writer58
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lunedì 10 ottobre 2011
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totem e tabù
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Qualcuno ha definito "A Dangerous Method" un prodotto minore della filmografia di Cronenberg. Ritengo questa affermazione fondata, soprattutto se mettiamo a confronto questo film con capolavori come "Crash", "La mosca" e, soprattutto, "Spider", il ritratto potente e terrorizzante di uno schizofrenico paranoico interpretato magistralmente da Fiennes. L'accostamnento con "Spider" non è arbitrario, poiché Cronenberg ci propone in questa sua ultima fatica un personaggio affetto da una grave forma di isteria, Sabina Spielrein, paziente dello psicoanalista Carl Gustav Jung e, posteriormente, sua amante e terapeuta di fama.
La relazione erotico-professionale tra Jung e la Spielrein (interpretata da una Knightley che spesso tende a eccedere sul versante recitativo) è inserita all'interno del rapporto tra lo stesso Jung e Freud, agli albori dello sviluppo del monivemto psicoanalitico.
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Qualcuno ha definito "A Dangerous Method" un prodotto minore della filmografia di Cronenberg. Ritengo questa affermazione fondata, soprattutto se mettiamo a confronto questo film con capolavori come "Crash", "La mosca" e, soprattutto, "Spider", il ritratto potente e terrorizzante di uno schizofrenico paranoico interpretato magistralmente da Fiennes. L'accostamnento con "Spider" non è arbitrario, poiché Cronenberg ci propone in questa sua ultima fatica un personaggio affetto da una grave forma di isteria, Sabina Spielrein, paziente dello psicoanalista Carl Gustav Jung e, posteriormente, sua amante e terapeuta di fama.
La relazione erotico-professionale tra Jung e la Spielrein (interpretata da una Knightley che spesso tende a eccedere sul versante recitativo) è inserita all'interno del rapporto tra lo stesso Jung e Freud, agli albori dello sviluppo del monivemto psicoanalitico. Infatti, nel 1899 Freud dava alle stampe "l'interpretazione dei sogni", testo che fonda le nozioni di "inconscio" e di "libido", due architravi della pratica terapeutica della psicoanalisi e, nel 1904, Jung di reca a Vienna per conoscere il suo "maestro". Il film sviluppa in modo sostanzialmente fedele gli sviluppi di questo incontro: dall'iniziale ammirazione incondizionata per Freud, ai primi dubbi di Jung sulla natura non esclusivamente sessuale delle nevrosi, alla rottura fra i due nel 1912, dopo la pubblicazione di un testo in cui Jung si allontanava decisamente dall'ortodossia freudiana.
Il film appare accurato nella ricostruzione storica, quasi calligrafico in diverse sequenze, ma mi è parso privo di tensione drammatica e debole narrativamente. Alcune sequenze - come quella in cui Jung colpisce la Spielrein sulle natiche, mentre lei geme di piacere- rasentano la comicità involontaria. Anche le dissertazioni sull'origine delle nevrosi mi sono sembrate poco incisive e didascaliche: "spiegano" le differenze tra Freud e Jung ma non le rappresentano efficacemente da un punto di vista narrativo. Lo stesso Mortensen appare non completamente a suo agio nel ruolo di Freud e fa rimpiangere le sue eccellenti caratterizzazioni ne "La promessa dell'assassino" e in "History of violence".
La tensione latita per gran parte del film, solo in alcune scene l'autore recupera la sua forza drammatica,come nella sequenza in cui Jung e la Spielrein giacciono abbracciati sul fondo di una barca a vela che pare diventare un sarcofago comune o quando lo sguardo di Jung si perde nelle acque del lago davanti alla sua abitazione.
Un po' poco per un film del grande maestro canadese.
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paolo assandri
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sabato 1 ottobre 2011
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freud il padre, young il figlio.
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Sigmund Freud è il padre autoritario, Young il figlio rivoluzionario, che per tutta la vita tenterà di "ammazzare simbolicamente il padre", per liberarsi dalla rigidità della scienza analitica di quest’ultimo, come farebbe il più classico dei soggetti edipici freudiani. L'impresa di liberazione riuscirà tuttavia solo quando Freud morirà veramente, sollevando l'ormai famosissimo Young da un peso in verità insostenibile per chiunque. Il giovane psicanalista critica la riconduzione ossessiva alla problematica sessuale, per ogni tipo di patologia, del collega e patisce enormemente il suo carisma e la sua incrollabile autostima.
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Sigmund Freud è il padre autoritario, Young il figlio rivoluzionario, che per tutta la vita tenterà di "ammazzare simbolicamente il padre", per liberarsi dalla rigidità della scienza analitica di quest’ultimo, come farebbe il più classico dei soggetti edipici freudiani. L'impresa di liberazione riuscirà tuttavia solo quando Freud morirà veramente, sollevando l'ormai famosissimo Young da un peso in verità insostenibile per chiunque. Il giovane psicanalista critica la riconduzione ossessiva alla problematica sessuale, per ogni tipo di patologia, del collega e patisce enormemente il suo carisma e la sua incrollabile autostima. Poco a poco le incomprensioni sfoceranno in liti epistolari, che allontaneranno i due grandi studiosi definitivamente, dopo un fecondo periodo di studi associati.
L'occhio di Cronemberg si concentra sul rapporto tra Young e la sua paziente Sabina Spielrain, che, guarendo, diventa la sua amante. Le grandi teorie psicoanalitiche sempre in bilico tra la bontà della repressione e della cedevolezza all'istinto, sono, così, ironicamente incarnate dal Dottor Young, in dubbio sul cedere o meno alle "avances" della sua paziente. Infine, anche grazie all'incontro con lo psicoanalista bohemien Otto Gross, cederà. Abbandonandosi ad una vorace relazione carnale con lei. Salvo poi, dopo qualche tempo, abbandonare Sabina, oppresso dal senso di colpa per aver tradito in un sol colpo la sua deontologia professionale e la devota madre dei suoi figli. La Spielrain sola e disperata, chiederà aiuto alla sola persona che sa essere tenuta in considerazione dal suo perduto amante: Sigmund Freud. L'intromissione di Freud renderà ancor più tesi i rapporti tra i due scienziati, anche perché finirà per avvicinare l'ormai affermata psicanalista russa alle teorie sessuali del viennese, lasciando pressoché solo Young, considerato ormai da Freud poco più che un mistico, un sognatore.
Nella battuta in cui Freud corregge la corretta dizione di "psicanalisi" in “psico-analisi”, si percepisce, oltre ad una grande sceneggiatura, che cerca di definire due delle più eminenti personalità dell’Otto -Novecento con semplici sfumature dialogiche, la vera origine delle incomprensioni tra i due. Freud non vuole in nessun modo mettere in dubbio la propria autorità e si considera superiore (ed è lui stesso ad ammetterlo, quando andranno "a portare la peste" in America), mentre Young, da parte sua, non ha forza necessaria per schiacciare le tesi di Freud. Lo dimostra il fatto che la guarigione della Spielrain, un vero e proprio miracolo medico, è ottenuto dallo svizzero con tecniche freudiane e soprattutto il fatto che lo stesso Young, in presa ad un esaurimento nervoso, si mostra in completa balia dei più profondi impulsi del sesso: cerca da un lato di costruirsi un’amante in tutto e per tutto alterego della Spielrain, dall’altro di mantenere intatto il rapporto con la madre dei suoi figli, in quell'eden di candida illusione, che è la lussuosa dimora donata dalla famiglia di lei.
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(di paolo assandri)
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the mikemaister
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martedì 17 gennaio 2012
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a dangerous movie
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La trama del film è la stessa che si può leggere in poche righe su un qualsivoglia libro di storia: La nascita del rapporto Jung-Freud, lo svilupparsi della relazione e il declino della medesima, il tutto inframezzato dalla presenza bella Spielrein, il lato soap di una storia che ha mutato indissolubilmente il pensiero della psicoanalisi.
Il lungometraggio parte forte: una ottima keira Kinghtley interpreta la convulsa e traumatizzata Spielrein; nonostante la terapia, nonostante la relazione col dottor Jung e nonostante gli studi di medicina, che occupano gran parte della sua mente, gli attacchi di panico, i morsi allo stomaco che la affliggono dall’inizio della sua malattia ci saranno imperturbabili fino alla fine dello sceneggiato con intensità decrescente, quasi a voler supportare allegoricamente la convinzione immanentistica freudiana secondo il quale noi siamo ciò che siamo, senza aver possibilità di diventare il cambiamento che desidera la nostra immaginazione.
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La trama del film è la stessa che si può leggere in poche righe su un qualsivoglia libro di storia: La nascita del rapporto Jung-Freud, lo svilupparsi della relazione e il declino della medesima, il tutto inframezzato dalla presenza bella Spielrein, il lato soap di una storia che ha mutato indissolubilmente il pensiero della psicoanalisi.
Il lungometraggio parte forte: una ottima keira Kinghtley interpreta la convulsa e traumatizzata Spielrein; nonostante la terapia, nonostante la relazione col dottor Jung e nonostante gli studi di medicina, che occupano gran parte della sua mente, gli attacchi di panico, i morsi allo stomaco che la affliggono dall’inizio della sua malattia ci saranno imperturbabili fino alla fine dello sceneggiato con intensità decrescente, quasi a voler supportare allegoricamente la convinzione immanentistica freudiana secondo il quale noi siamo ciò che siamo, senza aver possibilità di diventare il cambiamento che desidera la nostra immaginazione. Ed è qui che si inserisce la figura del dr. Jung, la proiezione cinematografica del nostro Cronenberg: Jung è speranza, scoperta e positività, Jung è l’allievo ribelle di un Freud che ci viene prospettato come il più classico degli antagonisti Disney, scorbutico, saccente, imperturbabile e calcolatore. Come in ogni favola, il nostro eroe (Jung) sarà più volte messo alla prova affinché possa consacrarsi definitivamente, ma ahimè fallisce miserevolmente ogni prova: è bastato Otto Gross (Vincent Cassel), uomo impudico ed adultero, a far vacillare la fermezza e la professionalità del nostro dottore preferito, facendolo inciampare nel rapporto extraconiugale con la Spielrein, un fallimento civile, etico e professionale, quanto vi sia di più abietto nei confronti della moralità.
È un trionfo della decadenza.
Ma non tutto è perduto, c’è il lato soap a far sperare lo spettatore: l’amore tra i nostri protagonisti; non ci interessa quanto sia immorale, scorretto, meschino ed ingiusto, l’amore mette a tacere ogni forma di ostilità… ma anche l’amore fallisce: un amore nato da un rapporto corrotto, le cui fondamenta sono la malattia e la sodomia, la ninfomania e la gelosia, non può non sfociare se non in un catastrofico fallimento emotivo. Qui il tocco di classe, un touche allo spettatore: l’amore diventa trascendentale, si confina in quell’iperuranio platonico che lo consacrerà immortale. Non più carne, non più sesso, non più seduzione o malizia, l’amore diventa immortale, l’amore diventa idea… infondo, si può dire che l’amore abbia vinto no?!
Emblematica la scena dell'abbracio sulla barca tra Jung e Spielrein, allegoria della solitudine in un mare di etica moralità.
Le carte per fare un buon film ci sono tutte: cast ottimale, trama intrigante, regista con gli attributi. Eppure questo film lascia l’amaro in bocca allo scoccare del 94'. Ci sono troppe idee da sviluppare, troppe situazioni che avrebbero meritato maggiore attenzione, e il tempo per fare tutto è stato decisamente poco; per quello che il film vuole raccontarci, la durata è decisamente infima. La fotografia avrebbe potuto dare qualcosa in più, ma tarandola con una defezione complessiva del tutto, ha fatto un buon lavoro.
Un film che si impone non per voler suo, ma per quello che ci racconta; resta da valutare solo il modo in cui si impone, ma quella è mera discrezionalità soggettiva, solo permettetemi di dire, e credo che ne converrete in tanti, che con il materiale a disposizione, si poteva fare di più, molto di più.
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pietro viola
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domenica 2 ottobre 2011
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le relazioni pericolose
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Asciutto ed essenziale, cronenberg fa di nuovo centro, dopo history of violence e il bellissimo la promessa dell'assassino. L'analisi da entomologo sulla fatica di vivere, di cosa significhi essere vivi, oltre che sui consueti temi del doppio, della sofferenza necessaria, della morte quale cornice ineludubile e centro stesso del più profondo piacere, si concentra stavolta più del solito sul tema del Potere. Le relazioni umane quali teatro di un gioco continuo di potere: "non ti racconto il mio sogno altrimenti perderei la mia autorità" dice freud a jung in navigazione verso l'america. Sta qui il cuore del film, e nella bellissima descrizione del triangolo tra i due terapeuti e la paziente/terapeuta, in cui ciascuno usa se stesso e l'altro per acquisire o mantenere potere, a discapito della vita stessa ("deve essere molto dolce morire" dice un freud per un'unica volta disarmato tra le braccia dell'amato, e quindi in altre circostanze attaccato, jung), in cui forse occorre, nelle ultime parole di jung, fare a volte qualcosa di imperdonabile (e quindi fuori dalla regola di chi vince e di chi perde), per rimanere vivi.
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Asciutto ed essenziale, cronenberg fa di nuovo centro, dopo history of violence e il bellissimo la promessa dell'assassino. L'analisi da entomologo sulla fatica di vivere, di cosa significhi essere vivi, oltre che sui consueti temi del doppio, della sofferenza necessaria, della morte quale cornice ineludubile e centro stesso del più profondo piacere, si concentra stavolta più del solito sul tema del Potere. Le relazioni umane quali teatro di un gioco continuo di potere: "non ti racconto il mio sogno altrimenti perderei la mia autorità" dice freud a jung in navigazione verso l'america. Sta qui il cuore del film, e nella bellissima descrizione del triangolo tra i due terapeuti e la paziente/terapeuta, in cui ciascuno usa se stesso e l'altro per acquisire o mantenere potere, a discapito della vita stessa ("deve essere molto dolce morire" dice un freud per un'unica volta disarmato tra le braccia dell'amato, e quindi in altre circostanze attaccato, jung), in cui forse occorre, nelle ultime parole di jung, fare a volte qualcosa di imperdonabile (e quindi fuori dalla regola di chi vince e di chi perde), per rimanere vivi. Grandissimo film.
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(di gioacchino64)
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brundlefly
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giovedì 6 ottobre 2011
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"non esistono coincidenze"
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Immediatamente dopo aver visionato il film salterà all'occhio l'infelice scelta del montaggio oltre al finale che non soddisfa a pieno le aspettative che il resto della pellicola crea. Perché mai affibiargli ben quattro stelle vi chiederete. Il voto è pienamente giustificato dalle appaganti conclusioni che si potranno formulare grazie agli spunti dati dal film.
Il cardine del mio pensiero si basa su di una scena illuminante dove Freud (Mortensen) si espone con Sabina (Knightley) riguardo le teorie metafisiche, applicate alla psicoanalisi, del Dr. Jung (Fassbender) e riguardo Jung stesso, giustificando lo scioglimento del legame, che prima accomunava i due psicoanalisti, in quanto l'uno ebreo e l 'altro ariano: quindi mondi e modi di pensare intangibili.
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Immediatamente dopo aver visionato il film salterà all'occhio l'infelice scelta del montaggio oltre al finale che non soddisfa a pieno le aspettative che il resto della pellicola crea. Perché mai affibiargli ben quattro stelle vi chiederete. Il voto è pienamente giustificato dalle appaganti conclusioni che si potranno formulare grazie agli spunti dati dal film.
Il cardine del mio pensiero si basa su di una scena illuminante dove Freud (Mortensen) si espone con Sabina (Knightley) riguardo le teorie metafisiche, applicate alla psicoanalisi, del Dr. Jung (Fassbender) e riguardo Jung stesso, giustificando lo scioglimento del legame, che prima accomunava i due psicoanalisti, in quanto l'uno ebreo e l 'altro ariano: quindi mondi e modi di pensare intangibili. Da questo punto si deduce che le idee di Jung, meno razionali e guidate dall' istinto, andarono a sviluppare l'animo ultranazionalista che contraddistinse la Germania come nazione disposta a tutto pur di ergersi sopra l' Europa (Jung aveva il pallino del perfezionamento dell'uomo, non sono coincidenze se le sue teorie hanno in comune molti aspetti del Ubermensch di Nietzsche, il superuomo, al quale le più alte cariche del reich attinsero, compreso Hitler nel 1939).
Negli ultimi minuti del film Jung racconta di un suo sogno ricorrente: una gigantesca onda che, originatasi nel Mare del Nord, investe l'Europa riducendola in macerie, ci troviamo nel 1913...
Il finale vede Jung adagiato sulla sua sedia di vimini nel suo immenso giardino intento a contemplare il lago; egli sa che il sogno, quel brutto presentimento, sarà presto realtà e non resta che aspettare l'inevitabile.
Il film è molto più che "bei dialoghi", molto più che "grandi attori", A Dangerous Method racconta l'incontro e l'inevitabile scissione di due correnti di pensiero che cambieranno per sempre il mondo.La Guerra Mondiale è alle porte e la mano che ne muove i fili è la mente umana!
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lucio
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domenica 16 ottobre 2011
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amore inesplorato
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La psicanalisi è una branca delle medicina che serve più al malato o al dottore? Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, due luminari di tale disciplina, più di un secolo fa, si sono posti il problema pensando a soluzioni diverse, ma nel contesto affascinante di una serrata e alta discussione, ovviamente straordinaria per l'epoca. Agli inizi del 1900, in un ospedale di Zurigo, viene ricoverata Sabina Spierlein, una donna molto attraente ed anche molto sofferente a livello mentale. Forse da giovane ha subito molestie nell'ambito familiare che le hanno provocato disturbi della sfera sessuale. La paziente viene visitata dal dottor Jung che decide di sottoporla al protocollo di Sigmund Freud, suo maestro e mentore.
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La psicanalisi è una branca delle medicina che serve più al malato o al dottore? Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, due luminari di tale disciplina, più di un secolo fa, si sono posti il problema pensando a soluzioni diverse, ma nel contesto affascinante di una serrata e alta discussione, ovviamente straordinaria per l'epoca. Agli inizi del 1900, in un ospedale di Zurigo, viene ricoverata Sabina Spierlein, una donna molto attraente ed anche molto sofferente a livello mentale. Forse da giovane ha subito molestie nell'ambito familiare che le hanno provocato disturbi della sfera sessuale. La paziente viene visitata dal dottor Jung che decide di sottoporla al protocollo di Sigmund Freud, suo maestro e mentore. Da qui nasce e si sviluppa, con rara efficacia visiva, una vicenda cinematografica che mescola lo stetoscopio con l'eros, la fredda materia di Ippocrate con il caldo dei sentimenti umani. E' difficile per il medico dei matti scindere il suo ruolo clinico da quello dell'uomo che è fisicamente attratto verso l'altro sesso. Si possono leggere libri a volontà. Si può studiare la natura cercando microrganismi con la lente di ingrandimento. Si può guardare il cielo stellato in una sera d'estate e fantasticare sulla vita in altri mondi. Ma quando esplode interiormente una passione irrefrenabile, selvaggia e primigenia, cadono come foglie in autunno tutte le teorie scientifiche apprese nelle aule universitarie. L'amore è un mistero inesplorato. Il dottor Freud e il dottor Jung, consapevoli di questo, hanno tentato, con il loro pensiero, di trovare risposte razionali ad alcune domande che, da sempre, affliggono l'umanità. Sabina Spielrein, in quanto donna, si inserisce a meraviglia nella dialettica fra due medici visionari che hanno continuato a cercare la verità fino all'ultimo giorno della loro entusiasmante esistenza. Il film di David Cronenberg accende una tremula luce sulla via oscura che dovrebbe condurre ciascuno di noi verso il confine della conoscenza che separa l'essere dal non essere.
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prao.gio
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giovedì 6 ottobre 2011
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un cronenberg casto e incerto ricorda alan moore
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Con "A Dangerous Method", Cronenberg mette in atto su pellicola quello che è stato uno dei motivi più interessanti del fumetto di Alan Moore nei tardi anni ottanta: esasperare l'umanizzazione dell'eroe fino a renderla pura destrutturazione. Le vittime del regista canadese sono Freud (Viggo Mortensen, il migliore attore in campo) e Jung (Michael Fassbender), spogliati dell'alone mitico che ne nasconde l'aspetto umano e mostrati puramente come Personaggi, peraltro assolutamente fuori controllo e in balia di coloro che la stessa sceneggiatura definisce, giustamente, "catalizzatori": Sabina Spielrein (Keira Knightley) e Otto Gross (Vincent Cassel), entrambi famosi psicoanalisti.
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Con "A Dangerous Method", Cronenberg mette in atto su pellicola quello che è stato uno dei motivi più interessanti del fumetto di Alan Moore nei tardi anni ottanta: esasperare l'umanizzazione dell'eroe fino a renderla pura destrutturazione. Le vittime del regista canadese sono Freud (Viggo Mortensen, il migliore attore in campo) e Jung (Michael Fassbender), spogliati dell'alone mitico che ne nasconde l'aspetto umano e mostrati puramente come Personaggi, peraltro assolutamente fuori controllo e in balia di coloro che la stessa sceneggiatura definisce, giustamente, "catalizzatori": Sabina Spielrein (Keira Knightley) e Otto Gross (Vincent Cassel), entrambi famosi psicoanalisti. Il film procede con un ritmo incerto, ed è proprio un forte senso di incertezza quella che si prova uscendo dalla sala. Incerti, nel senso più stimolante del termine, rimangono i profili dei due giganti della psicoanalisi (Freud un ottuso ebreo e Jung un isterico sciamano). Incerta (si potrebbe dire timida) è però anche la regia di Cronenberg che, oltre a deliziare con le solite splendide sequenze, si mostra insolitamente ambiguo nel momento in cui non riesce a decidere quale personaggio mettere a fuoco (letteralmente) durante alcuni colloqui e inspiegabilmente contenuto nel mostrare scene di sesso di una castità, nel contesto, assurda, irrealistica e poco convincente. Incerta è poi la prova della Knightley, ottima se contenuta, ma davvero imbarazzante quando le viene detto di fare la pazza. L'aspetto più frustrante per lo spettatore rimane però un senso di mancato appagamento e inevitabile delusione, quasi come il difetto peggiore del film di Cronenberg sia quello di essere un film di Cronenberg, con le aspettative che ne conseguono. Elegante la sceneggiatura e ottima la colonna sonora.
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gioacchino64
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sabato 1 ottobre 2011
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amore e morte
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Il maestro Cronenberg entra con l'occhio della cinepresa all'interno dell'essenza umana e dell'ambivalenza di fondo che sottende l'esistenza, cioè l'indivisibile simmetria tra amore e morte, condivisione e individualità, caos ed ordine. Se vogliamo, ancora, tra femmina e maschio, tra padre e figlio e tra maestro ed allievo. La complessità di queste simmetrie, le innumerovoli sfaccettature della realtà così come noi la viviamo, la complessità del mondo intrapsichico e relazionale, viene tradotta in immagini, parole, impressioni e musica. Cosa si chiede al cinema? Di rivelare il nascosto, di parlare all'anima e di stupire.
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Il maestro Cronenberg entra con l'occhio della cinepresa all'interno dell'essenza umana e dell'ambivalenza di fondo che sottende l'esistenza, cioè l'indivisibile simmetria tra amore e morte, condivisione e individualità, caos ed ordine. Se vogliamo, ancora, tra femmina e maschio, tra padre e figlio e tra maestro ed allievo. La complessità di queste simmetrie, le innumerovoli sfaccettature della realtà così come noi la viviamo, la complessità del mondo intrapsichico e relazionale, viene tradotta in immagini, parole, impressioni e musica. Cosa si chiede al cinema? Di rivelare il nascosto, di parlare all'anima e di stupire. Sempre. E questo film, a mio avviso bellissimo e perfettamente compiuto, risponde a tutto ciò che un esteta del cinema chiede ad un film. Assolutamente da vedere. E rivedere. Perdutamente.
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sblob
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sabato 1 ottobre 2011
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psicanalisi e vita quotidiana
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Immagino che nessuno si aspetti videocassette con morti in diretta, leccate di cicatrici e guardoni di incidenti stradali visto che la storia è ambientata agli inizi del '900. Tracce di sangue, ma in quantità veramente irrisoria, sono rinvenibili soltanto a metà film a seguito di un amplesso. Eppure questo è Cronenberg. Sì, proprio lui ma in versione psicanalitica. Perciò so già che, come mi è successo con Videodrome, Crash, Spider, stanotte tornerà il solito sogno di me che salgo le scale di un vecchio e sporco e buio e malfamato edificio abitato da strani personaggi, perlopiù buttati lì sui pianerottoli con le gambe stese a intralciare il passaggio e poi toilette pubbliche olezzanti, un labirinto di orinatoi e cessi immersi in un'inquietante penombra e io che cerco qualcosa e mi chiedo se non sia anch'io parte di quella comunità di derelitti ai margini della società.
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Immagino che nessuno si aspetti videocassette con morti in diretta, leccate di cicatrici e guardoni di incidenti stradali visto che la storia è ambientata agli inizi del '900. Tracce di sangue, ma in quantità veramente irrisoria, sono rinvenibili soltanto a metà film a seguito di un amplesso. Eppure questo è Cronenberg. Sì, proprio lui ma in versione psicanalitica. Perciò so già che, come mi è successo con Videodrome, Crash, Spider, stanotte tornerà il solito sogno di me che salgo le scale di un vecchio e sporco e buio e malfamato edificio abitato da strani personaggi, perlopiù buttati lì sui pianerottoli con le gambe stese a intralciare il passaggio e poi toilette pubbliche olezzanti, un labirinto di orinatoi e cessi immersi in un'inquietante penombra e io che cerco qualcosa e mi chiedo se non sia anch'io parte di quella comunità di derelitti ai margini della società. Ma non divaghiamo.
Il film è bello, non c'è un'inquadratura di troppo, non una parola fuori posto, non un dilungamento, niente che possa far dire che manchi qualcosa. La vicenda che vede intrecciarsi, in un rapporto non solo diretto ma anche epistolare (lettere che si integrano alla perfezione con l'azione), le tre figure principali di Jung, Sabina e Freud si svolge con impeccabile fluidità. Chi non sa niente di storia della psicanalisi, di filosofia o di schizofrenia non avrà da temere perché la bravura di Cronenberg sta proprio nel rendere tutto molto chiaro ma soprattutto nel non voler fare una lezione universitaria per pochi addetti ai lavori (che di sicuro riscontreranno una serie di ovvietà) quanto piuttosto nel trasferire le sue tematiche da un ambito sanguinario a uno forse più umano, anche se si tratta pur sempre di una storia border-line.
La passione che lega il trentenne Carl Gustav Jung (il bello e bravo Michael Fassbender) e la schizofrenica Sabina Spielrein (la bella e qui cronenberghianamente espressiva nella scatenata estroflessione mandibolare, Keira Knightley), gli anni della frequentazione con il prof Freud, la ricerca, lo studio della mente che si intreccia alla vita, i turbamenti, le pulsioni irrefrenabili, il sesso come motivo scatenante che viene praticato e messo in discussione, le relazioni pericolose e l'incapacità di sottrarsi a qualcosa che può essere distruttivo. Se questo non è Cronenberg, ditemi allora cos'è.
Presenza lampo, ma decisiva nello sviluppo della trama, quella di un Vincent Cassel con barba che interpreta Otto Gross, psichiatra sessuo-tossicomane che, affidato da Freud all'analisi di Jung, sblocca il giovane studioso dando il via alla serie di incontri a suon di sculacciate con la paziente (poi ricercatrice in analogo ambito) Sabina.
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intothewild4ever
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lunedì 10 ottobre 2011
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non dangerous film...
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Film molto didascalico che narra gli inizi carriera di Jung, dei suoi rapporti con Freud e con la sua ex-paziente poi diventata anch'essa psicologa, grazie alle sue cure. Un Cronenberg stranamente diverso dal solito, ci presenta una storia scabrosa, narrata senza alcuna voglia di scandalizzare. Quel che ne esce fuori è un film scorrevole ma che non lascia il segno. Buona la prova di Viggo Mortensen, che interpreta benissimo Freud; sembra a tratti esagerata, invece, l'interpretazione della psicopatica da parte della Kinghtley, mentre è molto più convincente nella successiva parte di donna psicologicamente recuperata; il resto degli attori se la cava dignitosamente.
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Film molto didascalico che narra gli inizi carriera di Jung, dei suoi rapporti con Freud e con la sua ex-paziente poi diventata anch'essa psicologa, grazie alle sue cure. Un Cronenberg stranamente diverso dal solito, ci presenta una storia scabrosa, narrata senza alcuna voglia di scandalizzare. Quel che ne esce fuori è un film scorrevole ma che non lascia il segno. Buona la prova di Viggo Mortensen, che interpreta benissimo Freud; sembra a tratti esagerata, invece, l'interpretazione della psicopatica da parte della Kinghtley, mentre è molto più convincente nella successiva parte di donna psicologicamente recuperata; il resto degli attori se la cava dignitosamente.
Detto ciò, ci pare il miglior film in circolazione nelle sale al momento.
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[+] assolutamente da vedere ! un meritato 10 e lode
(di vittoria)
[ - ] assolutamente da vedere ! un meritato 10 e lode
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