Non andro' mai e poi mai a vedere sto horror -ho gusti delicati e non all'ingrosso, e non gradisco troppo e troppo da vicino l'orrore...............
Ma lo segnalo attraverso questa bella recensione/presentazione di LETTERA 43, colta e per nulla banale, oltre che molto, molto letteraria.
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Le corna di Perfetti sconosciuti? Sono un film horror
Su Whatsapp seppelliamo flirt come zombie.
Il bivio fra adolescenza ed età adulta è all'ingresso della multisala: mia figlia quindicenne, debitamente corredata di pop corn e bibite ghiacciate, si incammina con le amiche verso Pride and Prejudice and Zombies e io, con le mie caramelline sugarfree e la bottiglia d'acqua naturale fuori frigo, verso Perfetti sconosciuti.
Le nostre strade si ricongiungono solo all'uscita, ma chi ci guardasse in faccia faticherebbe a capire chi di noi due ha visto il film dell'orrore.
L'unica differenza è che a lei Pride and Prejudice eccetera ha messo paura di dormire da sola, mentre a me Perfetti sconosciuti ha messo voglia di dormire da sola per il resto della mia vita.
INNO AL CELIBATO. Non che il cinema italiano sia mai stato un inno all'amore e al sentimento, anzi, potrebbe essere utilmente usato dagli aspiranti monaci del monte Athos per raggiungere in tempi record il contemptus mundi e abbracciare senza rimpianti il celibato e la segregazione perpetua dall'altro sesso.
Ma il film di Paolo Genovese, pur avvicinandosi a Risi e Monicelli solo nella spietatezza e nel cinismo e non nella maestria cinematografica, affonda il dito in una piaga che non è più sanamente dolorosa e sanguinante, ma purulenta, spappolata e maleodorante come la carne zombie: la coppia monogamica.
LE NOSTRE SCATOLE NERE. Sposata o di fatto, non importa, e per lo più etero: il meno peggio fra i sette Perfetti sconosciuti è il «frocio» interpretato da Giuseppe Battiston, ma come si fa a mettere la mano sul fuoco per un professore di educazione fisica chiaramente sovrappeso che per il proprio training quotidiano si affida a una dispotica app del cellulare?
Già, il cellulare: l'unico rapporto profondo, esclusivo e indissolubile per tutti i personaggi del film è quello con il proprio telefonino, «scatola nera della nostra vita», specie se la vita sembra fatta di scatole cinesi tutte grigie.
E per quanto si possa aver letto questa banalità in mille corsivi moraleggianti o averla sentita nei fervorini radical-buonisti di Che tempo che fa, quando i sette Sconosciuti posano i cellulari sul tavolo da pranzo, col display visibile, pronti a condividere tutto quel che vi apparirà, nella sala si percepisce uno spostamento d'aria.
SCHELETRI NEL TELEFONO. È il brivido collettivo che percorre la schiena degli spettatori, agghiacciati come se alle spalle di Valerio Mastandrea e Kasia Smutniak stesse facendo capolino l'esercito di non-morti che irrompe nel salotto di Pride and Prejudice.
Perché se nelle nostre camere matrimoniali abbiamo armadi impeccabili e ordinatissimi non è solo grazie ai razionali accessori interni stile Ikea, ma è anche perché abbiamo trasferito tutti i nostri privatissimi scheletri nei nostri rispettivi smartphone, dove se ne stanno buoni finché una scommessa imprudente e un'eclisse di luna non li fanno uscire tutti insieme a danzare scatenati come in Thriller di Michael Jackson.
DA WHATSAPP AL DIVORZIO. Non sarò così ipocrita da chiedere retoricamente chi di noi non gestisce uno o più flirt su Whatsapp o Facebook, o non tiene in qualche cartella nascosta delle foto in cui il colore prevalente è il rosa carne, perché al massimo citereste un amico di vostro cugino, ma i numeri dicono che Whatsapp è implicato nel 40% delle cause di divorzio, e l'amico di vostro cugino potrebbe confermarlo.
Sembra una degenerazione della modernità e invece è un ritorno al passato.
Mentre qualcuno chiede la riapertura dei bordelli, ognuno di noi - okay, diciamo tanta gente fra cui l'amico di vostro cugino - ha nel cellulare una piccola casa d'appuntamenti virtuale, dove sfoga la voglia di passione, di trasgressione (che spesso si riduce a un po' di «cosatifarei» all'ora della buonanotte) per poi tornare alla proba e distratta routine del legame ufficiale.
Che, lungi dall'esserne insidiata, ne risulta consolidata, almeno finché una psicologa ficcanaso propone una stupida sfida durante una cena fra amici.
COME NELL'OTTOCENTO. Ma in buona sostanza le cose vanno esattamente come nell'Ottocento, quando il padre di famiglia si divideva «fra i piaceri della casa e la casa di piacere».
Adesso però si è aggiunta anche la madre di famiglia, perché lo smartphone ha redistribuito più equamente fra i due sessi le trasgressioni una volta accessibili quasi esclusivamente all'uomo.
L'importante è che gli zombie spudorati e vogliosi restino nei cellulari sepolti in fondo alle nostre tasche e borse, se non vogliamo che vengano a fare a brandelli il nostro orgoglio e certi pregiudizi più putrefatti di loro.
MEGLIO ESSERE... SCONOSCIUTI. Un matrimonio è tanto più perfetto quanto più marito e moglie restano sconosciuti l'uno all'altro: vale ai tempi di Genovese come a quelli di Jane Austen.
Che nella lealtà fra coniugi aveva tanta fiducia che restò single tutta la vita.
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