Still Life |
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Un film di Uberto Pasolini.
Con Eddie Marsan, Joanne Froggatt, Karen Drury, Andrew Buchan, Ciaran McIntyre.
continua»
Drammatico,
durata 87 min.
- Gran Bretagna, Italia 2013.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 12 dicembre 2013.
MYMONETRO
Still Life
valutazione media:
4,07
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Still lifedi catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
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venerdì 3 gennaio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
John May è un uomo molto meticoloso (basta vedere come sbuccia le mele) e molto solo. Sarebbe difficile scovare qualcuno più adatto di lui al suo lavoro: cercare i familiari di persone morte senza nessuno accanto e, nel caso il tentativo fallisse, organizzarne il funerale. La scrupolosità spinge John fino a presenziare alle cerimonie (spesso in perfetta solitudine) e a scrivere l’elegia per il defunto, ma questo non può bastare all’ennesimo capetto che cerca di far carriera calpestando gli altri: l’ufficio è un ramo secco e va tagliato. Resta un ultimo caso, quello dell’alcolizzato Billy Stoke che abitava, invisibile, proprio davanti a lui. Malgrado il licenziamento pendente, John si dedica con la consueta dedizione a un’indagine che lo porta pian piano in territori sconosciuti, quasi che la vita del morto, così diversa dalla sua - tra guerra delle Falklands, donne prese e lasciate, figli che significano che qualcosa di lui comunque resterà - finisse per influenzarlo: condivide una bottiglia di whisky con due barboni e, soprattutto, incontra la figlia maggiore di Billy, Kelly. Il cambiamento di prospettiva è rappresentato da un rivoluzionario (per lui) maglioncino azzurro, ma il destino è in agguato: il quale destino è cinico e baro come e più del solito, ma consente di scoprire che John era meno solo di quanto lui stesso pensasse. Uberto Pasolini, produttore italiano ormai anglicizzato (il suo maggior successo è ‘Full Monty’), firma la sua seconda regia con questa storia che pare uscire dai racconti neri di Ambrose Bierce, ma il cui protagonista può ricordare anche il signor Josè al centro di ‘Tutti i nomi’ di Josè Saramago – si veda l’album con le foto dei ‘clienti’ in cui May pare cercare di costruirsi un senso di appartenenza che nella realtà non esiste: un piccolo uomo, né meglio né peggio di tanti altri, al quale solo una persona sconosciuta e ormai scomparsa regala un nuovo modo di vedere la vita. Ne esce una commedia nella quale l’amaro è addolcito solo da qualche sorriso sparso qua e là (finale incluso) e dove interno ed esterno sembrano riflettersi: un’anonima periferia inglese fatta di case popolari costruite in serie, un appartamento senza personalità, un ufficio ridotto all’essenziale, tutti ambienti in cui John si muove imperturbabile, difeso dalla barriera di cui si è circondato per ripararsi dal mondo (anche la notizia del licenziamento viene accettata senza muovere un muscolo). Autore anche della sceneggiatura, Pasolini ne racconta la storia con una successione di brevi quadri in cui gli attori pronunciano battute ridotte all’essenziale, come se i loro personaggi non sapessero mai bene cosa dirsi: la scelta – quasi ovvia, per altro – di privilegiare le inquadrature strette consente al regista di sottolineare i dettagli, a dir poco fondamentali, e di indagare il volto e i gesti di Eddie Marsan, il caratterista inglese che interpreta John May tenendo tutto il peso del film sulle sue spalle. Compito portato a termine in modo davvero impeccabile immergendosi nell’anonimato del piccolo travet di periferia e poi comunicandone la sottile evoluzione con pochi tratti appena accennati, fino a quando l’incontro con il bel viso di Kelly (Joanne Froggat) non lo fa arrivare laddove non è più possibile tornare indietro. Perché, in fondo, anche se la vita può apparire cristallizzata (come da titolo – tradurlo correttamente ‘natura morta’ non rende l’idea), essa può evolversi in qualsiasi momento seguendo sentieri inattesi: una delle molte riflessioni che regala questo film piccolo e malinconico ma di grande intensità la cui visione non sembra fatta per le festività natalizie e invece cade a proposito per ricordare che tra scintillii e festeggiamenti, la solitudine fa più male.
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