L’Odissea di Scamarcio
di Lietta Tornabuoni L'Espresso
A settantasei anni, Costa-Gavras è un po' come il Partito democratico: non sa cosa fare. Capita a molti registi europei della vecchia sinistra: il cinema di denuncia politico-sociale, che per tanto tempo ha nutrito la loro opera, sembra logorato e impraticabile (come si può additare un tavolo che zoppica quando c'è il terremoto?), di cinema intimista sono poco esperti. Allora raccontano del passato ("Katyn" di Wajda, "Concorrenza sleale" di Scola, "Hotel Meina" di Lizzani), o non lavorano più, oppure affrontano malamente filosofie dell'età avanzata che somigliano troppo a banalità da treno. Gli ultimi film di Costa-Gavras parlano di comunicazione o d'un serial killer di manager; "Verso l'Eden" è più ragionevole, narra di un fenomeno del tutto contemporaneo, la migrazione, e un migrante che è Riccardo Scamarcio. Scamarcio risulta un ragazzo greco riccioluto.
Come nell’”Odissea", il suo viaggio comincia sul mare Egeo: sulla stesso mare, sotto lo stesso cielo e sole che videro la nascita della civiltà. Dopo molte avventure e disavventure, scalate al paradiso e discese all'inferno, l'epopea del ragazzo finisce magicamente a Parigi, la città sempre immaginata dagli erranti nei loro sogni più arditi. Non è la storia di Ulisse né la mia, dice il regista greco che da oltre mezzo secolo vive e lavora a Parigi: «Ma mi riconosco nel protagonista Elia, straniero che non mi è estranea… Riconosco qualcosa di me e dei miei occhi nello sguardo altrui posato su di lui». Ricco di notazioni autobiografico-culturali ed estetiche più che realistiche, "Verso l'Eden", dice ancora Costa: «Racconta la storia di quelli che come noi o come i genitori prima di noi, hanno percorso il mondo in tutte le direzioni, superato gli oceani egli uomini in divisa, alla ricerca di un tetto».
Forse non è esattamente così, ma il film è un aiuto umano e intelligente per capire nel profondò il movimento mondiale delle migrazioni.
Da L’Espresso, 6 marzo 2009
di Lietta Tornabuoni, 6 marzo 2009