Anime nere |
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Un film di Francesco Munzi.
Con Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Fabrizio Ferracane, Barbora Bobulova.
continua»
Drammatico,
durata 103 min.
- Italia, Francia 2014.
- Good Films
uscita giovedì 18 settembre 2014.
MYMONETRO
Anime nere
valutazione media:
3,51
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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la potenza pervasiva del maledi HowlingfantodFeedback: 7986 | altri commenti e recensioni di Howlingfantod |
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venerdì 26 settembre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Per semplificare è la storia di tre fratelli in una famiglia della ‘ndrangheta Calabrese e delle loro diverse attitudini che portano alla tragedia shakespeariana finale, per esteso è una discesa agli inferi senza risalita che sfrutta il clichè malavitoso ma parla del male endemico a una famiglia, del suo micidiale funzionamento, il male di una società, forse all’umanità tutta. Lotte per il potere, tradimenti, cose ancestrali tramandate di generazione in generazione, inestirpabili come le erbacce maligne che crescono e ricrescono sul tessuto sano. Luigi, lo spacciatore internazionale, il vero duro, il vendicatore dei torti subìti familiari, il vero capo famiglia forse nella logica familistica non trova il consenso di Rocco, pur pronto a sfruttarne i vantaggi e a rispondere al richiamo del clan, lui che se ne sta a Milano con la sua bella moglie così lontana dalle donne dell’Aspromonte, né di Luciano il fratello maggiore che vorrebbe una vita onesta con l’allevamento delle sue capre, come se l’innocenza fosse possibile nelle terre ispide e riarse dell’ Aspromonte dove l’appartenenza mafiosa è cosa del sangue . Il film mostra come la mafia sia endemica, insita alla famiglia e al crescere di tutte le ramificazioni del paese-villaggio sociale, in Calabria si immagina mostra questo nella sua quintessenza: alla mafia siciliana che avrà pure gli stessi rituali di quelli qui mostrati, nella percezione comune sovrastà la cupola che tutto contiene, il principio fondante dell’organizzazione, qui invece ci sono le ndrine, ognuno per sé, piccoli nuclei in lotta perenne l’un con l’altro, in tutto e per tutto e la futilità di un pretesto, come nel figlio di Luciano Leo che spara sulla saracinesca dei Ferraro, clan-famiglia rivale per motivi di comune sgarbo fra ragazzi scatena conseguenze inesplicabili e tragiche partendo da un semplice richiamo all’ordine da parte dei padrini del paese villaggio, come potrebbe essere la tirata di orecchi di un padre. Il male si fa sistema, il non fidarsi, il tradimento si mostra in seno alla famiglia fino alla carneficina finale solo apparentemente inaspettata e degna del teatro Elisabettiano. Nessuna speranza anche le parole del prete sono un sottofondo in dissolvenza a queste latitudini. Il male è lì a potata di mano ed è immane e intragenerazionale, nessuna via d’uscita, solo rappresentare come fa Munzi, nessun apologo morale e anche il il fratello “buono”, Luciano, non sfugge alla logica del sangue nel suo “slancio”morale finale.
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