Kingsman - Il cerchio d'oro

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Non un passo falso, ma comunque un passo indietro Valutazione 3 stelle su cinque

di MatteoFedele


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lunedì 2 ottobre 2017

In un mondo (tristemente simile al nostro) in cui chiunque si fa di sostanze e il presidente USA ha divertite tendenze fasciste operano i britannici Kingsmen e gli statunitensi Statesmen, orgogliose incarnazioni dei più banali stereotipi dei loro Paesi. Se i primi si atteggiano a damerini altezzosi e camminano come se avessero un ombrello inserito nel canale anale, i secondi sono cowboy alcolizzati dotati di attrezzature talmente improbabili che neanche gli stivaletti a molla di Paperinik (un lazo laser sarebbe ridicolo anche in un film di “Star Wars”). L’aspetto positivo dei secondi (capitanati da un Jeff Bridges sigaromunito) è che non hanno animali da compagnia coi quali imbastiscono equivoche relazioni sentimentali.

Quando la loro umile base viene allegramente fatta esplodere e il loro organico ridotto all’essenziale, gli “uomini del re” si rifugiano dai cugini yankee e scoprono che questi hanno salvato la vita a Colin Firth con un intervento fantascientifico che nemmeno gli ufficiali medici di “Star Trek”. Il fu Mark Darcy (qui in versione Deathstroke) si conferma il personaggio più divertente (per non dire ridicolo) dell’ensemble. Se nel primo film era una figura paterna per Taron Egerton, in questo fa la parte del nonno con l’Alzheimer. A proposito del buon Taron, ha sviluppato un’angosciante passione per l’arancione e ha trovato la pentola magica, nel senso che si è fidanzato con la reale da lui salvata e sessualmente soddisfatta alla fine del primo film. Eggsy (questo il triste nome del suo personaggio) è un bravo bambino, quindi se fa sesso anale con una sconosciuta, poi ci si mette insieme. Anche stavolta è la bionda principessina svedese quella da salvare, insieme a tutti gli altri consumatori di droghe del mondo, strumenti di ricatto della signora del kitsch Julian Moore, narcotrafficante desiderosa di essere considerata onesta imprenditrice e di conseguenza di non essere più costretta a nascondersi in mezzo a una giungla. I Testimoni di Geova non le suonano mai il campanello e si lamenta. Mecenate della robotica e sostenitrice del cannibalismo, nel momento in cui dei nemici penetrano nel suo parco giochi facendo strage della sorveglianza non ritiene utile scappare o procurarsi un’arma per autodifesa. Il cerchio d’oro del titolo è il nome della sua organizzazione multinazionale, nonché il simbolo tatuato sulla pelle dei suoi sottoposti, simbolo che lei ha scelto perché boh. Probabilmente le piace “Il Signore degli Anelli”. Anziché negoziare con questa terrorista per salvare i tossici, il presidente Hitler li rinchiude, ognuno nella propria gabbietta. Perché rinchiuderli tutti insieme era troppo ovvio.

Lieto fine scontato. Halle Berry viene promossa agente operativa per mancanza di personale, senza aver fatto nulla per dimostrarsi idonea. Il giovincello protagonista è costretto ad ammogliarsi perché altrimenti la fidanzata lo molla e non ritiene necessario invitare alla cerimonia la propria madre e la propria sorella minore.

La scena migliore? Mark Strong canterino, la cui morte è identica a quella di John Barrowman nell’ultimo episodio della quinta stagione di “Arrow”. Altre scopiazzature palesi? Lo sgherro dell’antagonista è un ex-amico che ora ha un braccio di metallo. Lui e il Soldato d’Inverno avrebbero tanto da dirsi.

Ben girate le numerose sequenze d’azione, ma nessuna si avvicina a quella davvero spettacolare della chiesa vista nel primo film. Esiguo il ruolo di Channing Tatum (ancor più di quello da macchietta di Elton John), il che è una sgradita sorpresa dato che la campagna marketing è basata ampiamente su di lui. A proposito del cantautore britannico, è stato rapito da diverso tempo e nessuno se n’è accorto, o a nessuno importa.

Il primo sequel della carriera registica di Matthew Vaughn è dunque un passo indietro rispetto al proprio predecessore. A differenza del proprio predecessore (tratto da una miniserie fumettistica di Mark Millar e Dave Gibbons), questo sequel non aveva alcuna base fumettistica (e si vede). E se non c’era una base fumettistica, perché fare questo sequel? (domanda retorica)

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