zikutomo
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venerdì 5 luglio 2013
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quando la colpa e ridondante
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Ho deciso di presentare la mia critica (puramente opinionistica) sul film a fronte dei pochissimi commenti che ho letto sul forum. Comprendo tutti i punti "negativi" inseriti dagli altri spettatori e non mi dilungherò né sugli stessi né sulla trama, già presenti ottimamente in altre recensioni: la mia intenzione è puntare sulle luci del film.
L'intreccio è un dramma di dimensioni memorabili, non tanto nel senso del melodramma ma nella quantità numerica delle tragedie proposte: ogni singolo personaggio, ogni situazione, ogni scena e ogni inquadratura ingigantiscono enormemente il senso tragico della storia. Dall'amore, alla famiglia, alla politica, alla tragedia, alla giustizia e al sesso, sono tutti spunti che possono essere superficialmente visti come singole macchie prive di un senso reale, ma ad una poco più attenta riflessione si distinguono chiaramente ognuna come il riflesso e la conseguenza dell'altra, in un ciclo di dolori e colori che abbracciano (forse anche in modo eccisivamente forte) tutti i personaggi, anche quelli più marginali.
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Ho deciso di presentare la mia critica (puramente opinionistica) sul film a fronte dei pochissimi commenti che ho letto sul forum. Comprendo tutti i punti "negativi" inseriti dagli altri spettatori e non mi dilungherò né sugli stessi né sulla trama, già presenti ottimamente in altre recensioni: la mia intenzione è puntare sulle luci del film.
L'intreccio è un dramma di dimensioni memorabili, non tanto nel senso del melodramma ma nella quantità numerica delle tragedie proposte: ogni singolo personaggio, ogni situazione, ogni scena e ogni inquadratura ingigantiscono enormemente il senso tragico della storia. Dall'amore, alla famiglia, alla politica, alla tragedia, alla giustizia e al sesso, sono tutti spunti che possono essere superficialmente visti come singole macchie prive di un senso reale, ma ad una poco più attenta riflessione si distinguono chiaramente ognuna come il riflesso e la conseguenza dell'altra, in un ciclo di dolori e colori che abbracciano (forse anche in modo eccisivamente forte) tutti i personaggi, anche quelli più marginali. In sede di montaggio si potevano eliminare tantissime parti, questo è vero, ma la scelta registica (sofferta, tanto che è costata una posticipazione dell'uscita nelle sale) riesce benissimo ad ampliare il senso di angoscia che perdura per quasi tutto il film, a partire dal momento della soglia facilmente individuabile nell'incidente.
Ci sono almeno un paio di momenti in cui il film potrebbe concludersi e il suo perdurare oltre accentua così ancora di più il senso di angoscia nello spettatore e benissimo riflette l'andamento emotivo della vicenda. Se l'intenzione fosse stata quella di mostrare un dramma raffazzonato, quasi ovvio, e puramente "spettacolare" beh, i presupposti ci sono tutti. Ma non è questo il messaggio che deve trapelare. Tanti sono i film che parlano del difficile tema dell'adolescenza ma di quelli che ho avuto la fortuna di vedere nessuno come questo scende così bene nell'intimo della protagonista e, al contempo, di tutto ciò che le sta attorno e che sfiora. Il tutto è sviluppato in modo ridondante, come eccessivo è forse il senso di colpa della protagonista, sballottata ovunque da insicurezze che nascono in lei, nella sua famiglia, nelle sue amicizie, nelle sue nuove conoscenze, nella scuola e in ogni piccolo-grande luogo che viene ad abitare. Un dolore sincero e quasi puro si scontra in questo modo con un mondo maturo e insensibile, fatto di egoismi comprensibili, di dubbi lancinanti e personalità scoraggianti e addirittura cattive (latinismo che comprende anche il senso di "prigioniere e schiave"). Per questo Margaret può essere ritenuta una pellicola dalla fabula banale e scontata, già proposta in più modi, ma le strategie attraverso le quali ne trasmette il senso sfruttano appieno i metodi di quel Cinema che vuole e dove affondare la propria lama nel cuore degli spettatori. In conclusione, per descriverlo, quella che ho trovato come la migliore citazione interna: "Arrivati ad una certa velocità, i freni non servono quasi più a niente".
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ashtray_bliss
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mercoledì 13 febbraio 2013
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adolescenza spezzata e ricerca di espiazione.
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Sul film in questione si potrebbero dire tante cose, che tentero' di analizare brevemente di seguito, ma principalmente la storia tratta di una ricerca di espiazione e rendezione di una adolescente interrotta.
Cosi la storia parte con Lisa, ragazza di New York, adolescente agiata, la quale ha tutto a disposizione: frequenta una suola privata, la madre fa l'attrice a Broadway ed e' concentrata sul suo lavoro e nel tentativo di ricostruirsi una vita sentimentale; mentre il padre e' un affermato sceneggiatore che vive nella Baia (Bay-Los Angeles) e la stessa che affronta i classici problemi legati all'adolescenza. Finche' un pomeriggio si fissa con l'idea di comprare un cappelo da cowboy: girera' vari negozi ma poi notera' un autista di un autobus con un cappelo da cowboy che le piace e tentera' di instaurare un dialogo, lei dalla strada, lui mentre cerca di svincolarsi dal traffico pesante della metropoli, sull' autobus.
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Sul film in questione si potrebbero dire tante cose, che tentero' di analizare brevemente di seguito, ma principalmente la storia tratta di una ricerca di espiazione e rendezione di una adolescente interrotta.
Cosi la storia parte con Lisa, ragazza di New York, adolescente agiata, la quale ha tutto a disposizione: frequenta una suola privata, la madre fa l'attrice a Broadway ed e' concentrata sul suo lavoro e nel tentativo di ricostruirsi una vita sentimentale; mentre il padre e' un affermato sceneggiatore che vive nella Baia (Bay-Los Angeles) e la stessa che affronta i classici problemi legati all'adolescenza. Finche' un pomeriggio si fissa con l'idea di comprare un cappelo da cowboy: girera' vari negozi ma poi notera' un autista di un autobus con un cappelo da cowboy che le piace e tentera' di instaurare un dialogo, lei dalla strada, lui mentre cerca di svincolarsi dal traffico pesante della metropoli, sull' autobus. E mentre i due continuano a gesticolare imcomprensibilmente, l'autista non fa in tempo a fermarsi al semaforo rosso investendo una passante che morira' pochi minuti dopo tra le mani di Lisa e sotto gli sguardi impietriti di altri passanti.
Da quel momento iniziera' il lungo percorso di Lisa attraverso sensi di colpa, sbalzi di umore e crisi adolescenziali. Il tutto ha come unico fine quello di riconciliarsi con se stessa ed alleviare i sensi di colpa, ritenendosi diretta responsabile per aver causato un incidente che e' costato la vita ad una donna innocente.
Lisa si allontanera' dalla madre e dal fratello, e succesivamente trascurera' anche dalla scuola, dedicandosi unicamente alla ricerca di un modo per mettere in pace la sua coscienza, mentre tentera' di conciliare il bisogno di restare una adolescente (specialmente in una fase cosi delicata) e quindi, il bisogno di essere ricoperta di attenzioni e comprensioni (e forse anche giustificazioni), con la dura realta' che le fa' assaporare in prima persona le difficolta' del passaggio alla maturita', l'affrontare le proprie responsabilita' e le conseguenze delle proprie azioni.
E dopo sentirsi ulteriormente colpevole per aver dato una testimonianza falsa alla polizia sull'accaduto, Lisa si mette in contatto con Emily, la migliore amica di Monica, la donna tragicamente morta nell'incidente. Con lei, dopo averle spiegato il perche' si sente cosi terribilmente legata e implicata nella questione, decidono di fare causa all'agenzia di autobus per ottenere un risarcimento (a favore dell'unica parente della vittima) e il licenziamento dello stesso autista, diretto colpevole dell'aver causato la tragedia.
Certamente le intezioni di Lonergan sono meritevoli: in un contesto metropolotano chaotico vuole mettere in scena ed evidenziare l'enorme contrasto tra la ricerca di contatti umani e comprensione, specialmente da parte degli adolescenti, con la freddezza e indifferenza, la alienazione che regna in una citta' chaotica e impersonale come New York.
Lisa rappresenta esattamente il contrasto tra la fine improvvisa della adolescenza e l'immersione nel mondo degli adulti, della maturita' e della responsabilita' delle proprie azioni.
Un percorso difficile, che viene segnato da diversi contrasti e diverbi, crisi isteriche, allontanamento dalla famiglia stessa ma che porteranno alla fine la protagonista, alla conquista della consapevolezza di se stessa, al riconciliamento con la propria madre e (probabilmente) al perdono di se stessa.
Purtroppo, anche se l'idea -seppur non originale- o innovativa e' certamente funzionante, la pellicola perde molto nella sua eccessiva lunghezza e nel ritmo decisamente lento con il quale viene raccontata la storia.
In piu', Lonergan non riesce a far emergere un profilo psicologico incisivo dai suoi protagonisti, risultando cosi un po' superficiale nel modo che affronta le emozioni e i pensieri piu' intimi dei personaggi che ruotano attorno a Lisa.
Ma dalla pellicola non manca nemmeno la critica, aspra e inequivocabile, ad una nazione (gli USA) i quali, come Lisa, devono fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni e assumersi le proprie responsabilita': memorabili sono le scene di dibattito in classe, in merito alla politica guerrafondaia degli Usa e dove stereotipi razzisti vengono fatti emergere dai vari componenti della classe.
Scene, e spunti riflettivi, che nonostante tutto danno l'impressione di non legarsi propriamente con il resto della storia che viene raccontata.
In definitiva, "Margaret", contiene troppe idee e spunti di riflessione interessanti (e attuali) i quali pero' non vengono sfruttati adeguatamente e non vengono amalgamati correttamente nella pellicola che risulta cosi' abbastanza confusa e costruita nel cercare di conciliare troppe idee in un unico prodotto cinematografico, tali: la solitudine e alienazione vissuta nelle metropoli (la figura della madre di Lisa), il rapporto di incomunicabilita' tra genitori e figli, il brusco passaggio dall'adolescenza alla maturita', i sensi di colpa e il percorso verso l'espiazione. Il tutto sullo sfondo di una nazione profondamente divisa e ferita' che deve ancora assumersi le proprie responsabilita' e riconoscere (come Lisa) le proprie colpe.
Intrepretazioni buone e convincenti, specialmente la Paquin. Sceneggiatura mediocre e confusa. Buona la fotografia. In definitiva si tratta di un prodotto mediocre che poteva essere sviluppato molto meglio nonche' reso in molto meno tempo.
Gradevole e scorrevole ma non incisivo.
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ilaria pasqua
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lunedì 28 aprile 2014
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imperfetto ma bello
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La diciassettenne Lisa sarà la causa di un incidente stradale mortale che la scuoterà nel profondo. Finirà per colpevolizzare se stessa perdendo l’equilibrio e mandando a picco tutti i rapporti con le persone che la circondano.
Margaret è un film del 2011 scritto e diretto da Kenneth Lonergan che ha come protagonista la bravissima Anna Paquin, che dopo l’Oscar per Il pianista si è un po’ persa per strada, e che vede la partecipazione di Matt Damon e Mark Ruffalo.
Il film in realtà non è del 2011 ma del 2005 (girato in quest’anno per essere distribuito nel 2007), come si poteva immaginare. Infatti quando mi sono trovata davanti i tre attori giovanissimi, o almeno molto più giovani di quanto potessero essere nel 2011, sono rimasta a bocca aperta.
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La diciassettenne Lisa sarà la causa di un incidente stradale mortale che la scuoterà nel profondo. Finirà per colpevolizzare se stessa perdendo l’equilibrio e mandando a picco tutti i rapporti con le persone che la circondano.
Margaret è un film del 2011 scritto e diretto da Kenneth Lonergan che ha come protagonista la bravissima Anna Paquin, che dopo l’Oscar per Il pianista si è un po’ persa per strada, e che vede la partecipazione di Matt Damon e Mark Ruffalo.
Il film in realtà non è del 2011 ma del 2005 (girato in quest’anno per essere distribuito nel 2007), come si poteva immaginare. Infatti quando mi sono trovata davanti i tre attori giovanissimi, o almeno molto più giovani di quanto potessero essere nel 2011, sono rimasta a bocca aperta. Ha dovuto affrontare lunghe traversie, i produttori volevano che venisse accorciato (inizialmente la durata si aggirava intorno alle tre ore) e il regista, reduce da una nomination all’Oscar per Conta su di me, non voleva acconsentire. Alla fine è stato rimontato e completato a singhiozzo arrivando alla forma finale solo nel 2011.
Ma veniamo al film in sé. Anna Paquin riesce a offrire un ritratto preciso di un’adolescente afflitta dai sensi di colpa. Sensi di colpa sempre più profondi che finiscono per farle sviluppare una sorta di nevrosi che ingloba tutto il mondo circostante. Lisa si sente responsabile della morte di quella donna ma allo stesso tempo sa bene di non essere la maggiore responsabile. Per questo porta avanti una battaglia contro chi ha la reale responsabilità, un modo di far pagare all’altro ciò che lei sta subendo e anche scaricarsi un po' la coscienza per liberarsi da questo tormento.
Un animo ancora non toccato dai drammi degli adulti che scopre il dolore, quello vero.
Margaret non è però solo incentrato sullo shock e il turbamento psicologico della protagonista, parla anche dell’arte, del suo modo di esprimere sentimenti che sorpassano il tempo e lo spazio, e che ci sono così vicini nonostante siano legati a una quotidianità molto distante da quella presente. Il titolo, infatti, non fa riferimento al personaggio Margaret ma alla poesia di Gerald Manley Hopkins del 1880 intitolata Spring and Fall che è dedicata "To a young child" di nome Margaret.
La regia è buona, utilizza in più parti, all’inizio soprattutto, lo slow motion per rendere la sospensione del personaggio di Lisa adolescente in sviluppo, ma sembra anche un modo per rendere universale il suo messaggio; trascina tutti i pedoni qualunque di New York all’interno del quadro, come se dicesse: interessa anche a voi. Anche voi ne siete protagonisti. E la colonna sonora è perlopiù composta dal rumore del traffico, dalle voci della quotidianità. È un caos di suoni che accompagna il percorso di Lisa, sempre più sola, isolata e confusa in una città che non la vede nemmeno.
Lisa è ancora alla ricerca di un’identità, prima altruista, poi eroina, dopo sembra essersi persa in un’autoreferenzialità che la fa apparire falsa. Al centro del film il non-essere di una ragazza che sembra recitare la vita perché non sa chi è, e perché forse non sa nemmeno come viverla. La profonda contraddizione di un'adolescente che è ancora in divenire in una corsa senza fiato tra la folla indaffarata. Piccola e anonima. Sfocata come l'immagine della locandina.
Nessuno sembra capirla, il mondo che le vortica intorno non può abbracciarla come lei vorrebbe. Sua madre è distratta, o almeno le è difficile starle dietro nonostante ci provi, il suo professore, la persona che dovrebbe guidarla, non è in grado di farlo. Lisa è sola. Lisa vuole giustizia. Si ritrova catapultata all'improvviso in un mondo di adulti indifferenti, un posto ingiusto, e la confusione aumenterà sempre più, fino alla comprensione finale dove troverà forse un po' di pace.
In conclusione un buon film che forse avrebbe guadagnato da un’ulteriore sintesi (150 minuti sono davvero troppi) ma che è ben interpretato, e che forse sarebbe apparso ancora più forte se fosse uscito nel periodo in cui doveva uscire, poco dopo la caduta delle Torri Gemelle, ma questo nulla toglie al risultato finale.
Imperfetto ma sicuramente bello.
Recensione pubblicata originariamente su: www.ilariapasqua.net
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