Secretary |
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Un film di Steven Shainberg.
Con Jeremy Davies, Maggie Gyllenhaal, James Spader, Ezra Buzzington
Commedia,
durata 104 min.
- USA 2002.
MYMONETRO
Secretary
valutazione media:
2,69
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Grottesco, black, sessualcompulsivo:Waters Echoesdi davidestanzioneFeedback: 22976 | altri commenti e recensioni di davidestanzione |
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domenica 8 agosto 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Disquisendo sui generis, è senza dubbio una commedia nera: plot originale (menzione peraltro riconosciutagli anche al Sundance, dove il presidente di giuria di turno John Waters ha tirato fuori dal cilindro un premio ad hoc per celebrare degnamente la strabordante originalità dello script peraltro di un'opera prima...), una regia, quella dell'esordiente Steven Shainberg, dalla (mica tanto) velata propensione allo sberleffo sessuofobico, personaggi macchiettasticamente caricaturali e sopra le righe, interpreti ispirati e con una dichiarata tensione alla spassosissima, stilizzata deriva surrealgrottesca: l'ottimo James Spader nel ruolo dell'avvocato anal addicted e una sorprendente, spiazzante Maggie Gyllenhaal, segretaria remissiva e propensa alla sottomissione nel ruolo che l'ha lanciata e in cui l'attrice ha forse toccato le sue personali vette, finore inusitate, di camaleonticamente ultraefficace vena recitativa. Il film, pur affrontando un tema psicanaliticamente traslabile (il bondage e affini...), non si addossa di fatto alcuna velleità anche solo lontanamente mirata a penetrare l'inconscio o a scandagliarlo e il tema (apparentemente centrale) della tendenza a farsi dominare selvaggiamente fino alla sottomissione (sessuale e non), più o meno riconducibile ad ataviche fratture del subconscio o a traumi di svariata natura, é trattetteggiato (??) tutt'al più con i toni burleschi di una commedia humoralmente incenerita, che fa il verso alle compulsioni contemporanee annacquando le proprie stesse, opportunamente artefatte ossessioni in un finale dolcemente mellifluo e antitetico rispetto al concept target generale del film. Un finale ammantato di iperindie e dunque anche dell'immancabilmente annesso, consueto "tarallucci&vino" conclusivo, che manda in barba tutto e tutti in un happy end pseudorisolutore e (manco a dirlo, falsamente) consolatorio, e pertanto ancor più ferocemente, sguaitamente sghignazzato. Gustoso, onestamente posticcio, sessualiberatorio, very very black.
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