gibigi
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mercoledì 30 dicembre 2009
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una buona lacrima
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A volte mi domando se i critici i film li vedono o lavorano solo sui trailer. Troppo spesso vedo stroncati dei buoni film come questo (perchè due stelle?) ed esaltati film assolutamente inguardabili (come "A serious man", due ore di sonno perdute!).
Questo è un film strappalacrime, nel senso letterale del termine, la commozione è inevitabile come l'apprezzamento per la buona confezione e la delicata interpretazione di tutti i protagonisti sui quali emergono i cani nelle diverse età!
Lo consiglio vivamente a tutti coloro che non amano gli animali assicurandogli che i cani sono spesso così, ma non solo perchè il film è ispirato da una storia vera, ma perchè queste storie avvengono quotidianamente!
Ho passato due ore piacevoli ed alla fine gli occhi erano lucidi.
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gropius
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domenica 3 gennaio 2010
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chi è veramente l'animale tra l'uomo e il cane?
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Hachiko è un film che possiede un unico tema quale filo conduttore:il rapporto indissolubile di amore e di lealtà tra un cane ed il suo padrone.Remake di un precedente film giapponese(hachiko monogatari 1987)il film ben diretto dalla sapiente regia di Lasse Hallström seguendo uno stile melodrammatico non perde mai il proprio ritmo,nonostante la sua semplicità;anzi attraverso essa è possibile focalizzarsi sulla relazione tra cane e uomo,sul profondo valore di lealtà intrinseco nei cani ed invece molto spesso assente nelle persone umane.Un rapporto puro che non si traduce in una comune transazione tra individui col fine di agire positivamente nei confronti di un soggetto per poterne trarre in cambio un vantaggio;ma che invece trova le proprie radici nell'amore incondizionato in cui persino il cane non agisce allo scopo di compiacere il padrone("gli Akita non riportano al padrone la palla che gli viene lanciata")ma in conseguenza di una spontanea e leale voglia di dimostrare ciò ke si prova nei confronti della persona amata come una sorta di devozione.
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Hachiko è un film che possiede un unico tema quale filo conduttore:il rapporto indissolubile di amore e di lealtà tra un cane ed il suo padrone.Remake di un precedente film giapponese(hachiko monogatari 1987)il film ben diretto dalla sapiente regia di Lasse Hallström seguendo uno stile melodrammatico non perde mai il proprio ritmo,nonostante la sua semplicità;anzi attraverso essa è possibile focalizzarsi sulla relazione tra cane e uomo,sul profondo valore di lealtà intrinseco nei cani ed invece molto spesso assente nelle persone umane.Un rapporto puro che non si traduce in una comune transazione tra individui col fine di agire positivamente nei confronti di un soggetto per poterne trarre in cambio un vantaggio;ma che invece trova le proprie radici nell'amore incondizionato in cui persino il cane non agisce allo scopo di compiacere il padrone("gli Akita non riportano al padrone la palla che gli viene lanciata")ma in conseguenza di una spontanea e leale voglia di dimostrare ciò ke si prova nei confronti della persona amata come una sorta di devozione.Un'attenta regia(lo scorrere delle stagioni rappresentato del mutare imperterrito della colorazione delle foglie degli alberi ,un'indicata colonna sonora,(pianoforte)ed accurati primi piani che regalano alla profonda espressività del cane la giusta carica emotiva,rende questo film melodrammatico un'opera dai connotati poetici a volte astratti,quasi fiabeschi;riuscendo a commuovere lo spettatore non attraverso forzature mielose volutamente imposte dal regista ma attraverso una spontanea capacità che qualsiasi spettatore dotato di media sensibilità è in grado di riconoscere a ad esaltare, nell'atto di estrema devozione che il cane compie nel tornare ogni giorno alla stazione ad aspettare invano il proprio padrone.Film consigliato per la promozione della sensibilizzazione nei confronti della violenza sugli animali.
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alespiri
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sabato 9 gennaio 2010
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hachi: lui prima di tutti.
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Buoni sentimenti, lacrime per questo film di Hallstrom, indimenticato regista di Chocolat. L'atmosfera è quasi irreale in un posto cosi' freddo dove tutto scorre sempre troppo uguale, tanto da ricordare "The Truman Show" (altro pianeta..). I personaggi non invecchiano, ma il tempo passa. Inverni gelidi di neve, primavere appena accennate.
Un ordinariamente amorevole Richard Gere lascia volontariamente la scena a lui, che ruba le nostre lacrime fino a strizzarci il cuore: Hachi. Il dolore che traspare dai suoi occhi è immenso e meriterebbe un Oscar canino. Hachi proviene da lontano e giunge per caso tra le braccia di Parker (Gere), un pò artista un pò poeta.
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Buoni sentimenti, lacrime per questo film di Hallstrom, indimenticato regista di Chocolat. L'atmosfera è quasi irreale in un posto cosi' freddo dove tutto scorre sempre troppo uguale, tanto da ricordare "The Truman Show" (altro pianeta..). I personaggi non invecchiano, ma il tempo passa. Inverni gelidi di neve, primavere appena accennate.
Un ordinariamente amorevole Richard Gere lascia volontariamente la scena a lui, che ruba le nostre lacrime fino a strizzarci il cuore: Hachi. Il dolore che traspare dai suoi occhi è immenso e meriterebbe un Oscar canino. Hachi proviene da lontano e giunge per caso tra le braccia di Parker (Gere), un pò artista un pò poeta. Giunto a casa, il cucciolo, non viene ben accolto dalla amata moglie, tutta sorrisi e languide carezze, forse, traumatizzata dalla perdita di un altro cane di cui rimane qualche giocattolo. Ma Hachi non è un cane comune e riuscirà a conquistare tutta la famiglia ed i nostri cuori. Esempio di fedeltà, il film ci racconta una storia vera accaduta in Giappone. Un cane di razza Hakita dal 1923 al 1936 accompagnò alla stazione e aspettò il rientro dal lavoro del suo padrone, anche dopo la sua morte, per anni. Oggi un monumento in quel posto ricorda il suo amore, impossibile da eguagliare per un essere umano...anche se in quel posto, oggi meta di pellegrinaggio, giungono coppie da tutto il paese per giurarsi "amore eterno".
Hachi, alla fine dei suoi giorni, sempre uguali, sostenuto da un gruppo di amici umani che tentano invano di alleviare il suo dolore, in sogno, reincontrerà il suo Parker che lo abbraccerà nel sonno liberatorio della morte.
Nel film colpisce la fotografia ed il mondo in "bianco e nero" visto da Hachi (si, perchè è vero, i nostri amici cani non ci vedono a colori...) e la scena in cui la figlia del protagonista, trasferitasi dopo la morte del padre altrove, invano tenta di trattenere l'animale con se con tutto l'amore che può , ma poi lo lascia andare... perchè in fondo il più bel regalo che si possa fare a chi si ama è quello di donargli la libertà. Hachi sapeva quello che voleva fare e va via, corre verso la stazione. E li rimane per sempre.
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dogen
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martedì 5 gennaio 2010
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una storia da raccontare
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Vorrei trattare questo film in modo particolare.
È è il caso in cui si ha una storia realmente straordinaria da raccontare (oltre che vera), un messaggio di profondità e valore universali e bisogna, per forza, trovare un modo di raccontarla.
La storia è quella di un uomo e di un cane, che per circostanze fortuite (?) si sono incontrati, per due anni hanno vissuto una relazione profonda. Poi l’uomo è morto, e il cane ha aspettato che tornasse, davanti alla stazione dove arrivava il treno con il quale l’uomo, tutti i giorni, tornava dal lavoro, per nove anni. Nove anni, soltanto perché poi la morte è sopraggiunta anche per il cane. Altrimenti sarebbero potuti esse cento, mille, gli anni.
Se parliamo del film, diciamo che riesce ad essere appena sufficiente per la storia che vuole raccontare.
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Vorrei trattare questo film in modo particolare.
È è il caso in cui si ha una storia realmente straordinaria da raccontare (oltre che vera), un messaggio di profondità e valore universali e bisogna, per forza, trovare un modo di raccontarla.
La storia è quella di un uomo e di un cane, che per circostanze fortuite (?) si sono incontrati, per due anni hanno vissuto una relazione profonda. Poi l’uomo è morto, e il cane ha aspettato che tornasse, davanti alla stazione dove arrivava il treno con il quale l’uomo, tutti i giorni, tornava dal lavoro, per nove anni. Nove anni, soltanto perché poi la morte è sopraggiunta anche per il cane. Altrimenti sarebbero potuti esse cento, mille, gli anni.
Se parliamo del film, diciamo che riesce ad essere appena sufficiente per la storia che vuole raccontare. La storia è breve e gli mespedienti con cui si cerca di rendere interessante il film, per un’ora e mezza, sono sostanzialmente miseri. I rapporti tra i protagonisti (umani) sono dipinti in modo superficiale, senza ombra di realismo. In gran parte costituiti da frasi fatte. Marito e moglie, qui, parlano solo per dirsi dolcezze e i dialoghi sembrano prestati dalla pubblicità del mulino bianco. I personaggi di contorno non regalano emozioni se non ambigue e comunque nessuno rimane simpatico.
L’uomo e il cane invece si avvicinano lentamente, hanno bisogno l’uno dell’altro, fino a che moglie e animale quasi si sentano minacciati reciprocamente nell’affetto dell’uomo. Ma anche qui le dinamiche sono più necessarie per dar vita alla storia che sensate di per se stesse.
Un altro discorso va fatto per l’epilogo, che a suon di pianoforte e violino, fa di tutto per rendere struggente ciò che di per sé è straziante. E ci riesce. Alla fine la vera storia emerge. Il testardo cane hachiko torna alla stazione ogni giorno, puntuale, al suo posto, estate e inverno, e osserva la folla, intento a scorgere il suo prescelto. Tutti si affezionano alla pura presenza e la rispettano in modo ossequioso, fino a quando anche la moglie del defunto, tornata al suo paese dopo anni, scopre, scorgendo l’ormai canuto cane, che forse, al mondo, c’è qualcuno che amava quell’uomo più di lei, e gli chiede umilmente di poter attendere con lui il prossimo treno in arrivo.
Se parliamo della storia, è avvenuta in Giappone, iniziata nel 1924. Nel 1926 l’uomo morì e fino al 1935 il cane fu lì ad attenderlo. Ora in quella stazione vi è una statua che raffigura Hachiko, in posizione fiera, di fronte all’uscita della stazione. Come per ammonire tutti i "passanti" che potremmo, se vogliamo, essere infinitamente migliori di quello siamo.
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veronica.peragine
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martedì 16 febbraio 2010
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hachiko, una prova di fedeltà assoluta
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Il professor Parker Wilson (Richard Gere) è un uomo onesto e pacato, la sua vita scorre silenziosamente nell'intimità della vita famigliare finché un giorno, giungendo come sempre alla stazione alle cinque in punto, incappa per caso in un cucciolo lasciato sulla banchina da un fattorino distratto.
Hachiko (questo è il nome scritto sulla medaglietta) e Parker si scelgono l'uno con l'altro tanto che quest'ultimo vincerà anche le resistenze della moglie e riuscirà a tenerlo con sé.
Da quel momento il legame tra cane e padrone diventa sempre più stretto ed intenso; ogni giorno, Hachi accompagna Parker alla stazione e "va a riprenderlo", sedendosi su un muretto proprio di fronte all'ingresso della stazione, con una puntualità stupefacente.
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Il professor Parker Wilson (Richard Gere) è un uomo onesto e pacato, la sua vita scorre silenziosamente nell'intimità della vita famigliare finché un giorno, giungendo come sempre alla stazione alle cinque in punto, incappa per caso in un cucciolo lasciato sulla banchina da un fattorino distratto.
Hachiko (questo è il nome scritto sulla medaglietta) e Parker si scelgono l'uno con l'altro tanto che quest'ultimo vincerà anche le resistenze della moglie e riuscirà a tenerlo con sé.
Da quel momento il legame tra cane e padrone diventa sempre più stretto ed intenso; ogni giorno, Hachi accompagna Parker alla stazione e "va a riprenderlo", sedendosi su un muretto proprio di fronte all'ingresso della stazione, con una puntualità stupefacente.
Purtroppo il destino li separerà...
Posso dire solo una cosa: mai un film mi aveva commosso così tanto! La regia di Lasse Hallstrom rende la storia ovattata, quasi la protegge, come fosse una favola di un tempo lontano; in realtà è una storia davvero accaduta negli anni '20 in Giappone. Ancora mentre scrivo queste righe mi commuovo pensando alla fedeltà del cane, che sempre aspetta il suo padrone, tutti i giorni, per anni, fino alla fine.
E' un film che piace a chi ama gli animali, e può far riflettere chi non li tiene assolutamente in conto.
Quattro stelle piene per la bella storia, per la bravura degli attori e l'incredibile capacità di Hachi di trasmettere forti emozioni. Unica nota dolente: forse un po' di lentezza nel finale.
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mary22
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lunedì 4 gennaio 2010
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altro remake
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Dopo Brothers, da un film danese, ecco il remake di un film giapponese del 1987, molto più genuino e bello, perchè ricco di un contesto, anche se la triste storia di Hachiko nè è al centro. Il regista Hallstrom sfronda, mettendo in primo piano Gere e il cane, naturalmente;costruendo intorno a loro una cornice e copiando bellamente la scena del sogno che il cane fa prima di morire. Insomma una fiaba che richiama la vera vicenda: questo il merito del film. Forse un topos sempreverde ed emblematico del legame cane e padrone. Troppo leccato per i miei gusti e troppo poco articolato, per una storia che meritava di più.Ma andando all'osso, va bene così: avremmo pianto...di più e troppo, ma anche pensato.
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wooghy
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domenica 30 dicembre 2012
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un film commovente, basato su una str
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3 stelle emmezzo in realtà. Cane e un uomo il cui rapporto speciale viene meno alla morte del padrone. Film fatto di sentimento, lacrime, gioia, e se pur non supportato da una vera e propria storia (il film è infatti privo di scheletro ma composto solo dall'ncontro tra i due, Hachi' che crescendo va a trovare il padrone alla stazione e morte dell'uomo, che comporta una serie di cambiamenti ma che il cane costantemente evita per tornare alla stazione del treno, per aspettarlo.) il tutto viene però esposto magistralmente giocando sulla sensibilità dello spettatore che da solo crea una vita tra Parker ed Hachiko, in sè sufficente per supportare appunto questa mancanza.
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3 stelle emmezzo in realtà. Cane e un uomo il cui rapporto speciale viene meno alla morte del padrone. Film fatto di sentimento, lacrime, gioia, e se pur non supportato da una vera e propria storia (il film è infatti privo di scheletro ma composto solo dall'ncontro tra i due, Hachi' che crescendo va a trovare il padrone alla stazione e morte dell'uomo, che comporta una serie di cambiamenti ma che il cane costantemente evita per tornare alla stazione del treno, per aspettarlo.) il tutto viene però esposto magistralmente giocando sulla sensibilità dello spettatore che da solo crea una vita tra Parker ed Hachiko, in sè sufficente per supportare appunto questa mancanza.
Il film dunque merita pienamente il voto di 3 stelle emmezzo, per la bravura di attori e regista che incamerano nella vicenda talmente tante emozione da attribuire voti solo per questo; Un film deve infatti trasmettere sentimento oltre che presentare un buon "prodotto" generale.
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luigi chierico
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venerdì 2 maggio 2014
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sorprendente ma vero
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Non ho mai potuto avere un cane,così l’ho sempre portato nel mio cuore e nei miei pensieri.E’rimasto libero di andare,di correre,di scegliersi il cibo,di vivere all’aperto e di abbaiare, di cercarsi una compagna,di avere i suoi cuccioli.Vedendo e rivedendo questo commuovente film l’ho accompagnato al fianco di Hachiko e così ora è andato via con lui;sì,non ho voluto che il protagonista eccezionale di questo racconto rimanesse solo ed infreddolito nella notte di Natale sotto la neve,invecchiato,stanco,ma ancora in attesa del suo amico.
La vicenda del film,questa volta,la si può raccontare perché accresce il desiderio di andarlo a vedere.Un cucciolo,durante il periodo di Natale,viene casualmente perso in una stazione.
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Non ho mai potuto avere un cane,così l’ho sempre portato nel mio cuore e nei miei pensieri.E’rimasto libero di andare,di correre,di scegliersi il cibo,di vivere all’aperto e di abbaiare, di cercarsi una compagna,di avere i suoi cuccioli.Vedendo e rivedendo questo commuovente film l’ho accompagnato al fianco di Hachiko e così ora è andato via con lui;sì,non ho voluto che il protagonista eccezionale di questo racconto rimanesse solo ed infreddolito nella notte di Natale sotto la neve,invecchiato,stanco,ma ancora in attesa del suo amico.
La vicenda del film,questa volta,la si può raccontare perché accresce il desiderio di andarlo a vedere.Un cucciolo,durante il periodo di Natale,viene casualmente perso in una stazione.Cerca un padrone per amico e incontra il prof. Wilson Parker.Non è forse il cane il miglior amico dell’uomo? Ed in questa storia vera è il cane che cerca un amico a cui restare fedele per tutta la vita; ma la vita,purtroppo,serba sempre terribili sorprese.Il cucciolo,di razza Akita,divenuto un magnifico cane,diventa il vero,unico ed incontrastato protagonista-interprete di questa deliziosa vicenda che ha di umano.Segue passo per passo il prof. Parker che ogni mattina, alla stessa ora, deve prendere un treno; lo attende al suo ritorno, al puntuale arrivo del treno che lo riporta a sé ed a casa.Gli obbedisce in tutto, ma non è capace di recuperare la palla da golf,infatti non prende ordini,ma fa solo ciò che sente in sé di dover fare.Hachi,quindi,lo farà solo quando sarà importante.Allorché spontaneamente getterà la palla, per riportarla al suo amico, sarà per inviargli un messaggio che però Wilson non potrà raccogliere.Non tornerà più.Quale donna o uomo è stato mai così paziente,tenace da attendere fedelmente sino alla morte il proprio uomo o la propria donna? Qualcuno ha detto“Se proprio non sai com’è un angelo,pensa al tuo cane”.Aspetterà alla stazione giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, anno dopo anno, che il suo padrone torni come sempre alle 17.L’attesa è lunga e logorante, dopo 10 anni riconoscerà la sig.ra Parker,venuta per Natale a visitare la tomba di suo marito.Ancora Natale! Hachi è sempre lì nella piazza della stazione ad attendere Wilson quando i suoi occhi,che vedono in bianco e nero,improvvisamente gli fanno vedere il mondo a colori:ricorda il passato quando giocava con Wilson? no:è il miracolo;Wilson è tornato dall’alndi là per portarselo via tra gli angeli e riprendere a giocare e ad abbracciarsi col suo fedele Hachi.Anche lo scrittore Axel Munthe,nel bellissimo libro autobiografico“La stroria di San Michele”,prima di morire saluta il suo cane Wolf,che invece lo segue in Paradiso, dove verrà processato per aver preteso che entrasse anche il suo cane, ma là c’è anche San Francesco con il lupo di Gubbio! Anche se ancora non credi che un cane,che tante volte ha salvato la vita a qualcuno,sia un angelo custode,tuttavia non lo abbandonare crudelmente al suo destino dopo aver condiviso con lui una parte della tua vita.Per il film un encomio al regista Lasse Hallström,a Richard Gere perché hanno saputo offrire al pubblico di qualsiasi età qualcosa di veramente dolce, tenero che va diretto al cuore. Non si commuoverà solo chi possiede un cane,ma chiunque ne apprezzi la fedeltà e l’amicizia, tanto che lo si rivede sempre volentieri,sebbene se ne conosca la storia.Al fedelissimo Hachiko,nella stazione di Shibuya in Giappone è stato eretto un monumento a ricordo.Quanto abbiamo da imparare!chibar22@libero.it
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great steven
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venerdì 16 gennaio 2015
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tratto da un evento vero, suggestivo e commovente.
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HACHIKO – IL TUO MIGLIORE AMICO (USA, 2009) diretto da LASSE HALLSTROM. Interpretato da RICHARD GERE, JOAN ALLEN, CARY-HIROYUKI TAGAWA, SARAH ROEMER, JASON ALEXANDER, ERICK AVARI, DAVENIA MCFADDEN, ROBBIE SUBLETT
Un facchino sbadato, proveniente dall’Estremo Oriente, perde in una stazione statunitense una cesta nella quale è contenuto un cucciolo di akita, razza canina giapponese che ha servito spesso i nipponici durante le battaglie dei secoli passati. Il piccolo è ritrovato da Parker, un professore di musica ispirato, sposato e con una figlia adulta, che lo porta a casa e convince la famiglia recalcitrante ad adottarlo, benché l’intenzione iniziale dell’insegnante sia quella di scoprire al più presto l’identità del suo padrone.
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HACHIKO – IL TUO MIGLIORE AMICO (USA, 2009) diretto da LASSE HALLSTROM. Interpretato da RICHARD GERE, JOAN ALLEN, CARY-HIROYUKI TAGAWA, SARAH ROEMER, JASON ALEXANDER, ERICK AVARI, DAVENIA MCFADDEN, ROBBIE SUBLETT
Un facchino sbadato, proveniente dall’Estremo Oriente, perde in una stazione statunitense una cesta nella quale è contenuto un cucciolo di akita, razza canina giapponese che ha servito spesso i nipponici durante le battaglie dei secoli passati. Il piccolo è ritrovato da Parker, un professore di musica ispirato, sposato e con una figlia adulta, che lo porta a casa e convince la famiglia recalcitrante ad adottarlo, benché l’intenzione iniziale dell’insegnante sia quella di scoprire al più presto l’identità del suo padrone. Hachi (così viene battezzato il cane) diventa il compagno di vita più assiduo e fedele di Parker, tanto che ogni mattina accompagna il padrone alla stazione ferroviaria e aspetta tutti i pomeriggi il suo rientro per tornare insieme a casa. Passa un biennio e Parker, inaspettatamente e all’improvviso, ha un attacco cardiaco che gli risulta fatale. Ma neanche la morte del padrone potrà interrompere quello straordinario legame di profonda amicizia creato fra l’uomo e il cane, tant’è vero che Hachi continuerà, per altri dieci anni, ad appostarsi fuori dalla stazione per attendere il ritorno dell’amatissimo padrone. Strappalacrime e spezzacuori, tutto raccontato dalla parte del cane. Il che non impedisce di ammirare la bravura priva di perfidia e ricchissima di buonsenso di Gere (anche produttore esecutivo), che gioca il ruolo di protagonista con affabilità, delicatezza e innata pacatezza, apparendo simpatico fin dalla prima impressione e proseguendo con la sua galleria multiforme di personaggi, quasi tutti positivi e benvoluti. Brava pure J. Allen nel recitare la parte della moglie, che non smetterà mai di adorare il marito anche dopo la sua prematura scomparsa. Sebbene la storia sia in effetti molto più adatta alla cultura e alla mentalità giapponesi (e la vicenda raccontata nel film è ispirata ad un fatto realmente accaduto in Giappone fra gli anni 1920 e 1930, e Hachi è veramente esistito, come testimoniano le fotografie inserite nel finale), questa pellicola riesce comunque a commuovere senza ricattare il cuore degli spettatori e conquistandosi il loro appoggio con una tensione drammatica che non tende troppo la corda e che si sa esprimere a tratti con profondo senso del tragico e a tratti con incontenibile malinconia. La nostalgia mostrata dal protagonista animale dimostra un’infinita empatia nella quale il pubblico sa sicuramente riconoscersi: a chi, infatti, non è mai capitato di perdere un amico importante a cui si era affezionati e ricordarlo anche oltre la sua morte, o sperare addirittura di rincontrarlo nell’illusione che resusciti? L. Hallström, germanico di nascita, è un maestro del cinema drammatico, e sa coniugare un pathos stupefacente con una tenerezza splendida e un candore tutt’altro che ingenuo in modo pragmatico e perfettamente credibile, senza dover ricorrere a forzature ideologiche o agganci inappropriati. La sua regia, per quanto riguarda questa piccola perla che non va assolutamente trascurata né snobbata, affronta la questione dell’amicizia fra un essere umano e un animale domestico fra i più intelligenti con la convinzione testarda ma pur sempre adeguata di diffondere un messaggio contro la facile dimenticanza e a favore della tolleranza verso gli amici a quattro zampe, facendo intendere attraverso le righe che un rapporto con un individuo che si esprime diversamente da noi ha il medesimo valore di una relazione amorosa o di un legame amichevole che durano finché si campa.
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graisano
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mercoledì 10 settembre 2014
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bentornato r. gere, dopo essere stato a grado.
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Un film questo che ha raccolto adesioni di pubblico e non di critica. Lacrimevole? "Cane e padrone" e' un racconto del grande Thomas Mann, ricordiamolo. La storia del cane Hachiko scorre non patetica, come un poemetto sulla fedelta' dell'animale all'uomo. L'attore Gere e' reduce, si vede, dall'aver impersonato il ballerino di "Shall we dance", anche qui professore di musica.Noi a Grado l'abbiamo ospitato. Scrive Lorenzetto in CUOR DI VENETO (Marsilio ed. 2010): "Davanti al suo focolare/di W. Gaddi/hanno sostato, e continuano a sostare, un po' tutti...Attori, Richard Gere". Di recente l'attore e' stato premiato in Italia a Giffoni in Sicilia.
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