Tre piani

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tre pianoforti scordati Valutazione 3 stelle su cinque

di MAURIDAL


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sabato 25 settembre 2021

 UN FILM DI NANNI MORETTI : TRE PIANI  .Quando si raccontano le esistenze  di persone della borghesia di una città , che vivono in case e palazzi  decorosi e di prestigio ,con interni arredati alla perfezione con un pizzico di ricercata raffinatezza, allora si può   incontrare  la vicenda  di un un palazzo  in una grande città, a tre piani, un condominio, con persone perbenissimo, che hanno in comune  una disperata solitudine nelle famiglie in cui vivono . Ecco il film ultimo del regista Nanni Moretti ,è tratto da un romanzo di autore straniero  e adattato da una sceneggiatura che non nasconde la difficoltà a narrare esistenze agiate ,i protagonisti sono giudici, architetti, professionisti, ma tutti attraversati da disagi psicologici, sia gli adulti  vecchi  padri e madri che soprattuto i giovani figli di queste famiglie che abitano nei tre piani del palazzo. Il film non  è una commedia satirica, viene però facile ironia pensare ad un condominio  abitato da  pazzi e spostati, come forse è facile trovare nelle grandi città italiane. Intanto una felice trovata della sceneggiatura è quella di differenziare la follia o il disagio mentale proprio in tre livelli come veri piani differenti. Al primo  piano,  troviamo l’ ossessivo architetto ,  interpretato da Scamarcio al secondo, abita  una madre giovane ma vedova bianca ,il personaggio di Alba Rohrwacher affetta  da visioni,  e fantasie come la  sua  vecchia madre ,ma   senza un marito in casa perché.sempre in viaggio .Intanto però ha il tempo di fare due figli che cresce da sola.  E infine al terzo piano il personaggio del giudice togato  ovvero Nanni Moretti integro e  controllato nel suo super io,  che vive da anni  con la moglie  Margherita Buy anche lei giudice ma stonata e affetta da crisi materne  poiché il loro  giovane figlio è paradossalmente un delinquente. Infatti al rientro in casa  da una serata di bevute ,investe con l’auto una donna e l’uccide. Tutte queste singole storie  mentali , si intrecciano e si incontrano nei tre piani del palazzo scompaginando e confondendo appunto i  vari piani narrativi e le singole vite.La vicenda è ancora più complicata quando entrano in scena  una coppia di anziani dirimpettai dell’architetto. Il vecchio signore,  soffre di Alzheimer e  spesso intrattiene a giocare la sua  piccola figlia quando la madre lavora .In seguito ad un banale contrattempo nel tenere la figlia  il vecchio viene tacciato dal padre di abusi sulla bambina .Scamarcio interpreta  bene il padre quando diventa ossessivo e  paranoico nella convinzione della presunta  violenza negata però dai fatti  Meno convince  quando è a sua volta stupratore della nipote dei due vecchi vicini. La storia si divide in due fasi di  tempo  a distanza di cinque anni, dunque nella prima,  avvengono i fatti in premessa e nella seconda  fase di  altri cinque  anni si snoda l’epilogo delle singole storie dove tutti gli adulti invecchiano o addirittura il giudice muore, e i bambini e i giovani diventano adulti tra mille incertezze e fragilità. Un caso a parte sono tutte le donne del film , la madre giovane  visionaria e singola, aspetta sempre il marito,  le due  mogli sia del giudice che dell’architetto cercano di trovare un senso alle loro esistenze malgrado le avversità, e soprattutto le figlie e le nipoti che crescendo forse saranno consapevoli e sane di mente nonostante i genitori . Chi non si salva è appunto la figura del giudice e di sua moglie che fallisce come madre di un figlio condannato per omicidio  che scontata la pena in galera  esce e  a sua volta   rifà una famiglia sua a costo di rifiutare sua madre e non vederla più. Dunque un groviglio di vite nell’arco di un decennio, che non aiuta la buona speranza dello spettatore di risollevare lo spirito , dopo le depressioni e le psicosi rappresentate.  A nulla vale il finale del  gran ballo in strada citazione  felliniana di otto e mezzo , per riprendere lo spettatore.  Un film differente e poco morettiano, per alcuni motivi, uno,  è  senza ironia,  due, è poco probabile in alcuni aspetti dei personaggi è  infine ripetitivo e lento in molti passaggi del racconto. Dunque una attuale fase di serietà mortifera per il regista che alla splendida età dei sessantotto anni può ancora augurarsi una svolta ironico salvifica. Se lo augura anche il pubblico.   (mauridal)       

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