Diaz - Non pulire questo sangue

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Un film di Daniele Vicari. Con Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Iacopini, Ralph Amoussou.
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Drammatico, durata 120 min. - Italia 2012. - Fandango uscita venerdì 13 aprile 2012. MYMONETRO Diaz - Non pulire questo sangue * * * - - valutazione media: 3,48 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Diaz - per non dimenticare Valutazione 5 stelle su cinque

di sergio dal maso


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lunedì 22 giugno 2015

“Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso (….) penso che il male estremo non possegga né la profondità né una dimensione demoniaca, può invadere e devastare tutto il mondo perché cresce in superficie come un fungo (….) esso sfida il pensiero, ma il pensiero cerca di raggiungere la profondità, andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male è frustrato perché non trova nulla, questa è la sua "banalità"... solo il bene ha profondità e può essere integrale"        Hannah Arendt La banalità del male (1963)
 
I fatti di Genova.
Per dieci lunghi anni dai caldi giorni del luglio 2001 in cui successero i drammatici avvenimenti del G8 telegiornali e talk show ci hanno periodicamente e sinteticamente “informati” dei processi in corso in cui
sono stati rinviati a giudizio (e poi condannati) “manifestanti devastatori” e “alcuni poliziotti che hanno reagito in modo troppo duro”. Frasi come i fatti di Genova e l’irruzione alla Diaz sono state ripetute in ogni servizio televisivo come un intercalare. Lo schema black block delinquenti – reazione eccessiva di alcuni reparti della polizia ha finito col riassumere sbrigativamente tre giorni tra i più difficili dal dopoguerra, un passaggio atroce della storia italiana, un cortocircuito tremendo delle istituzioni democratiche. Come molte vicende oscure del nostro paese quello che è successo a Genova non è semplificabile in un servizio televisivo, dovendo includere fatti articolati, depistaggi, scelte politiche ed episodi non ancora chiariti.
Sicuramente la tragica morte del ragazzo Carlo Giuliani, a prescindere dalla valutazione delle responsabilità, ha assunto un significato simbolico enorme. Da quel momento è iniziato il tramonto del cosiddetto movimento dei movimenti no global che aveva riunito in corteo 300000 persone da tutto il mondo. Manifestanti appartenenti a realtà molto diverse come i gruppi antagonisti, i movimenti pacifisti, sindacali e del volontariato, tutti uniti nel Genova Social Forum per affermare che “un altro mondo è possibile”. Certo, c’era anche un migliaio (forse poche centinaia, ma cambia poco) di delinquenti, i black block con spranghe e passamontagna che hanno devastato indisturbati il centro di Genova saccheggiando e distruggendo auto, negozi e banche. Devastazioni che sono poi servite per giustificare la risposta della polizia e l’irruzione notturna nella scuola Diaz di 300 poliziotti massacrando e arrestando manifestanti innocui e pacifisti ritenuti pericolosi teppisti. L’irruzione alla Diaz e il pestaggio degno “di una macelleria messicana” (termine coniato dal vicequestore Fournier) rappresentano l’altro momento terribile del G8 genovese, l’incubo che per anni molti hanno cercato di cancellare o minimizzare.
Adesso che la verità processuale è stata pronunciata in modo definitivo, con la condanna di 25 poliziotti, la cui condotta violenta è stata definita dalla Corte di Cassazione “un massacro ingiustificabile che ha screditato l’Italia agli occhi del mondo”, è possibile ristabilire i fatti, raccontare cosa è successo nell’assalto notturno alla scuola Diaz e durante la raccapricciante detenzione dei 93 arrestati alla caserma di Bolzaneto.
Lo sconvolgente film Diaz di Daniele Vicari, bellissimo esempio di cinema di denuncia civile, ha proprio questo obiettivo : ricostruire e raccontare la verità dei fatti, sia della Diaz che di Bolzaneto. Per evitare strumentalizzazioni e inutili polemiche, che comunque ci sono state lo stesso, non si addentra in spiegazioni o dietrologie, né accusa mandanti occulti, si basa solamente sui fatti certificati dagli atti processuali, tutto è stato verificato scrupolosamente e ricostruito nei minimi dettagli. Dopo un lavoro di documentazione monumentale, il regista in due anni si è studiato le 10000 pagine agli atti e ha visionato centinaia di ore di immagini, la scelta è stata quella di raccontare i giorni di Genova attraverso il punto di vista di una decina di protagonisti. Storie vere, persone autentiche, come il giornalista Luca della Gazzetta di Bologna, l’anarchica tedesca Alma, il pensionato della CGIL Anselmo, il manager francese Nick a Genova per un seminario di economia. Vicende e percorsi diversi che convergono, purtroppo, la notte del 21 luglio nella sede del Genova Social Forum, la scuola Diaz.
La metafora della bottiglia che si frantuma, casus belli dell’assalto, ripresa più volte da angolazioni diverse e la costruzione elittica del film, che come un vortice silenzioso acquista coi minuti forza e potenza fino all’orrore dell’irruzione, danno a Diaz una carica emotiva spaventosa. La consapevolezza della veridicità delle scene, resa benissimo anche grazie al montaggio strepitoso che alterna immagini amatoriali e riprese filmiche, amplifica lo sgomento e il disagio dello spettatore. Siamo a Genova nel 2001, non nella Buenos Aires del 1977, non è il Garage Olimpo argentino ma una caserma italiana. E’ veramente difficile non indignarsi di fronte agli abusi compiuti nella scuola Diaz e nella caserma Bolzaneto. Personalmente ricordo che durante la visione il mio pensiero era “so che è vero, ma sono disposto a crederci ?”. Si resta increduli e tramortiti alla fine, purtroppo Diaz non è solo un film. Alcuni ex-leader del movimento di Genova lo hanno accusato di non (voler) chiarire le responsabilità, i mandanti politici. Argomenti difficili e spinosi, soprattutto per un film e per vicende così recenti. I fatti di Genova rappresentano una ferita ancora profonda. 
Cosa ci lascia un film come Diaz?  La memoria dei fatti, afferma Vicari, poi lo sdegno civile. Non so se è sufficiente, sicuramente è un punto da cui ripartire. 

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