Titolo originale | A Gentleman in Moscow |
Titolo internazionale | A Gentleman in Moscow |
Anno | 2024 |
Genere | Drammatico, Storico, Thriller |
Produzione | Gran Bretagna |
Regia di | Sam Miller, Sarah O'Gorman |
Attori | Mary Elizabeth Winstead, Ewan McGregor, Beau Gadsdon, Johnny Harris, Leah Harvey Paul Ready, Anastasia Hille, Björn Hlynur Haraldsson, John Heffernan, Fehinti Balogun, Daniel Cerqueira, Lyes Salem, Billie Gadsdon, Sofia Price, Camilla Beeput, Divian Ladwa, Adam Fidusiewicz, Andy M Milligan, Anna Madeley. |
MYmonetro | Valutazione: 2,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 17 maggio 2024
Serie basata sul best seller internazionale di Amor Towles e ambientata all'indomani della Rivoluzione d'Ottobre. La serie ha ottenuto 1 candidatura a Golden Globes, 1 candidatura a Critics Choice Award,
CONSIGLIATO NÌ
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Nel 1922, dopo la Rivoluzione Russa, il conte Alexander Rostov (Ewan McGregor) viene condannato agli arresti domiciliari a vita nel lussuoso hotel Metropol di Mosca. Costretto a lasciare la sua suite e a trasferirsi in una soffitta, Rostov si adatta alla sua nuova vita facendo amicizia con il personale dell'hotel e stringendo legami con vari ospiti. Tra questi ci sono l'attrice Anna Urbanova (Mary Elizabeth Winstead) e la giovane Nina Kulikova (Leah Balmforth). Pur vivendo in confinamento, Rostov trova un nuovo senso alla propria esistenza e un ideale di comunità, osservando da lontano i cambiamenti storici e politici che scuotono la Russia fuori dalle mura del Metropol.
Basata sull'acclamato romanzo di Amor Towles, la serie Showtime Un gentiluomo a Mosca, proposta in Italia su Paramount+, esplora temi profondi di resilienza, adattabilità e soprattutto il potere dei legami umani.
Attraverso la figura del conte Alexander Rostov, ben interpretato da Ewan McGregor, la storia dimostra come sia possibile trovare scopo e significato anche nelle circostanze più restrittive. Costretto agli arresti domiciliari a vita nel lussuoso hotel Metropol, Rostov si adatta alla sua nuova realtà con una dignità e una grazia che, però, lo rendono un personaggio fin troppo british e assai meno coerente al contesto di appartenenza. La sua evoluzione da aristocratico privilegiato a membro attivo della comunità dell'hotel sottolinea da un lato la capacità umana di trovare gioia e significato attraverso le relazioni e la connessione con gli altri, dall'altro, però, anche una profonda critica culturale e sociale all'evoluzione della Russia post-zarista che rischia di essere cieca e a tratti approssimativa.
La serie riesce a esprimere i suoi presupposti attraverso una narrazione ricca di dettagli e interazioni umane significative, con una regia - in particolare quella di Sam Miller (Luke Cage, Daredevil, I May Destroy You) oltre a quella di Sarah O'Gorman (The Witcher) - molto efficace. Le amicizie che Rostov sviluppa con il personale dell'hotel e con altri ospiti mostrano come la solidarietà e la gentilezza possano trasformare un'esistenza confinata in una vita piena di valore, proponendo quindi un efficace parallelismo con le attuali condizioni conflittuali del popolo russo.
Le sue relazioni con questi personaggi, e la sua capacità di influenzare positivamente le loro vite, evidenziano l'importanza dei legami umani come fonte di conforto, speranza e soprattutto di rivoluzione interna. A tal riguardo, la serie mette in scena il contrasto tra il passato aristocratico di Rostov e il nuovo ordine sovietico, riflettendo sulla tensione tra tradizione e cambiamento. Il contesto storico, quindi, accentua il messaggio di adattabilità: mentre il mondo esterno subisce trasformazioni radicali, Rostov trova modi per mantenere la sua identità e i suoi valori, adattandoli al nuovo ambiente. La sua capacità di navigare tra le difficoltà e di trovare bellezza e scopo nelle piccole cose della vita quotidiana offre una lezione sulla resilienza e sull'importanza di rimanere fedeli a sé stessi, indipendentemente dalle circostanze esterne. Eppure, questi principi vengono traditi da alcune scelte di ordine formale, in particolare a livello di casting e di scelte recitative.
Nulla da ridire sulla performance di Ewan McGregor, che interpreta il conte Rostov con il suo consueto carisma, incarnando un aristocratico affascinante e appassionato, e trasmettendo una gamma di emozioni che vanno dalla leggerezza alla malinconia, seppur risultando fin troppo simile a figure già viste (facile intravederci Monsieur Gustave H-Ralph Fiennes di Grand Budapest Hotel). Se da un lato questo rende il conte un personaggio familiare, dall'altro non risulta particolarmente innovativo e sin dall'inizio dà alla figura - che si vuole emblema di resilienza - un carattere a tratti ironico e a tratti farsesco. Ma a complicare le cose è la scelta di una narrazione che, attraversando decenni di storia russa, adotta un ritmo dilatato, tendente alla stagnazione; la trama, che poteva essere efficacemente condensata in un buon film, si estende per otto episodi, soffrendo spesso di ripetizioni che reiterano i messaggi, e offrendo così un racconto monotono che, volendo aggiungere sempre più profondità significativa, diventa moraleggiante.
Ne deriva uno dei punti deboli della serie: la mancanza di sviluppo dei personaggi secondari. Mentre il conte Rostov domina la scena, gli altri personaggi sono relegati a ruoli di contorno, spesso bidimensionali. Un aspetto che rende ancor più evidente il principale problema di questo adattamento: affrontando il complesso periodo della Rivoluzione Russa e dell'era sovietica da un punto di vista alternativo, la serie di Ben Vanstone evita appunto di occuparsi direttamente di implicazioni politiche e sociali; in questo tentativo, però, alcune scelte di casting risultano particolarmente problematiche proprio perché, invece, di ordine politico e sociale. Parliamo quindi nuovamente - il riferimento a Bridgerton è dovuto - di colour-blind casting, ovvero della pratica in base alla quale gli attori vengono scelti per ruoli specifici senza considerare la loro etnia o colore della pelle.
In qualsiasi prodotto audiovisivo, sia esso cinematografico o televisivo, la presenza di un elemento, di un soggetto, di una caratteristica visiva, agisce inevitabilmente sulla percezione e sulla fruizione dello spettatore. Siamo assolutamente a favore delle nuove logiche editoriali che comportano una maggiore inclusività, ovvero, ad esempio, della presenza di personaggi di etnie diverse. Ci chiediamo se non sia però il caso, allora, di scegliere storie diverse su cui applicare questo giusto principio... Un carattere come il colore della pelle deve fare inevitabilmente i conti con la realtà storica e con l'impatto che ha su chi guarda. Fehinti Balogun nel ruolo di un bolscevico afrodiscendente coi dreadlocks, per questa ragione, rasenta l'ironia, suo malgrado: aggiungendo allo spettatore un'ulteriore stratificazione critica, l'ottima interpretazione di Balogun si trasforma in una scelta retorica e politica che, soprattutto, distoglie lo spettatore dalla trama e lo fa riemergere di colpo dalla profondità narrativa voluta sin dall'inizio.
CI siamo abituati ai molti disclaimer che anticipano la visione di film (Via col vento) e lungometraggi animati (Gli aristogatti) del passato, cercando di spiegare scelte che oggi non faremmo più; per la stessa ragione alcune scelte stilistiche rischiano di portare a una simile soluzione se non vengono ben intessute nel racconto, come in questo caso. Il problema non è tanto il rischio di "revisionismo" o di inautenticità storica, quanto l'oggettivo effetto di incoerenza e dissonanza narrativa.
Apprezzabile e interessantissima l'ambientazione, ma con un cast composto al 30% da persone di colore, nell'unione sovietica di inizio 900!!!!... Quanto di più falso e ideologico possa esistere
Non male come serie, con un ottimo Ewan Mc Gregor, percorre la storai della Russia, o meglio dell'unione sovietica dai songni alla tragedia. Non si comprende però il motivo di inserre parte degli attori afroamericani! e con pettinature rasta o peggio... presumo che il primo uomo di colore i russi lo abbiamo trovatoa Berlino nel 45 quando si incontrarono con le truppe statunitensi!, e anche [...] Vai alla recensione »