Jules e Nic sono madri di due ragazzi concepiti attraverso inseminazione artificiale. Hanno dato ai figli dei nomi dannatamente cool, Joni e Laser, tenendoli totalmente all'oscuro sull'identità del loro effettivo genitore biologico. Non appena la maggiore, Joni, compie i diciott’anni, Laser le propone di contattare la banca del seme per scoprire finalmente chi sia il loro padre naturale. I due faranno allora la conoscenza di Paul, ragazzotto sulla trentina un po' alla buona ma tutt'altro che spiantato, che anni prima donò il suo seme per pochi dollari. Nonostante la sua vita sentimentalmente e sessualmente girovaga, Paul é innegabilmente alla ricerca di una stabilità e di un consolidamento che lo renda “adulto”, sotto il profilo familiare ed affettivo. Il legame coi suoi figli naturali, nato quasi per gioco, diverrà progressivamente più profondo, fino a scombussolare non poco gli equilibri emotivi del nucleo familiare che Jules e Nic alimentavano e gestivano con giocosa esuberanza e gaia leggerezza.
Sundance, Berlino, Roma, poi le nomination agli Oscar. La trafila de “I ragazzi stanno bene” da un festival all’altro, fino alle luccicanti statuette dorate, la dice lunga sul valore universale di un film produttivamente “indipendente” e socialmente preziosissimo. Lisa Cholodenko, autrice anche della sceneggiatura insieme a Stuart Blumberg, ritrae un curioso quadretto familiare evitando le ammiccanti pose di circostanza e i limitanti, restrittivi stereotipi di superficie. Anzi, la sua é una profondità emotiva scanzonata e irresistibile, una mano sicura dietro un intreccio familiare polifonico, spassionatamente al servizio della verosimiglianza e dell’aderenza dei suoi caratteri a realtà familiari e umane in continuo mutamento: le madri lesbiche interpretate con commovente bravura camaleontica dalle immense Annette Bening e Julianne Moore sono tra i personaggi gay più credibili e commoventi mai portati sullo schermo. Si trastullano col porno omosex, litigano, si punzecchiano, stanno accovacciate sul divano a discutere preoccupate dei figli che gli sfuggono e che adorano, incodizionatamente. Le sentiamo vicine perché sono tutt’altro che anticonvenzionali, il loro tentativo goffo e tenero di tenere in piedi una famiglia come se fosse un qualunque nido della middle class americana (quella delle villette a schiera tutte uguali e dei prati perfettamente curati, per intenderci) le rende umanamente tenerissime e quanto mai convenzionali nella loro disarmante sincerità e generosità. Come in molte famiglie (convenzionali), l’ingresso di un terzo incomodo è però causa di fragile instabilità e disunione, e importa poco se la new entry in questione non sia il collega di lavoro o il palestrato compagno di tennis ma il donatore di sperma dei loro figli: il Paul interpretato da un sorprendente Mark Ruffalo si inoltra nelle loro vita dalla porta sul retro, si tira a sé la loro/sua prole, si innamora di Jules (una Julianne Moore passionale e mascolina, strepitosa) e finisce quasi inconsapevolmente col “spodestare” dai vertici familiari la Nic di Annette Bening, capello corto puntuto e sguardo fiero, protettivo, occhialuto, corrucciato, da autentico pater familias (la sua interpretazione tira le corde dell’immedesimazione attoriale, e non si dimentica). Il “valore” della famiglia, quella tradizionale, quella vanamente strombazzata da molti politicanti e ciarlatani, è davvero destinata a trionfare, in barba a qualsiasi pomo della discordia?
“I ragazzi stanno bene” è un’opera toccante e poliedrica, umana e colorata, emotivamente diretta, il cui titolo ci restituisce il fine ultimo di una qualsiasi madre, lesbica o etero che sia. La Cholodenko sceglie ambientazioni familiari, assolate, quotidiane. Mescola risate e lacrime, brusche separazioni e abbracci corali che riempiono lo schermo. Laser guarda fuori dal finestrino, le sue madri si amano, sua sorella sta bene, i ragazzi stanno bene. Va tutto bene.
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francesca50
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giovedì 17 marzo 2011
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apparentemente tutto bene...
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Pur essendomi il film piaciuto l'apparente normalità che ostenta mi lascia perplessa. Mi domando se per i figli delle "mamm" sia veramente come appare nel film tutto così normale e senza traumi. Bisognerebbe bene verificare,perchè non ne sono affatto convinta che per i figli non sia un problema. Stiamo attenti prima di far passare per normale ciò che normale non è. E ve lo dice una che tutto sommato ha sempre accettato e rispettato uomini gay. Di lesbiche non ne ho conosciute, a parte una coppia di colleghe in casa di mia madre non dichiaratamente lesbo ma che si diceva che lo fossero e che noi invitavamo fregandone dei pregiudizi. Ripeto, sui "figli" stiamo attenti!E poi la situazione idilliaca che il film ostenta è nella middle class americana, non in ambienti poveri e ignoranti!
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(di misesjunior)
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bertold
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venerdì 9 marzo 2012
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commedia...............ma non troppo...
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Il film gioca col fuoco. Non una "normale" storia di vita familiare, con i suoi amori, problemi, tensioni, tradimenti............(già, perchè poi il termometro della situazione inizia e finisce a letto).La causa scatenante è la conoscenza del padre biologico dei due ragazzi, sentita e cercata dal più giovane dei due adolescenti ed attuata tramite la necessaria collaborazione della più grande, appena maggiorenne 8aspetto non secondario del problema della fecondazione eterologa). Quando poi la storia giunge al dunque, cioè al senso ed al ruolo del padre biologico (al di là delle passioni omo, etero o bisessuali) i protagonisti si defilano, la porta si chiude, il mondo intruso resta fuori di casa con l'intruso e la "normalità" si richiude in sè stessa.
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Il film gioca col fuoco. Non una "normale" storia di vita familiare, con i suoi amori, problemi, tensioni, tradimenti............(già, perchè poi il termometro della situazione inizia e finisce a letto).La causa scatenante è la conoscenza del padre biologico dei due ragazzi, sentita e cercata dal più giovane dei due adolescenti ed attuata tramite la necessaria collaborazione della più grande, appena maggiorenne 8aspetto non secondario del problema della fecondazione eterologa). Quando poi la storia giunge al dunque, cioè al senso ed al ruolo del padre biologico (al di là delle passioni omo, etero o bisessuali) i protagonisti si defilano, la porta si chiude, il mondo intruso resta fuori di casa con l'intruso e la "normalità" si richiude in sè stessa. Ed i bisogni che avevano spinto i ragazzi alla loro ricerca? Da supporre nelle origini, inespressi nella vicenda, volutamente assenti nelle conclusioni (il figlio letteralmente scompare).E quelli delle protagoniste? troppo stereotipo mascolino, ancorchè sempre chiamata "mamma", l'una; contraddittoria, vaga, incoerente l'altra (al più bisessuale, mai vista una lesbica tanto interessata ad un uomo sin dal primo incontro.................).Più che una commedia, una voluta provocazione proposta come paradigma di normalità e così la leggono queste recensioni. Che colga nel segno, cionsentitemi di dubitarne....
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sorella luna
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domenica 10 giugno 2012
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età
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Paul non è un ragazzotto sulla trentina...dice che ha donato lo sperma quando aveva 19 annibeh, se fai il conto, la figlia più grande ha 18 anniquindi 19 18 = 37siamo sulla quarantina allora!
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sorella luna
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domenica 10 giugno 2012
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età di paul
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Paul non è un ragazzotto sulla trentina...dice che ha donato lo sperma quando aveva 19 anni beh, se fai il conto, la figlia più grande ne ha 18 quindi 19 più 18 uguale 37... siamo sulla quarantina allora!
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