a.l.
|
lunedì 17 luglio 2006
|
i mezzi giustificano il fine
|
|
|
|
Il fenomeno di dirigenti di mezza età disoccupati illustrato da Costa Gavras in Cacciatore di teste non è sconosciuto: il cinema presidia le zone d’ombra di un modello economico predominante, a cominciare da un film del 92’ tratto da una commedia di Memet dal titolo significativo Gli americani fino ad opere più recenti quali i francesi Risorse umane e A tempo perso o gli italiani Mi piace lavorare e Volevo solo dormirle addosso. La contestazione è più etica che propriamente politica: si dà forse per scontato che al sistema capitalistico non siano state trovate finora vere alternative in grado di migliorare a tutte le latitudini e sotto tutti gli aspetti l’esistenza dell’uomo. Le villette linde e i quartieri verdi ove vivono le pacifiche famiglie dei manager di Cacciatori di teste rappresentano l’apparenza di un benessere materiale precario e fragile, ma comunque preferibile alla miseria disperata e sconcia visibile nelle baraccopoli di altre parti del mondo.
[+]
Il fenomeno di dirigenti di mezza età disoccupati illustrato da Costa Gavras in Cacciatore di teste non è sconosciuto: il cinema presidia le zone d’ombra di un modello economico predominante, a cominciare da un film del 92’ tratto da una commedia di Memet dal titolo significativo Gli americani fino ad opere più recenti quali i francesi Risorse umane e A tempo perso o gli italiani Mi piace lavorare e Volevo solo dormirle addosso. La contestazione è più etica che propriamente politica: si dà forse per scontato che al sistema capitalistico non siano state trovate finora vere alternative in grado di migliorare a tutte le latitudini e sotto tutti gli aspetti l’esistenza dell’uomo. Le villette linde e i quartieri verdi ove vivono le pacifiche famiglie dei manager di Cacciatori di teste rappresentano l’apparenza di un benessere materiale precario e fragile, ma comunque preferibile alla miseria disperata e sconcia visibile nelle baraccopoli di altre parti del mondo. Allora il problema sta non nel cercare utopie, bensì nel correggere e fermare un meccanismo che, se portato alle sue estreme conseguenze, porta inevitabilmente all’autodistruzione. Detto in altri termini, la paradossale questione posta allo spettatore con una certa dose di ironia dal lungometraggio è: se la spietata lotta per emergere ha come risultato l’eliminazione sistematica delle intelligenze e delle competenze come può sopravvivere una civiltà? Costa Gravas costruisce il suo film, ispirato al romanzo The ask di Westlake, attorno alla domanda che dovrebbero porsi politici ed industriali lungimiranti e insomma tutti coloro che hanno responsabilità nella gestione della cosa pubblica e non solo: che succede, se si applica rigidamente la legge del profitto immediato ad ogni costo? La risposta data dal regista non è così inverosimile come può sembrare: l’’ingegnere cartario disoccupato protagonista della pellicola diventa un killer, aggiornamento del chapliniano Monsieur Verdoux, ma l’omicidio seriale qui non è che l’estremistica concretizzazione delle bassezze di vario genere commesse per un posto di lavoro o per una carriera o per incrementare gli utili in uffici e aziende, ovunque cioè vi sia una gerarchia preposta a decidere per altri e sulla pelle di altri. La provocazione si spinge ancora più a fondo con la citazione appropriata in un contesto di conflitti condotti all’esasperazione del celebre machiavellico detto“Il fine giustifica i mezzi”: appunto Machiavelli, l’inventore delle politica come scienza autonoma rispetto alla morale, aveva come prospettiva la fondazione di uno Stato efficiente e stabile e la disamina di Costa Gravas dimostra come proprio la rinuncia a principi etici generi disagio, corroda i rapporti familiari, trasformi uomini sensibili ed educati in belve e la convivenza in guerra di tutti contro tutti. La macabra parabola dei colletti bianchi assassini denuda l’assurdo principio nel galateo del successo e i mezzi giustificheranno il fine.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a a.l. »
[ - ] lascia un commento a a.l. »
|
|
d'accordo? |
|
francesco
|
martedì 1 agosto 2006
|
nervi tesi
|
|
|
|
Non e' un thriller e non vuole esserlo, non e' nemmeno interessato a una visione realistica degli eventi. 'Cacciatore di teste' e' la storia di un mondo, il nostro, proprio quello fuori dal cinema, dove il fine giustifica i mezzi (come recita il ragazzo nel sottofinale...). Per citare solo qualche episodio che scorre sullo schermo, puoi fingere di avere la moglie che sta male per forzare il blocco stradale di chi sciopera, puoi far biancheggiare le tue gambe da lolitina per distrarre i poliziotti, puoi far sparire la refurtiva per evitare guai a te e a tuo figlio. E puoi progettare di uccidere i tuoi rivali per occupare il loro posto e uscire dalla disoccupazione. Del resto, non si possono anche mandare sul lastrico intere famiglie solo perche' giova agli azionisti? Il film trasmette molto bene - e, secondo me, con un ottimo ritmo per almeno due terzi della durata - la sensazione di nevrosi del protagonista, frustrato e sempre meno fuori controllo benche' con la carta 'ci sappia fare' (e' con la carta che ripara la sedia su cui siede al colloquio).
[+]
Non e' un thriller e non vuole esserlo, non e' nemmeno interessato a una visione realistica degli eventi. 'Cacciatore di teste' e' la storia di un mondo, il nostro, proprio quello fuori dal cinema, dove il fine giustifica i mezzi (come recita il ragazzo nel sottofinale...). Per citare solo qualche episodio che scorre sullo schermo, puoi fingere di avere la moglie che sta male per forzare il blocco stradale di chi sciopera, puoi far biancheggiare le tue gambe da lolitina per distrarre i poliziotti, puoi far sparire la refurtiva per evitare guai a te e a tuo figlio. E puoi progettare di uccidere i tuoi rivali per occupare il loro posto e uscire dalla disoccupazione. Del resto, non si possono anche mandare sul lastrico intere famiglie solo perche' giova agli azionisti? Il film trasmette molto bene - e, secondo me, con un ottimo ritmo per almeno due terzi della durata - la sensazione di nevrosi del protagonista, frustrato e sempre meno fuori controllo benche' con la carta 'ci sappia fare' (e' con la carta che ripara la sedia su cui siede al colloquio). Io vibravo durante la proiezione, seguendo le sue evoluzioni, evidentemente meno importanti di cio' che c'e' dietro la storia raccontata. La societa' raffigurata, con tratti beffardi e con segnali molto limpidi (vedi il ricorrere - non originalissimo - di immagini pubblicitarie legate a simboli sessuali) e' in effetti cio' che, secondo me, piu' interessa al regista. Alcune soluzioni narrative rendono il film ancora piu' interessante: ad esempio la scelta di trasmettere il suono del cuore del protagonista che batte all'impazzata attraverso rumori esterni (es.: i cavalli che galoppano dopo uno degli omicidi oppure i suonatori di bidoni). Un po' troppo lungo, forse. Ma merita. E si aggiunge a un'ideale rassegna di film recenti sul tema del lavoro e di come il lavoro ci cambia o costringe a cambiare ('I lunedi' al sole', 'Risorse umane', 'A tempo pieno', 'Mobbing'...).
[-]
|
|
[+] lascia un commento a francesco »
[ - ] lascia un commento a francesco »
|
|
d'accordo? |
|
nigel mansell
|
venerdì 9 febbraio 2007
|
schiacciatori di teste
|
|
|
|
Una rappresentazione della vita attuale dove i nemici di Costa Gavras non sono più i tiranni, le giunte militari o i politici ma le multinazionali. Il lavoro per noi è diventato la nostra stessa vita, la nostra affermazione sociale e poi un giorno di punto in bianco si delocalizza, si terziarizza, si riduce personale: in sostanza si rimane a casa. Come dice il personaggio, al cui posto di lavoro punta il protagonista: spostano il lavoro nei paesi ancora da sviluppare per ridurre i costi ma poi chi comprerà i prodotti, se si lascia senza stipendio la gente della vecchia Europa che è ancora (forse ancora per poco), uno dei mercati più importanti del mondo? Ci si immedesima nel protagonista: siamo tutti terrorizzati di perdere i nostri privilegi e per questo si diventa schiavi del sistema.
[+]
Una rappresentazione della vita attuale dove i nemici di Costa Gavras non sono più i tiranni, le giunte militari o i politici ma le multinazionali. Il lavoro per noi è diventato la nostra stessa vita, la nostra affermazione sociale e poi un giorno di punto in bianco si delocalizza, si terziarizza, si riduce personale: in sostanza si rimane a casa. Come dice il personaggio, al cui posto di lavoro punta il protagonista: spostano il lavoro nei paesi ancora da sviluppare per ridurre i costi ma poi chi comprerà i prodotti, se si lascia senza stipendio la gente della vecchia Europa che è ancora (forse ancora per poco), uno dei mercati più importanti del mondo? Ci si immedesima nel protagonista: siamo tutti terrorizzati di perdere i nostri privilegi e per questo si diventa schiavi del sistema.
Io non sono per il comunismo, per carità, la storia ha fatto chiarezza, e i suoi limiti ed errori sono ormai noti; però è ora che i governi, specialmente quello centrale comunitario, inizino a mettere dei paletti ai manager rampanti e alle loro corporation che ragionano sono nell’ottica del profitto e dei loro contratti, massimo tre anni: sono miopi, non credono nel prodotto né nei loro dipendenti e possono portare solo alla distruzione del Know How delle aziende, non importa più chi lavora bene o la bontà del prodotto ma solo il profitto a breve termine.
Il film è a tratti divertente, quasi una parodia, e a tratti ricco di suspense stile thrilling; il doppiaggio però, secondo me, ha rovinato tutto: è mal fatto e rende i dialoghi lontani e irreali. Oltre al protagonista gli attori non mi sono sembrati un granché, la regia è attenta e discreta e asseconda gli avvenimenti senza essere irruente ed eccessiva come oramai usano in molti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a nigel mansell »
[ - ] lascia un commento a nigel mansell »
|
|
d'accordo? |
|
|