
Una profonda riflessione sulla manipolazione del reale che ha molto da dirci sul presente. In esclusiva streaming su MYmovies ONE. GUARDA ORA »
di Gabriele Prosperi
I Javis - Javier Ambrossi e Javier Calvo - firmano con La Mesías (La Messia) una delle serie europee più affascinanti degli ultimi anni. È il progetto più ambizioso, audace e disturbante della coppia (sia nel lavoro che nella vita) di autori: un ibrido narrativo che fonde melodramma, critica sociale, incursioni mistiche e riflessione sul trauma.
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Enric è un tecnico su un set cinematografico nei pressi della montagna di Montserrat. Qui, nella sua stanza d'albergo, resta profondamente turbato dalla visione di un video virale: la performance di uno stravagante gruppo musicale cattolico, le Stella Maris, composto da sei ragazze. Riconosce così le sue sorellastre, figlie della stessa madre, che ha per nome proprio Montserrat, e che lui e sua sorella Irene avevano lasciato molti anni prima. I due dovranno affrontare un passato rimosso, in un intreccio serrato di presente e memoria.
Siamo di fronte ad una serie eccessiva in tutto: nella durata, nella messa in scena, nei registri narrativi, nell'emotività. Forse la parola più adatta è "pazzesca": una pazzia che permette ai due autori di trasformare il melodramma in strumento di lotta. I Javis usano il pathos, l'overacting, il kitsch e il grottesco per parlare di ferite reali, senza cadere nel pietismo ma, anzi, ferendo altrettanto, emulando l'atto, infierendo sullo spettatore.
Un melodramma queer, in cui l'eccesso diventa lingua di minoranze, di emarginati, di persone spezzate e che, in un contesto dominato da narrazioni sobrie e controllate, rivendica il diritto di urlare e di piangere.