luca scialò
|
giovedì 18 marzo 2010
|
vita e rivoluzione di lenny bruce
|
|
|
|
Il film narra, attraverso i racconti dell'ex moglie, dell'agente e della madre, la vita di Leonard Alfred Schneider, nome d'arte Lenny Bruce, cabarettista americano degli anni '50-inizio anni '60, caratterizzatosi per il suo linguaggio forte, spesso volgare usato nei suoi scatch, e per il suo carattere anticonformista. La sua carriera è andata avanti tra alti e bassi, dovuti a momenti di apice alternati a momenti di decadenza, complice l'uso di eroina cui la sua moglie Sally Marr, spogliarellista, lo aveva spinto.
Ma siamo nell'America conformista degli anni '50-inizio anni '60, quella ipocrita che promuove la guerra in Vietnam e l'apatheid, ma al contempo, criminalizza chi esterna qualche termine scurrile nelle sue esibizioni.
[+]
Il film narra, attraverso i racconti dell'ex moglie, dell'agente e della madre, la vita di Leonard Alfred Schneider, nome d'arte Lenny Bruce, cabarettista americano degli anni '50-inizio anni '60, caratterizzatosi per il suo linguaggio forte, spesso volgare usato nei suoi scatch, e per il suo carattere anticonformista. La sua carriera è andata avanti tra alti e bassi, dovuti a momenti di apice alternati a momenti di decadenza, complice l'uso di eroina cui la sua moglie Sally Marr, spogliarellista, lo aveva spinto.
Ma siamo nell'America conformista degli anni '50-inizio anni '60, quella ipocrita che promuove la guerra in Vietnam e l'apatheid, ma al contempo, criminalizza chi esterna qualche termine scurrile nelle sue esibizioni. Vittima privilegiata di ciò è proprio Lenny Bruce, arrestato continuamente durante i suoi spettacoli. Ma il cabarettista non demorde; la sua diventa non solo una battaglia personale per la propria libertà di espressione, ma soprattutto una lotta a quell'America ipocrita e bacchettona.
Gli ultimi secondi offrono una sequenza di immagini drammatiche, facendo capire allo spettatore che Bruce in fondo, era solo nella sua battaglia, e che nel suo piccolo, aveva anticipato quello che fu il '68.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a luca scialò »
[ - ] lascia un commento a luca scialò »
|
|
d'accordo? |
|
gianni lucini
|
martedì 4 ottobre 2011
|
la repressione della parola
|
|
|
|
Lenny è la trasposizione cinematografica dell’omonimo spettacolo teatrale scritto e diretto da Julian Barry che all’inizio degli anni Settanta ha ottenuto un buon successo a Broadway con Cliff Gorman nella parte del protagonista. A dirigerlo viene chiamato Bob Fosse, un regista particolare, con precedenti come ballerino e coreografo, abile tessitore di trame ambientate nel mondo dello spettacolo e fresco reduce da un Oscar per la miglior regia ottenuto con il film Cabaret. Fin dal primo momento Fosse sostiene che la versione cinematografica può avere un solo protagonista: Dustin Hofffman. Tanta determinazione non sembra destinata a buon fine perché l’attore è perplesso.
[+]
Lenny è la trasposizione cinematografica dell’omonimo spettacolo teatrale scritto e diretto da Julian Barry che all’inizio degli anni Settanta ha ottenuto un buon successo a Broadway con Cliff Gorman nella parte del protagonista. A dirigerlo viene chiamato Bob Fosse, un regista particolare, con precedenti come ballerino e coreografo, abile tessitore di trame ambientate nel mondo dello spettacolo e fresco reduce da un Oscar per la miglior regia ottenuto con il film Cabaret. Fin dal primo momento Fosse sostiene che la versione cinematografica può avere un solo protagonista: Dustin Hofffman. Tanta determinazione non sembra destinata a buon fine perché l’attore è perplesso. Ha visto l’opera in teatro e non gli è piaciuta anche se ha molto apprezzato l’interpretazione di Cliff Gorman. In più ritiene che il personaggio di Lenny Bruce non sia adatto alla sua recitazione. Per queste ragioni la sua prima risposta è un diniego deciso e apparentemente immodificabile, accompagnato dal suggerimento ai produttori di scritturare Cliff Gorman. Fosse però non si arrende. Senza Hoffman il film non si fa. Vinto da tanta insistenza e tenacia alla fine l’attore accetta. Nelle mani di Bob Fosse il testo teatrale rivisto dallo stesso autore Julian Barry viene innervato dalla suggestione delle immagini, spesso in dettaglio o in sequenze “anomale”, utilizzate come parte sostanziale della narrazione. Non è un caso che il film si apra con il dettaglio ravvicinato di una bocca, quasi una dichiarazione programmatica che la chiave del racconto della vicenda di Lenny Bruce è da cercare nella sua bocca, nella sua voce, nelle sue parole, terribili ed esaltanti al tempo stesso, capaci di regalargli fortuna e dannazione. Il personaggio è poi spezzettato dal ricordo di chi l’ha conosciuto, con salti temporali sottolineati dall’alternarsi di sequenze in cui è senza barba ad altre nelle quali è arruffato e barbuto, e finisce per ricomporsi soltanto nell’epilogo drammatico. A guidare la ricostruzione sono le testimonianze di persone che hanno partecipato, incrociato o anche soltanto sfiorato la sua vita e che grazie alla suggestione del bianco e nero appaiono come i coreuti di una drammatica ricomposizione della memoria collettiva di un’epoca oltre che di un personaggio. Lenny, anzi la sua voce e la sua libertà, sono destinate a spegnersi nel grigiore di un’America chiusa in se stessa e nelle sue certezze, che cerca nella "caccia alle streghe" l’antidoto alle sue paure. La parola, vera protagonista del film, è la sua condanna e contemporaneamente la sua sola arma che alla fine vive quasi di vita propria e sembra incontrollabile perché non dipende più da chi la pronuncia ma dagli eventi che la circondano. Lo sottolinea bene Lenny quando dice «…è la repressione di una parola, che le da’ violenza, malvagità...»
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gianni lucini »
[ - ] lascia un commento a gianni lucini »
|
|
d'accordo? |
|
gianni lucini
|
martedì 4 ottobre 2011
|
un tosse che soffoca il pensiero
|
|
|
|
Restìo a vestire i panni di Lenny Bruce, nel momento in cui accetta la parte Dustin Hoffman inizia a prepararsi con il maniacale perfezionismo che gli è proprio. Due sono le preoccupazioni che lo assillano. La prima è quella di non riuscire a vestire in maniera credibile i panni di un personaggio popolare, molto amato da una larga fetta di pubblico che ne ricorda battute, modi di dire, tic, manie, gestualità e presenza scenica. La seconda è quella di non annegare la propria personalità diventando una banale copia quasi fosse un imitatore. Per questa ragione rivoluziona spazi, tempi e modi della sua vita nel tentativo di immergersi completamente in una sorta di personalissimo “mondo di Lenny”.
[+]
Restìo a vestire i panni di Lenny Bruce, nel momento in cui accetta la parte Dustin Hoffman inizia a prepararsi con il maniacale perfezionismo che gli è proprio. Due sono le preoccupazioni che lo assillano. La prima è quella di non riuscire a vestire in maniera credibile i panni di un personaggio popolare, molto amato da una larga fetta di pubblico che ne ricorda battute, modi di dire, tic, manie, gestualità e presenza scenica. La seconda è quella di non annegare la propria personalità diventando una banale copia quasi fosse un imitatore. Per questa ragione rivoluziona spazi, tempi e modi della sua vita nel tentativo di immergersi completamente in una sorta di personalissimo “mondo di Lenny”. I muri della sua casa sono tappezzati da grandi tabelle sulle quali lui stesso annota luoghi, date, curiosità ed episodi della vita del personaggio mentre per mesi passa ore e ore ad ascoltare le registrazioni della sua voce per riuscire a catturarne il timbro e la particolare intonazione. Vuole conoscerlo a fondo, esplorarne i segreti, capire la sua personalità. Per questa ragione intervista decine di persone che gli sono state vicine e hanno avuto modo frequentarlo e passa ore e ore a chiacchierare con la madre, l’attrice comica Sally Marr. Quando inizia a girare Hoffman non “recita Lenny” ma “è diventato Lenny”. Vive le sue paure, le sue insicurezze, ne accompagna l’osservazione della realtà per cercare di trasferirla sul palcoscenico, ne fa proprie le ossessioni. Il regista Bob Fosse sfrutta appieno le potenzialità di questo lavoro con riprese che non ne penalizzino neppure le più sottili sfumature interpretative. La macchina da presa sembra ammaliata, stregata dal personaggio e lo segue con partecipazione nel suo percorso autodistruttivo schiacciando l’immagine su di lui quando lancia le sue invettive o percorre le sue elucubrazioni mentali e allargando nei casi in cui la parola diventa meno importante. Tra le scene indimenticabili c’è quella dell’ultimo spettacolo di Lenny in cui il protagonista, incapace di reggersi in piedi, indossa un impermeabile sulle gambe nude ed è a piedi scalzi. Hoffman parla interrotto da una continua tosse che lo soffoca quasi a suggerire che le parole che non riesce a pronunciare sono l’anticipazione della fine.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gianni lucini »
[ - ] lascia un commento a gianni lucini »
|
|
d'accordo? |
|
|