Hunger |
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Un film di Steve McQueen (II).
Con Michael Fassbender, Liam Cunningham, Stuart Graham, Brian Milligan, Liam McMahon.
continua»
Drammatico,
durata 96 min.
- Gran Bretagna, Irlanda 2008.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 27 aprile 2012.
MYMONETRO
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Ovvero della risignificazione del corpo
di marica romoliniFeedback: 1046 | altri commenti e recensioni di marica romolini |
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domenica 13 maggio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Irlanda del Nord. Con straniante effetto di controcampo per chi provenga dalla lunga soggettiva intimista di Iron Lady, la voce della Tatcher annuncia alla radio l'abolizione dello status di prigioniero politico per i detenuti dell'IRA. È l'inizio di una serie di proteste - la 'blanket protest', la 'dirty protest' e due scioperi della fame - che porta alla morte, tra le altre, del giovane leader Bobby Sands. Il suo corpo martoriato (eccezionale Fassbender) diventa il vero e proprio protagonista del film, che fa di un iperrealismo tanto caricato nelle immagini quanto sobrio nelle parole il suo punto di forza. Con un'unica finestra marcatamente dialogica, comprensiva di apologo recuperato da un'infanzia quasi mitica, al centro di una narrazione di ricercatissima fotografia. Marcata, perché McQueen non permette che alcunché rilassi il filo teso da inizio a fine (ad effetto battito cardiaco costantemente alterato), per cui anche quando sceglie di lasciare spazio alla parola, tira l'elastico al massimo, stremando un piano sequenza al limite della tollerabilità; dialogica in tutti i sensi, perché il punto di vista torna a pluralizzarsi, sottraendosi al pericolo di un troppo empatico manicheismo. Abilissimo, a questo proposito, il ribaltamento di prospettiva dopo i primi minuti di film, durante i quali l'ancora ignaro spettatore è indotto a partecipare delle sorti del 'carnefice'. Il raccordo sulla mano gonfia del poliziotto che svela il gioco è un vero colpo da maestro: benché studiatissimo, non pecca né di gratuità autocompiaciuta né di funzione sorpresa risolutiva a cui demandare lo spessore della pellicola. Ma si diceva dell'iperrealismo dell'elemento fisico, così disturbantemente esibito nel degrado fisiologico e nell'agonia da trascendere sé stesso e acquisire un senso ulteriore. L'uso/abuso del corpo, in questa poetica di eccesso di visione della violenza, crea il messaggio. Introiettando e in qualche modo riproponendo il principio su cui si basa lo sciopero della fame del protagonista. L'esordio alla regia di McQueen, apparso solo ora nelle sale italiane, segna insomma un interessantissimo ritorno alla potenza significante del primum biologico, oltre ma non senza la piena consapevolezza delle più sofisticate costruzioni linguistiche e del percorso cerebro-intellettuale di molto cinema contemporaneo. Con quattro anni di ritardo, assolutamente imperdibile.
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