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Questa pellicola di metà anni ’30 (anno di uscita 1934), racconta la nascita dell’impero finanziario dei Rothschild, celebre famiglia di banchieri di stirpe ebreo aschenazita, intrecciando queste vicende con il periodo delle guerre napoleoniche: la pellicola quindi unisce al valore biografico della narrazione anche uno storiografico. Oltre a ciò il film affronta anche la questione ebraica, illustrando le condizioni degli ebrei in Europa tra la fine del diciottesimo secolo (la prima parte dell’opera è ambientata nella Germania del 1780) e l’inizio del diciannovesimo, con particolare attenzione a descrivere le discriminazioni, le vessazioni e le prevaricazioni che subivano gli appartenenti a questa razza (che certamente non erano terminate all’epoca di uscita del film, soprattutto in Germania).
Passando al piano puramente artistico, l’elemento di maggior pregio dell’opera è certamente dato dalla performance del grande George Arliss. L’attore inglese per ragioni anagrafiche ebbe una carriera cinematografica forzatamente breve, approdando al cinema dopo i cinquanta anni e potendosi cimentare con film sonori quando ne aveva già più di sessanta. Nonostante ciò, Arliss rivestì comunque numerose volte sul grande schermo i panni di grandi personaggi storici del passato: dal Primo Ministro inglese Benjamin Disraeli, per la cui interpretazione venne premiato con l’Oscar (primo attore britannico a vincere il premio), al Cardinale Richelieu, in quella che può essere considerata l’ultima pellicola di un certo rilievo a cui prese parte il grande attore. In questo film Arliss interpreta magistralmente ben due personaggi storici: Mayer Rothschild, capostipite della famiglia di banchieri, che è in scena nel prologo; e Nathan Rothschild, uno dei cinque figli di Mayer, quello che si stabilì a Londra, che è il protagonista principale dell’opera.
Accanto ad Arliss c’è un ottimo cast in cui spiccano Loretta Young e Robert Young, che a scanso di equivoci è bene precisare che non avevano alcuna parentela; c’è poi Boris Karloff, che come al solito interpreta il cattivo, ed infine il grande caratterista C. Aubrey Smith, che interpreta il Duca di Wellington, parte che l’anno successivo sarà ricoperta proprio da Arliss in “Il Duca di ferro” di Victor Saville, a conferma del feeling dell’interprete britannico con i ruoli storici.
La regia della pellicola è affidata all’americano Alfred L. Werker.
Buono il finale, con le parole del vecchio patriarca Rothschild che vengono fatte riecheggiare, ottenendo così un effetto molto suggestivo.
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