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Il Petroliere mi è sembrato essere un atto di cupidigia visionaria di Anderson nei confronti di D.D. Lewis, laddove si dimostra ingordo per la persona e sazio per il personaggio.
Sebbene sottolinei con tutto l’impianto formale l’epicità della vicenda, è un film estremamente lungo per la storia che descrive e carica lo spettatore di aspettative in cui il sangue è solo valvola di sfogo, ma non risoluzione.
Tradisce il patto narrativo quando si presenta come una trama immediata, semplice come le parole del suo protagonista - imbonitore del concreto che fa da contraltare all’antagonista imbonitore dell’astratto -, che però scioglie i suoi punti nodali in situazioni dalla linearità piuttosto discutibile (in primis la psicopatologia dei personaggi).
Detto questo va anche dato rilievo all’assoluta eccellenza registica dell’autore (splendido il piano sequenza relativo all’incendio del pozzo di petrolio ed efficacissima la musica), capace di fondere perfettamente il contenuto con l’ambiente e di offrire la potenza visiva necessaria a percepire le meravigliose scenografie. Magistrale la fotografia. Perfetti i costumi e la confezione dei personaggi, finalmente realistici protagonisti del loro tempo e non ragazzotti hollywoodiani mascherati.
Monumentale Daniel Day Lewis nell’incarnazione dell’alter-ego Daniel (Plainview), capace di portare davanti al pubblico la saga di un uomo bigger than life, ma arido e solo come un grano della terra che cerca in tutti i modi di violare.
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