brunopepi
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domenica 9 gennaio 2022
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uggioso ma con raffinatezza
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IL POTERE DEL CANE (2021)
(The Power of the Dog) Regia: Jane Campion
Nuova Zelanda/GB - Neo Western
Cast: Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst, Jesse Plemons, Kodi Smit-McPhee
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IL POTERE DEL CANE (2021)
(The Power of the Dog) Regia: Jane Campion
Nuova Zelanda/GB - Neo Western
Cast: Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst, Jesse Plemons, Kodi Smit-McPhee
Dall'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo del 1967 di Thomas Savage, la Campion, ormai riconosciuta maestra nel sapere esternare le peculiarità più celate dei personaggi con le loro sofferenze e debolezze, confeziona un lavoro finale ben spalleggiato da un rimarchevole cast, da una fotografia dalle tonalità calde e pacate, da una bella colonna sonora, e che, nonostante ciò, si smarrirà in sequenze affievolite e tediose che non permettono al film di poter decollare, e per poi perdersi in quel silenzioso e agonizzante west, proiettato verso la nueva era di ferrovie moderne, automobili e di quell'incalzante progresso in generale che farà crescere l'America.
Quindi se ci si aspetta un western classico, ci si imbatte in quel che si potrebbe definire un moderno western psicologico, incentrato su un soggetto cinematografico angoscioso, avviato più verso un'analisi caratteriale dei personaggi che nell'intento di creare un brivido, apprensione o carisma, e dove i quattro protagonisti vagano dentro spazi ristretti e incapsulati dalle loro solitudini e apprensioni.
Facile da dimenticare se non fosse per un'importante firma ed un' apprezzabile interpretazione dell'atipico e glaciale cowboy Cumberbatch.
Voto 6
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belliteam
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lunedì 3 gennaio 2022
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un western senza la scintilla
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Ci troviamo negli splendidi scenari del Montana, nel 1925, con 2 fratelli che piu' diversi non si potrebbe, a mandare avanti un Ranch dopo la morte dell'amato padre.
Cumberbatch e' il fratello rozzo, grezzo, dispotico, ed e' il personaggio le cui sfumature vengono messe maggior in risalto, ed intorno al quale il film gira, insieme all'ex "piccolo" wolverine, Kodi Smit-Mcphee, protagonista di una storia di iniziazione (Jane Campion gia' in "un angelo alla mia tavola" si era cimentata in queste tematiche) nel ranch;
Il film avrebbe anche buone premesse, pero' poi in definitiva non riesce mai a decollare veramente, mantenendosi sempre un filo sottotraccia.
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Ci troviamo negli splendidi scenari del Montana, nel 1925, con 2 fratelli che piu' diversi non si potrebbe, a mandare avanti un Ranch dopo la morte dell'amato padre.
Cumberbatch e' il fratello rozzo, grezzo, dispotico, ed e' il personaggio le cui sfumature vengono messe maggior in risalto, ed intorno al quale il film gira, insieme all'ex "piccolo" wolverine, Kodi Smit-Mcphee, protagonista di una storia di iniziazione (Jane Campion gia' in "un angelo alla mia tavola" si era cimentata in queste tematiche) nel ranch;
Il film avrebbe anche buone premesse, pero' poi in definitiva non riesce mai a decollare veramente, mantenendosi sempre un filo sottotraccia. Peccato, perche' da questo cast, regista compresa, le aspettative erano ben altre.
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carlosantoni
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venerdì 10 dicembre 2021
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wandervogel nel montana
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Il film ha un titolo inutilmente criptico, avrebbe potuto intitolarsi semplicemente “Diversi ma uguali”, come in “Palombella rossa” di Moretti, salvo che qui “diversi ma uguali” andrebbe inteso in altra accezione. Ci sono due fratelli che non si somigliano in niente, il protagonista Phil, e Jesse. La loro polarità è messa in chiaro fin da subito da Phil, che per descriverla dice: “Siamo Romolo e Remo”. Questa polarità lascia poi spazio, nello sdipanarsi della trama, al rapporto apparentemente polare, ma che pian piano risulta essere collaterale, fra Phil stesso e il giovane efebico Peter. Al fondo della storia c’è l’omosessualità: abbastanza esplicita nel giovane Peter, mimetica e probabilmente negata in Phil.
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Il film ha un titolo inutilmente criptico, avrebbe potuto intitolarsi semplicemente “Diversi ma uguali”, come in “Palombella rossa” di Moretti, salvo che qui “diversi ma uguali” andrebbe inteso in altra accezione. Ci sono due fratelli che non si somigliano in niente, il protagonista Phil, e Jesse. La loro polarità è messa in chiaro fin da subito da Phil, che per descriverla dice: “Siamo Romolo e Remo”. Questa polarità lascia poi spazio, nello sdipanarsi della trama, al rapporto apparentemente polare, ma che pian piano risulta essere collaterale, fra Phil stesso e il giovane efebico Peter. Al fondo della storia c’è l’omosessualità: abbastanza esplicita nel giovane Peter, mimetica e probabilmente negata in Phil. Il fatto è che Phil, crocevia delle molteplici relazioni interpersonali della storia, la sua sostanziale omosessualità la vive alla maniera dei Greci, in particolare direi degli Spartani, ossia come affermazione omosessuale del primato del maschio sulla femmina: e così come nella Grecia antica la donna contava poco o niente, se non era l’Aspasia di Pericle, ed era relegata alla funzione di serva e mero strumento riproduttivo, ecco che nel Montana del 1920 la donna o è serva di casa, o puttana da saloon, o ubriacona. E come gli antichi Spartani, anche Phil unisce alla marcata misoginia un’ottima dose di razzismo e di violenza. La Campion fa (almeno credo) evidente riferimento alla contemporanea vicenda tedesca dei Wandervogel, alla loro ideologia esaltante il primato della natura, il rapporto (soprattutto fra maschi) con l’ambiente naturale, il ripudio di tutto ciò che è “Bildung”, ancor più “Civilisation”. Come i giovani maschi tedeschi suoi contemporanei, anche Phil rifugge dalle costrizioni culturali e sociali: è colto e intelligente, ma vuol esserlo in modo rozzo e spontaneo. Di facoltosa famiglia di allevatori, potrebbe vivere da perfetto borghese come il fratello George, solo che lui non lo vuole: ci sono riviste, che tiene nascoste, che parlano e mostrano corpi nudi maschili, muscolosi, allenati, ginnici, lui se ne sente attratto. Porta i suoi vaqueros, o cowboys, a pranzare e a divertirsi con le donne di un saloon, ma non si concede a tali sollazzi, l’eterosessualità non lo stimola, disprezza le donne: fa sua un’idea “maschia” dell’omosessualità, ed è seguendo questa traccia che cerca di fare da anfitrione al giovane Peter, il quale è sì’ omosessuale come lui, ma non ci pensa affatto a essere “maschio”, cioè a vivere in un mondo ripulito dalle femmine: a lui, così intimamente femmineo, le femmine non danno per niente noia.
Bellissima la trovata per cui, quando ad un certo punto Phil si apparta per raggiungere un lago nascosto in cui bagnarsi, ecco che per raggiungerlo deve penetrare in un budello fatto di rami di alberi caduti, sfociare dall’altra parte, proprio come “Alice in Wonderland”: “Wandervogel”, “Wonderland”… Sono percorsi d’iniziazione. Dall’altra parte, si denuda e in silenzio si cosparge il corpo di melma, cioè ci si mimetizza, poi ci si tuffa nell’acqua immota di un laghetto, riemerge, e si sdraia nudo sull’erba, mentre altri compari cavalcano a pelo, corpo umano contro corpo equino, in un tutto indistinto, dove il tutto pare convivere in totale armonia. Jane Campion descrive nel film questo duplice modo di vivere la propria omosessualità, e del conflitto che inevitabilmente ne esce. Parrebbe di capire (ma la mia è solo un’ipotesi) che chi la vive spontaneamente come Peter, senza troppe sovrastrutture, alla fine, contro ogni apparenza, risulta essere il più forte: perciò prevale. Notevole la prova di Benedict Cumberbatch. Eccellente la fotografia, e non solo sugli esterni, che sono spettacolari, ma anche sugl’interni e sui lenti primi piani. Intelligente la colonna sonora, costruita intorno a brani di musica elettronica algida, rattenuta, che niente concede alla commozione.
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carlosantoni
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venerdì 10 dicembre 2021
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wandervogel nel montana
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La Campion dà un titolo inutilmente involuto a un film senz’altro degno di nota. Ho letto del significato del titolo, relato a un versetto biblico del cui senso, francamente, molto francamente, penso si possa fare a meno. Il film sarebbe bello e interessante anche se fosse intitolato: “Laggiù nel Montana, fra mandrie e cowboys, c’è sempre qualcuno di troppo fra noi”. O, più sinteticamente: “Diversi ma uguali”, come in “Palombella rossa” di Moretti, salvo che qui diversi ma uguali andrebbe inteso in altra accezione.
All’inizio del film ci sono due fratelli che non si somigliano in niente, il protagonista Phil, e Jesse.
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La Campion dà un titolo inutilmente involuto a un film senz’altro degno di nota. Ho letto del significato del titolo, relato a un versetto biblico del cui senso, francamente, molto francamente, penso si possa fare a meno. Il film sarebbe bello e interessante anche se fosse intitolato: “Laggiù nel Montana, fra mandrie e cowboys, c’è sempre qualcuno di troppo fra noi”. O, più sinteticamente: “Diversi ma uguali”, come in “Palombella rossa” di Moretti, salvo che qui diversi ma uguali andrebbe inteso in altra accezione.
All’inizio del film ci sono due fratelli che non si somigliano in niente, il protagonista Phil, e Jesse. La loro polarità è messa in chiaro fin da subito da Phil, che per descriverla dice: “Siamo Romolo e Remo”.
Questa polarità lascia poi spazio, nello sdipanarsi della trama, al rapporto apparentemente polare, ma che pian piano risulta essere collaterale, fra Phil stesso e il giovane efebico Peter. Al fondo della storia c’è l’omosessualità: abbastanza esplicita e pacificamente vissuta dal giovane Peter, e quella invece mimetica e probabilmente negata di Phil. Il fatto è che Phil, crocevia delle molteplici relazioni interpersonali della storia, la sua sostanziale omosessualità la vive alla maniera dei Greci, in particolare direi degli Spartani, ossia come affermazione omosessuale (non sembri un paradosso) del primato del maschio sulla femmina: e così come nella Grecia antica la donna contava poco o niente, se non era l’Aspasia di Pericle, ed era relegata alla funzione di serva e mero strumento riproduttivo, ecco che nel Montana del 1920 la donna o è serva di casa, o puttana da saloon, o ubriacona approfittatrice. Meno male, deve pensare Phil, ci siamo noi maschi! Maschi come genere, certamente, ma non certo eterosessuali.
E come gli antichi Greci in genere e gli Spartani in particolare, anche Phil unisce alla marcata misoginia un’ottima dose di razzismo e di violenza.
Il racconto è colto, la Campion fa (almeno credo) evidente riferimento alla contemporanea vicenda tedesca dei Wandervogel, alla loro ideologia circa il primato della natura, al rapporto individuale e collettivo (soprattutto fra maschi) con l’ambiente naturale, al ripudio di tutto ciò che è “Bildung”, ancor più “Civilisation”. Come i giovani studenti maschi tedeschi suoi contemporanei, anche Phil rifugge dalle costrizioni culturali e sociali: è colto e intelligente, ma vuol esserlo in modo rozzo e spontaneo. Di famiglia molto facoltosa di allevatori, se lo volesse potrebbe vivere da perfetto borghese come il fratello George, solo che lui non lo vuole affatto: ci sono riviste, che tiene nascoste, che parlano e mostrano corpi nudi maschili, muscolosi, allenati, ginnici, lui se ne sente attratto. Porta i suoi vaqueros, o cowboys, a pranzare e a divertirsi con le donne di un saloon, ma lui non si concede a tali sollazzi, l’eterosessualità non lo stimola affatto, disprezza le donne: fa sua un’idea “maschia” dell’omosessualità, ed è seguendo questa traccia che cerca di fare da anfitrione al giovane Peter, il quale è sì’ omosessuale come lui, ma non ci pensa affatto a essere perciò “maschio”, cioè a vivere in un mondo ripulito dalle femmine: a lui, così intimamente femmineo, le femmine non danno per niente noia, anzi…
Trovo bellissima la trovata stilistica per cui, quando ad un certo punto Phil si apparta, per raggiungere un lago nascosto in cui bagnarsi, ecco che per raggiungerlo deve scoprire l’ingresso di un pertugio, penetrare in un budello fatto di vecchi rami di alberi caduti, sfociare dall’altra parte, proprio come “Alice in Wonderland”: “Wandervogel”, “Wonderland”… Sono percorsi d’iniziazione. Dall’altra parte, si denuda e in silenzio si cosparge il corpo di melma, cioè ci si mimetizza, poi ci si tuffa nell’acqua immota e fredda di un laghetto, riemerge, e con altri compari si sdraia nudo sull’erba, mentre altri cavalcano a pelo, corpo umano contro corpo equino, in un tutto indistinto, dove il tutto pare convivere in totale armonia.
Jane Campion descrive nel film questo duplice modo di vivere la propria omosessualità, e del conflitto che inevitabilmente ne esce. Parrebbe di capire (ma la mia è solo un’ipotesi) che chi la vive spontaneamente come Peter, senza troppe sovrastrutture, alla fine, contro ogni apparenza, risulta essere il più forte: perciò prevale.
Notevole la prova degli attori, soprattutto di Benedict Cumberbatch. Eccellente la fotografia, e non solo sugli esterni, che sono spettacolari, ma anche sugl’interni e sui lenti primi piani. Intelligente la colonna sonora, costruita intorno a brani di musica elettronica algida, rattenuta, che niente concede alla commozione.
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abramo rizzardo
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sabato 4 dicembre 2021
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un western delicato, intimo ma anche brutale
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Jane Campion torna sul grande schermo con sensazionali pretese: un western ambientato nel Montana del 1925 ( che fa eco per certi aspetti a “Brokeback Mountain”, capolavoro di Ang Lee ), con protagonisti Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst e Jesse Plemons.
Una donna, Rose, assieme al figlio Peter ( dai tratti sovrasensibili ma talvolta brutalmente dissacranti ), si spostano nel Ranch del marito George Burbank, dopo che i due si sono sposati: sarà il fratello, Phil Burbank, interpretato da un magistrale Benedict Cumberbatch, ad infastidire la dolce e superficiale quiete famigliare.
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Jane Campion torna sul grande schermo con sensazionali pretese: un western ambientato nel Montana del 1925 ( che fa eco per certi aspetti a “Brokeback Mountain”, capolavoro di Ang Lee ), con protagonisti Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst e Jesse Plemons.
Una donna, Rose, assieme al figlio Peter ( dai tratti sovrasensibili ma talvolta brutalmente dissacranti ), si spostano nel Ranch del marito George Burbank, dopo che i due si sono sposati: sarà il fratello, Phil Burbank, interpretato da un magistrale Benedict Cumberbatch, ad infastidire la dolce e superficiale quiete famigliare.
Una regia che attraverso la sua discrezione, i suoi primissimi piani, i particolari del volto e i lunghissimi campi, riesce a coinvolgerci appieno all'interno di questa storia che fondamentalmente parla di comunicabilità, di gestione delle emozioni e di tolleranza.
Le enormi capacità della regista di culto sono quelle di esprimere, attraverso ogni precisissima movenza dei suoi personaggi, una caratterizzazione così profonda che ci vuole qualche visione per cogliere ogni attimo fuggevole, che fa scoprire qualcosa in più ogni volta alla storia e al personaggio in sé.
Benedict Cumberbatch è mostruoso nella recitazione, e Kirsten Dunst le va dietro che è davvero una meraviglia: tant'è che nel set i due attori, non si parlarono mai ( ciò ricorda molto l'atmosfera del set de “ Il silenzio degli innocenti ”, tra Hopkins e la Foster ), proprio per aumentare la credibilità delle loro performance; lui è un bischero, un burbero che se la prende con tutti e che con suo fratello riesce a parlare solo di sesso quasi, ( poi in realtà non è così, e qui la Campion rivela la sua grandissima abilità nello sfumare i suoi personaggi, che così abilmente vengono diretti ), lei, la madre del ragazzotto femmineo ( ma virile nella sua intelligenza ), addolorata fino al midollo per la situazione famigliare, riesce, con solo lo sguardo ( che ricorda il modo di recitare che adottò in “ Melancholia” di Lars von Trier ), a dire tutto, dipingendo una donna priva di ogni stimolo vitale, se non appunto per il figlio e basta.
Jane Campion riesce a creare la tensione in ogni scena, anche se superficialmente l'azione è superflua, come quella di suonare un piano: utilizzando sapientemente la regia e dosando movimenti di macchina composti da carrellate lente alternate in montaggio; proprio come nella scena in cui Rose prova a suonare il nuovo piano regalatole dal marito, per un'incombente festa con figure di alto livello, ma non le viene un motivetto musicale, e inizia ad innervosirsi; come se non bastasse entra in scena senza farsi sentire, il fatidico Phil, che salito al primo piano, inizia a “ giocare ” con l'incapacità della donna nel suonare, alternando il suono del suo strumento con quello di Rose, al piano di sotto: primissimo piano dal basso dell'assoluto Benedict Cumberbatch e alternarsi con lente carrellate verso Kirsten Dunst, infastidita oltre ogni dire, in un gioco ambiguo tra la provocazione, l'arroganza e la voglia di dominare.
Parte spoiler
Prendendo in esame tutto il film, comprendiamo molte cose verso la fine: il ragazzo, Peter, è stato abile nell'uccidere Phil; e ciò lo si comprende da diverse sottilissime azioni, che in maniera registicamente esplicita vengono confermate.
Il ragazzo vede in Phil tutto il male di sua madre, ma attende, scaltro e fermo nel suo agire; le pelli del burbero vengono vendute da Rose, e il figlio, guarda-caso, in qualche scena prima aveva reciso alcuni pezzi di pelle dall'animale morto dalla stessa malattia di Phil, l'antrace, come lo si nota dal sangue che fuoriesce dall'organo di espulsione gocciolante.
La fatidica sera capiamo tramite un gioco di regia, che ci mostra un'azione svolta sott'acqua, che la corda ricavata dalla pelle, ancora vergine, viene toccata da Phil, e la Campion sembra rimarcarlo con questa ripresa, come ad enfatizzare l'assassinio, che si sta già mettendo in atto: difatti sarà la sera del delitto premeditato del giovane; proprio come un cattivo il ragazzo gli offre una sigaretta, spietato, come se gli offrisse l'ultima cena, l'ultimo regalo.
Il giorno dopo, lo stesso ragazzo, tocca la corda pronta, finita da Phil, con dei guanti, proprio perché sa che ha ancora tracce della malattia utilizzata per l'assassinio la sera prima.
Perché Peter ha ucciso Phil? Perché vedeva in lui ogni sofferenza della madre, dalla sua alcolicità, ai suoi problemi relazionali.
Ne è felice dell'assassinio?
Non possiamo dirlo con certezza, ma probabilmente sì: nell'ultima scena, il figlio vede arrivare la madre Rose assieme al marito George dal funerale del fratello; sembrano però tornare da una festa, poiché la madre bacia appassionata il marito: lenta carrellata a retrocedere, che mostra il figlio Peter, che sorride, esce dallo shot a sinistra e il film si conclude; lui ha avuto ciò che voleva, loro si sono sbarazzati del sasso nella scarpa e tutto si è sistemato per il meglio.
Tirando le somme
Un gioco abilissimo, che incastra perfettamente ogni cosa a fine pellicola: la sua potenza sta proprio nei particolari, estremamente studiati e meticolosi.
Una riprova della maestria della regista, che sapientemente tesse la tela per questo piccolo gioiello moderno.
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goldy
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sabato 20 novembre 2021
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saper cambiare lo sguardo
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Il rischio è proprio quello espresso da Flaw 54 :una noia mortale. In realtà basta essere un attimo avvertiti che non ci si trova di fronte ai soliti clichè propri del western. La regista, che non americana, affronta problemi di comportamenti e relazioni tra comunità di mandriani abituati a una vita in solitudine che nessuno prima di lei ha pensato di osservare. Mi rammento solo di Brokeback Mpuntains . Molto raffinato è tuttavia , poco esplicito nella narrazione ma il tutto ambientato in una bellezza paesagistica strepitosa, Fotografia e taglio delle immagini inarrivabili. Un minor spazio all' intuzione a favore di un maggio coinvolgimento emotivo avrebbe conferito al film un successo straordinario nche per il grande pubblico.
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Il rischio è proprio quello espresso da Flaw 54 :una noia mortale. In realtà basta essere un attimo avvertiti che non ci si trova di fronte ai soliti clichè propri del western. La regista, che non americana, affronta problemi di comportamenti e relazioni tra comunità di mandriani abituati a una vita in solitudine che nessuno prima di lei ha pensato di osservare. Mi rammento solo di Brokeback Mpuntains . Molto raffinato è tuttavia , poco esplicito nella narrazione ma il tutto ambientato in una bellezza paesagistica strepitosa, Fotografia e taglio delle immagini inarrivabili. Un minor spazio all' intuzione a favore di un maggio coinvolgimento emotivo avrebbe conferito al film un successo straordinario nche per il grande pubblico. Cosi come invece è risulta film di nicchia, Peccato
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[+] ortografia?
(di giovanni)
[ - ] ortografia?
[+] un western intimistico sulla fragilità umana
(di antonio montefalcone)
[ - ] un western intimistico sulla fragilità umana
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emanuele 1968
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venerdì 19 novembre 2021
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125 minuti curiosi
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Strepitoso Benedict Cumberbatch, anche tutto il resto, veramente un bel lavoro. Personalmente un film curioso, quasi un mix di thriller drammatico soft ambientato nel far west, geniale anche nel trailer, forse l'unico neo è che potrebbe passare un messaggio del tipo " il cane e un agnello e viceversa "
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flaw54
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venerdì 19 novembre 2021
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una noia mortale
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Film di una monotonia e di una banalità sconcertanti Attori fuori parte, recitazione ai limiti del ridicolo, una Kirsten Dunst irriconoscibile sotto tutti i punti di vista! La Campion ci propone silenzi e momenti di staticità senza senso: forse un tentativo vano di imitare Sergio Leone? Talvolta ho immaginato che arrivasse Clint Eastwoodcon l'immancabile sigaro in bocca e i suoi pregevoli silenzi. Mi viene da dire una cosa: meno male non ho letto il romanzo! La Campion ormai sembra bollita
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