cartesio
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venerdì 24 maggio 2024
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"il cacciatore di aquiloni": alla ricerca del vero significato
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Il titolo di un film, un romanzo o altro in genere cerca di dare un’idea del contenuto. A volte è diretto e dice esattamente quello che rappresenta senza metafore. Personalmente, però, preferisco i titoli che ti fanno riflettere anche dopo aver visto il film o letto il romanzo. Ad esempio, il film "Il cacciatore di aquiloni" ha un titolo che, anche prima di guardarlo, ti induce a pensare in modo metaforico. L’aquilone, volando nel cielo, diventa un simbolo di libertà. Cacciarlo, spezzando il filo, lo fa cadere, distruggendo quella libertà. La caccia agli aquiloni potrebbe rappresentare la caccia al bene o alla libertà piuttosto che al male. Questi tipi di titoli rendono l'opera più coinvolgente e aperta a diverse interpretazioni da parte del pubblico.
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Il titolo di un film, un romanzo o altro in genere cerca di dare un’idea del contenuto. A volte è diretto e dice esattamente quello che rappresenta senza metafore. Personalmente, però, preferisco i titoli che ti fanno riflettere anche dopo aver visto il film o letto il romanzo. Ad esempio, il film "Il cacciatore di aquiloni" ha un titolo che, anche prima di guardarlo, ti induce a pensare in modo metaforico. L’aquilone, volando nel cielo, diventa un simbolo di libertà. Cacciarlo, spezzando il filo, lo fa cadere, distruggendo quella libertà. La caccia agli aquiloni potrebbe rappresentare la caccia al bene o alla libertà piuttosto che al male. Questi tipi di titoli rendono l'opera più coinvolgente e aperta a diverse interpretazioni da parte del pubblico. Ecco, mi ritrovo avvolta nell'intricata trama del film "Il Cacciatore di Aquiloni", una narrazione che si dipana attraverso le vite intrecciate dei suoi protagonisti. Tuttavia, è sempre il titolo stesso a catturare la mia attenzione come un aquilone sorpreso dal vento. Un enigma che si intreccia nei miei pensieri come i fili che compongono lo spago. "Chi è il vero cacciatore di aquiloni in questa storia?" mi interrogo, cercando di scoprire il profondo significato che si cela dietro questa domanda. Parlo con amiche e amici che espongono ciascuno la propria idea e che, nel momento in cui la pronunciano, sembrano ripensarci. Chiediti un attimo anche tu che stai leggendo: chi è il vero cacciatore di aquiloni? Ognuno dei personaggi è un cacciatore. La voce nella mia mente risuona con diverse sfumature, come se le domande fossero rivolte a un dialogo interiore: Potrebbe Hassan essere il vero cacciatore di aquiloni? Certamente, molti dei miei amici hanno espresso questa opinione. L'infanzia di Hassan è permeata dalla pratica di volo degli aquiloni. La sua abilità nell'arte di cacciare gli aquiloni è innegabile. I colorati velivoli danzano tra le sue abili mani, mentre lui stesso sembra fondersi col vento. Tagliare le corde e farli cadere a terra è un atto di maestria. Ma c'è di più dietro questa abilità, un simbolo di purezza e innocenza che va oltre il semplice atto fisico di cacciare gli aquiloni. Nonostante ciò, una riflessione mi tormenta: può un film prendere il titolo da un personaggio che non è il protagonista principale, e che muore a metà della storia? Se il film fosse stato realizzato in due parti, Hassan non sarebbe apparso nella seconda. Tuttavia, nonostante l'importanza di Hassan, il titolo sembra andare oltre la figura di un singolo personaggio e oltre l’innocenza e purezza che lo caratterizzano. Sarebbe possibile che il titolo "Il Cacciatore di Aquiloni" abbracci qualcosa di più ampio, qualcosa più coinvolgente che forse forse la caccia agli aquiloni la consideri un’abitudine che nella vita, caccia proprio gli strumenti che impediscono la libertà coinvolgendo altri temi e personaggi chiave nella storia. E Amir, potrebbe essere lui il vero cacciatore di aquiloni? Assolutamente, così ha affermato una collega. Amir partecipa alla competizione di caccia agli aquiloni, ma il suo ruolo va oltre. La sua caccia si estende a un livello più profondo. L'atto di cacciare gli aquiloni diventa un simbolo di forza, coraggio e libertà interiore per Amir, che cerca di redimersi e trovare pace per i suoi peccati passati. È un cacciatore di sé stesso, inseguendo il senso di riscatto attraverso gli intricati percorsi della sua storia personale. Inizia cacciando fisicamente gli aquiloni, ma il suo viaggio lo conduce a cacciare e distruggere relazioni, specialmente quella con Hassan. Non è riuscito a proteggerlo in momenti di pericolo e successivamente ha tradito la loro amicizia. Dopo anni di colpa per aver abbandonato Hassan, Amir diventa un "cacciatore" di redenzione. Decide di ritornare in Afghanistan per affrontare il passato e cercare di riscattare le sue azioni. Nel suo viaggio, cerca la verità sulla sua famiglia e sulla sua storia. È una caccia per scoprire la sua vera identità e il significato del suo passato. Inoltre, Amir cerca costantemente l'approvazione e l'amore di suo padre, Baba. La ricerca di quell'affetto lo spinge a cercare di vincere la competizione degli aquiloni, sperando di guadagnare l'amore paterno. In definitiva, "il vero cacciatore di aquiloni" è Amir stesso. Il titolo del romanzo riflette non solo l'atto fisico di cacciare gli aquiloni, ma anche i molteplici modi in cui Amir caccia e affronta le sfide personali, i sensi di colpa e la ricerca di redenzione. Tuttavia, mentre esploro la prospettiva di Amir come possibile cacciatore di aquiloni, una voce profonda dentro di me solleva un'interessante considerazione. "Sì, mi piace attribuire il ruolo di 'cacciatore' ad Amir," riflettevo, "però il film non porta il titolo 'Il Cacciatore', bensì 'Il Cacciatore di Aquiloni'." Le relazioni intime, le ricerche di redenzione, le lotte con l'identità e la complessa dinamica paterna che Amir affronta potrebbero non essere assimilabili a "aquiloni" neanche in senso metaforico. Mi ritrovo quindi ad esplorare ulteriori strade di pensiero, poiché il titolo stesso sembra invitarci a considerare una prospettiva più ampia e articolata. Ma Sohrab, il giovane figlio di Hassan, potrebbe essere il vero cacciatore di aquiloni? Una possibilità affascinante, come suggerisce la voce nella mia mente. Sohrab, il nuovo cacciatore di aquiloni nella competizione finale, rappresenta una sorta di continuità. Porta con sé il peso del passato, fungendo da ponte tra le generazioni. Anche se il suo destino è ancora incerto, è destinato a svolgere un ruolo cruciale nella narrazione. È importante notare che, anche se Sohrab è un personaggio rilevante nella storia, il titolo sembra voler abbracciare più di un singolo individuo. Potrebbe esserci una chiave più ampia per decifrare il significato del titolo "Il Cacciatore di Aquiloni". Un altro personaggio, che ha solo il parere contro, Assef, d'altra parte, può anche essere visto nel film come un vero cacciatore di aquiloni a causa della sua natura crudele e sadica. Assef prova piacere nel causare danni agli altri e non ha paura di usare la violenza per ottenere ciò che vuole. È noto per provare piacere nel ferire fisicamente gli altri, specialmente quando si tratta dei tornei di aquiloni in cui gode del potere che deriva dall'essere colui che può abbattere gli aquiloni. Tuttavia, nonostante entrambi i personaggi siano cacciatori di aquiloni, le loro motivazioni e azioni sono molto diverse. Amir caccia gli aquiloni per conquistare l'approvazione e l'affetto di suo padre, mentre Assef caccia gli aquiloni per potere e piacere. Questa fondamentale differenza di motivazione distingue i due personaggi e li rende diversi tipi di cacciatori. In ogni caso, man mano che rifletto su questi punti di vista contrastanti, emerge un concetto più profondo, simile all'aquilone che si staglia nel cielo libero. E se l'equazione fosse Hassan + Amir + Sohrab + Assef = ? Ogni protagonista ha portato con sé la sua caccia, la sua ricerca di significato e redenzione. Ma c'è un cacciatore ancora più grande che sovrasta tutti loro, come un'ombra che oscura il cielo. Il regime politico, con il suo potere oppressivo, è il vero cacciatore di aquiloni. Come un aquilone che si alza nel cielo rappresenta libertà e speranza, il regime li caccia, spezzando le corde dei sogni, costringendo i cittadini a terra. La soluzione è: Hassan + Amir + Sohrab + Assef = Realtà sotto il regime. Questa equazione cattura l'essenza delle esperienze dei personaggi principali e delle dinamiche sociali del romanzo "Il Cacciatore di Aquiloni". La somma di Hassan, Amir, Sohrab e Assef riflette le varie sfumature di emozioni, relazioni e conflitti che si intrecciano nella narrazione. Questa addizione dà “La realtà sotto il regime", un concetto che abbraccia tutte le vicissitudini, le sofferenze e le sfide che i personaggi affrontano nel contesto politico e sociale dell'Afghanistan. L'impatto del regime è evidente nei percorsi individuali dei personaggi e nelle loro interazioni. La realtà del paese, delineata attraverso le storie di Hassan, Amir, Sohrab e Assef, si manifesta come risultato di questa equazione, rivelando la complessità della vita in un regime oppressivo.
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ashfaq1993
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sabato 15 agosto 2015
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un film istruttivo ma....
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vi chiedo prima di tutto di valutare il film per cio che è, e di non associare il suo "VALORE" complessivo con il libro! sappiamo tutti benissimo che un libro non potrà essere mai superato da un film.
quindi ora vi dico cio che penso del film. Il film, con tutto il mio rispetto, non mi è sembrato un gran che. ora mi spiego meglio il motivo:
é veramente un operazione complicata riprodurre un libro in versione video, perchè ad esempio è difficile riprodurre il paesaggio e l'ambiente ma sopratutto i personaggi descritti dal libro, ognuno di noi possiede un suo immaginario e metterlo in comune a tutti non è alquanto facile. Ovviamente bisogna sempre fare i conti con i taglia/elimina scene.
Ma ora esprimo il vero motivo del mio giudizio.
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vi chiedo prima di tutto di valutare il film per cio che è, e di non associare il suo "VALORE" complessivo con il libro! sappiamo tutti benissimo che un libro non potrà essere mai superato da un film.
quindi ora vi dico cio che penso del film. Il film, con tutto il mio rispetto, non mi è sembrato un gran che. ora mi spiego meglio il motivo:
é veramente un operazione complicata riprodurre un libro in versione video, perchè ad esempio è difficile riprodurre il paesaggio e l'ambiente ma sopratutto i personaggi descritti dal libro, ognuno di noi possiede un suo immaginario e metterlo in comune a tutti non è alquanto facile. Ovviamente bisogna sempre fare i conti con i taglia/elimina scene.
Ma ora esprimo il vero motivo del mio giudizio. il film poteva essere fatto meglio per poter aver un impatto migliore, prima di tutto bisognava, secondo me, inserire "la voce narratore", ora mi spiego, avete presente come nel libro la voce di AMIR raccontava e spiegava le cose? ecco questa voce poteva mettere in risalto i sentimenti e le emozioni, per esempio quando HASSAN veniva preso a botte la voce "narratore" poteva dire in prima persona ciò che egli provava ( ex. "...lo vidi, ma non ebbi coraggio di reagire, rimasi li come un codardo..."); questa voce narratore è molto importante.
in seconda linea sono rimasto deluso dagli effetti audio, potevano aggiungere ancora molti effetti audio, per la precisione nei momenti di suspance o in momenti drammatici, avete presente quel suono del "boom!!" che c'è quando si fa una scoperta scioccante! ecco quella serie di effetti sono venuti a mancare.
miglior attore secondo me? shorab. anche se durante tutto il film nn parla, ma fa suscitare molta emozione.
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brian77
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venerdì 16 settembre 2011
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questo è il vero cinema-spazzatura
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Pessimo, veramente pessimo. Film ipocrita, politicamente servile, con ambizioni ridicolmente poetiche. Tutto quello che mi disgusta in un film, esteticamente e moralmente. Il solo pensiero che spazzatura ruffiana di questo tipo venga spacciata come cinema "di qualità" conferma solo la miseria di quello che viene definito circuito d'essai.
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peroscio perosci
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venerdì 20 maggio 2011
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aquiloni o bandiere americane?
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Recensire il film di Marc Forster non può che significare anche, o meglio, soprattutto, recensire il libro di Khaled Hosseini. Salvo, infatti, che si voglia restringere il discorso alla riuscita, o meno, dell'esercizio (scolastico-mercantile, purtroppo, d'abitudine) della traduzione su cellulosa dell'opera inspiratrice, con collazione annessa di scene, ambienti, personaggi, ed inevitabile divisione dei lettori/spettatori -o spettatori/lettori, secondo la priorità temporale- in tifoserie più o meno accanite (fino ai veri e propri ultras dell'uno o dell'altro); od ancora limitarlo alla mera disamina tecnica di fotografia, recitazione, montaggio, etc.
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Recensire il film di Marc Forster non può che significare anche, o meglio, soprattutto, recensire il libro di Khaled Hosseini. Salvo, infatti, che si voglia restringere il discorso alla riuscita, o meno, dell'esercizio (scolastico-mercantile, purtroppo, d'abitudine) della traduzione su cellulosa dell'opera inspiratrice, con collazione annessa di scene, ambienti, personaggi, ed inevitabile divisione dei lettori/spettatori -o spettatori/lettori, secondo la priorità temporale- in tifoserie più o meno accanite (fino ai veri e propri ultras dell'uno o dell'altro); od ancora limitarlo alla mera disamina tecnica di fotografia, recitazione, montaggio, etc., l'oggetto principe della valutazione non può che essere l'originale, inteso quale sorgente della storia narrata, ed ancor più del messaggio (purché un messaggio vi sia) con essa trasmesso. Ciò premesso, posso dire semplicemente che Il cacciatore di aquiloni (nella sua duplice veste: cartacea e audiovisiva) non mi è piaciuto. A parte la coloritura manieratamente esotica, ad uso e consumo dell'occidentale estatico di fronte a qualunque scena di vita non tecno-motorizzata, raffiguri essa il bazaar di Kabul o una tribù subsahariana, le cime del Tibet o l'impero azteco; a parte (ma meno!) il solito manicheismo a stelle e strisce, che non si dà pace finché non trova un antagonista certo, alla fumetto Marvel, un cattivone tutto d'un pezzo da sconfiggere per far trionfare, finalmente e -si direbbe quasi- una volta per tutte, il bene (al limite del ridicolo, a questo riguardo, l'agnitio dell'aguzzino del piccolo Hassan, divenuto nel frattempo un feroce talebano al seguito del mullah stupratore); a parte infine il buonismo rassicurante e conciliatore (e pressapochista! Alla giusta osservazione del direttore dell'orfanotrofio, ad esempio, che sottolinea come il salvare un bambino, uno solo fra i tanti, non tolga le sofferenze di tutti gli altri, nulla viene risposto e di quelli più non si parla, una volta felicemente approdati in America), il racconto mi è parso privo di grandi emozioni (se escludiamo l'atto eroico di papà Baba al momento della fuga in furgone e qualche altro episodio) e, inoltre, in più punti subdolamente (involontariamente?) partigiano, tanto da parere, nella fosca rappresentazione finale della dittatura talebana (con morti impiccati agli angoli delle strade, uomini che vendono le proprie gambe mozze, lapidazioni en plein air) quasi conseguire implicitamente, colla contrapposizione delle immagini (Inferno a Kabul, Cuccagna in America) l'effetto di un beneplacito, di una giustificazione ex post (il romanzo è uscito nel 2003) alle operazioni di "esportazione democratica" avviate in Afghanistan.
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anistreep
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mercoledì 26 gennaio 2011
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fa riflettere e molto...
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gran bel film...ma siccome io avevo in precedenza già letto il libro me lo sono gustata un pò meno...
il libro è SUPERLATIVO veramente,,,,al film non manca nulla ma il libro è ancora superiore....
complimenti a Khaled Hosseini !!!!!
Da vedereeee !!!! consigliatissimooooo anche se un pò triste ^.^
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weach
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domenica 24 ottobre 2010
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un dono di umiltà e liricità
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Tutti dicono che il film è fedele al libro di Khaled Hossein ma che la “ riduzione “cinematografica ha sottratto molto alla profondità ed intimità del libro.
Ebbene commento il film senza avere letto l’omonimo libro , forse è meglio così !
Sono libero ora dai paragoni ed “interpreto" il film e basta come "sento" .
Marc Forster è regista sensibile ed umile ; sa introdurci in una storia non della sua cultura “ in punta di piedi “ come osservatore , diligente , amabile .
La storia di Amir ed Hassan parla di una energie che si rispecchiano oltre la vita terrena ,di anime che hanno condiviso amicizia , giochi, ed un atroce violenza e che ora vibrano insieme intensamente all’unisono.
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Tutti dicono che il film è fedele al libro di Khaled Hossein ma che la “ riduzione “cinematografica ha sottratto molto alla profondità ed intimità del libro.
Ebbene commento il film senza avere letto l’omonimo libro , forse è meglio così !
Sono libero ora dai paragoni ed “interpreto" il film e basta come "sento" .
Marc Forster è regista sensibile ed umile ; sa introdurci in una storia non della sua cultura “ in punta di piedi “ come osservatore , diligente , amabile .
La storia di Amir ed Hassan parla di una energie che si rispecchiano oltre la vita terrena ,di anime che hanno condiviso amicizia , giochi, ed un atroce violenza e che ora vibrano insieme intensamente all’unisono.
Non saprei dire se la “barabarie Talebana” si più atroce di quella che ci regala la nostra cultura dominante ?
Preferisco concentrarmi su questo mondo diverso che si dischiude con la sua storia millenaria che ha bisogno del suo corso per divenire ciò che potrà …non abbiamo diritto di ingerirci comunque.
Mentre ascolto queste musiche afghane armoniche , dense di liricità e spiritualità, ringrazio Iddio per aver aperto ai miei occhi questo film .
Una aquilone colorato vola libero nel cielo limpido e fa sognare un mondo migliore per tutti, anche per noi presuntuosi occidentali che certo non siamo migliori .
Piuttosto siamo i più inconsapevoli della "verità"
Ora leggerò il libro.
Weach illuminati
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andre89lost
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domenica 22 agosto 2010
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abbastanza fedele al libro ma..
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Il film è abbastanza fedele al libro ma non ha nulla a che vedere in quanto a bellezza. Il più grave errore del regista secondo me è stato quello di scegliere di non avere la voce narrante del protagonista Amir prorpio come nel libro.
Ad esempio quando Amir vuole che il fedele Hassan se ne vada via.. il tutto è stato risolto in pochi minuti e non fa capire quanto realmente Amir ci soffra (quasi non ci vive più con quel dolore) e il perchè vuole che il suo fratellastro e Alì si allontanino per sempre dalla sua vita (ed è forse il punto chiave del romanzo...)
Uno che non ha letto il libro secondo me può non avere colto fino in fondo la profondità e la bellezza de "Il cacciatore di aquiloni".
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Il film è abbastanza fedele al libro ma non ha nulla a che vedere in quanto a bellezza. Il più grave errore del regista secondo me è stato quello di scegliere di non avere la voce narrante del protagonista Amir prorpio come nel libro.
Ad esempio quando Amir vuole che il fedele Hassan se ne vada via.. il tutto è stato risolto in pochi minuti e non fa capire quanto realmente Amir ci soffra (quasi non ci vive più con quel dolore) e il perchè vuole che il suo fratellastro e Alì si allontanino per sempre dalla sua vita (ed è forse il punto chiave del romanzo...)
Uno che non ha letto il libro secondo me può non avere colto fino in fondo la profondità e la bellezza de "Il cacciatore di aquiloni".
Voto al romanzo:10 al film: 4
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solid
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giovedì 22 aprile 2010
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sembra solo sfiorarti
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ma non ti prende mai... i soliti bambini/uomini che a 6,7 anni già sanno bene cosa vuol dire sacrificio, onestà, e solidarietà... insomma poco bambini, molto più adulti nei panni di bambini. o magari santi. cosa alquanto improbabile nella realtà, e soprattutto nella realtà di allora. gli spunti e le situazioni per approfondire argomenti duri e interessanti ci sono, ma vengono spazzate via dalla dalla leggerezza e dalla prevedibilità con cui vengono trattati.
brutta la coincidenza del bullo che li perseguitava da piccoli, poi diventato guarda caso il "capo" dei Talebani da convincere per riavere il bambino...
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jos_d
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giovedì 12 novembre 2009
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forte, intenso e fedele al libro da cui è tratto
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Praticamente ogni qual volta un romanziere riesca a fare arricchire il proprio editore, ad Hollywood c’è qualche produttore pronto a cogliere la palla al balzo per realizzare un nuovo film dal successo (economico) pressoché garantito; tuttavia, se il risultato è un lavoro eccellente come questo, allora ogni considerazione circa l’opportunismo hollywoodiano passa decisamente in secondo piano.
Kabul, anni settanta. Amir (Zekeria Ebrahimi) e Hassan (Ahmad Khan Mahmidzada) sono due giovanissimi, inseparabili, amici; eppure sono molto diversi fra loro, sia caratterialmente, ma soprattutto per posizione sociale. Amir infatti viene da una famiglia agiata di etnia Pashtun, mentre Hassan è l’umile figlio di un servo Hazara.
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Praticamente ogni qual volta un romanziere riesca a fare arricchire il proprio editore, ad Hollywood c’è qualche produttore pronto a cogliere la palla al balzo per realizzare un nuovo film dal successo (economico) pressoché garantito; tuttavia, se il risultato è un lavoro eccellente come questo, allora ogni considerazione circa l’opportunismo hollywoodiano passa decisamente in secondo piano.
Kabul, anni settanta. Amir (Zekeria Ebrahimi) e Hassan (Ahmad Khan Mahmidzada) sono due giovanissimi, inseparabili, amici; eppure sono molto diversi fra loro, sia caratterialmente, ma soprattutto per posizione sociale. Amir infatti viene da una famiglia agiata di etnia Pashtun, mentre Hassan è l’umile figlio di un servo Hazara. Un giorno Hassan si oppone a dei bulli che volevano rubare l’aquilone con cui Amir aveva vinto una gara e viene per questo picchiato e sodomizzato; Amir, presente, assiste senza muovere un dito ed anzi, trasformato il rimorso in rancore, fa di tutto per allontanare Hassan e suo padre dalla propria casa. Sul finire del decennio, quando i Russi invadono il paese, Amir e suo padre (Homayoun Ershadi) lasciano l’Afghanistan per ripiegare prima in Pakistan e poi in California, dove si sistemano. Passano gli anni, Amir si sposa, perde il padre, ma ecco che il passato ritorna chiamando Amir a saldare il vecchio debito morale con il suo amico Hassan…
Essenzialmente fedele all’omonimo libro di Khaled Hosseini, dal quale la pellicola trae spunto, “Il cacciatore di aquiloni” è un film intenso, diretto con stile fortemente realista -fino anche alla crudezza-, che racconta una straordinaria vicenda individuale perfettamente inserita in un contesto storico, quello delle tragiche vicende che sconvolgono l’Afghanistan da decenni, ma sulle quali in Occidente si è preferito stendere un velo di silenzio anche per evitare che emergessero delle verità piuttosto scomode circa il ruolo giocato in quest'area dall'intelligence americana.
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benedetto martello
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giovedì 18 giugno 2009
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la forza della dolcezza vince sulla violenza
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Premetto che non ho letto il libro ma trovo il film straordinario mi ricorda un altro film "la casa di nebbia e sabbia", le due storie hanno in comune la rappresentazione del rapporto con la tradizione patriarcale ed allo stesso tempo la capacità di esprimere una dolcezza nei personaggi e nel rapporto padre figlio che può solo essere ammirata.
In particolare nel rapporto tra Hassan e Amir trovo una complessià superiore al solo dolo subito da Hassan ed al senso di colpa di Amir, ci sono le parole del padre che celano una ammirazione per Hassan sotterranea che diventa il vero tormento per Amir, a mio parere il finale si spiega proprio come espressione di una verità che libera da questo tormento e restituisce ad Amir l'orgoglio rappresentato dal padre.
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