donni romani
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venerdì 8 febbraio 2013
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gioco di rimandi ed emozioni fra cinema e storia
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Accolto calorosamente all'ultimo Festival di Cannes e candidato agli Oscar come Miglior Film Straniero il film di Larrain è una ricostruzione storica accurata, una pagina di ottimo cinema e una analisi antropologica sottile. L'azione si svolge in Cile, 1988, nazione schiacciata e ferita da quando nel 1973 il generale Pinochet, con un colpo di stato, prese il potere spodestando il presidente Allende. Gli anni di repressione, torture, con migliaia di uomini e donne scomparsi hanno alzato il livello della tensione e le critiche internazionali costringono Pinochet ad indire un referendum che legittimi la sua posizione.
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Accolto calorosamente all'ultimo Festival di Cannes e candidato agli Oscar come Miglior Film Straniero il film di Larrain è una ricostruzione storica accurata, una pagina di ottimo cinema e una analisi antropologica sottile. L'azione si svolge in Cile, 1988, nazione schiacciata e ferita da quando nel 1973 il generale Pinochet, con un colpo di stato, prese il potere spodestando il presidente Allende. Gli anni di repressione, torture, con migliaia di uomini e donne scomparsi hanno alzato il livello della tensione e le critiche internazionali costringono Pinochet ad indire un referendum che legittimi la sua posizione. Il fronte del no è consapevole del rischio brogli e intimidazioni ma decide di mettere in campo ogni forza ed ogni idea possibile per convincere i cileni a vincere la paura e ad andare a votare. La televisione di stato concederà ogni giorno quindici minuti alle ragioni del sì e quindici minuti a quelle del no, e saranno minuti fondamentali per far conoscere a chi guarda la verità, e ad offrire un'alternativa alla paura paralizzante ch fa prevedere un fortissimo astensionismo. Gli spot preparati dagli esponenti politici del "no , fatti di immagini cruente della repressione militare vengono sottoposti al giudizio di René Saavedra, pubblicitario di successo che passa con disinvoltura dai forni a microonde alle telenovelas. Il giudizio lapidario di Renè è che uno spot del genere "non vende" e all'osservazione inorridita dei vertici del comitato che immagini di torture e sequestri non devono vendere ma emozionare lui replica che "non sarà con immagini così tristi che convincerete i cileni a vincere la paura, dobbiamo parlare di felicità". Ed è così che vengono girati una serie di spot che parlano di futuro, di felicità, di speranza e libertà, in stile pubblicitario con musiche accattivanti e tormentoni musicali legati ad immagini solari che inizialmente sconcertano gli esponenti più radicali ma che poi hanno un tale successo televisivo da costringere gli avversari ad ingaggiare a loro volta un pubblicitario - il capo di Renè tra l'altro - per girare spot nello stesso stile non paludato. L'esito del referendum cambierà le sorti del Cile e la lenta passeggiata che Renè compie fra la folla esultante, concedendosi un timido sorriso prima di tornare a girare patinati spot per programmi televisivi, ci ricorda come un'idea vincente possa essere contagiosa. Due scelte raffinate e originalissime contraddistinguono "No", la prima è quella di affidarsi ad una fotografia e ad una regia perfettamente calate negli anni in cui il referendum si svolse, l'altra quella di sovrapporre in numerose scene i volti invecchiati di chi all'epoca partecipò agli spot - attori, cantanti, politici e presentatori tv - a quelli dei veri spot in cui appaiono giovani, in un gioco di rimandi raffinato ed emozionante. Lo scetticismo dei politici di fronte allo stile di chi vende prodotti commerciali ci dimostra quanta strada da allora abbia fatto la politica, perchè oggi nessuna campagna elettorale può rescindere dal potere dei consulenti di immagine e dai strateghi della comunicazione. La figura di René - un Gael Garcia Bernal trattenuto ma incisivo nel suo procedere - padre premuroso e attivista frenato all'inizio del film, è una figura autentica e sincera, che rende la pellicola ancora più intensa, lontana dagli estremismi e dai fanatismi, fedele alla storia ma ancora di più al pathos cinematografico. Toccante la visione degli appelli televisivi di Christopher Reeve, che insieme a Jane Fonda e Richard Dreyfuss appoggiò la campagna del no e inquietante la domanda di fondo che pone il film: la televisione ha davvero il potere di influenzare un voto, e se - come in questo caso - riesce a squarciare un velo d'indifferenza e a coinvolgere chi non aveva il coraggio di partecipare - è sempre un male o un male necessario?
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filippo catani
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martedì 21 maggio 2013
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l'allegria malinconica che sconfisse il regime
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Cile 1988. Dopo 15 anni di dittatura sanguinaria, il generale Pinochet è costretto ad indire un plebiscito sulla sua persona e sulla nuova costituzione a seguito delle fortissime pressioni della comunità internazionale. La campagna del no decide di affidarsi ad un giovane ed esuberante pubblicitario.
Quindici minuti al giorno era il tempo destinato al regime per la campagna del no e perdipiù a notte fonda. Effettivamente anche il sì aveva a disposizione quindici minuti ma ovviamente nella fascia di maggiore ascolto e all'interno di un palinsesto ovviamente asservito al regime. Come era possibile trionfare in un referendum indetto da Pinochet allo scopo di vincere in carrozza? E' forse questo uno dei momenti più toccanti di questo splendido film di Larrain.
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Cile 1988. Dopo 15 anni di dittatura sanguinaria, il generale Pinochet è costretto ad indire un plebiscito sulla sua persona e sulla nuova costituzione a seguito delle fortissime pressioni della comunità internazionale. La campagna del no decide di affidarsi ad un giovane ed esuberante pubblicitario.
Quindici minuti al giorno era il tempo destinato al regime per la campagna del no e perdipiù a notte fonda. Effettivamente anche il sì aveva a disposizione quindici minuti ma ovviamente nella fascia di maggiore ascolto e all'interno di un palinsesto ovviamente asservito al regime. Come era possibile trionfare in un referendum indetto da Pinochet allo scopo di vincere in carrozza? E' forse questo uno dei momenti più toccanti di questo splendido film di Larrain. Il dibattito è fra chi vuole usare il tempo a disposizione per fare parlare coloro che sono stati testimoni delle terribili torture e crimini perpetuati dal regime e il giovane pubblicitario che, da esperto del settore, cerca di convincere i suoi committenti ad investire su un'eresia: l'allegria. Spot simpatici e ben calibrati, l'arcobaleno come simbolo di speranza e dell'unione dei partiti che si opponevano al generale e un motivetto musicale adatto per la campagna e che la gente potesse tranquillamente fischiettare. Visto l'inaspettato successo che la campagna referendaria inizia a riscuotere fin da subito, il regime risponde con le sue solite armi: telefonate anonime, intimidazioni e sgomberi violenti della folla. Il tutto mentre il giovane pubblicitario (un Bernal in grande spolvero) si divide tra la sua compagnia con il proprietario filo-regime, lo skate con cui si reca al lavoro e il figlio avuto con una donna di cui è ancora innamorato nonostante lei abbia un altro. Un film forte, non banale e arricchito con interessante materiale d'archivio che ricostruisce l'epilogo del tragico regime di Pinochet che lasciò ufficialmente il potere nel '90 rimanendo capo delle forze armate e poi divenuto senatore a vita con immunità. Rimane scolpita negli occhi di tutti l'immagine di Pinochet una volta tornato in patria dopo gli arresti londinesi che accennò ad alzarsi una volta sceso dall'aereo come estrema ed ultima sfida alla comunità internazionale che, con gli USA in pole position, lo avevano aiutato a raggiungere il potere contro il presidente Allende leggitimamente eletto (e anche la visita di Giovanni Paolo II fu davvero inopportuna). Lo stadio nazionale diventato sede di interrogatori e torture, esecuzioni sommarie e tutto in nome dell'anticomunismo perchè come ebbe a dire Kissinger all'indomani della vittoria di Allende "Non vedo perchè dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un paese diventa comunista a causa dell'irresponsabilità del suo popolo". Il quale nel 1988 ripristinò la sua sovranità.
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flyanto
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lunedì 13 maggio 2013
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come vinse il partito del no
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In questo film viene rappresentata tutta la campagna pubblicitaria e politica che venne realmente condotta nell'anno 1988 in Cile dal partito dell'opposizione al Governo di Pinochet e la sua conseguente vitoria. Un film interessante nella sua tematica e girato in maniera chiara ed essenziale al fine della comprensione di tutte le manovre e posizioni politiche, forse non a tutti troppo conosciute. Pertanto il film è in un certo qual modo anche avvincente e per nulla noioso nella sua presentazione di un clima politico a noi distante e gli stralci aggiunti dei reali filmati di repertorio ne aumentano il valore e la resa. Forse, in certi punti, esso può risultare anche un pò romanzato ma, ripeto, girato in maniera esplicita e notevolmente semplificata.
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In questo film viene rappresentata tutta la campagna pubblicitaria e politica che venne realmente condotta nell'anno 1988 in Cile dal partito dell'opposizione al Governo di Pinochet e la sua conseguente vitoria. Un film interessante nella sua tematica e girato in maniera chiara ed essenziale al fine della comprensione di tutte le manovre e posizioni politiche, forse non a tutti troppo conosciute. Pertanto il film è in un certo qual modo anche avvincente e per nulla noioso nella sua presentazione di un clima politico a noi distante e gli stralci aggiunti dei reali filmati di repertorio ne aumentano il valore e la resa. Forse, in certi punti, esso può risultare anche un pò romanzato ma, ripeto, girato in maniera esplicita e notevolmente semplificata. Ben calato nella parte di pubblicitario, curatore di tutta la campagna politica, è Gael Garcia Bernal come anche tutti gli altri attori di contorno, che sono però più conosciuti nella loro patria che da noi.
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enzo70
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domenica 19 maggio 2013
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film originale per un no alle dittature
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Nel 1988 Pinochet fu costretto ad indire un referendum per ottenere il sostegno al suo Governo. Il Cile, quindi, fu chiamato ad esprimersi per un si, a favore del dittatore, o per un no, il che significava un nuovo corso politico. Al fronte del no furono concessi quindici minuti di comunicazione in tv, in una par condicio di natura sudamericana; e si, perché lo stesso tempo era, sulla carta, concesso alla comunicazione politica del dittatore. Ed il film diretto dall’ottimo Pablo Larrain racconta i giorni che condussero al termine della dittatura del generale cileno dal lato di un giovane creativo pubblicitario interpretato alla grande da Gael Garcia Benal, il Che nello splendido "i diari della motocicletta".
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Nel 1988 Pinochet fu costretto ad indire un referendum per ottenere il sostegno al suo Governo. Il Cile, quindi, fu chiamato ad esprimersi per un si, a favore del dittatore, o per un no, il che significava un nuovo corso politico. Al fronte del no furono concessi quindici minuti di comunicazione in tv, in una par condicio di natura sudamericana; e si, perché lo stesso tempo era, sulla carta, concesso alla comunicazione politica del dittatore. Ed il film diretto dall’ottimo Pablo Larrain racconta i giorni che condussero al termine della dittatura del generale cileno dal lato di un giovane creativo pubblicitario interpretato alla grande da Gael Garcia Benal, il Che nello splendido "i diari della motocicletta". Il risultato è un film davvero originale che inneggia alla libertà in nome dell’allegria, senza i soliti lunghissimi sofismi sulle democrazie. Perché il messaggio vincente per abbattere il dittatore non sono le denuncie, ma il racconto del mondo che sarebbe se ci fosse maggiore libertà. Ed occorre tener conto che il popolo cileno con Pinochet perse gran parte dei diritti civili ma visse periodi di relativo benessere in un’epoca in cui tutto il Sudamerica era duramente affetto da problemi di sopravvivenza. E l’approccio di Larrain è originale in quanto va oltre i consueti luoghi comuni, facendo emergere in maniera indiretta i disastri della dittatura. Ma facendoli raccontare ad un rampante pubblicitario di successo che utilizza i sistemi della pubblicità per fare una nuova comunicazione politica vincente.
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writer58
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lunedì 19 agosto 2013
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la alegrìa yà viene...
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Nel 1988 il Cile si trova di fronte a uno spartiacque: decidere, tramite un referendum, se confermare per 8 anni Pinochet come presidente della Repubblica oppure voltar pagina dopo 15 anni di repressione, migliaia di oppositori assassinati, desaparecidos, toturati, esiliati. Visto dall'esterno,con gli occhi di chi scendeva in piazza per manifestare solidarietà ai compagni cileni, l'esito sembrerebbe scontato, la fine del dittatore inevitabile. In realtà, Pinochet,oltre a massacrare l'opposizione e sospendere le garanzie costituzionali, riusci' a saldare un blocco di potere ampio, rafforzato dalla crescita economica avvenuta tra gli anni '70 e '80 - in cui fu introdotto un modello economico liberista che face aumentare il PIL, ma anche le disuguaglianze tra la parte più ricca e la maggioranza dei cileni-.
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Nel 1988 il Cile si trova di fronte a uno spartiacque: decidere, tramite un referendum, se confermare per 8 anni Pinochet come presidente della Repubblica oppure voltar pagina dopo 15 anni di repressione, migliaia di oppositori assassinati, desaparecidos, toturati, esiliati. Visto dall'esterno,con gli occhi di chi scendeva in piazza per manifestare solidarietà ai compagni cileni, l'esito sembrerebbe scontato, la fine del dittatore inevitabile. In realtà, Pinochet,oltre a massacrare l'opposizione e sospendere le garanzie costituzionali, riusci' a saldare un blocco di potere ampio, rafforzato dalla crescita economica avvenuta tra gli anni '70 e '80 - in cui fu introdotto un modello economico liberista che face aumentare il PIL, ma anche le disuguaglianze tra la parte più ricca e la maggioranza dei cileni-. Visto dall'interno, infatti, il referendum sembrava segnato a favore del regime, che controllava in modo esclusivo i mezzi di comunicazione. Il film di Larrain centra la sua attenzione sulla campagna pubblicitaria a favore del "no" che, contrariamente a ogni previsione, fu basata su messaggi di speranza e di futuro (Chile, la alegrìa ya viene, questo era la frase-tormentone della campagna) e non sulla denuncia delle atrocità commesse dalla giunta militare. Immagino che per i militanti comunisti e socialisti sopravvissuti alla brutale repressione, sia stata una scelta per nulla facile. Le resistenze, infatti, alla campagna pubblicitaria di Saavedra sono esplicitate chiaramente in una scena iniziale del film, in cui alcuni dirigenti comunisti considerano la proposta del pubblicista alla stregua di uno spot della Coca Cola. Tuttavia, con le armi dell'ironia, della dissacrazione, con immagini che richiamano un futuro differente, la campagna per il "no" viene seguita da un numero progressivamente crescente di spettatori, fino a vincere il referendum con più di 10 punti percentuali di scarto. Non è un film politico, è stato detto. In realtà, a me è parso un film che recupera il significato originale del termine "politico" e lo declina secondo i crismi delle moderne piazze virtuali. Ieri la televisione, oggi la rete e il web. Da un punto di vista tecnico-contenutistico, il film di Larrain mi è parsa una buona proposta, che ricostruisce con cura le atmosfere degli anni '80. E' un'opera che, spesso, diverte, nonostante il tema trattato e che si avvale dell'ottima recitazione di Gael Garcìa Bernal. L'"happy end", per un volta, non è posticcio e zuccheroso, ma interpreta con efficacia il risveglio di un popolo e l'inizio di un percorso di riscatto, non esente da contraddizioni e ambiguità, al di fuori della prigione concreta e mediatica della dittatura.
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diomede917
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venerdì 17 maggio 2013
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la forza dell'allegria
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Nonostante la pigrizia (o furbizia) di alcuni distributori “La festa del cinema” ci ha liberato dai magazzini un piccolo gioiello premiato nella sezione Quinzane des realisateurs di Cannes 2012 e candidato all’Oscar come miglor film straniero.
Con No-I giorni dell’arcobaleno il regista Pablo Larrain conclude la sua triologia sulla dittatura di Pinochet vista dal basso portandola dai chiaroscuri di Tony Manero e di Post Mortem al multicolore che ha segnato la fine di un periodo molto doloroso non solo della storia cilena ma anche della Storia Contemporanea Mondiale.
Il film mette al centro la pagina finale del periodo di Augusto Pinochet che , di fronte alle pressioni internazionali, indisse un referendum nel 1988 sulla sua presidenza.
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Nonostante la pigrizia (o furbizia) di alcuni distributori “La festa del cinema” ci ha liberato dai magazzini un piccolo gioiello premiato nella sezione Quinzane des realisateurs di Cannes 2012 e candidato all’Oscar come miglor film straniero.
Con No-I giorni dell’arcobaleno il regista Pablo Larrain conclude la sua triologia sulla dittatura di Pinochet vista dal basso portandola dai chiaroscuri di Tony Manero e di Post Mortem al multicolore che ha segnato la fine di un periodo molto doloroso non solo della storia cilena ma anche della Storia Contemporanea Mondiale.
Il film mette al centro la pagina finale del periodo di Augusto Pinochet che , di fronte alle pressioni internazionali, indisse un referendum nel 1988 sulla sua presidenza. I leader dell'opposizione convincono un pubblicitario giovane e sfrontato, René Saavedra, a guidare la loro campagna. E grazie una campagna solare e accattivante riescono a sovvertire un risultato quasi scontato (anche da temibili brogli) liberando il Cile dall’oppressione.
Ammetto che questa è una pagina di Storia che non conoscevo e che ho apprezzato tantissimo.
L’idea di combattere con l’allegria le barbarie di una dittatura fu una scelta azzardata e fortemente provocatoria, Larrain è bravissimo a raccontare passo passo tutte le dinamiche di questa insperata vittoria utilizzando cineprese dell’epoca per le riprese……contestualizzando così anche lo spettatore del 2000 e condividendo con lui le atrocità del tempo.
La dittatura di Pinochet è tangente in tutto lo svolgimento del film, dalle immagini della prima campagna pubblicitaria con tutti i numeri del terrore alle pressioni dell’esercito nei confronti del pubblicitario fino alle botte alla sua ex-moglie fervente attivista dell’opposizione.
L ’intento del regista è focalizzare tutto sulla forza della campagna pubblicitaria, su quanto siano importanti i contenuti ma soprattutto quanto sia importante saperli vendere……creare una canzone in stile “We are the world” da fare entrare nella testa delle persone, creare una serie infinita di spot spiritosi dove il NO deve essere evidenziato, inventarsi un logo con tutti i colori dell’arcobaleno che rappresentino ogni forza dell’opposizione.
A dare una mano a Larrain c’è un cast tutto in parte……con una sfida tra il suo attore feticcio Alfredo Castro capo della campagna del regime e il giovane Gael Garcia Bernal tutta da gustare e vedere.
Nonostante sia ambientato negli anni 80 questo film e questa tematica è fortemente attuale e sentita……e non è un caso che la sala gremita al termine del film abbia detto che sarebbe servito un René Saavedra al PD…..e questo la dice lunga sul nuovo modo di fare politica.
Voto 8
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renato volpone
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domenica 19 maggio 2013
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la potenza mediatica
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Sono passati 25 anni dal referendum che ha decretato in Cile l'abbandono del potere da parte di Pinochet ed ecco un film che racconta le dinamiche di quella campagna elettorale sia dalla parte del NO, che dalla parte del SI. Il film, girato con immagini leggermente sfuocate per dare la sensazione di un tempo all'imperfetto, è un interessante documento sulle dinamiche della comunicazione e della manipolazione delle masse attraverso media e pubblicità. Manifesto di una rivoluzione pacifista, non calcando mai la mano sulla violenza, offre interessanti spunti di meditazione sull'evoluzione del modo di fare politica, sulla difficoltà dei partiti politici di conciliare le vecchie idee con le nuove modalità del comunicare.
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Sono passati 25 anni dal referendum che ha decretato in Cile l'abbandono del potere da parte di Pinochet ed ecco un film che racconta le dinamiche di quella campagna elettorale sia dalla parte del NO, che dalla parte del SI. Il film, girato con immagini leggermente sfuocate per dare la sensazione di un tempo all'imperfetto, è un interessante documento sulle dinamiche della comunicazione e della manipolazione delle masse attraverso media e pubblicità. Manifesto di una rivoluzione pacifista, non calcando mai la mano sulla violenza, offre interessanti spunti di meditazione sull'evoluzione del modo di fare politica, sulla difficoltà dei partiti politici di conciliare le vecchie idee con le nuove modalità del comunicare. Specchio della situazione politica attuale di molti paesi occidentali, di moti spontanei di rivoluzione con attacchi e repressioni mediatici. Ben recitato, anche se a tratti melenso, è un film interessante e godibilissimo.
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catcarlo
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martedì 4 giugno 2013
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no - i giorni dell'arcobaleno
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Come dice a un certo punto Antonio (il personaggio interpretato da Marcial Tagle) dopo aver visto le immagini delle donne di alcuni desaparecidos, ‘io mi sono commosso’. Un po’ perché Augusto Pinochet Ugarte è stato uno degli uomini neri della mia generazione, un po’ perché questo film narra, con partecipazione ed efficacia cinematografica, l’incruenta fine della feroce dittatura cilena. Un referendum voluto dall’esterno – compresi gli Stati Uniti, che stavano ormai pensando di mollare il loro fdp a Santiago – e vinto a sorpresa dall’opposizione: per riuscire nell’impresa, malgrado il clima difficile e gli spazi televisivi ristretti, è necessario un colpo d’ala, quello regalato dal pubblicitario René Saavedra (vagamente ispirato a Eugenio Garcia) che è capace di convincere i riottosi esponenti del ‘No’ ad utilizzare, nei loro quindici minuti giornalieri, una campagna basata sulla speranza e sull’allegria piuttosto che sul ricordo e sul dolore.
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Come dice a un certo punto Antonio (il personaggio interpretato da Marcial Tagle) dopo aver visto le immagini delle donne di alcuni desaparecidos, ‘io mi sono commosso’. Un po’ perché Augusto Pinochet Ugarte è stato uno degli uomini neri della mia generazione, un po’ perché questo film narra, con partecipazione ed efficacia cinematografica, l’incruenta fine della feroce dittatura cilena. Un referendum voluto dall’esterno – compresi gli Stati Uniti, che stavano ormai pensando di mollare il loro fdp a Santiago – e vinto a sorpresa dall’opposizione: per riuscire nell’impresa, malgrado il clima difficile e gli spazi televisivi ristretti, è necessario un colpo d’ala, quello regalato dal pubblicitario René Saavedra (vagamente ispirato a Eugenio Garcia) che è capace di convincere i riottosi esponenti del ‘No’ ad utilizzare, nei loro quindici minuti giornalieri, una campagna basata sulla speranza e sull’allegria piuttosto che sul ricordo e sul dolore. Basandosi su una sceneggiatura di Pedro Peirano tratta dall’opera teatrale di Antonio Skármeta, Larraín racconta il realizzarsi di quello che sulle prime sembra un miracolo con un bel ritmo, mischiando materiale d’epoca e una scelta visiva minimale che non fa sentire lo stacco con il nuovo girato: merito del formato utilizzato, un 4:3 che si richiama ai tempi gloriosi del Betamax (non sono passati neppure trent’anni, ma la tecnologia di allora pare davvero antidiluviana), e una qualità delle immagini volutamente artigianale. La storia ruota intorno all’eroe per caso René, uomo dalla vita professionale di successo ma parecchio incasinato sul piano familiare (è, in pratica, un ragazzo-padre la cui moglie convive con un altro): un personaggio che si evolve in modo classico – prima pensa solo alla carriera, poi è sempre più coinvolto, infine eccolo, novello Cincinnato, di ritorno al suo orticello pubblicitario – nel panni del quale il messicano Gael García Bernal offre una bella prova d’attore in un ruolo che sarebbe calzato a pennello al giovane Dustin Hoffmann. Su di lui si sofferma volentieri l’occhio della cinepresa, tanto che sono numerosi e lunghi i primi piani che contribuiscono a staccarlo dallo sfondo corale che lo circonda, animato da un cast di attori che danno l’impressione di sentire molto la partecipazione alla storia che viene narrata: fra di essi, ha una posizione di spicco quasi il solo Lucho, il capo di René nonché il suo rivale nella campagna, interpretato in maniera assai efficace da Alfredo Castro. Benchè la conclusione sia conosciuta, le poco meno di due ore di durata scorrono senza un attimo di stanca, grazie anche a più di una punta di ironia, giustificando appieno il premio vinto alla Quinzaine di Cannes 2012: peccato solo che, in Italia, il film esca un po’ alla chetichella quasi un anno dopo, complicando la vita agli spettatori che sarebbero interessati a un lavoro bello, emozionante e che si prende anche il lusso di smentire Gil Scott-Heron. Perché sarà pure il potere della pubblicità, ma, almeno nel 1988 in Cile, la rivoluzione è stata trasmessa in televisione.
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gianni lucini
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giovedì 19 settembre 2013
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un bel film nonostante critiche artificiose
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La trilogia di Pablo Larrain sul Cile della dittatura si conclude in modo inaspettatamente luminoso. Dopo il feroce "Tony manero" e l'allucinante "Post mortem" il regista porta sullo schermo la vittoria della fiducia e della positività contro le ombre dell'oscurantismo. Non sono mancate le critiche a questo film. Tra le principali se ne possono citare tre:
a) Larrain nasconde il fatto che la vittoria contro Pinochet è stata frutto di una grande mobilitazione capillare dei militanti, soprattutto della sinistra, e non di una trovata pubblicitaria;
b) La figura di Renée Saveedra nella realtà è ambigua perchè nella sua parentela figurano sostenitori di primo piano della giunta di Pinochet
c) Il film negli USA è stato accolto tiepidamente.
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La trilogia di Pablo Larrain sul Cile della dittatura si conclude in modo inaspettatamente luminoso. Dopo il feroce "Tony manero" e l'allucinante "Post mortem" il regista porta sullo schermo la vittoria della fiducia e della positività contro le ombre dell'oscurantismo. Non sono mancate le critiche a questo film. Tra le principali se ne possono citare tre:
a) Larrain nasconde il fatto che la vittoria contro Pinochet è stata frutto di una grande mobilitazione capillare dei militanti, soprattutto della sinistra, e non di una trovata pubblicitaria;
b) La figura di Renée Saveedra nella realtà è ambigua perchè nella sua parentela figurano sostenitori di primo piano della giunta di Pinochet
c) Il film negli USA è stato accolto tiepidamente.
In realtà si tratta critiche un po' artificiose e nemmeno troppo giustificate.
Per quel che riguarda il primo punto (Larrain nasconde il fatto che la vittoria contro Pinochet è stata frutto di una grande mobilitazione capillare dei militanti, soprattutto della sinistra, e non di una trovata pubblicitaria) basta guardare il film per accorgersi che non è vero. La genialità della campagna sta nell'aver trovato un'idea positiva, un modo di far capire ai cileni che cacciare Pinochet era la premessa necessaria per poter avere un futuro diverso, migliore e (perchè no?) più felice. Nel film non vengono nascoste né le contrapposizioni con alcuni gruppi della sinistra anti-Pinochet inizialmente scettici sull'idea di fondo, né il fatto che gli spot durano soltanto un quarto d'ora e vengono trasmessi di notte e neppure la realtà di una militanza capillare (manifesti, volantini, magliette) intorno al "No" al referendum.
Anche le ambiguità sulla figura di Saveedra (punto b) non sono nascoste. Nel film appare per quel che è: un esule rientrato, con una moglie/compagna impegnata nella lotta contro la dittaura, legato per lavoro e per parentele con gli ambienti del governo che inizialmente non se la sente troppo di impegnarsi nella campagna contro Pinochet.
La teoria dell'accoglienza tiepida negli Stati Uniti non ha alcun senso visto che il film ottiene la "nomination" all'Oscar per il miglior film straniero, ma in ogni caso non sono gli Stati Uniti l'unico metro di misura della qualità di un film, o no?
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stefanoadm
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lunedì 28 ottobre 2013
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enjoy democracy
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Quel NO a Pinochet, quel NO che Pinochet stesso rese possibile solo perché era convinto che i cileni non avrebbero osato pronunciarlo viene ricostruito con un rigore formale e una precisione storica impressionanti.
L’archiviazione della dittatura passò attraverso la consapevolezza del passato recente, il dolore causato da lutti ed esilii, l'indignazione per il sopruso, la resistenza dell'attività politica propriamente detta. Ma fu anche frutto di un lavoro pubblicitario che utilizzò strumenti inaspettati: l’ironia, la patinatura e il “volemose bbene” in stile Coca Cola, la naturalezza artificiale dei balli che Alan Parker, pochi anni prima, aveva disseminato in Fame – Saranno famosi. Tutto concentrato in una campagna televisiva furba, smaliziata, per i tempi all’avanguardia.
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Quel NO a Pinochet, quel NO che Pinochet stesso rese possibile solo perché era convinto che i cileni non avrebbero osato pronunciarlo viene ricostruito con un rigore formale e una precisione storica impressionanti.
L’archiviazione della dittatura passò attraverso la consapevolezza del passato recente, il dolore causato da lutti ed esilii, l'indignazione per il sopruso, la resistenza dell'attività politica propriamente detta. Ma fu anche frutto di un lavoro pubblicitario che utilizzò strumenti inaspettati: l’ironia, la patinatura e il “volemose bbene” in stile Coca Cola, la naturalezza artificiale dei balli che Alan Parker, pochi anni prima, aveva disseminato in Fame – Saranno famosi. Tutto concentrato in una campagna televisiva furba, smaliziata, per i tempi all’avanguardia.
C’è questo e molto altro in No-I giorni dell’arcobaleno. Ci sono slogan popolari (Chi-Chi-Chi-le-le-le-viva Chile) storpiati dagli oppressori (Chi-Chi-Chi-le-le-le-Pinochet). Ci sono le lugubri illusioni del fronte del sì:“Gli Stati Uniti sono con noi” (ma la lunga notte voluta da Kissinger era passata). Ci sono riferimenti a una quotidianità temuta, come le code per le distribuzioni di cibo, create ad arte nei primi anni Settanta per esasperare la popolazione e facilitare il golpe militare. Ci sono le immagini della visita pastorale più incomprensibile e discussa nel pontificato di Giovanni Paolo II. C’è la vocetta ridicola dell’uomo mediocre che pose fine a una democrazia, quella cilena, dalla storia a tratti incerta ma di lungo corso.
C’è anche la violenza - come potrebbe essere altrimenti? - ma meno esplicita che in altre pellicole a tema. Il referendum dell’88, in effetti, si tenne quando il periodo più buio per il Cile era finito. Così il film di Larrain, con grande coerenza, solo in pochi momenti indugia sulla spettacolarità di azioni brutali. Si concentra, invece, sulle difficoltà culturali incontrate dalla campagna per il no, sulle pressioni psicologiche, sulla percezione di una minaccia costante, sul ricatto del “lavora per il sì o non lavorerai più”, peraltro esercitato su un creativo di buona fortuna negli anni della dittatura.
NO semplicismi, NO scorciatoie, NO retorica.
Bell’esempio di cinema civile.
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