
Anno | 2024 |
Genere | Documentario |
Produzione | Polonia, Qatar |
Durata | 78 minuti |
Regia di | Zvika Gregory Portnoy, Zuzanna Solakiewicz |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
|
Ultimo aggiornamento mercoledì 11 giugno 2025
Fin dove ci si può spingere per aiutare l'altro? Una storia di accoglienza e umanità in un villaggio polacco al confine con la Bielorussia.
CONSIGLIATO SÌ
|
La strategia politica della Bielorussia è ormai nota: invitare i migranti che arrivano dal Medio Oriente (e non solo) a entrare in Unione Europea passando il confine in Polonia. Il governo polacco ha organizzato una barriera difensiva di tre chilometri per respingerli. Ai profughi è stato però chiarito che la Bielorussia non ha alcuna intenzione di occuparsi di loro. Senza cibo né acqua la morte li attende. Si tratta di uomini, donne e bambini. Conosciamo da vicino uno di loro.
Una condizione umana purtroppo già nota anche al cinema ma letta da un'angolazione particolare.
C'era già stata Agnieszka Holland, con il peso del suo nome, a mettere sull'avviso il mondo con Green Border, presentato e premiato alla Mostra del Cinema di Venezia. Ci aveva messo di fronte al fatto che solo grazie all'intervento di alcuni volontari chi si trovava in quell'area poteva sperare di sopravvivere. Ogni seppur minimo accenno a dei diritti umani era stato cancellato dal governo polacco che per questi migranti finiva con il rappresentare l'agognata Europa. Portnoy e Solakiewicz tornano sull'argomento collocandoci in una prospettiva particolare. Cioè in quella di una famiglia che abita vicino alla zona di confine e si trova un giorno davanti a un profugo siriano che bussa alla porta chiedendo aiuto. La camera riprende questa situazione nel momento in cui l'uomo è già stato accolto e sa trasmettere il senso di claustrofobia causato dal non dover rivelare questa presenza considerato che la polizia batte tutta l'area alla ricerca di chi possa essere sfuggito ai respingimenti. Sa anche immergerci nella naturali e comprensibili contraddizioni di chi è combattuto tra la compassione (quella autentica) per la persona e la pervasiva propaganda che descrive tutti i migranti come criminali, stupratori e in possesso di armi.
Nonostante i dubbi la fiducia si fa strada fino a una sorta di ribaltamento delle posizioni. È l'ospite (il guest del titolo) che inizia a preoccuparsi per quanto potrebbe accadere a coloro che lo hanno accolto qualora venissero scoperti. A ciò si aggiungono i rinvenimenti di cadaveri nel bosco e la consapevolezza del fatto che intere famiglie sono in pericolo di morte. Viene allora da chiedersi (e gli autori ci pongono esplicitamente la domanda) quale senso abbia ormai l'inno che l'Europa si è scelta come proprio simbolo. Quell'"Inno alla gioia" scritto da Ludwig van Beethoven che in alcuni suoi versi afferma: "Il tuo raggio asciuga il pianto, sperde l'ira, fuga il duol". Tutte azioni che subiscono un'atroce cancellazione trasformandolo in un irridente proclama.
La strategia politica della Bielorussia è ormai nota: invitare i migranti che arrivano dal Medio Oriente (e non solo) a entrare in Unione Europea passando il confine in Polonia. Il governo polacco ha organizzato una barriera difensiva di tre chilometri per respingerli. Ai profughi è stato però chiarito che la Bielorussia non ha alcuna intenzione di occuparsi di loro.
Portnoy e Solakiewicz ci collocano in una prospettiva particolare. Cioè in quella di una famiglia che abita vicino alla zona di confine e si trova un giorno davanti a un profugo siriano che bussa alla porta chiedendo aiuto. La camera riprende questa situazione nel momento in cui l’uomo è già stato accolto e sa trasmettere il senso di claustrofobia causato dal non dover rivelare questa presenza. Sa anche immergerci nella naturali e comprensibili contraddizioni di chi è combattuto tra la compassione (quella autentica) per la persona e la pervasiva propaganda che descrive tutti i migranti come criminali, stupratori e in possesso di armi.