haku_
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mercoledì 11 dicembre 2013
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storia di una generazione ribelle
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Allen Ginsberg (Daniel Radcliffe) è un giovane intelligente e sensibile, con una situazione familiare difficile: la madre soffre di turbe psichiche all'epoca probabilmente non ben diagnosticate, e il padre si limita ad affidarla ad un centro di cura.
Vincitore di una borsa di studio, Allen entra alla Columbia University, dove incontra il coetaneo Lucien Carr (Dane DeHaan), studente irrequieto e insofferente alle regole.
Lucien è colpito dal carattere rivoluzionario di Allen, così come dal suo talento per la scrittura, e i suoi originali pensieri. Lo trascina così all'interno della propria vita e dei propri sogni, tra scrittori decisi a cambiare la storia della letteratura, cosa che inconsapevolmente già fanno, allucinogeni, e fantasie inconsuete, tra letture e nuove creazioni.
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Allen Ginsberg (Daniel Radcliffe) è un giovane intelligente e sensibile, con una situazione familiare difficile: la madre soffre di turbe psichiche all'epoca probabilmente non ben diagnosticate, e il padre si limita ad affidarla ad un centro di cura.
Vincitore di una borsa di studio, Allen entra alla Columbia University, dove incontra il coetaneo Lucien Carr (Dane DeHaan), studente irrequieto e insofferente alle regole.
Lucien è colpito dal carattere rivoluzionario di Allen, così come dal suo talento per la scrittura, e i suoi originali pensieri. Lo trascina così all'interno della propria vita e dei propri sogni, tra scrittori decisi a cambiare la storia della letteratura, cosa che inconsapevolmente già fanno, allucinogeni, e fantasie inconsuete, tra letture e nuove creazioni.
A mettere a dura prova quel sogno sregolato è il rapporto sempre più incrinato tra Lucien e David, amante del ragazzo, e proprietario dell'appartamento in cui li scrittori si radunavano. Sempre più morboso e geloso si fa il sentimento di David, ulteriormente turbato dall'arrivo di Allen, che mano a mano si ritrova a provare desiderio ed interesse per Lucien.
Lucien è gravato al punto dall'attaccamento di David, giunto ormai a pedinarlo in ogni suo tentativo di fuga, da concludere il tutto con un esasperato e tragico gesto, che finirà per incatenarlo, e infine allontanarlo per sempre da Allen.
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A fare da sfondo ai variegati protagonisti, toni cupi di biblioteche e aule universitarie, caffè avvolti dal fumo, e porti che sembrano riflettere lo stesso desiderio di fuga, di nuovo, che si manifesta spesso negli occhi chiari e speranzosi di Lucien.
Lucien, che nasconde fin troppo fragilmente un passato instabile, Lucien che riesce a catturare spettatore e personaggi con un'aura di fascinoso mistero, che fino alla fine ci lascia con la sorpresa e la curiosità, interpretato dal giovane Dane DeHaan, i cui lineamenti delicati riescono a rimestarsi in grande varietà di espressione. Un altrettanto giovane, anche se dietro ad un paio di pesanti e vistosi occhiali scuri, Daniel Radcliffe si trasforma nel curioso Allen, con il quale riusciamo ad identificarci più che spesso, nella pellicola, grazie alla naturalezza ed umanità delle azioni che compie, e dei pensieri stessi che trapelano tramite il suo sguardo.
Più che autobiografico, più che testimone di un'epoca, Giovani Ribelli è testimone di un desiderio e di un sogno, di trasgressione ed iniziazione mentale ad un mondo nuovo, di desiderio e di amore e attrazione nelle forme più svariate ed impreviste.
Memorabile le scene in cui Allen e Lucien sperimentano, sono ad un passo dall'impiccarsi, e alla non riuscita dell'operazione, cadono su un letto ridendo, mostrando i loro animi che da nero a bianco passano con una facilità impressionante. Memorabili la scene in cui Allen rivede la madre all'ospedale, meno assennata di quanto l'avesse lasciata, e quelle in cui Lucien rivede il proprio crimine, e Allen lo rivede attraverso la propria paura.
Il film si chiude con la netta separazione dei due giovani, e passati difficili da dimenticare. Passati tuttavia che sono fondamento di un futuro, nonostante tutto, creativo e fruttuoso, in cui le parole finalmente trovano forma nell'inchiostro e sui fogli: Allen Ginsberg, difatti, diverrà autore di una raccolta di poesie, poco dopo questo episodio, ed è con questa notizia che la storia si chiude, come un sipario di una giovinezza inconsueta, ribelle, e forse incosciente, ma sicuramente memorabile.
Allen Ginsberg (Daniel Radcliffe) è un giovane intelligente e sensibile, con una situazione familiare difficile: la madre soffre di turbe psichiche all'epoca probabilmente non ben diagnosticate, e il padre si limita ad affidarla ad un centro di cura.
Vincitore di una borsa di studio, Allen entra alla Columbia University, dove incontra il coetaneo Lucien Carr (Dane DeHaan), studente irrequieto e insofferente alle regole.
Lucien è colpito dal carattere rivoluzionario di Allen, così come dal suo talento per la scrittura, e i suoi originali pensieri. Lo trascina così all'interno della propria vita e dei propri sogni, tra scrittori decisi a cambiare la storia della letteratura, cosa che inconsapevolmente già fanno, allucinogeni, e fantasie inconsuete, tra letture e nuove creazioni.
A mettere a dura prova quel sogno sregolato è il rapporto sempre più incrinato tra Lucien e David, amante del ragazzo, e proprietario dell'appartamento in cui li scrittori si radunavano. Sempre più morboso e geloso si fa il sentimento di David, ulteriormente turbato dall'arrivo di Allen, che mano a mano si ritrova a provare desiderio ed interesse per Lucien.
Lucien è gravato al punto dall'attaccamento di David, giunto ormai a pedinarlo in ogni suo tentativo di fuga, da concludere il tutto con un esasperato e tragico gesto, che finirà per incatenarlo, e infine allontanarlo per sempre da Allen.
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A fare da sfondo ai variegati protagonisti, toni cupi di biblioteche e aule universitarie, caffè avvolti dal fumo, e porti che sembrano riflettere lo stesso desiderio di fuga, di nuovo, che si manifesta spesso negli occhi chiari e speranzosi di Lucien.
Lucien, che nasconde fin troppo fragilmente un passato instabile, Lucien che riesce a catturare spettatore e personaggi con un'aura di fascinoso mistero, che fino alla fine ci lascia con la sorpresa e la curiosità, interpretato dal giovane Dane DeHaan, i cui lineamenti delicati riescono a rimestarsi in grande varietà di espressione. Un altrettanto giovane, anche se dietro ad un paio di pesanti e vistosi occhiali scuri, Daniel Radcliffe si trasforma nel curioso Allen, con il quale riusciamo ad identificarci più che spesso, nella pellicola, grazie alla naturalezza ed umanità delle azioni che compie, e dei pensieri stessi che trapelano tramite il suo sguardo.
Più che autobiografico, più che testimone di un'epoca, Giovani Ribelli è testimone di un desiderio e di un sogno, di trasgressione ed iniziazione mentale ad un mondo nuovo, di desiderio e di amore e attrazione nelle forme più svariate ed impreviste.
Memorabile le scene in cui Allen e Lucien sperimentano, sono ad un passo dall'impiccarsi, e alla non riuscita dell'operazione, cadono su un letto ridendo, mostrando i loro animi che da nero a bianco passano con una facilità impressionante. Memorabili la scene in cui Allen rivede la madre all'ospedale, meno assennata di quanto l'avesse lasciata, e quelle in cui Lucien rivede il proprio crimine, e Allen lo rivede attraverso la propria paura.
Il film si chiude con la netta separazione dei due giovani, e passati difficili da dimenticare. Passati tuttavia che sono fondamento di un futuro, nonostante tutto, creativo e fruttuoso, in cui le parole finalmente trovano forma nell'inchiostro e sui fogli: Allen Ginsberg, difatti, diverrà autore di una raccolta di poesie, poco dopo questo episodio, ed è con questa notizia che la storia si chiude, come un sipario di una giovinezza inconsueta, ribelle, e forse incosciente, ma sicuramente memorabile.
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jacopo b98
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giovedì 30 gennaio 2014
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la beat generation non fu solo questo!
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Anni ’40 del ‘900. Allen Ginsberg (Radcliffe) si iscrive alla Columbia University. Lì conosce Lucien Carr (DeHaan), William Burroughs (Foster) e Jack Kerouac (Houston) e con loro contribuisce a porre i pilastri della Beat Generation. A tutto questo si intreccia la vicenda privata di Carr che uccide un ex-amante (Hall) in un parco… Sceneggiato dal regista con Austin Bunn, ispirandosi al romanzo E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche di J. Kerouac e W. Burroughs, è un curioso film sulla beat generation, decisamente diverso e superiore al precedente On the road di Walter Salles. La storia, vera, è divisibile in due parti: la prima, filosofica e lenta, estremamente incentrata sulla beat generation e i suoi ideali; la seconda in cui la vicenda finalmente decolla e la storia si ravviva con la nascita di un amore da parte di Allen nei confronti di Lucien e con tutta la parte legata all’omicidio.
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Anni ’40 del ‘900. Allen Ginsberg (Radcliffe) si iscrive alla Columbia University. Lì conosce Lucien Carr (DeHaan), William Burroughs (Foster) e Jack Kerouac (Houston) e con loro contribuisce a porre i pilastri della Beat Generation. A tutto questo si intreccia la vicenda privata di Carr che uccide un ex-amante (Hall) in un parco… Sceneggiato dal regista con Austin Bunn, ispirandosi al romanzo E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche di J. Kerouac e W. Burroughs, è un curioso film sulla beat generation, decisamente diverso e superiore al precedente On the road di Walter Salles. La storia, vera, è divisibile in due parti: la prima, filosofica e lenta, estremamente incentrata sulla beat generation e i suoi ideali; la seconda in cui la vicenda finalmente decolla e la storia si ravviva con la nascita di un amore da parte di Allen nei confronti di Lucien e con tutta la parte legata all’omicidio. Difficile dire quale delle due sia migliore, sicuro è che a “prendere” di più è la seconda. Comunque trovo che in quasi tutti i casi nessuno sia mai riuscito a rendere bene le idee della beat generation sul grande schermo e questo film non mi smentisce, anche se, dopo la desolazione lasciatami da On the road, mi ha fatto tornare un po’ di speranza. Per il resto tutto funziona: dalla regia di Krokidas, esordiente d’eccezione, alla fotografia ricca di chiaroscuri di Reed Morano, alla colonna sonora di Nico Muhly. Ottimo cast di interpreti in cui a distinguersi maggiormente è il giovane DeHaan.
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eleonora panzeri
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domenica 11 ottobre 2015
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un amore che non può esistere
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Non vedo questo come un film che voglia descrivere una generazione, ma solo uomini che lottano contro la loro stessa natura, incapaci di accettarla e di viverla in un mondo che certamente non è pronto. Una pellicola lenta e tormentata, in cui i protagonisti combattono una guerra interiore lontani dal vero conflitto sul campo di battaglia. Tanto presi dai loro drammi e dalle loro miserie da giocare con la vita e la morte, in preda ad alcool e droghe di ogni sorta. Un film centralizzato sul tema dell’omosessualità più che sulla nascita di un nuovo movimento filosofico, in cui la rottura della convenzione parte proprio dall’essere nati diversi dalla maggioranza.
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Non vedo questo come un film che voglia descrivere una generazione, ma solo uomini che lottano contro la loro stessa natura, incapaci di accettarla e di viverla in un mondo che certamente non è pronto. Una pellicola lenta e tormentata, in cui i protagonisti combattono una guerra interiore lontani dal vero conflitto sul campo di battaglia. Tanto presi dai loro drammi e dalle loro miserie da giocare con la vita e la morte, in preda ad alcool e droghe di ogni sorta. Un film centralizzato sul tema dell’omosessualità più che sulla nascita di un nuovo movimento filosofico, in cui la rottura della convenzione parte proprio dall’essere nati diversi dalla maggioranza. Il personaggio che sicuramente resta più impresso è Lucien Carr, che vive il suo essere omosessuale in modo ambiguo ed ambivalente, fino al punto di arrivare ad uccidere rinnegando il suo passato. Vite che mi sembrano tutt’altro che straordinarie, ma frutto di allucinogene visioni chimiche, se poi da questo passato possa essere nata realmente una nuova poesia lo apprendiamo solamente dai titoli di coda, troppo veloci per essere letti senza bloccarli. I personaggi restano superficiali e distanti, stento a ricordarne i nomi e gli scopi. Ammetto che Daniel Radcliffe fornisce un’ottima prova come attore, in grado di spezzare l’immagine fantastica ed onirica di Harry Potter, che in principio tende a togliere l’attenzione e la credibilità del personaggio. In definitiva non ho amato molto questo film e ho faticato molto a vederlo fino in fondo.
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muccardo
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mercoledì 6 novembre 2013
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kill your darlings, una promessa non mantenuta
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Film che viene proposto come versione torbida dell'Attimo fuggente ma che non mantiene in alcun modo nessuna delle pretenziosità di cui è infarcito.
Attori che recitano sempre sopra le righe, doppiati in maniera altrettanto sostenuta e innaturale da risultare fastidiosi, tranne Dane DeHaan che gioca perfettamente col fantoccio da istigatore maledetto che gli è stato cucito addosso dagli sceneggiatori.
Quella che era una generazione di poeti dirompenti, gli unici dagli anni Sessanta del secolo scorso, sono presentati come una risma di teppistelli, quasi dei bimbo-minchia, del genere di quelli che agiscono in modo provocatorio per scrollarsi di dosso la polvere dell'autorità ma che solitamente sortisce come effetto, più che un gruppo di personaggi davvero "eversivi", un manipolo di futuri travet che fa le prove di conformismo.
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Film che viene proposto come versione torbida dell'Attimo fuggente ma che non mantiene in alcun modo nessuna delle pretenziosità di cui è infarcito.
Attori che recitano sempre sopra le righe, doppiati in maniera altrettanto sostenuta e innaturale da risultare fastidiosi, tranne Dane DeHaan che gioca perfettamente col fantoccio da istigatore maledetto che gli è stato cucito addosso dagli sceneggiatori.
Quella che era una generazione di poeti dirompenti, gli unici dagli anni Sessanta del secolo scorso, sono presentati come una risma di teppistelli, quasi dei bimbo-minchia, del genere di quelli che agiscono in modo provocatorio per scrollarsi di dosso la polvere dell'autorità ma che solitamente sortisce come effetto, più che un gruppo di personaggi davvero "eversivi", un manipolo di futuri travet che fa le prove di conformismo.
Il film narra le gioie "torbide" della trasgressione, del gesto avulso e quasi inconsulto di chi non ha ancora ben chiaro il proprio ruolo nella società. Chissà se davvero Ginsberg, Kerouac e Burroughs fossero quei pretenziosi ragazzotti che pensavano di rovesciare il mondo con i gesti provocatori da hooligan d'estrema periferia.
Quello che è certo è che il rapporto tra David Kammerer e Lucien Carr era sì "torbido" e malsano e intessuto da un rapporto sadomasochistico, ma di certo non così smaccatamente genettiano come la sceneggiatura vuole farci credere.
Siamo tornati indietro di trent'anni, ai tempi di Querelle de Brest e agli sdilinquamenti dell'omosessuale perverso che gode di morire per mano del proprio amato, preannunciata dal titolo originale "Kill Your Darlings".
Speravo di non dover più sentire riproposta la stantia filosofia della "gloria del paria", che tanta luce nera ha sparso sui personaggi omosessuali nella letteratura e sugli schermi: Kammerer che va incontro al coltello impugnato dall'amato Lucien è di sicuro la scena più disgustosa del film, che in questo non si risparmia.
L'unico pregio della pellicola è che ho potuto vederla di mercoledì a prezzo ridotto.
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