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I QUATTRO DELL'AVE MARIA (IT, 1968) diretto da GIUSEPPE COLIZZI. Interpretato da TERENCE HILL, BUD SPENCER, ELI WALLACH, BROCK PETERS, KEVIN McCARTHY
Cacopoulos, anziano bandito in prigione da un quindicennio per numerosi reati, riesce ad evadere da dietro le sbarre dopo aver freddato a colpi di pistola il direttore, e deruba i due avventurieri Cat Stevens e Hutch Bessy che hanno appena riscosso il cospicuo tesoro di Bill Sant’Antonio (ucciso nel precedente film, Dio perdona… io no!), depositando gli interessi in banca. Inizialmente furibondi per il furto dell’oro subito, Doc e Hutch partono alla ricerca del delinquente messicano e riescono a catturarlo, ma poi si alleano con lui, aggiungendo al gruppo anche un equilibrista di pelle scura, ai danni di un ricco biscazziere con cui Cacopoulos ha molti conti in sospeso. L’impresa avrà successo. Seconda occasione per T. Hill (Mario Girotti) e B. Spencer (Carlo Pedersoli) di condividere la scena, coadiuvati anche dalla scelta del bravo Colizzi di farli stare più tempo insieme rispetto al primo esperimento cinematografico sopracitato, e appoggiati anche da una sceneggiatura vispa e attiva, la cui vivacità deve parecchio ad uno stile secco ed essenziale che però non manca di divertire e di mettere a disposizione del pubblico una storia spassosa, malgrado i momenti drammatici e e le scivolate in un cinema d’avventura un po’ rustico e grezzo. La presenza di Wallach (1915-2014) come terzo incomodo, che successivamente si trasforma in protagonista acceso e vitale, è un altro prezioso punto a favore di un picaresco e brioso spaghetti-western che non annoia nonostante le due ore di proiezione e che impressiona positivamente per la sua ampia ricchezza di spunti, il suo ritmo incalzante e la sua tensione narrativa sempre sospesa sul filo del rasoio, pronta a rompersi nelle risse ridanciane e nelle violente e agresti pistolettate. Non molto funzionale la scelta di aumentare il numero dei caratteri principali da due a quattro, ed effettivamente la decisione di una recitazione corale, anche in altri casi, ha sfavorito la coppia Hill-Spencer, ma le interpretazioni di un quartetto affiatato e motivato ripagano di una rotta che poteva andare pericolosamente a collidere. Il regista, troppo presto dimenticato per la sua prematura scomparsa e assolutamente meritevole di una riabilitazione, non lascia troppo spesso carta bianca agli interpreti e riesce a dirigerli senza perdere di vista la materia della storia e ne fa un’allegra, scanzonata e virile scampagnata che mescola Don Chisciotte con Zorro e i classici western fordiani, facendo leva sul tema della collaborazione maschile e approdando ad un esito che privilegia una comicità che è meno grossolana di quel che sembra. Le scene più coinvolgenti: l’arrivo di Doc e Hutch alla sede bancaria e la scazzottatura (che si vede ma non si sente) col proprietario dell’istituzione; il ladrocinio di Cacopoulos fra le alture del deserto, mentre le due vittime sono costrette a scendere da cavallo; il ritrovamento del bandito presso il paese messicano dove è in corso la festa, dove viene in un primo tempo appeso per le mani al soffitto; la preparazione del piano da attuare nei sotterranei della bisca clandestina; il duello conclusivo. Premiato con uno scrosciante successo popolare. Voci italiane: Sergio Graziani (Hill), Glauco Onorato (Spencer), Carlo Romano (Wallach), Ferruccio Amendola (Peters), Pino Locchi (McCarthy).
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