Io sto con la sposa

Un film di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry. Con Tasneem Fared, Abdallah Sallam, MC Manar, Alaa Bjermi, Ahmed Abed.
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Docu-fiction, durata 89 min. - Italia, Palestina 2014. - Cineama uscita giovedì 9 ottobre 2014. MYMONETRO Io sto con la sposa * * * - - valutazione media: 3,09 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

...sotto lo stesso cielo... Valutazione 4 stelle su cinque

di M.Barenghi


Feedback: 80 | altri commenti e recensioni di M.Barenghi
sabato 11 ottobre 2014

Sotto lo stesso cielo era la "frase forte" che sottendeva l'architettura di "Hero", un discusso film di Zhang Yimou del 2002, frainteso da alcuni come un bellissimo esercizio stilistico ma in realtà uno dei più ispirati manifesti per la fratellanza cui il cinema abbia dato vita. All'uscita del film in Italia eravamo alla vigilia dell'invasione dell'Iraq, e solo poche testate, fra cui Il Manifesto, sottolinearono l'attualità del film in questione, tanto da intitolare con questa frase l'articolo di fondo che commentava l'imminente attacco USA contro Saddam Hussein.
A distanza di 12 anni, come a tutti noi è tristemente noto, i problemi inerenti a questa zona di mondo si sono piuttosto moltiplicati che risolti. Per noi italiani, almeno quelli appartenenti a una certa sfera culturale (n.b. NON ideologica), assistere quasi quotidianamente alla perdita di vite umane che la fuga dal medio-oriente si trascina dietro è diventato un esercizio di sofferenza e indignazione destinato prima o poi a sfociare nel cinismo e nel menefreghismo qualunquista. E' con queste premesse che giudico "Io sto con la sposa" una testimonianza potente di elevato contenuto etico, politico e sociale. E infine, grazie alla mano sapiente di chi l'ha diretto e soprattutto alla qualità delle persone che ne erano protagoniste, POETICO.
"Io sto con la sposa" è un caso a sè nella storia del cinema: finanziato da 2617 sottoscrittori telematici (grazie ai quali sono stati raccolti circa 100.00 euro) l'opera nasce dall'iniziativa di tre persone eccellenti e molto coraggiose. Antonio Augugliaro (uomo di cinema) e Gabriele del Grande (giornalista) sono due italiani che hanno deciso insieme al terzo uomo -il poeta palestinese Khaled S. al Nassiry- di "fare qualcosa" per modificare in meglio il destino di almeno qualcuno dei pochi sopravvissuti ai tentativi di sbarco in Italia attraverso il canale di Sicilia. Inventano così un finto matrimonio fra una bella ragazza siriana, già da tempo in Europa, e un giovane clandestino sbarcato da poco a Lampedusa e ormai giunto a Milano. Faranno loro da contorno altre quattro persone: una coppia di coniugi, Ahmed e Mona, e un frammento di famiglia costituito da Abdallah e dal figlio Manar. Tutti cercano di raggiungere la Svezia, unico paese dei 17 dell' U.E. che di fatto concede il riconoscimento dello status di rifugiato ai profughi del medio-oriente.
Il film è un documentario che racconta fedelmente il viaggio del gruppo (e degli italiani che li accompagnano) attraverso l'Europa, attenti ad evitare qualunque forma di incontro con le forze dell'ordine: che costerebbe automaticamente agli extra-comunitari l'espulsione verso l'Italia (paese purtroppo dai contenuti economico-sociali ormai non troppo brillanti)  e agli italiani fino a una quindicina di anni di galera per infrazione di una recente legge sulla collaborzaione verso i clandestini. Come documentario è ovvio che il pathos è sostanzialmente gratuito (o, almeno,  così si augura lo spettatore per il quale è impossibile esimersi da un tifo quasi da stadio) e a tratti il film è anche troppo lento. Ma quando i protagonisti possono dare la stura alla propria umanità, alla poesia che si portano cromosomicamente dentro, alle nostalgie e agli aneliti delle proprie vite spezzate, all'allegria e vitalità di cui nonostante tutto sono portatori il documentario commuove profondamente e fa piazza pulita di qualunque forma di becero protezionismo del territorio e della cultura occidentale.
Anziché i 15 anni di galera, agli autori dovrebbe essere assegnato -che so- l'Oscar per il documentario, oppure il Pulitzer per il giornalismo. Se proprio vogliamo esagerare, c'è sempre il Nobel per la pace: ammesso che dopo l'assegnazione a Kissinger nonostante i fatti del Cile del '73 il riconoscimento abbia ancora qualche valenza. 

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