asr
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martedì 13 marzo 2007
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a proposito di lei...
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La giovanissima Adriana arriva a Roma dalla provincia toscana con il sogno di avere successo nel mondo dello spettacolo. Per il momento si accontenta di lavori umili e saltuari: servetta in una casa piccolo borghese attenta a schivare le attenzioni del garzone del lattaio, manicure in un salone di bellezza di periferia pronta a soddisfare, inerme, le voglie del corpulento principale, maschera in un cinema da spettatrice non pagante avvezza più al pettegolezzo che al lavoro, cassiera in un bowling. Saltuari e più o meno umili gli uomini che Adriana cambia, volente o nolente, anche più rapidamente dei propri impieghi: un venditore di mobili, un gigolò sbruffone e truffatore, un manager squattrinato, un cinico intellettuale, un umile garagista sincero e (forse) innamorato, un "pariolino" (probabilmente non capiranno i residenti fuori dal raccordo anulare) viziato e troppo sincero (sicuramente) innamorato ma non di Adriana.
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La giovanissima Adriana arriva a Roma dalla provincia toscana con il sogno di avere successo nel mondo dello spettacolo. Per il momento si accontenta di lavori umili e saltuari: servetta in una casa piccolo borghese attenta a schivare le attenzioni del garzone del lattaio, manicure in un salone di bellezza di periferia pronta a soddisfare, inerme, le voglie del corpulento principale, maschera in un cinema da spettatrice non pagante avvezza più al pettegolezzo che al lavoro, cassiera in un bowling. Saltuari e più o meno umili gli uomini che Adriana cambia, volente o nolente, anche più rapidamente dei propri impieghi: un venditore di mobili, un gigolò sbruffone e truffatore, un manager squattrinato, un cinico intellettuale, un umile garagista sincero e (forse) innamorato, un "pariolino" (probabilmente non capiranno i residenti fuori dal raccordo anulare) viziato e troppo sincero (sicuramente) innamorato ma non di Adriana. La sua vita è questa e poco più, in un night, in una camera d'albergo, su una spiaggia di Ostia affollata soltanto di rifuiti, in un commissariato ad apprendere l'ordine e la disciplina, nel proprio appartamento semivuoto dove il principale arredo sono un vecchio giradischi sempre in movimento uno specchio spietato nel sorprenderla nei suoi momenti di sconforto e un freddo tavolo di marmo utile a liberarsi di un bambino mai nato, ostacolo alla corsa al successo e figlio di un uomo che nè lo spettatore nè tantomeno Adriana conoscono. E quel successo tanto cercato è tutto in uno spot pubblicitario dove Adriana in abito da sera viene inquadrata dal tallone al ginocchio("poteva venì pure in vestaja che era lo stesso"), in una comparsata in un film mitologico di serie "C" dove il tempo passa quasi mai sul set e quasi sempre al telefono alla ricerca, vana, dell'innamorato di turno, in un attico extralusso tra attori ignoranti dichiarati che hanno sfondato e attori sedicenti colti "sfondati" dalla vita e dalle avances di Ava Gardner, in un servizio giornalistico in camera da letto dove il letto è il posto di lavoro, in un teatro di campagna sfilando a margine di un incontro di boxe dove quello che conta è il niente sotto il vestito indossato goffamente dalla sfarfallante Adriana ("annunciatò...annunciace l'indirizzo...de che colore c'ha le mutande!"). A rendere ancora più amara e insipida la vita-minestrone di Adriana sono paradossalmente le poche cose belle che la sfiorano di tanto in tanto tra un ballo sfrenato e un sogno riposto nel cassetto: un neonato a cui fare la baby-sitter insegnandogli a parlare inglese, un ragazzino con cui ballare stretti stretti una melodia dolce e malinconica, un pugile malmenato al quale anche un sorriso e un innocente bacio sulle labbra possono far male, la mano ruvida e stanca di una madre da stringere, simbolo di un mondo a cui Adriana non appartiene più e che forse sarebbe stato l'unico giusto per lei. E tra tutte le delusioni, l'ultima. Forse la meno importante ma la più evidente agli occhi della giovane ragazza ingenua e mai bugiarda. Un servizio che doveva essere il lancio definitivo verso le stelle si trasforma nella discesa che porta al baratro. I complimenti delle amiche si trasformano in ghigni assordanti, i sogni ora sono incubi, le ambizioni sono rimpianti. L'unica salvezza è un volo...non più verso le stelle ma in basso contro una fragile pensilina di vetro. Ciao Adriana, ragazzina come tante...meravigliosa come nessuna!
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franz
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martedì 6 novembre 2007
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riscoprire la modernità passata
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Estremamente moderno ed esteticamente pregevole, "io la conoscevo bene" è un autentico omaggio che il regista Antonio Pietrangeli fa a Roma, alla musica degli anni '60, alla Fiat Cinquecento e ad una Stefania Sandrelli strepitosa; forse mai così bella ed espressiva come in questa occasione. Eccellente la sceneggiatura così come il montaggio talvolta sincopato, talvolta suadente nei soliloqui anche solo accennati dalla protagonista, la quale recità con una fisicità delicata e convincente. Di pregio le musiche del maestro Piero Piccioni così come le altre non originali selezionate allora per la pellicola: da Luigi Tenco a Ornella Vanoni, tutte contribuiscono a creare quella spensierata malinconia che pervade il film.
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Estremamente moderno ed esteticamente pregevole, "io la conoscevo bene" è un autentico omaggio che il regista Antonio Pietrangeli fa a Roma, alla musica degli anni '60, alla Fiat Cinquecento e ad una Stefania Sandrelli strepitosa; forse mai così bella ed espressiva come in questa occasione. Eccellente la sceneggiatura così come il montaggio talvolta sincopato, talvolta suadente nei soliloqui anche solo accennati dalla protagonista, la quale recità con una fisicità delicata e convincente. Di pregio le musiche del maestro Piero Piccioni così come le altre non originali selezionate allora per la pellicola: da Luigi Tenco a Ornella Vanoni, tutte contribuiscono a creare quella spensierata malinconia che pervade il film.
NoOtevoli, come al solito, Nino Manfredi in una parte che sembra tagliata addosso a lui ed un Ugo Tognazzi che interpreta un attorucolo in cattive acque, disposto a tutto pur di restare a galla.
Un piccolo capolavoro italiano da vedere e rivedere.
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alespiri
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domenica 14 febbraio 2010
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chi ci conosce meglio di noi stessi?
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Il film che ha consacrato la Sandrelli un'attrice di grande calibro, capace di rendere perfettamente il silenzioso conflitto che le cresceva dentro.
Una ragazza semplice, arriva in città dalla provincia e con ingenuità si propone nella sua maliziosa tenerezza; affascina uomini oscuri,banali, frutto di un maschilismo imperante e che la lasciano sempre più sola difronte al suo sentire un sempre più marcato senso di "non riconoscimento". Il pettegolezzo, gli sguardi ambigui, il senso di inutilità e di emarginazione avanzano fino a spingerla, con la stessa semplicità e fiducia con cui si concedeva all'altro, all'estremo gesto di lanciarsi nel vuoto, togliendosi ogni speranza.
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Il film che ha consacrato la Sandrelli un'attrice di grande calibro, capace di rendere perfettamente il silenzioso conflitto che le cresceva dentro.
Una ragazza semplice, arriva in città dalla provincia e con ingenuità si propone nella sua maliziosa tenerezza; affascina uomini oscuri,banali, frutto di un maschilismo imperante e che la lasciano sempre più sola difronte al suo sentire un sempre più marcato senso di "non riconoscimento". Il pettegolezzo, gli sguardi ambigui, il senso di inutilità e di emarginazione avanzano fino a spingerla, con la stessa semplicità e fiducia con cui si concedeva all'altro, all'estremo gesto di lanciarsi nel vuoto, togliendosi ogni speranza. Un film di denuncia verso una società bieca che etichetta le persone per "sentito dire", per "luoghi comuni", senza considerare l'unicità che contraddistinue ogni singolo individuo, con l'universo di emozioni che si porta dentro.
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no_data
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sabato 21 giugno 2014
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omologati al destino dei perdenti
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“Io la conoscevo bene”è senza dubbio uno dei ritratti femminili più toccanti dell’intera cinematografia italiana: uno dei tanti che Pietrangeli amò ‘dipingere’ sullo schermo spinto non dall’attenzione per la donna in quanto tale, ma dal convincimento che il suo corpo e lo stile di vita fossero gli ‘strumenti’ più efficaci per raccontare la trasformazione in atto nella nuova società italiana protagonista del ‘boom’ con la quale si sono confrontati inevitabilmente i maggiori autori degli anni ’60.
Adriana è una ragazza omologata all’ultima moda del tempo, non una ‘stella’ artefatta, ma una creatura modesta e verace, una figura familiare, una ragazzotta semplice, con goffi atteggiamenti da diva.
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“Io la conoscevo bene”è senza dubbio uno dei ritratti femminili più toccanti dell’intera cinematografia italiana: uno dei tanti che Pietrangeli amò ‘dipingere’ sullo schermo spinto non dall’attenzione per la donna in quanto tale, ma dal convincimento che il suo corpo e lo stile di vita fossero gli ‘strumenti’ più efficaci per raccontare la trasformazione in atto nella nuova società italiana protagonista del ‘boom’ con la quale si sono confrontati inevitabilmente i maggiori autori degli anni ’60.
Adriana è una ragazza omologata all’ultima moda del tempo, non una ‘stella’ artefatta, ma una creatura modesta e verace, una figura familiare, una ragazzotta semplice, con goffi atteggiamenti da diva. È una delle tante, una del popolo, una donna libera, ma non per questo un’eroina o una femme fatale, normale, persino banale, figlia di una famiglia proletaria di campagna, con la madre austeramente coperta da uno scialle nero, che si è appena inserita con le proprie forze nella classe piccolo-borghese. È, ancora, una sprovveduta ma non incolpevole vittima di una società che la ferisce e a cui cerca di adeguarsi nell’unico modo che conosce: cambiando vestito e pettinatura dopo ogni fallimento.
È protagonista di un’indipendenza faticosa e modesta, di ambizioni ingenue e comuni, come la già sfiorita Pina di “La visita” (1964) desiderosa di una sistemazione matrimoniale, con la sua villetta a schiera in provincia, i suoi interni così orgogliosamente ordinari, pieni di paccottiglia e di libri acquistati per corrispondenza. È una donna sola, ma non trova un affetto sicuro e stabile proprio perché è libera e indipendente e, dal canto suo, non si sente più costretta, socialmente ed economicamente, ad accontentarsi del primo che le capita.
“Io la conoscevo bene”è un film sui sogni infranti di una delle tante ragazze che negli anni del ‘boom’ dell’industria cinematografica nazionale aspiravano a diventare dive dello schermo. È, anche, un film su Roma e la sua fabbrica di sogni, che tramuta il ritratto onirico della dorata ‘dolce vita’ che Fellini aveva tratteggiato pochi anni prima in un tragico atto di denuncia contro il regno incantato dello spettacolo, con le sue pazze feste e le subdole lusinghe.
La società dello show business è un ambiente volgare, cinico e spietato, popolato di maschere viscide e patetiche, come il talent scout da strapazzo che cerca senza successo di lanciare Adriana, e l’attore fallito protagonista di una scena grottescamente dolorosa in cui si esibisce come un barboncino ammaestrato per il divertimento sadico del divo onnipotente della festa, pur di ottenere una scrittura. È questo il mondo che sfrutta e raggira l'ingenuità della protagonista, in un crescendo drammatico che, sommando le delusioni professionali a quelle amorose, conduce la storia verso il tragico finale.
Uno degli ultimi episodi che compongono il quadro, in una altalena crudele che fa assaporare alla protagonista l’illusione del successo a portata di mano, e poi la ributta giù, nel baratro della sconfitta e della mortificazione, condanna esplicitamente l’artificio dello spettacolo che manipola e distrugge la naturale spontaneità. Il montaggio del servizio per un cinegiornale, girato a una festa per lanciare Adriana, trasforma la sua breve intervista in una parodia ridicola e imbarazzante, montata ad arte per il divertimento degli spettatori in sala. L’ingenua ragazza, che pensava di godersi il suo riscatto con le ex-colleghe maschere del cinema, si trova a ricevere l’ultima, fatale, umiliazione.
Il titolo del film pone un interrogativo curioso e intrigante, e, insieme anticipa, con il verbo al passato, il tragico destino della protagonista. Chi è quell’‘io’ che ‘conosceva bene’ Adriana? Forse uno dei numerosi amanti e praticoni del mondo dello spettacolo che si sono presi gioco di lei; oppure, è un ‘io’ corale delle tante donne che, come lei, vivono di espedienti; o, molto più probabilmente, è lo stesso autore del ritratto pieno di partecipazione e di pietà, che, sin dal titolo, ha voluto renderle la dignità che apparentemente le manca, sottintendendo che la gran parte della colpa di quel che le è capitato è della giungla spietata che il mondo, già allora, stava diventando, nella quale lei si muove da sola in mezzo ad una moltitudine di ‘cacciatori’ di creature indifese.
Tra un incontro mondano e l’altro, Adriana si ritrova sempre sola nel suo appartamento, con l’unica compagnia del giradischi. Balla da sola, da sola ascolta le canzoni di successo del momento, in continuazione, per distrarsi fino allo stordimento, evitando così di pensare, di rimanere sola con se stessa. Una di esse, scelta da Pietrangeli in funzione diegetica, sembra proprio una sintesi della sua storia: “Non hai saputo tenerti niente, neanche un amico sincero…tutto hai perduto anche l’amore, buttato via dalle tue mani, mani bucate”.
Uno dei suoi amanti, uno scrittore, annota:“Il fatto è che le va bene tutto, è sempre contenta, non desidera mai niente, non invidia nessuno, è senza curiosità, non si sorprende mai. Le umiliazioni non le sente... Eppure, povera figlia, dico io, gliene capitano tutti i giorni...le scivola tutto addosso senza lasciare traccia, come su certe stoffe impermeabilizzate. Ambizioni zero, morale nessuna, neppure quella dei soldi perché non è nemmeno una puttana. Per lei ieri e domani non esistono, non vive neanche giorno per giorno perché già questo la costringerebbe a programmi troppo complicati. Perciò vive minuto per minuto: prendere il sole, sentire i dischi e ballare sono le sue uniche attività. Per il resto è volubile, incostante, ha sempre bisogno di incontri nuovi e brevi, non importa con chi. Con se stessa, mai”.
L’incontro con se stessa, alla fine, accade fatalmente: proprio in quell’appartamento e in quella solitudine si consuma tutto in una volta il dramma esistenziale della protagonista. Adriana prima si toglie l’ennesima parrucca, simbolo di tutte le sue illusioni, e poi si toglie la vita, dando alla propria esistenza irrequieta una risoluzione definitiva. Perché, forse, non è vero che non sente le umiliazioni, e questo gesto finale le restituisce tutta la dignità che le è stata tolta dal mondo che la circonda.
“Ne esce un acuto ritratto dell’Italia anni Sessanta, malinconico e cattivo, pieno di millantatori, arrivisti e volgari seduttori che gravitano tutti intorno al ‘gran’ mondo del cinema e della pubblicità.”(Mereghetti, a cura di, “Dizionario dei film”, Milano, 1993)
Salvatore Currieri, "Lo specchio degli anni '60 - Il cinema e la società di un decennio fondamentale"
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parsifal
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giovedì 31 maggio 2018
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l'apparenza inganna
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Pietrangeli, con la collaborazione dei fidi Scola e Maccari, tratteggia il ritratto di una giovane esordiente nel mondo del cinema, l'ingenua Adriana ( S. Sandrelli) alle prese con un ambiente a lei del tutto sconosciuto e molto tentacolare. Passa da un'avventura all'altra , senza porsi troppi problemi , senza farsi troppe domande, alla ricerca del fatidico grande amore o almeno di un'occasione propizia per la sua carriera . Ed in questo suo peregrinare , incontra ogni sorta di personaggi, dubbi e molto discutibile. Dal talent scout o sedicente tale Cianfanna ( un ottimo Manfredi) dalla logorrea inarrestabile e di scarse risorse professionali, pronto a carpire la fiducia altrui e perennemente alla ricerca di denaro e disposto ad ogni sorta di sotterfugio per averlo o dello spietato produttore ROberto ( E.
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Pietrangeli, con la collaborazione dei fidi Scola e Maccari, tratteggia il ritratto di una giovane esordiente nel mondo del cinema, l'ingenua Adriana ( S. Sandrelli) alle prese con un ambiente a lei del tutto sconosciuto e molto tentacolare. Passa da un'avventura all'altra , senza porsi troppi problemi , senza farsi troppe domande, alla ricerca del fatidico grande amore o almeno di un'occasione propizia per la sua carriera . Ed in questo suo peregrinare , incontra ogni sorta di personaggi, dubbi e molto discutibile. Dal talent scout o sedicente tale Cianfanna ( un ottimo Manfredi) dalla logorrea inarrestabile e di scarse risorse professionali, pronto a carpire la fiducia altrui e perennemente alla ricerca di denaro e disposto ad ogni sorta di sotterfugio per averlo o dello spietato produttore ROberto ( E.M.Salerno) cinico e senza scrupoli che non esita a mettere alla berlina un attore in declino Bagini ( Ugo Tognazzi) durante una festa, esponendolo allo scherno dei presenti e riducendolo al ruolo di prosseneta, salvo poi non mantenere le promesse fatte. O ancora, uno scrittore che sta usando la loro relazione per la stesura del suo ultimo romanzo, parlando proprio di lei in termini non certo lusinghieri. La sua ingenuità è quasi irritante , tanto quanto la sua incapacità di negarsi agli uomini che incontra , sperando sempre che sia la volta buona. Una lunga carrellata di situazione e personaggi carattterizza lo svolgimento narrativo di questa vicenda che avrà un epilogo inaspettato e doloroso. Vicenda malinconica accompagnata da una narrazione graffiante e a tratti spietata.
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ralphscott
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giovedì 14 ottobre 2010
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malinconie d'autore
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La sceneggiatura volutamente frammentaria ha un collante di nome Adriana,una deliziosa Sandrelli in piena forma. Come sempre la naturalezza é il suo forte,grazie alla quale emerge da tante piccole vicende a volte tristi,a volte bizzarre,talvolta buffe. Ne uscirà sconfitta,anche per colpa del suo candore troppo ingenuo. Notevolissimo,in una particina,un Tognazzi da Nastro d'argento:fintamente allegro come riapparirà più volte nella sua carriera.
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stefanocapasso
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lunedì 21 maggio 2018
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una squarcio di consapevolezza fatale
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Adriana è una semplice ragazza della provincia toscana che si trasferisce a Roma con l’intento di entrare nel mondo del cinema. Tra un approccio mal riuscito e l’altro, consuma una serie di relazioni amorose brevissime, che non le lasciano nulla. Continua a credere nel suo sogno, preservando una certa integrità morale fino al punto che l’ennesima delusione aprirà nel suo animo una falla irreparabile.
Antonio Pietrangeli firma un lucido dramma personale che si incastra in uno spietato atto d’accusa contro il mondo del cinema. La protagonista è l’emblema di un modello di ragazza che in quell’epoca punta tutto sul cinema. Ma Adriana conserva anche una inconsapevole integrità, una purezza che la porta a non accettare mai il compromesso necessario per entrare in quel mondo del cinema mostrato in una lunga sequenza come spietato, feroce e frivolo.
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Adriana è una semplice ragazza della provincia toscana che si trasferisce a Roma con l’intento di entrare nel mondo del cinema. Tra un approccio mal riuscito e l’altro, consuma una serie di relazioni amorose brevissime, che non le lasciano nulla. Continua a credere nel suo sogno, preservando una certa integrità morale fino al punto che l’ennesima delusione aprirà nel suo animo una falla irreparabile.
Antonio Pietrangeli firma un lucido dramma personale che si incastra in uno spietato atto d’accusa contro il mondo del cinema. La protagonista è l’emblema di un modello di ragazza che in quell’epoca punta tutto sul cinema. Ma Adriana conserva anche una inconsapevole integrità, una purezza che la porta a non accettare mai il compromesso necessario per entrare in quel mondo del cinema mostrato in una lunga sequenza come spietato, feroce e frivolo. Utilizza una narrazione rapsodica, non lineare, gli episodi narrati non sono concatenati tra loro, appaiono all’improvviso.al momento, senza una progettualità; proprio come la vita di Adriana che vive solo pensando all’attimo. Ma questo percorso arriverà ad aprire in lei uno squarcio di consapevolezza che si rivela fatale: impossibilitata a cambiare la sua storia sceglie di emendarla per sempre. Un film di grande impatto visivo, basato sull’erotismo della Sandrelli, sulla modalità narrativa innovativa che rimanda alla nouvelle vague e alla musica diegetica che cucita sul personaggio di Adriana ne descrive i momenti di alternanza emotiva
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