Moon |
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Un film di Duncan Jones.
Con Sam Rockwell, Kevin Spacey, Dominique McElligott, Kaya Scodelario, Matt Berry.
continua»
Fantascienza,
durata 97 min.
- Gran Bretagna 2009.
- Sony Pictures Italia
uscita venerdì 4 dicembre 2009.
MYMONETRO
Moon ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Non vogliamo mica la luna, ci basta "Moon".
di Stefano BuriniFeedback: 1124 | altri commenti e recensioni di Stefano Burini |
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martedì 10 gennaio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Guardare i film di Duncan “Zowie Bowie” Jones e sentirsi a casa. Dannati cinefili, noi che alla fine della proiezione 9 volte su 10 diciamo che il tale film o la tale scena del film, l'avremmo girata meglio noi ad occhi chiusi, beh Duncan Jones semplicemente non si limita a dirlo, lo fa davvero: realizza il sogno di tutti i cinefili incalliti, quelli cresciuti a pane e fantascienza, con il mito dei cineasti artigiani (da Carpenter al primo Raimi), e gira film che pur avendo un marcato (e volutissimo) retrogusto di dejà vu, riescono comunque a stupirci e ad imperdirci di pronunciare quella maledetta frase. No, noi non saremmo riusciti a farli meglio né “Moon” né tantomeno “Source Code”. “Moon” ha un budget ridicolo e un solo attore (il fantastisco Sam Rockwell, ormai un'icona della fantascienza di nicchia, dopo essere stato Zaphod Beeblebrox nella riduzione filmica della “Guida Galattica per gli Autostoppisti”) in scena per il 99% della pellicola, ma ha tanta cultura filmica e tante idee grazie alle quali può permettersi di rimescolare carte già giocate in tempi lontani da gente del calibro di Stanley Kubrick, Ridley Scott e John Carpenter senza risultare ruffiano. Impossibile non notare i riferimenti a “Dark Star” e a “2001 Odissea nello spazio” nelle ambientazioni e nei personaggi “sintetici”, o un accenno a quella che era la morale di fondo di Blade Runner, come pure è curioso vedere che l'estetica del film è più quella degli anni 60, che dei duemila, ma il tutto ha perfettamente senso nell'economia del film e anche se il finale forse non è del tutto all'altezza del resto del film e delle sue trovare, beh, per essere l'opera prima del figlio del Duca Bianco, non c'è proprio di che lamentarsi. E con “Source Code” il regista inglese dimostra anche di aver imparato dai propri “errori” di gioventù. Attendiamo con impazienza l'opera terza.
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