Warrior

Non è sicuramente il solito film sui combattimenti. O meglio…lo è in parte: non mancano di certo l’azione, la durezza, la ferocia, la lotta per la vita, per i soldi, per la famiglia, per il ricordo, per il perdono. Tuttavia il film riesce a toccare anche corde diverse: il pathos che ci regala, giunge da duelli e da rancori che nascono prima che sul ring e che si trascinano dietro pesanti strascichi di dolore sin sulle soglie della gabbia. Indicativo di quanto la cornice, i conflitti emotivi più che quelli fisici siano importanti, è il fatto che il film duri un tempo che è assolutamente spropositato se il messaggio si esaurisse con il combattimento. Ogni colpo, ogni ferita è inferto, prima che sul corpo del lottatore, sulla mente dello spettatore che, anche grazie all’incalzante regia e a lodevoli attori (Nick Nolte in primis), sprofonda totalmente nelle vicende incredibili dei due fratelli, avversari, prima che sul ring, nella vita. Insomma, chi si aspetta dal film “semplicemente” l’azione come la si è vista nei tanti film sul riscatto sociale e personale tramite la lotta (solitamente era la boxe), non verrà deluso, come anche chi, aspettandosi “quel qualcosa” in più, riuscirà, probabilmente, a commuoversi.