Giuseppe Marotta
“Ho la stoffa di un principe del Foro, o quella di uno scialbo "paglietta"?”, è l'ossessiva domanda che si rivolge l’eroe della vicenda, umile gregario di un importante studio legale del Montana. Egli è afflitto dall'immancabile sposta traboccante di energia, che piglia di petto il mondo, e secondo la quale il marito sarebbe un Einstein del giure, se la modestia non gli tarpasse le ali. Dio vi scampi da una simile compagna della vita, o vi conceda la forza di gridarle (avvicinando o non avvicinando le dita alla sua candida gola): “Ma se io fossi un genio, tu come diavolo potresti accorgertene?” Max, l'avvocatuccio suddetto, rinunzia invece all'impiego e si trasferisce a Los Angeles in cerca di fortuna. [...]
di Giuseppe Marotta, articolo completo (2417 caratteri spazi inclusi) su 1956