Azione,
durata 105 min.
- USA 2008.
- Universal Pictures
uscita venerdì 28novembre 2008.
MYMONETRODeath Race
valutazione media:
3,24
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Bello e nostalgico,questo primo lavoro di Cimabue come regista.E' un tuffo negli anni 70,quelli delle radio libere,dei movimenti studenteschi,purtroppo anche degli sballi facili.Simpatico cammeo di Guccini,bella prova di Occorsi.Un bel ritratto di una generazione che voleva cambiare il mondo,ma che invece ne è stata travolta.Per un dilettante della regia,bisogna riconoscere che ha fatto veramente un buon esordio,
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Bel film tra azione tanta e fantascienza,è uno spettacolo per gli occhi.La trama insignificante è solo un pretesto per consentire agli spettatori di seguire avvincenti e panoramici inseguimenti,all'insegna dell'adrenalina.
Da vedere
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Probabilmente questo"Death Race"di Paul W.S.Anderson, che è una sorta di sintesi tra"Rollerball", "Escape from N.Y", "Fast and Furious", di culmine distopico delle teorie situazioniste(Vaneighem, Debord, inter ceteros), del meglio del cyberpunk, è la realizzazione migliore dell'ideale dromologico(Virilio, artista prima che pensatore, essendo architetto)nel cinema: al di là di questo è fruibile anche meramente a livello stilistico(ma buffonianamente"c'est l'homme", include in sè i significati e i referenti, lo stile, appunto), per il ritmo "infernale", adrenalinico /lisergico, continuamente franto/spezzato ma pur capace di ricondursi nella complessiva unità filmica, per l'uso della musica(con l'inserzione di un bellissimo brano rap, tra l'altro), dove regia e montaggio confluiscono, in una produzione di senso/nonsense più che apprezzabile(dove è riconoscibilissima la traccia di Roger Corman, sempre maestro di cerimonie"), attraverso dissolvenze in nero, riconduzioni agli"atti"della vicenda/fasi della gara,tramite apposite didascalie, dove la fruizione spettacolare in un megacarcere diviene altro, rimanda a un mondo completamente mediatizzato-"dittatorialmente aperto" (l'ossimoro è quasi certamente più apparente che reale) , dove sembra di rivivere i fasti-nefasti apocalitticamente profetici di David Cronenber, anzi del miglior Cronenberg, quello di"Videodrome".
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Probabilmente questo"Death Race"di Paul W.S.Anderson, che è una sorta di sintesi tra"Rollerball", "Escape from N.Y", "Fast and Furious", di culmine distopico delle teorie situazioniste(Vaneighem, Debord, inter ceteros), del meglio del cyberpunk, è la realizzazione migliore dell'ideale dromologico(Virilio, artista prima che pensatore, essendo architetto)nel cinema: al di là di questo è fruibile anche meramente a livello stilistico(ma buffonianamente"c'est l'homme", include in sè i significati e i referenti, lo stile, appunto), per il ritmo "infernale", adrenalinico /lisergico, continuamente franto/spezzato ma pur capace di ricondursi nella complessiva unità filmica, per l'uso della musica(con l'inserzione di un bellissimo brano rap, tra l'altro), dove regia e montaggio confluiscono, in una produzione di senso/nonsense più che apprezzabile(dove è riconoscibilissima la traccia di Roger Corman, sempre maestro di cerimonie"), attraverso dissolvenze in nero, riconduzioni agli"atti"della vicenda/fasi della gara,tramite apposite didascalie, dove la fruizione spettacolare in un megacarcere diviene altro, rimanda a un mondo completamente mediatizzato-"dittatorialmente aperto" (l'ossimoro è quasi certamente più apparente che reale) , dove sembra di rivivere i fasti-nefasti apocalitticamente profetici di David Cronenber, anzi del miglior Cronenberg, quello di"Videodrome". In un film che concede poco al divismo, Jason Statham e Natalie Martinez sono più che convincenti, come la"supercattiva"(la marca manichea non manca mai, assolutamente)Joan Allen, non solo mere"funzioni"dell'opera filmica. Il che, considerata lo"stato dell'arte"non è certamente poco... El Gato
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Povero Statham! Death Race è così brutto che gli aggettivi latitano; Anderson insiste nella collezione di fallimentari videoclip catalogati sotto la voce 'movie'. Siamo al livello 0. Almeno, per gli Zmovie, c'è la scusante delle risorse ridotte all'osso, qui il budget decente c'è, ma il risultato è ammorbante. Neppure volendo ci si puà trovare un solo lato positivo. Battute trite, ritrite e ipertrite servite senza sosta, senza pietà per lo spettatore. Trama demenziale. Musica appestante. Remake? Refake senza neppure un secondo di tensione. Per pietas è meglio soprassedere sull'ultima scena. Non fatevi del male, è preferibile una puntata in replica di Ciao Darwin.
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Povero Statham! Death Race è così brutto che gli aggettivi latitano; Anderson insiste nella collezione di fallimentari videoclip catalogati sotto la voce 'movie'. Siamo al livello 0. Almeno, per gli Zmovie, c'è la scusante delle risorse ridotte all'osso, qui il budget decente c'è, ma il risultato è ammorbante. Neppure volendo ci si puà trovare un solo lato positivo. Battute trite, ritrite e ipertrite servite senza sosta, senza pietà per lo spettatore. Trama demenziale. Musica appestante. Remake? Refake senza neppure un secondo di tensione. Per pietas è meglio soprassedere sull'ultima scena. Non fatevi del male, è preferibile una puntata in replica di Ciao Darwin. [-]
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Nel 2012 l’economia americana è collassata e la disoccupazione è arrivata alle stelle, mentre le Corporation hanno preso il potere e le prigioni sono state privatizzate.
Jensem Ames, ex pilota che lavora come operaio in un’acciaieria, viene accusato ingiustamente di aver assassinato la moglie, arrestato e trasferito a Terminal Island, il più grande penitenziario degli Stati Uniti. Qui, sotto il pugno di ferro di Warden Hennessey, direttrice del carcere, viene organizzata la Death Race, che viene poi diffusa in pay-per-view garantendo enormi profitti. Il problema è che la star del programma, Frankenstein, è appena stato polverizzato da un missile durante l’ultima corsa, e a Hennessey serve un pilota che prenda il suo posto.
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Nel 2012 l’economia americana è collassata e la disoccupazione è arrivata alle stelle, mentre le Corporation hanno preso il potere e le prigioni sono state privatizzate.
Jensem Ames, ex pilota che lavora come operaio in un’acciaieria, viene accusato ingiustamente di aver assassinato la moglie, arrestato e trasferito a Terminal Island, il più grande penitenziario degli Stati Uniti. Qui, sotto il pugno di ferro di Warden Hennessey, direttrice del carcere, viene organizzata la Death Race, che viene poi diffusa in pay-per-view garantendo enormi profitti. Il problema è che la star del programma, Frankenstein, è appena stato polverizzato da un missile durante l’ultima corsa, e a Hennessey serve un pilota che prenda il suo posto. E se il povero Ames fosse stato incastrato proprio per assicurare alla direttrice un nuovo pilota?
Se qualcuno ancora ricorda il vecchio “Anno 2000: la corsa della morte” (1975), prodotto ai bei tempi della factory di Roger Corman con la regia di Paul Bartel, sappia che questo remake di Paul W.S. Anderson viaggia per tutt’altri lidi. Se l’originale era una sgangherata satira dal gusto decisamente “camp”, “Death Race” si prende molto sul serio, nei limiti di un onesto prodotto d’intrattenimento. Se siete dei patiti di “Carmageddon”, videogioco ispirato proprio al film di Bartel, e adorate macchine pesantemente modificate dotate di napalm, lanciamissili e mitragliatrici calibro 50, questo è il film che fa per voi. La stessa struttura della Death Race è pensata come un videogame, in cui i partecipanti devono affrettarsi ad assicurarsi i bonus disseminati sull’asfalto (armi o scudi), prima che un avversario più furbo o più veloce li faccia esplodere in mille pezzi, riducendo le auto in carcasse annerite di metallo fumante.
Nonostante il videoludico massacro on the road, “Death Race” si può ascrivere agevolmente al filone carcerario, da “Fuga da Alcatraz” a “Le Ali della Libertà”, da cui mutua un’infinità di stereotipi.
Dal meccanico di Ames (un ottimo Ian McShane), che, pur libero, ha preferito tornare in carcere perché incapace di adattarsi al mondo esterno, alla direttrice carogna fino alla guerra tra bande, si può dire che Paul W.S. Anderson, anche autore della sceneggiatura, abbia dato fondo a tutto il repertorio disponibile.
Non che questo sia poi un gran difetto, visto che i dialoghi e il plot non sembrano ambire ad essere candidati ad alcun premio, se non forse al Razzie Award. Anche il tema dei ludi gladiatorii come mezzo per anestetizzare le masse viene tenuto in secondo piano, visto che evidentemente quello che interessa al regista è lavorare di montaggio e far volteggiare la macchina da presa durante le sfide tra Ames/Frankenstein e il suo acerrimo nemico, Machine Gun Joe, al ritmo martellante della colonna sonora di Paul Haslinger, ex dei Tangerine Dream.
In questo senso il film può dirsi riuscito, anche per merito della fotografia metallica e virata di Scott Kevan e per le suggestive scenografie di Paul Denham Austerberry, che ha usato come set della corsa una zona industriale abbandonata di Montreal.
Joan Allen è una subdola Hennessey, mentre Jason Statham è funzionale al ruolo e, come “action hero”, è comunque molto più credibile di Vin Diesel. Paul W.S. Anderson (Resident Evil, Alien vs Predator) si conferma un solido mestierante della serie B, in grado di sfornare senza troppi problemi stupidi ma spassosi action estivi come questo “Death Race”. Una delirante didascalia finale, dati i numerosi e spettacolari incidenti, scoraggia i teen-ager dal tentarne l’emulazione mentre, per i cormaniani, ricordiamo che nella versione originale il Frankenstein del prologo ha la voce di David Carradine, che interpretava il personaggio nel film del 1975. [-]
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In questo film, che segue il genere alla "fast and furious", il protagonista è Statham, che interpreta la parte di un ex carcerato, con un passato da pilota nelle corse americane, che ha deciso di mettere la testa a posto, ed ora ha un lavoro in fabbrica, una moglie devota, ed una figlia appena nata. Tutto sembra scorrere normalmente fin quando viene incastrato ed arrestato per l'omicidio di sua moglie. In carcere conoscerà una perfida direttrice, che per fare soldi, ha inventato la gara della morte, alla quale milioni di spettatori ogni giorno si collegano alla sua pay per wiew. I peggiori criminali si sfidano in una gara all'ultimo sangue su macchine corazzate ed armate, con un solo obiettivo: la libertà.
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In questo film, che segue il genere alla "fast and furious", il protagonista è Statham, che interpreta la parte di un ex carcerato, con un passato da pilota nelle corse americane, che ha deciso di mettere la testa a posto, ed ora ha un lavoro in fabbrica, una moglie devota, ed una figlia appena nata. Tutto sembra scorrere normalmente fin quando viene incastrato ed arrestato per l'omicidio di sua moglie. In carcere conoscerà una perfida direttrice, che per fare soldi, ha inventato la gara della morte, alla quale milioni di spettatori ogni giorno si collegano alla sua pay per wiew. I peggiori criminali si sfidano in una gara all'ultimo sangue su macchine corazzate ed armate, con un solo obiettivo: la libertà. Come non approfittare di questa occasione? Sangue, violenza ed esplosioni sono la ricetta di questo film d'azione pura, che ha avuto un buon successo al botteghino, tanto che è già stata stabilita la data d'uscita di un sequel.
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Adrenalinico è la parola che meglio si addice al film. Bello, veloce, di grandissimo impatto visivo, che colpisce per lo strepitoso intrattenimento lo spettatore. Statham è perfetto nella parte, questi sono i suoi film, anche se la storia è piuttosto abusata: chi vince si guadagna la grazia, non è originale ma funziona sempre, come va forte l'accoppiata donne e motori! Sorprendente Joan Allen, così pulita, così bionda, così perfettina e perbene, almeno in apparenza, in un penitenziario pieno di delinquenti della peggior specie. Le corse sono folli e spregiudicate, gustose da leccarsi i baffi e non solo con macchine e percorsi da urlo! E poi veniamo anche alla denuncia, la parte meno nobile: tutto ha un prezzo, compreso il sangue e le vite umane, la morte fa audience e fa arricchire (anche questo abusato e già visto).
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Adrenalinico è la parola che meglio si addice al film. Bello, veloce, di grandissimo impatto visivo, che colpisce per lo strepitoso intrattenimento lo spettatore. Statham è perfetto nella parte, questi sono i suoi film, anche se la storia è piuttosto abusata: chi vince si guadagna la grazia, non è originale ma funziona sempre, come va forte l'accoppiata donne e motori! Sorprendente Joan Allen, così pulita, così bionda, così perfettina e perbene, almeno in apparenza, in un penitenziario pieno di delinquenti della peggior specie. Le corse sono folli e spregiudicate, gustose da leccarsi i baffi e non solo con macchine e percorsi da urlo! E poi veniamo anche alla denuncia, la parte meno nobile: tutto ha un prezzo, compreso il sangue e le vite umane, la morte fa audience e fa arricchire (anche questo abusato e già visto). Veramente ben congegnato, nel suo genere è un gioiellino. Che la carneficina automobilistica abbia inizio!
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Bello. Il suo grande merito è nella capacità di tenere con il fiato sospeso dall'inizio alla fine senza cadere mai o quasi nel banale e nello scontato. Sarebbe stato un capolavoro con un cast migliore anche se Statham e soprattutto Joan Allen non dispiacciono. Male gli altri.
Critiche poche se non legate a qualche scena esagerata nelle esplosioni che, nel solco della tradizione dell'action statunitense, finisce per dilatare all'eccesso lo sviluppo dell'azione contribuendo esclusivamente a rendere irrealistico il film stesso.
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