Oblivion

In un futuro prossimo venturo la terra, reduce da una invasione aliena, è semi distrutta, l’umanità ha trovato rifugio in un lontano pianeta abitabile, e prosciuga la linfa vitale degli oceani per procurarsi il combustibile nucleare per la nuova era. Il “tecnico” Jack e la sua collega Victoria sono gli unici umani sulla terra che, da un mega attico con piscina e vista apocalisse, proteggono le trivelle oceaniche dagli ultimi attacchi alieni, con l’aiuto di velocissimi droni volanti, pluriarmati e automatizzati. Ma niente è come sembra, e la caduta sulla terra di una vecchia navicella spaziale cambierà tutto.

Con la cinematizzazione di un delirio fumettistico, grazie ad un notevole intreccio di sceneggiatura, la storia rivolta come un “calzino” le prospettive manichee dei buoni e dei cattivi, trascinando lo spettatore tra inseguimenti e classiche sparatorie, fino ad un finale (quasi) a sorpresa.

Kosinski mischia situazioni da Mission Impossible e Mission to Mars, con acrobazie da Star Wars, e realtà multitemporali, a metà tra Interstellar e Matrix, creando però un mondo nuovo e un film ai limiti del capolavoro di genere. Solo ai limiti però, perché tutto l’intreccio viene razionalmente sciolto e spiegato per lo spettatore più pigro, e il solito eroe Cruise, benché perfettamente a suo agio con il grande mitra grigio, ci riporta sempre a pellicole già viste. Malgrado ciò riesce a farci fare (a chi non cerca solo l’intrattenimento puro, comunque presente in questa pellicola) importanti riflessioni sul senso della vita: la natura vince sempre e seppellisce grattacieli e monumenti, anche l’amore vince sempre, e ci dice che l’unica strada per rinascere è quella di uccidere se stessi, sacrificandosi per qualcosa di più grande. Amen