Megalopolis

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Sic semper tirannis

di Luca Percival


Feedback: 3773 | altri commenti e recensioni di Luca Percival
domenica 20 ottobre 2024

Ci vuole coraggio intellettuale (e tanto), per riportare sul pianeta terra uno come Coppola e insieme a lui, il suo talento. A volte la soggettività e l'opinione del pubblico agiscono, altre volte è lo stesso regista ad ingarbugliarsi da solo, cadendo al suolo ad una manciata di respiri dal traguardo finale. Ciò che mi si è presentato di fronte è senza dubbio un film incredibilmente esagerato, onirico, allegorico nell'eccezione più stravagante e autocelebrativa che io ricordi e ridondante nell'espressione del contenuto offerto. "Megalopolis".. Ma il world building è abbozzato in cinquanta comparse alle quali, l'arduo compito di mostrarsi rivoltosi e manifestanti, oltre ogni lecito controllo del grande impero che Coppola cerca assiduamente di rendere. Ma che non è. La costruzione della "New Rome" immaginata da un discreto Adam Driver resta su carta, tra fervide immaginazioni (rese ineccepibilmente dal ragazzotto dietro la cinepresa) e schizzi in grafite che non acquistano mai vita, salvo in un finale amputatissimo nel quale si vede un tapis roulant e tanti saluti. Dov'è la creazione del genio? Dov'è questo magniloquente impero iperbolicamente gonfiato da Coppola per tutto il film? Dialoghi su dialoghi, molti dei quali sconnessi tra loro, tra dietrologie senili e citazionismo banale ("Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni" Si, è stata davvero pronunciata e no, non è un film di Moccia) per concludere con uno scambio di versi latini tra il sindaco Cicerone e la figlia Julia, l'inno alla fumosità più totale. Al netto di svariate scene magistrali e visivamente e a livello di fattura tecnica, le due ore abbondanti scorrono senza mettere le ali al grande progetto che sarebbe potuto essere, se solo fosse stata affidata la sceneggiatura ad un terzo, un esterno alla follia visionaria e totalitaria di Coppola, capace in qualche modo di raffreddarne la ferocia produttiva. Da lodare su tutti Shia LaBeouf per la straordinaria abnegazione e Aubrey Plaza, fatalmente viscida e caricata di una potenza sessuale non indifferente e dentro la quale, agisce a proprio agio. La drammaturgia romana funziona a corrente alterna, tendendo a sbiadire più facilmente di quanto si preoccupi di luccicare e il messaggio che intendeva comunicare fa poca strada, sbagliando il linguaggio scelto per approcciarsi al pubblico. "Megalopolis" è la visione d'oggi di un grande maestro di ieri che, con tutto l'amore del mondo e le più benigne intenzioni, ha tentato di costruire con affanno e voracità, volendo spaziare dalla filosofia all'arte, dalla scienza alla medicina, dal capitalismo alla rovina dei tempi, dimenticandosi colpevolmente di condividere le buone intenzioni. La potenza è nulla senza il controllo, diceva il famoso spot Pirelli. Non sbagliavano.

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