e di dedizione alla ricerca della verità dei parenti, i genitori (Paola e Claudio) nel caso di Giulio, la sorella Ilaria nel caso di Stefano Cucchi.Si soffre per tutto il film assieme a uno straordinario Daniel Auteil che interpreta Monsieur André Bamberski la cui figlia Kalinka di quattordici anni muore in circostanze misteriose. Bamberski dedicherà tutta la sua vita a cercare giustizia, a far riaprire il caso, ad andare continuamente a Lindau sul lago di Costanza – il lago sul fiume Reno detto Bodensee al confine trra Svizzera, Germania e Austria - dove vive l’ex moglie con il sospetto dott. Dieter Krombach (Sebastian Koch, il bellone di “Le vite degli altri”) e dove è stata uccisa la figlia. Man mano che sembra arrivare a un punto fermo nell’iter della giustizia avviene qualcosa di negativo che rigetta Bamberski nello sconforto, ma lui non si arrende mai. Trascura la sua giovane compagna ma trascurerà anche il lavoro dedicando tutti gli sforzi alla giustizia per la morte della figlia ma forse anche alla vendetta dell’adulterio della moglie con il medico tedesco. Attraverso peripezie che non voglio svelare riuscirà dopo trent’anni anni a ottenere qualcosa ma a caro prezzo: la vita gli è passata accanto. Il film si regge prevalentemente sulla bravura di Daniel Auteil e si apprezza il lavoro di corretta ricostruzione dei fatti del regista senza lasciarsi sedurre da fantasiose interpretazioni psicologiche dei vari protagonisti.
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luigi chierico
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domenica 19 giugno 2016
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agghiacciante
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L’ottimo regista Vincente Gareng ha avuto il coraggio di affiancare Andrè Bamberski,un eccezionale Daniel Auteil,in una battaglia contro le autorità costituite,contro una Germania in cui la parola Giustizia è soltanto una parola senza senso,in una Germania che ancora nel 1982,anno di riferimento dei fatti narrati,risente ancora di quello scenario nazista che fu il post bellum.Il regista non intende distogliere lo spettatore ignaro di ciò che sta per vivere nel breve spazio del film che andrà a coprire circa 30 anni di storia,così la sua fotografia non distrae,piuttosto fredda,scura,arida,del colore che può avere il legno di una povera bara di legno che riporta in Francia una giovanissima fanciulla morta in Germania.
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L’ottimo regista Vincente Gareng ha avuto il coraggio di affiancare Andrè Bamberski,un eccezionale Daniel Auteil,in una battaglia contro le autorità costituite,contro una Germania in cui la parola Giustizia è soltanto una parola senza senso,in una Germania che ancora nel 1982,anno di riferimento dei fatti narrati,risente ancora di quello scenario nazista che fu il post bellum.Il regista non intende distogliere lo spettatore ignaro di ciò che sta per vivere nel breve spazio del film che andrà a coprire circa 30 anni di storia,così la sua fotografia non distrae,piuttosto fredda,scura,arida,del colore che può avere il legno di una povera bara di legno che riporta in Francia una giovanissima fanciulla morta in Germania.La Francia non è i boulevard,i giardini,i fiori di sempre;il Marocco non mostra più case bianche.Tutto è tristezza,come una giornata piovosa di novembre,là dove la piccola a 14 anni col sorriso sulle labbra e la gioia nel cuore è in piena primavera e saluta il padre. Ed è questo il ricordo di sua figlia Kalinka,il cui sorriso vediamo illuminare il volto della protagonista Emma Besson,che accompagnerà Andrè Bamberski in tutti i lunghi anni di inaudite battaglie giudiziarie per vedere condannare il colpevole, il medico tedesco Dieter Krombach,la cui odiosa parte è stata assegnata al bravo Sebastian Koch.
Quanta tristezza, quanto dolore in questo poderoso film sin dalle prime scene allorché un incidente,che segnerà la vita di Andrè Bamberski, inchioda lo spettatore sulla poltrona,un presagio,in un silenzio che è smarrimento e stupore;si nasconde la rabbia di ciascuno nell’assistere inerme dinanzi all’evolversi dei fatti che finiranno nella mani di una giustizia,diabolicamente divenuta INGIUSTIZIA. Sì perché tutto è diabolico,il crimine,la menzogna,l’infedeltà,l’offesa perpetrata per anni ai danni di un genitore che si è visto portar via da un uomo prima la moglie e poi la figlia nel peggiore dei modi. Un’autopsia che toglie il respiro,una forbice ed un bisturi pronti a tagliare! Un dottore demone che si aggira nella sua Germania protetto da giudici,magistrati,responsabili di governo tutti demoni. La guerra condotta da Andrè Bamberski non conosce limiti,smuove le montagne, quando è necessario, perché sia fatta luce su una morte oscura,perché la violenza subita dalla giovane figlia,a lui affidata,lasciata andare a passare le vacanze da sua madre ed i l patrigno,non lasci impunito il responsabile. Una storia di cronaca in cui molti si sentono immedesimati perché tutti sono portati a ricordare storie vere, anche soltanto di ieri. Come non ricordare la vicenda che vede protagonista l’indimenticabile Alberto Sordi nel film “Detenuto in attesa di giustizia” o nel film “La più bella giornata della mia vita”,un pseudo processo con gli straordinari Michel Simon, Charles Vanel,Claude Dauphin,Pierre Brasseur.
Il regista segue pedissequamente i momenti di questa terribile storia accaduta in una delle più splendide località della Baviera, a Lindau sul lago di Costanza, dove è possibile ammirare a Mainau i suoi splendidi giardini. Quanta cattiveria si annidava in quel Paese nel 1982 in cui un fiore di nome Kalinka sarebbe stato reciso, per poi essere calpestato! La musica solo per l’essenziale,una buonissima scenografia per questa brutta sciagurata storia, un ottima sceneggiatura,un dialogo serrato accompagna tutte le iniziative prese da Andrè perché Giustizia sia fatta. L’inizio del film apre un sipario che si chiude alla fine: sarà vero?
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