Da Trieste si parte, via acqua, per la Bosnia Erzegovina, verso Sarajevo, e poi Srebrenica, Tuzla, Stolac, Mostar, fino a Medjugorie. In questi luoghi intrisi di storia, all'incrocio tra religioni ben radicate e nazionalismi sempre accesi, in un impasto di lingue, si dipana un itinerario lento, non lineare. Rapsodico e diseguale come può essere la ricognizione di uno straniero in un ex teatro di guerra. Inevitabilmente incompleta, che eppure tenta di catturare l'imprendibile: le molteplici cause dello scoppio di un conflitto cruento che ha sbriciolato generazioni e sancito lacerazioni invisibili, non per questo più sanabili. E le sue conseguenze, attraversando un Paese, spesso contemplandolo dai finestrini di un treno a bassa velocità. Ci si prende il tempo di soste dovute e svolte impreviste, in ascolto dei luoghi, che siano fabbriche abbandonate, abitazioni private, cimiteri, quartieri, luoghi di culto: una casa di Sarajevo che è stata quartier generale per i reporter da tutto il mondo, una moschea dove due amiche si confrontano sul futuro, le voci di intellettuali, esponenti religiosi e militari, ma soprattutto artisti: dei "non famosi" che attraverso la musica, il canto, il balletto, il teatro, cercano una catarsi da un passato, ancora troppo vicino, di morte e violenza cieca. Continua »