Quarto potere |
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Un film di Orson Welles.
Con Everett Sloane, Paul Stewart, Joseph Cotten, Alan Ladd.
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Titolo originale Citizen Kane.
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
b/n
durata 120 min.
- USA 1941.
- I Wonder Pictures
uscita giovedì 10 ottobre 2024.
MYMONETRO
Quarto potere ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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estetizzante
di carloalbertoFeedback: |
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venerdì 22 maggio 2020 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Occorre un’iniziale presa d’atto. Ovvero, premesso che è considerato uno dei capolavori della cinematografia mondiale di tutti i tempi, che stilisticamente è creativo ed innovativo, che la fotografia, con la nitida risoluzione del bianco e nero, mette in risalto la tetra scenografia del castello, che Welles è già a 25 anni uno straordinario interprete, nonché regista e sceneggiatore eccellente e finanche coproduttore, il film non mi ha coinvolto empaticamente e non dico che mi abbia annoiato ma neanche mi ha entusiasmato. A metà strada tra la biografia di un ricco magnate inizi novecento e autobiografia, tra documentario-cinegiornale, che pure contiene come riferimento, e drammone psicologico, rimane un prodotto esteticamente perfetto, destinato probabilmente alla critica dei cinefili di professione che amano indugiare sull’inquadratura particolare o sull’uso di grandangoli, ma non comunica altro che banalità e cioè che la stampa influenza l’opinione pubblica e che i soldi non fanno la felicità. Senza contare che nel ’41 altri mass media erano già più potenti e proprio Welles ne aveva sperimentato la capacità ipnotica e persuasiva con il famoso annuncio dell’atterraggio marziano alla radio, che gli diede la fama e la notorietà che gli permisero di realizzare il film. C’è un tentativo di complicare una trama molto semplice con innesti continui di flashback e un affastellamento dei temi più svariati, anche sociali, dalla corruzione dei politici alla rivendicazione dei diritti dei lavoratori, senza lesinare sulla psicopatologia del protagonista, afflitto dalla sindrome dell’accumulatore seriale e da patente megalomania. Un’accozzaglia di contenuti che inconsciamente è riprodotta nel deposito di oggetti d’arte, provenienti da tutto il mondo, nella faraonica residenza di Kane. Le figure femminili sono relegate in secondo piano oppure non hanno una forza interpretativa tale da lasciare il segno, vuoi anche per la sceneggiatura scritta e pensata per descrivere un mondo di uomini. La trovata finale melodrammatica dello slittino che brucia, forse più appropriata per un giallo vecchio stile, non aggiunge pathos al film, che, peraltro, ne è privo sin dall’inizio. Da notare nel cast un giovane Joseph Cotten nella parte dell’amico saggio.
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