rossafuoco
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martedì 7 marzo 2006
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non basta l'amore...
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Siamo abituati a vedere i transessuali (anzi: i travestiti) di Almodovar, o tuttalpiù alla "Priscilla, o la regina del deserto": kitch, melodrammatici, quasi trasfigurati dalla loro condizione; il personaggio della 'donna transessuale' Bree è una gradevole variante innanzitutto per come è presentata. NON è un personaggio trasgressivo,anzi è la tipica zitella vergine di mezza età, un po' puritana, un po' bacchettona, un po' ingenua e quindi irresistibilmente comica. Ma questo è soltanto l'aspetto più superficiale e brillante, del film. Questa pellicola ha il grande merito di indagare sul 'perchè' di una scelta che in realtà scelta non è. Bree ha orrore del suo membro maschile, riesce a malapena a toccarlo per andare di corpo.
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Siamo abituati a vedere i transessuali (anzi: i travestiti) di Almodovar, o tuttalpiù alla "Priscilla, o la regina del deserto": kitch, melodrammatici, quasi trasfigurati dalla loro condizione; il personaggio della 'donna transessuale' Bree è una gradevole variante innanzitutto per come è presentata. NON è un personaggio trasgressivo,anzi è la tipica zitella vergine di mezza età, un po' puritana, un po' bacchettona, un po' ingenua e quindi irresistibilmente comica. Ma questo è soltanto l'aspetto più superficiale e brillante, del film. Questa pellicola ha il grande merito di indagare sul 'perchè' di una scelta che in realtà scelta non è. Bree ha orrore del suo membro maschile, riesce a malapena a toccarlo per andare di corpo. Vuole disfarsene quanto prima per essere finalmente ciò che si è sempre sentita di essere: una donna. Lo dice anche alla terribile, pacchiana madre-tipica-americana-media-borghese-ricca-sfondata (una straordinaria Fionnula Flanagan): "Tu non hai MAI AVUTO un figlio". Il classico tema del viaggio “on the road” anche qui è dunque metafora di un viaggio alla scoperta di se stessi, ma non solo. E’ anche un percorso di accettazione dell’altro, tramite il rispetto per le decisioni e le scelte di vita prese dall’altra persona. L’affetto, l’amore non bastano. Non ci si può limitare a mettersi una benda rosa d’amore incondizionato sugli occhi e fingere che tutto vada bene: bisogna guardare, guardare veramente CHI è la persona che amiamo, e accettarla col rispetto che ogni essere umano merita di avere. Una piccola, grande lezione, dunque, per un film che sa dosare abilmente umorismo e riflessione, amarezza e tenerezza...
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mister g
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sabato 7 luglio 2007
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fantastica bree
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Delizioso film, lieve, delicato, divertente, mai volgare, pervaso di una soave amenità, in equilibrio perfetto tra leggerezza e impegno, dolce senza essere melenso, a tratti malinconico, ma senza essere drammatico, e sostenuto, ma senza essere pretenzioso, eppure intriso di un senso profondo, capace di far arrivare un messaggio importante ma senza farne soffrire il peso. Ha il coraggio di aprirsi sul tema, purtroppo molto poco discusso, della transessualità e disforia di genere, e lo fa in modo intelligente, non pretendendo di salire in cattedra a “insegnarci” qualcosa, ma semplicemente narrandoci una storia la cui protagonista è un’ adorabile donna transessuale che, proprio in un momento per lei delicato e importante, deve misurarsi con una situazione difficile e del tutto inaspettata, che le sconvolge la vita, ma che alla fine riesce ad affrontare senza esserne travolta, e che la renderà anzi più forte e più salda nella sua identità.
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Delizioso film, lieve, delicato, divertente, mai volgare, pervaso di una soave amenità, in equilibrio perfetto tra leggerezza e impegno, dolce senza essere melenso, a tratti malinconico, ma senza essere drammatico, e sostenuto, ma senza essere pretenzioso, eppure intriso di un senso profondo, capace di far arrivare un messaggio importante ma senza farne soffrire il peso. Ha il coraggio di aprirsi sul tema, purtroppo molto poco discusso, della transessualità e disforia di genere, e lo fa in modo intelligente, non pretendendo di salire in cattedra a “insegnarci” qualcosa, ma semplicemente narrandoci una storia la cui protagonista è un’ adorabile donna transessuale che, proprio in un momento per lei delicato e importante, deve misurarsi con una situazione difficile e del tutto inaspettata, che le sconvolge la vita, ma che alla fine riesce ad affrontare senza esserne travolta, e che la renderà anzi più forte e più salda nella sua identità. Trova così un rapporto importante con il figlio - che non sapeva di avere - di cui è il padre - anche se adesso lei è una donna - e nello svolgersi della storia, riesce anche a riavvicinarsi ed a recuperare parzialmente il rapporto con i suoi genitori, che non vogliono accettare (in particolare la madre) che il loro figlio sia, in realtà, la loro figlia. Il tenore della storia aumenta a mano a mano che il film va avanti, e se all’ inizio sembra essere una commedia abbastanza leggera, prima del finale, ci rendiamo conto che ci ha divertito ma anche emozionato e fatto commuovere. Grande interpretazione dell’ attrice protagonista Felicity Huffman, impossibile non restarne favorevolmente colpiti, pienamente credibile nel suo ruolo, bellissimo il personaggio che interpreta “Bree” così riservata, defilata, un po’ impacciata (che tenerezza…), con quei suoi modi così per bene - ma non bigotta -, però determinata ed anche forte quando le circostanze lo richiedono, meravigliosamente simpatica, insomma… adorabile! Bravi anche gli altri attori, ma un po’ “oscurati” dall’ abbagliante bravura della Huffman, seppure gli altri personaggi, eccetto il figlio Toby interpretato da Kevin Zegers, siano solo di contorno. A mio parere un film centrato in pieno, senz’ altro da vedere.
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martina bady
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domenica 4 febbraio 2007
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tran..sensuale
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Il transessualismo è una sindrome che affligge i soggetti la cui identità biologica è dolorosamente scissa dalla propria identità sessuale,invocata,a dispetto di evidenze biologiche indesiderate,anche a prezzo di estenuanti sacrifici.
Ecco come intendo accostarmi alla problematica del film:una pellicola coraggiosa,struggente,che si è immolata con impegno al ludibrio e all'accanimento della critica,del pubblico meno incline alle biodiversità che arricchiscono il mondo,non senza un tocco registico di isolata bravura.Mai una volgarità scontata,mai una derealizzzione enfatica,bensì una interpretazione della Huffman assolutamente divina,epocale,luminosa,come il fascino ambiguo e vissuto che attraversa il suo corpo nel corso della metamorfosi.
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Il transessualismo è una sindrome che affligge i soggetti la cui identità biologica è dolorosamente scissa dalla propria identità sessuale,invocata,a dispetto di evidenze biologiche indesiderate,anche a prezzo di estenuanti sacrifici.
Ecco come intendo accostarmi alla problematica del film:una pellicola coraggiosa,struggente,che si è immolata con impegno al ludibrio e all'accanimento della critica,del pubblico meno incline alle biodiversità che arricchiscono il mondo,non senza un tocco registico di isolata bravura.Mai una volgarità scontata,mai una derealizzzione enfatica,bensì una interpretazione della Huffman assolutamente divina,epocale,luminosa,come il fascino ambiguo e vissuto che attraversa il suo corpo nel corso della metamorfosi.Che è una rinascita dalle polveri.Un trionfo della giustizia...
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a.l.
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lunedì 27 febbraio 2006
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dalle parti di wisteria lane
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L’ottima e coraggiosa Felicity Hufman porta con sé l’ombra delle “Casalinghe disperate”, in cui recita la parte di una ex-manager di successo diventata madre alla prese con una nidiata di figli pestiferi, in questo bel dramma familiare dell’esordiente Duncan Tacker: qui,nei panni di un transessuale, fa i conti con le difficoltà di un ruolo sofferto di genitore per caso più che per volontà. E in effetti siamo a qualche isolato di distanza dalle ambiguità di Wisteria Lane, il quartiere residenziale, ridente e tranquillo in apparenza, del famoso serial televisivo: è la stessa America politicamente inerte, rispettabile e benestante, devastata da drammi familiari sepolti nei giardini ben curati, malata di sessualità ossessiva, che, relegate ai margini le differenze più eclatanti, si rassegna ad l’assimilarle, giacché i tempi cambiano e il mondo, intrapresa una direzione, non torna più indietro: ci sono i cosiddetti neoconservatori, la difesa della famiglia e delle tradizioni, ma la vita quotidiana ha l’astuzia di non farsi mettere le briglie dalle astrazioni della politica o dai moralismi teorici dei vari dogmi religiosi( le “patologie delle religione” direbbe il Ratzinger teologo) o ideologici.
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L’ottima e coraggiosa Felicity Hufman porta con sé l’ombra delle “Casalinghe disperate”, in cui recita la parte di una ex-manager di successo diventata madre alla prese con una nidiata di figli pestiferi, in questo bel dramma familiare dell’esordiente Duncan Tacker: qui,nei panni di un transessuale, fa i conti con le difficoltà di un ruolo sofferto di genitore per caso più che per volontà. E in effetti siamo a qualche isolato di distanza dalle ambiguità di Wisteria Lane, il quartiere residenziale, ridente e tranquillo in apparenza, del famoso serial televisivo: è la stessa America politicamente inerte, rispettabile e benestante, devastata da drammi familiari sepolti nei giardini ben curati, malata di sessualità ossessiva, che, relegate ai margini le differenze più eclatanti, si rassegna ad l’assimilarle, giacché i tempi cambiano e il mondo, intrapresa una direzione, non torna più indietro: ci sono i cosiddetti neoconservatori, la difesa della famiglia e delle tradizioni, ma la vita quotidiana ha l’astuzia di non farsi mettere le briglie dalle astrazioni della politica o dai moralismi teorici dei vari dogmi religiosi( le “patologie delle religione” direbbe il Ratzinger teologo) o ideologici. Al contrario l’umanità del terzo millennio ha bisogno urgente di un’etica flessibile, rispettosa dei cambiamenti epocali, e “Transamerica”, con l’evocare argomenti scabrosi, interrompendosi al momento giusto e lasciando con tatto le porte chiuse dove bisogna lasciarle, dà risalto alle limitatezze culturali della società di fronte al suo stesso evolversi: allora un’umanità nuova, composta da individui metamorfici o marginali, come Stanley/Bree, costretta a cercarsi codici di comportamento e valori commisurati alle necessità di stare in equilibrio su un universo vacillante ed ostile, diventa la linfa vitale, una possibilità di progresso civile, per tutti. Ma prima di indossare il nuovo abito occorre togliere quello vecchio e il film illustra questa dolorosa operazione di spogliazione sotto la forma del classico racconto di viaggio: la tragedia di Stanley/Bree, e di suo figlio, diciassettenne tossico, dedito alla prostituzione e aspirante divo a luci rosse, si riduce al fatto di essere il frutto, consapevole in un caso, inconsapevole nell’altro, di un’ educazione violenta e sbagliata; insieme devono tornare indietro, ripercorre passo per passo i traumi del passato, per non perdersi in una disperazione senza scampo. La loro è una corsa a ostacoli ed essi incontrano cinismo, brutalità, patrigni perversi, madri invasive o padri vili, ma, in ultima analisi, uomini e donne disorientati quando l’imprevedibile fa irruzione in casa e si siede nel salotto buono: non ci sono colpe, solo un macroscopico e diffuso difetto di sguardo, uno sbandamento mascherato da nevrotico arroccamento sui reciproci egoismi. Il pessimismo delle premesse stempera felicemente l’ottimismo della conclusione: il cammino è tortuoso, ridi, piangi, lungo la via ti derubano, ma qualcuno ti dà affetto disinteressato e ti porge la mano. Per Bree e il ragazzo il traguardo è la conquista di una identità più autentica, per la quale uno è indispensabile all’altro. Certo genitori e figli non sono più quelli di un tempo! Gli uni sono padre e madre nella stessa persona, gli altri fanno gli “stalloni del surf”, gli uni aprono la porta di casa, gli altri bussano nel bisogno, entrano e appoggiano i piedi sul tavolino, vengono rimproverati e accolti…ma essere padri e figli ha mai significato altro?
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rob
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venerdì 24 marzo 2006
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felicity scelta felice
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A conti fatti, è quasi tutto sulle spalle della Huffman, brava, tenera, meravigliosa. Una scelta felice Felicity, per la riuscita del film, tanto che rimane il sospetto: e se Bree fosse stata impersonata da un vero transessuale? Huffman, imbruttita, legnosa e afona, conserva una femminilità così al cento per cento, anche e soprattutto nelle fattezze, che per lo spettatore in clima di commedia leggera è tanto più facile lasciarsi coinvolgere dal personaggio, amare la sua sofferenza, fare il tifo per lei. Ma la Huffman conquista e tanto basta, e trascina il resto del cast (che peraltro ha un altro paio di assi nella Flanagan e in Young) e della storia. Storia non senza qualche salto e forzatura, abile nello schivare con un sorriso i punti davvero critici: il bellissimo ribelle non è così ribelle (anzi, in fondo è un ragazzino piuttosto a modo), l'insensibile famiglia non è così insensibile (ci si lascia con un abbraccio che tutto perdona e cancella), il mondo cane non così cane.
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A conti fatti, è quasi tutto sulle spalle della Huffman, brava, tenera, meravigliosa. Una scelta felice Felicity, per la riuscita del film, tanto che rimane il sospetto: e se Bree fosse stata impersonata da un vero transessuale? Huffman, imbruttita, legnosa e afona, conserva una femminilità così al cento per cento, anche e soprattutto nelle fattezze, che per lo spettatore in clima di commedia leggera è tanto più facile lasciarsi coinvolgere dal personaggio, amare la sua sofferenza, fare il tifo per lei. Ma la Huffman conquista e tanto basta, e trascina il resto del cast (che peraltro ha un altro paio di assi nella Flanagan e in Young) e della storia. Storia non senza qualche salto e forzatura, abile nello schivare con un sorriso i punti davvero critici: il bellissimo ribelle non è così ribelle (anzi, in fondo è un ragazzino piuttosto a modo), l'insensibile famiglia non è così insensibile (ci si lascia con un abbraccio che tutto perdona e cancella), il mondo cane non così cane. Debolezze forse in grado di mettere un altro film k.o. Ma si impone su tutto (anche sul tocco piacevole e tollerante del regista) la gentilezza non solo toccante ma reale, tangibile, sofferta davvero (lo si vede bene nella scena del pianto di Bree) di Felicity Huffman. Il film è suo.
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holly-chan
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sabato 4 marzo 2006
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peccato che sia poco conosciuto...
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Film decisamente da vedere! Ottima soprattutto la performance degli attori, nonstante il ruolo difficile...
Minuscola pecca, forse avri preferito un minimo di colonna sonora in più, che contribuisce sempre ad entrare più in sintonia con i sentimenti dei personaggi, ma comunque il film rimane emozionante!
Una lode alla difficoltà dell'argomento trattato, che si inserisce di prepotenza in un mondo in cui l'omosessualità inizia finalmente a farsi strada nella comprensione comune, ma in cui la transessualità rimane ancora sconosciuta, tabù, non contemplata o peggio automaticamente associata alla prostituzione...insomma l'ignoranza dilaga. Perciò una nota dolente: il film è stato poco pubblicizzato, soprattutto dai mass media, e la logica conseguenza è stata che, con la sola eccezione di coloro che seguono abitualmente il cinema, Transamerica è rimasto sconosciuto ai più, a coloro che costituiscono la gran parte della popolazione e a cui film così dovrebbero essere rivolti, in quanto contribuiscono alla formazione dell'opinione popolare.
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Film decisamente da vedere! Ottima soprattutto la performance degli attori, nonstante il ruolo difficile...
Minuscola pecca, forse avri preferito un minimo di colonna sonora in più, che contribuisce sempre ad entrare più in sintonia con i sentimenti dei personaggi, ma comunque il film rimane emozionante!
Una lode alla difficoltà dell'argomento trattato, che si inserisce di prepotenza in un mondo in cui l'omosessualità inizia finalmente a farsi strada nella comprensione comune, ma in cui la transessualità rimane ancora sconosciuta, tabù, non contemplata o peggio automaticamente associata alla prostituzione...insomma l'ignoranza dilaga. Perciò una nota dolente: il film è stato poco pubblicizzato, soprattutto dai mass media, e la logica conseguenza è stata che, con la sola eccezione di coloro che seguono abitualmente il cinema, Transamerica è rimasto sconosciuto ai più, a coloro che costituiscono la gran parte della popolazione e a cui film così dovrebbero essere rivolti, in quanto contribuiscono alla formazione dell'opinione popolare. Il tutto forse è dovuto anche alla grandissima pubblicizzazione ricevuta dal bellissimo I segreti di Brokeback Mountain, che a causa della similarità dell'argomento trattato, ha probabilmente ( e involontariamente) in parta oscurato Transamerica, deviando le attenzioni della gente a ciò che in un altro momento avrebbe forse suscitato più scalpore...
Da non perdere!
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cheekyboy
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venerdì 18 agosto 2006
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da vedere...educa parecchio...
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Transamerica...
E' onesto ricordare e accennare che il film"Transamerica"è un percorso"on the road"che ipotizza un genere simile al classico Thelma e Louise,un viaggio eterno e straordinariamente importante per definire e stabilire cosa sia la vera identità personale e da dove provenga la stessa felicità che ne fa parte.
Di questa impregnante storia è comunque incisiva la presenza di Felicity Huffmann,in una"macchietta"poco folcloristica ma soprattutto interpretata con entusiasmo e intelligenza morale.Alla fin dei conti i Golden Globe sono meritatissimi all'attrice,senza dimenticare anche la nomination agli Oscar che ha fatto salire il film di tanti gradi come nessuno si aspettava.
"Transamerica"è la storia di Bree,un transessuale pronto a procurarsi l'ultimo e completo suo intervento per definirsi una vera e propria"donna".
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Transamerica...
E' onesto ricordare e accennare che il film"Transamerica"è un percorso"on the road"che ipotizza un genere simile al classico Thelma e Louise,un viaggio eterno e straordinariamente importante per definire e stabilire cosa sia la vera identità personale e da dove provenga la stessa felicità che ne fa parte.
Di questa impregnante storia è comunque incisiva la presenza di Felicity Huffmann,in una"macchietta"poco folcloristica ma soprattutto interpretata con entusiasmo e intelligenza morale.Alla fin dei conti i Golden Globe sono meritatissimi all'attrice,senza dimenticare anche la nomination agli Oscar che ha fatto salire il film di tanti gradi come nessuno si aspettava.
"Transamerica"è la storia di Bree,un transessuale pronto a procurarsi l'ultimo e completo suo intervento per definirsi una vera e propria"donna".In realtà Bree,fra le sue insistenti cure ormonali,si troverà ad affrontare la temibilità del passato con l'entrata in scena di un giovane teppistello Toby,rinchiuso nel carcere minorile di New York.
Dopo poco tempo Bree instaura un rapporto d'amicizia con il ragazzo,ma riconosce anche che Toby è un fanciullo nato anni prima quando lei era ancora uomo.
Da lì Bree pensa subito ad un futuro più appropriato per Toby,così inizia un lungo viaggio per attraversare tutti gli Stati Uniti,da New York a Los Angeles senza sosta...
Il regista esordiente Duncan Tucker non solo non programma un film sul transessualismo,ma non considera nemmeno il fatto di appoggiare o criticare quella che sia l'identità di genere presente in ognuno di noi,ma egli sceglie di segnalare quelle che sono le diversità presenti in ogni individuo,in ogni genere sessuale,in ogni origine e in ogni razza proveniente.
La storia designa in modo non volgare ma sicuramente esplicito quella che è la vicenda di Bree e non la sua storia precedentemente conturbante,collocando e descrivendo nella figura più"politically-correct"quello che è il rapporto genitori-figli(senza però abbandonare quel gusto trasgressivo della commedia leggera),il rimpianto di un passato alle spalle fino alla ricerca di una verità e di una felicità mai avuta,tutto questo in occasione di un viaggio verso un futuro di speranza.
La cosa ancora più interessante sta nella descrizione del personaggio di Bree,che segue per filo e per segno quella che è la retorica del classico transessuale che odia il fumo passivo in macchina,che disprezza la droga perchè considerata un danno immorale,che ha vergogna di parlare di sesso o di guardare uomini nudi,questa è la vera definizione che il regista da al"gender"nel modo più sincero,realista possibile.
La sceneggiatura di Tecker rimane intatta fra dramma esistenziale e umorismo fatto di emozioni,di familiarità,di buon senso.
L'ottima prova va sicuramente al lavoro straordinario della recitazione al"femminile"del film,ma anche allo splendido doppiaggio dalla voce"afona"che rende ancora più complesso,teatrale,radicale e semplicemente gradevole la visione del film.
Non rende al gran cinema ma è sicuramente un'atto di coraggio.
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clodia--
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venerdì 25 agosto 2006
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madre o padre...fa lo stesso!
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Un film che parte, si dipana in un viaggio inaspettato, e ritorna al suo posto, più carico, più sicuro e più ‘lecito’ di prima. Travestito da road movie (un viaggio da New York a Los Angeles, bruscamente interrotto a Phoenìx) Transamerica regala uno dei più commoventi personaggi dei tempi recenti: Sabrina Ousborne, detta Bree, che una settimana prima dell’operazione che le consentirà di tagliare l’ultimo legame con la sua precedente identità di Stanley Ousborne e diventare finalmente donna a tutti gli effetti, scopre improvvisamente di avere un figlio adolescente, Toby. E cambia tutto. Sapere di avere un figlio sconvolge di più di continuare ad avere un pene che non si sente proprio. La protagonista vorrebbe far finta di niente e raggiungere il suo scopo ‘fisico’, ma non ha fatto i conti con la consapevolezza ‘interiore’ che si raggiunge quando si diventa, in un modo o nell’altro, genitori.
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Un film che parte, si dipana in un viaggio inaspettato, e ritorna al suo posto, più carico, più sicuro e più ‘lecito’ di prima. Travestito da road movie (un viaggio da New York a Los Angeles, bruscamente interrotto a Phoenìx) Transamerica regala uno dei più commoventi personaggi dei tempi recenti: Sabrina Ousborne, detta Bree, che una settimana prima dell’operazione che le consentirà di tagliare l’ultimo legame con la sua precedente identità di Stanley Ousborne e diventare finalmente donna a tutti gli effetti, scopre improvvisamente di avere un figlio adolescente, Toby. E cambia tutto. Sapere di avere un figlio sconvolge di più di continuare ad avere un pene che non si sente proprio. La protagonista vorrebbe far finta di niente e raggiungere il suo scopo ‘fisico’, ma non ha fatto i conti con la consapevolezza ‘interiore’ che si raggiunge quando si diventa, in un modo o nell’altro, genitori. Bree non sarà mai un padre anche se Toby vorrebbe trovare in lui un modello da seguire, perché non basta essere uomo per sentire la paternità. Bree ha ancora qualcosa che la rende uomo, ma lascia trapelare quel forte senso di maternità che a volte noi donne non sappiamo neanche cosa sia! Potrebbe essere questo il significato ultimo del film: non importa essere uomo o donna, essere uomo e sentirsi donna, essere uomo e trasformarsi in donna: l’importante è essere coerenti con se stessi anche quando trovi sulla strada un imprevisto inaspettato che si chiama figlio e che, nolente o volente, riesce a cambiarti la vita più di un’operazione chirurgica.
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