parsifal
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giovedì 25 maggio 2017
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fuori dagli schemi
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Agnes Varda cura sia la regia che la sceneggiatura di questo film del 1985, imperniato sulla figura di Mona, giovane francese di estrazione piccolo borghese, che in virtù dell' indole ribelle ed insofferente ad ogni regola ed imposizione sociale e civile, decide di recidere ogni legame e di vivere in assoluta libertà , senza tetto nè legge. Una voce fuori campo narra il suo incessante vagabondare , ai limiti di quella società che disprezza profondamente e con la quale però , volente o nolente , deve rapportarsi. Vengono descritti i suoi incontri occasionali con le persone più disparate; Alcuni tentano di aiutarla , fallendo miseramente, perchè Mona non conosce riconoscenza e gratitudine, è solo divorata da una grande rabbia di vivere , che la conduce , prima o poi, ad entrare in conflitto con le porge la propria mano.
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Agnes Varda cura sia la regia che la sceneggiatura di questo film del 1985, imperniato sulla figura di Mona, giovane francese di estrazione piccolo borghese, che in virtù dell' indole ribelle ed insofferente ad ogni regola ed imposizione sociale e civile, decide di recidere ogni legame e di vivere in assoluta libertà , senza tetto nè legge. Una voce fuori campo narra il suo incessante vagabondare , ai limiti di quella società che disprezza profondamente e con la quale però , volente o nolente , deve rapportarsi. Vengono descritti i suoi incontri occasionali con le persone più disparate; Alcuni tentano di aiutarla , fallendo miseramente, perchè Mona non conosce riconoscenza e gratitudine, è solo divorata da una grande rabbia di vivere , che la conduce , prima o poi, ad entrare in conflitto con le porge la propria mano. Altri la giudicano, la scacciano, la maltrattano le danno filo da torcere. Ed altri ancora approfittano di lei e della sua ingenua insofferenza verso la società , per manipolarla a proprio piacimento. Lei non abbasserà mai la testa, sino a perdere la vita a causa del freddo e degli stenti, tipica condizione di chi vive errando senza meta. Ottima prova della regista belga, molto toccante e decisamente crudo, descrive pienamente le contraddizioni e le storture della società odierna, che vorrebbe tutti irregimentati senza fornire spiegazioni di sorta e non sa affrontare chi sceglie strade scomode e diverse dal percorso imposto.
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luca scial�
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giovedì 9 luglio 2015
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il prezzo della libertà
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Ad Agnès Varda piaca scavare nell'animo umano, andare oltre il mero racconto cinematografico. Sarà che non è solo una regista. Questa pellicola resta la sua più riuscita. Un film che va controcorrente, essendo prodotto a metà anni '80 quando la Nouvelle vogue era già roba d'altri tempi e il cinema sembrava voler guardare altrove, non certo in direzione dell'impegno sociale.
Vincitore del Leone d'oro a Venezia, ricostruisce partendo dal suo tragico epilogo la vita di una ragazza vagabonda, che ha sempre messo la sua libertà prima di tutto e fino in fondo. Attraverso flash back e testimonianze di chi l'ha conosciuta, si tesse la sua tragica vita con fili dalle tinte sempre più spente e tragiche.
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Ad Agnès Varda piaca scavare nell'animo umano, andare oltre il mero racconto cinematografico. Sarà che non è solo una regista. Questa pellicola resta la sua più riuscita. Un film che va controcorrente, essendo prodotto a metà anni '80 quando la Nouvelle vogue era già roba d'altri tempi e il cinema sembrava voler guardare altrove, non certo in direzione dell'impegno sociale.
Vincitore del Leone d'oro a Venezia, ricostruisce partendo dal suo tragico epilogo la vita di una ragazza vagabonda, che ha sempre messo la sua libertà prima di tutto e fino in fondo. Attraverso flash back e testimonianze di chi l'ha conosciuta, si tesse la sua tragica vita con fili dalle tinte sempre più spente e tragiche. Ricorda un film dello stesso periodo, I ragazzi dello zoo di Berlino e anticipa quel che sarà uno dei film manifesto del Dogma: Rosetta, dei fratelli Dardenne.
A differenza di quest'ultimo però, qui una musica c'è ed è quella del rock elettronico di quel decennio. Tanto vuoto, quanto confuso.
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carloalberto
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martedì 15 dicembre 2020
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una giovane anarchica senza speranze
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Il destino di un’esistenza, senza vincoli di appartenenza ad una comunità o ad un territorio, senza legami stabili familiari, amicali o di coppia, che aspira ad essere assoluta, ispirata da un puro anarchismo ribelle e oramai anacronistico, etichettato come randagismo umano nelle moderne società omologanti di massa, è icasticamente rappresentato dalla Varda nell’immagine iniziale, che è anche la fine della breve parabola della vita della protagonista, interpretata da una giovanissima Sandrine Bonnaire, che, ad appena diciotto anni, ha già una maturità artistica ed una naturale drammaticità espressiva che rimangono impresse.
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Il destino di un’esistenza, senza vincoli di appartenenza ad una comunità o ad un territorio, senza legami stabili familiari, amicali o di coppia, che aspira ad essere assoluta, ispirata da un puro anarchismo ribelle e oramai anacronistico, etichettato come randagismo umano nelle moderne società omologanti di massa, è icasticamente rappresentato dalla Varda nell’immagine iniziale, che è anche la fine della breve parabola della vita della protagonista, interpretata da una giovanissima Sandrine Bonnaire, che, ad appena diciotto anni, ha già una maturità artistica ed una naturale drammaticità espressiva che rimangono impresse.
Di lei, che cammina sola ai margini di una strada, sfuggente alla stessa macchina da presa, entrando ed uscendo dal campo visivo, senza lasciare traccia del proprio passaggio, fino ad essere catturata in un fermo immagine come cadavere irrigidito dal freddo invernale in un fosso, finalmente immobile, preda selvatica raggiunta ed infilata in un civile ed asettico telo bianco, abbiamo scarne notizie e relative soltanto agli ultimi giorni precedenti alla morte, ricostruiti attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuta o semplicemente incontrata.
Le inquadrature in campo lungo con una fabbrica in lontananza sullo sfondo, segno di una civiltà distante che si annuncia in avamposti di squallore suburbano, e la giovane in primo piano come naufrago alla deriva che si sofferma un attimo a riprender fiato ed un po’ di calore accanto al fuoco acceso dagli operai di una casa in costruzione, danno simbolicamente l’idea della difficoltà di sottrarsi totalmente a qualsiasi tipo di convivenza essendo il mondo ormai disseminato di umanità infestante come il fungo venuto d’oltreoceano ad infettare i platani morenti.
La macchina della docente universitaria, la casupola diroccata, la roulotte del giovane filosofo che alleva capre, la stanza del lavoratore tunisino, la tenda piantata in un cimitero o nello spiazzo di un’officina, sono tutti rifugi temporanei e precari che si sgretolano dinanzi alla decisione irrevocabile di non far parte di nessun gruppo umano. Alla ragazza che vuole dimenticare, tutti ricordano costantemente il suo ruolo di donna nella società maschilista. Tutti quelli che incontra nel suo peregrinare odissiaco vogliono coinvolgerla nelle loro vite, in meccanismi di subordinazione o affiliazione, nella condivisione di un progetto.
E, tuttavia, nell’animo della ragazza, il desiderio di qualcuno che si prenda cura di lei in modo disinteressato, forse dovuto ad un’infanzia priva di cure parentali in un passato che rimarrà oscuro, da cui emergono pochi frammenti di una vita piccolo borghese, si combatte con la spinta opposta alla fuga peregrinante alla ricerca di una disperante libertà nella solitudine assoluta.
Alla docente universitaria occorre la scossa elettrica per destarsi dal torpore in cui è immersa, come tutti gli altri personaggi prigionieri del sogno delle loro false esistenze nelle quali la costruzione di senso si origina nello scambio reciproco di illusioni che tengono avvinti ad una realtà che prevale sulle vite fantasmatiche dei cosiddetti, per la tranquillità della coscienza dei benpensanti, barboni, troppo scomode, sporche e maleodoranti per poter essere una valida alternativa al tran tran delle menzogne interessate, degli egoismi travestiti di buone maniere, della beata esistenza borghese.
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