marcello
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sabato 15 luglio 2023
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tra argento e polansky
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Wright omaggia i suoi idoli, nella storia si riscontrano riferimenti a L'inquilino del terzo piano ma piu ancora certo cinema noir inglese anni 60-70. Nello svolgimento pero' diventa molto Dario Argento. Lampante il finale con incendio (Suspiria e Inferno) e perfino discoteca dal nome Inferno con la stesso design di scrittura del film argentiano. Basta confrontare il poster originale del film del 1980 e il logo del locale per accorgersi che Wright vuole essere "scoperto" per questo omaggio. Grandi cameo di Diana Rigg (L'agente speciale in tv) e Terence Stamp (mito cinema inglese anni 60) cupi e inquietanti. Nonostante tutto il film non regge altre opere del regista.
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figliounico
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mercoledì 14 giugno 2023
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allen o gray?
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Ha del talento Edgar Wright, ma la sua versione londinese di Midnight in Paris di Woody Allen, mescolata con una trama alla Ghost Whisperer, sebbene ben girato, con immagini accattivanti ed inquadrature non convenzionali, non convince fino in fondo. La prima mezz’ora è una piacevole commedia adolescenziale con il volto indovinato di Thomasin McKenzie interprete della giovane protagonista segnata dalla morte della madre, tuttavia l’insistito gioco di specchi in cui si rivede come un’aspirante ballerina degli anni ’60, il suo alter ego negli incubi notturni che si trasformano ben presto in allucinazioni alla luce del giorno, Anya Taylor-Joy, se all’inizio può essere suggestiva, alla lunga, ripetuta all’eccesso in molteplici sequenze, risulta stancante.
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Ha del talento Edgar Wright, ma la sua versione londinese di Midnight in Paris di Woody Allen, mescolata con una trama alla Ghost Whisperer, sebbene ben girato, con immagini accattivanti ed inquadrature non convenzionali, non convince fino in fondo. La prima mezz’ora è una piacevole commedia adolescenziale con il volto indovinato di Thomasin McKenzie interprete della giovane protagonista segnata dalla morte della madre, tuttavia l’insistito gioco di specchi in cui si rivede come un’aspirante ballerina degli anni ’60, il suo alter ego negli incubi notturni che si trasformano ben presto in allucinazioni alla luce del giorno, Anya Taylor-Joy, se all’inizio può essere suggestiva, alla lunga, ripetuta all’eccesso in molteplici sequenze, risulta stancante. Come black comedy è povera di dialoghi ironici e di situazioni divertenti, come dramma vale poco e definirlo un thriller psicologico è un azzardo. Nel lieto fine, poi, si intravede la vera natura della sceneggiatura che rende il film più simile ad un episodio della nota serie tv di John Gray che al cinema del maestro Allen.
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mondolucio
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mercoledì 31 agosto 2022
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ristabiliamo l''equilibrio
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Il bravo Eugenio qui su, prima di me, vi ha fornito probabilmente la recensione più coerente che questo film possa meritare, per questo mi trovo in dovere di ristabilire ordine in contrasto con la recensione principale assegnando una stella in più pur se in questo caso non si dovrebbe andar oltre le 3.
Nonostante l'utilizzo di tecniche "vecchie e furbe" come l'avvicendarsi delle due protagoniste durante la scena di ballo, si riscontra un abile gioco di riflessi con zero difetti, sia con l'ausilio del digitale (impercettibile) che al naturale, sia realmente che metaforicamente parlando.
Detto in parole più semplici, il film è davvero una gran ventata d'aria fresca e ti tiene incollato con gusto!
Inutile riportarvi nuovamente la trama, né tantomeno spoiler, ma trovo importante anticiparvi che qui si strizza palesemente l'occhio a Kubrick, Argento e Ken Russell, il tutto però con uno stile decisamente nuovo e più "accessibile" anche ai non-cinefili.
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Il bravo Eugenio qui su, prima di me, vi ha fornito probabilmente la recensione più coerente che questo film possa meritare, per questo mi trovo in dovere di ristabilire ordine in contrasto con la recensione principale assegnando una stella in più pur se in questo caso non si dovrebbe andar oltre le 3.
Nonostante l'utilizzo di tecniche "vecchie e furbe" come l'avvicendarsi delle due protagoniste durante la scena di ballo, si riscontra un abile gioco di riflessi con zero difetti, sia con l'ausilio del digitale (impercettibile) che al naturale, sia realmente che metaforicamente parlando.
Detto in parole più semplici, il film è davvero una gran ventata d'aria fresca e ti tiene incollato con gusto!
Inutile riportarvi nuovamente la trama, né tantomeno spoiler, ma trovo importante anticiparvi che qui si strizza palesemente l'occhio a Kubrick, Argento e Ken Russell, il tutto però con uno stile decisamente nuovo e più "accessibile" anche ai non-cinefili.
Questo merita rispetto a prescindere e non é azzardato affermare che avrebbe meritato molta più considerazione, soprattutto agli Oscar, dove non riesco ancora a capacitarmi dei vincitori del 2022... Davvero anni bui per il cinema.
Le protagoniste si riconfermano attrici STRAORDINARIE, accompagnate da un restante cast che lascia un impeccabile contributo.
FILM CONSIGLIATISSIMO!!!
P.s: Standing ovation al DOPPIAGGIO ITALIANO che qui riscopre la sua migliore essenza.
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felicity
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lunedì 7 marzo 2022
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lo stile unico del regista incanta
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Ultima Notte a Soho non è il capolavoro di Edgar Wright. Ma dimostra che il regista sa incantare anche quando non si tratta di commedie. Il suo stile deciso, soprattutto nel montaggio, non gli impedisce di raccontare una storia nel migliore dei modi. Peccato che la storia non sia perfetta quanto la regia.
Le scelte di fotografia, montaggio visivo e sonoro: questo film è un assalto ai vostri sensi, sia quando ammalia che quando spaventa. Ed ha uno stile unico, che merita il respiro del grande schermo.
Il film ha tuttavia problemi di ritmo, con alcune scene che arrivano troppo tardi e un terzo atto che non sempre sa dove andare. Ma il problema più evidente è che il film stabilisce alcune regole per funzionare (per esempio sulla dinamica di come funzionano i sogni di Elly), che poi non rispetta in alcune scene fondamentali.
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Ultima Notte a Soho non è il capolavoro di Edgar Wright. Ma dimostra che il regista sa incantare anche quando non si tratta di commedie. Il suo stile deciso, soprattutto nel montaggio, non gli impedisce di raccontare una storia nel migliore dei modi. Peccato che la storia non sia perfetta quanto la regia.
Le scelte di fotografia, montaggio visivo e sonoro: questo film è un assalto ai vostri sensi, sia quando ammalia che quando spaventa. Ed ha uno stile unico, che merita il respiro del grande schermo.
Il film ha tuttavia problemi di ritmo, con alcune scene che arrivano troppo tardi e un terzo atto che non sempre sa dove andare. Ma il problema più evidente è che il film stabilisce alcune regole per funzionare (per esempio sulla dinamica di come funzionano i sogni di Elly), che poi non rispetta in alcune scene fondamentali. Non entriamo nei dettagli per evitare spoiler, ma ci sono un paio di scene che sono delle forzature. Imperdonabili. Se non fosse che il film è talmente intrigante e ben girato che anche il più pignolo di voi vorrà chiudere un occhio.
In sintesi lo stile unico del regista incanta, tanto da far dimenticare le incertezze della sceneggiatura.
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lizzy
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sabato 26 febbraio 2022
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e ora qualcosa di completamente differente...
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Oh, bene, finalmente qualcosa di diverso.
Si, perchè questo film non è un horror, nemmeno fantascienza, non è fantasy, però non è una storia "dark".
Sicuramente ci sono risvolti "psicologici", ma quello che la fa da padrone è la risolutezza di una ragazzina di campagna, arrivata a Londra per conquistare il mondo e finita dentro una storia (di quelle impossibili) più grande di lei.
La regia, a mio avviso, ha fatto cose incredibili e il misto fra presente (che non esiste: dovremmo dire "passato recente") e passato (remoto) è così ben orchestrato che lascia sbalorditi.
E, su tutto, la musica che la fa da padrona.
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Oh, bene, finalmente qualcosa di diverso.
Si, perchè questo film non è un horror, nemmeno fantascienza, non è fantasy, però non è una storia "dark".
Sicuramente ci sono risvolti "psicologici", ma quello che la fa da padrone è la risolutezza di una ragazzina di campagna, arrivata a Londra per conquistare il mondo e finita dentro una storia (di quelle impossibili) più grande di lei.
La regia, a mio avviso, ha fatto cose incredibili e il misto fra presente (che non esiste: dovremmo dire "passato recente") e passato (remoto) è così ben orchestrato che lascia sbalorditi.
E, su tutto, la musica che la fa da padrona.
La musica che annoda fili, tesse trame, riempie buchi, colora quadri potenzialmente grigi. Insomma: la musica su tutto.
Parlare di più, in un film come questo, rischierebbe di svelare troppe cose che lo spettatore deve capire da solo, ma certo è che la McKenzie fa un gran lavoro e basta da sola a tenere in piedi il filmone.
Pollice verso per il personaggio di Michael Ajao, veramente brutto (come personaggio, appunto, non come attore) e assolutamente censurabile.
Si poteva inserire un carattere diverso che non un tonto rimbambito: è strano che il personaggio di Ellie, pur mostrandosi come una ingenuotta di campagna, finisca fra le braccia di siffatto imbranato.
Anche Diane Riggs non è nel personaggio: troppo sopra le righe e poco convincente. CI sarebbe voluto un tipo diverso di recitazione, meno gigione e più serioso.
Il personaggio della madre di Ellie poi non è per nulla particolareggiato: la signora resta un ombra quasi impercettibile per tutta la durata del film, mentre, a ben vedere, con la sua "eredità" psichica semprerebbe esser la causa principale dei problemi della ragazza: a mio avviso questo personaggio necessitava di una maggiore importanza nella trama. Insomma: il compitino è stato fatto, ma lo svolgimento è frettoloso e raffazzonato.
Vero è comunque che non tutte le ciambelle possono riuscire col buco e questi elementi forse sono la parte più debole di tutto il film.
Comunque io trovo questo film "quasi" un capolavoro.
Punto.
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eugenio
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sabato 13 novembre 2021
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incubi vittoriani
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Raramente si vedono pellicole capaci di coniugare musical, thriller e una vena di horror psicologico e intrattenere lo spettatore per due orette senza pensieri al cinema. Se poi l’ambientazione è quella di una Londra “tenebrosa” di inizio anni ’60, dei bar, delle starlette, del tema tanto caro alla letteratura novecentesca ovvero il doppio in tutte le sue forme, le sfumature ambigue di cui tanta prosa ci ha parlato, da Svevo a Pirandello, da Proust a Borges e la protagonista è una giovane in cerca di una sua identità, allora il colpo è fatto e la mimesis completa.
Senza dimenticare un retrogusto alla Schnitzler, perché si, c’è qualche nota di Doppio Sogno in Ultima notte a Soho di Edgar Wright.
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Raramente si vedono pellicole capaci di coniugare musical, thriller e una vena di horror psicologico e intrattenere lo spettatore per due orette senza pensieri al cinema. Se poi l’ambientazione è quella di una Londra “tenebrosa” di inizio anni ’60, dei bar, delle starlette, del tema tanto caro alla letteratura novecentesca ovvero il doppio in tutte le sue forme, le sfumature ambigue di cui tanta prosa ci ha parlato, da Svevo a Pirandello, da Proust a Borges e la protagonista è una giovane in cerca di una sua identità, allora il colpo è fatto e la mimesis completa.
Senza dimenticare un retrogusto alla Schnitzler, perché si, c’è qualche nota di Doppio Sogno in Ultima notte a Soho di Edgar Wright. La protagonista, la ventenne Eloise, detta Ellie (Thomasin Mc Kenzie), giunge nella city di Londra per frequentare una scuola di stilisti. Viene dalla Cornovaglia, ama le canzoni degli anni sessanta, è stata allevata dalla nonna dopo che la madre si è suicidata e il padre sparito. Nei suoi movimenti timidi iniziali, vediamo il classico pesce fuor d’acqua muoversi in una città a lei foriera ma da cui è irresistibilmente attratta. Le sue compagne, gallinelle d’alto borgo intente a sbevazzar nei locali, la sconvolgono e disgustano, turbando un animo sensibile oltre i confini che separano vita e morte; un animo strettamente ancorato ad un passato tradizionalista, un alcova in cui rifugiarsi nell’immaginario di quei favolosi anni ’60 a cui la ragazza vorrebbe tendere anche nelle sue creazioni.
Decide quindi di lasciare lo studentato prendendo in affitto una stanzetta (che sa tanto di inquilino da Terzo piano di Polanski) da una vecchia signora di Soho, Ms Ellis, concedendosi un’autonomia decisionale e una libertà a lei foriera. E in quel luogo così in linea con il suo orizzonte estetico, Ellie inizia a sognare di Alexandra, detta Sandie, aspirante cantante nella Swinging London, e tramite lei vedere i suoi desideri, le sue eleganti seduzioni, i suoi sogni di ballerina da avanspettacolo di una vita che si svela ogni notte. Peccato che quella matrice idilliaca fiabesca, sia tutt’altro che un sogno di purezza e candida giovinezza, quanto purtroppo un incubo marcescente fatto di violenza e sopruso, sfruttamento sessuale e morte.
Ultima notte a Soho è un gioiellino di cinema completo. Spazia su tutti i generi con una musica azzeccata (su tutti Downtown di Petula Clark), scegliendo con saggezza e un filo di retorica i climax con relativa catarsi finale ad effetto. Intelligente, furbo, diverte e stupisce con la storia di parte del Novecento inglese forte di un doppiaggio di grande effetto e caratura (su cui si eleva la voce arrocchita di Aurora Cancian- Miss Ellis) e insieme ci parla del distico ineluttabile amore-morte, odio et amo e in tralice di una dicotomia assai conservatrice e ancorata a logiche patriarcali.
Orchestrato con musiche e colonne sonora a dettare ritmi, tempi e movimenti, il film si specchia in continui risvolti sogno-realtà capaci di rendere Ellie, spaurita adolescente, testimone di esecrabile violenza fino a non riuscire più a sottendere, inquietamente, quel labile confine tra un passato prima mitizzato e nostalgico e ora spaventoso e raccapricciante. Wright indugia con la macchina da presa sulla giovane protagonista riuscendo a coglierne le sfumature, l’angoscia, il resoconto pedissequo di un’apparenza che spesso inganna, priva di scrupoli.
Ma fa sua la lezione del cinema americano, rimescola tutto, ricerca l’effetto, l’artificio, conclude in fretta e si schiera troppo in linea con le esigenze imposte dalla contemporaneità, scelta di bon ton antifemminista o altro?
Non è chiaro, la certezza è Wright ha colto nel segno riuscendo, per due ore almeno, a farci dimenticare gli spettri di questo nostro presente, deliziandoci e al tempo stesso facendoci saltare qualche volta dalla poltrona con qualche colpo a effetto, sempre noto, ma ogni volta diverso.
Ma questa, si sa, pertiene alla magia del cinema.
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abramo rizzardo
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sabato 13 novembre 2021
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un nuovo modo di fare cinema
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Già il titolo del film rimanda alla celebre canzone dei “ Dave Dee, Dozy, Beaky, Mich & Tech ”: sembra di essere, fin dalle prime sequenze, immersi nel film cult “ Suspiria ” di Dario Argento, con una fotografia, una regia ed una mise-en-scène impressionante, nel senso più stupefacente del termine, capace di osare così tanto da sfiorare una piccola rivoluzione nel modo di narrare cinematograficamente le storie.
È la storia di Ellie, ossessionata dagli anni sessanta, che dalla campagna della Cornovaglia, va nel cuore di Londra per studiare al London College of Fashion, per aspirare a diventare una famosa icona della moda.
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Già il titolo del film rimanda alla celebre canzone dei “ Dave Dee, Dozy, Beaky, Mich & Tech ”: sembra di essere, fin dalle prime sequenze, immersi nel film cult “ Suspiria ” di Dario Argento, con una fotografia, una regia ed una mise-en-scène impressionante, nel senso più stupefacente del termine, capace di osare così tanto da sfiorare una piccola rivoluzione nel modo di narrare cinematograficamente le storie.
È la storia di Ellie, ossessionata dagli anni sessanta, che dalla campagna della Cornovaglia, va nel cuore di Londra per studiare al London College of Fashion, per aspirare a diventare una famosa icona della moda.
Già dall'inizio comprendiamo i problemi della ragazza: occasionalmente ella vede, dagli specchi, sua madre, suicidatasi tempo addietro, cercando di ascendere nella carriera della moda, proprio come la figlia; ed è anche questo il seme che viene tramandato da madre a figlia, quello di poter vedere il passato, i fantasmi: Ellie è come abbiamo detto innamorata degli anni sessanta, e come accade in “Midnight in Paris”, ogni sera, quando mette su un vinile preciso ( dopo aver preso una stanza a Londra presso un'anziana rigida e misteriosa, magistralmente interpretata da Diana Rigg ), torna nella Londra degli anni che ha sempre amato: qui Edgar Wright non ci vede più, mette la marcia in quarta e ci trasporta nella maniera più sensazionale possibile all'interno di un mondo fatto di luci a neon coloratissime, balli energici e sguardi provocanti...ma questo sembra l'inizio di una favola, ed ecco che incombiamo nel principio di un incubo: di notte, Ellie inizia ad avere le visioni di Sandie ( una delle interpretazioni più spettacolari e magistrali di Anya Taylor-Joy, scoperta da Robert Eggers con The VVitch pochi anni fa ), una ragazza ombra che diverrà d'ispirazione per la protagonista, nel creare vestiti nel mondo reale.
Si va dunque tutte le sere a Downtown...una losca figura, Jack, inizia a tormentare Sandie, che la immerge nel mondo dello spettacolo chiedendo favoritismi sessuali in cambio: memorabile la sequenza dove attraverso un piano sequenza così visionario da far accapponare la pelle, assistiamo al degrado della notte, della Londra più oscura, del mondo dell'intrattenimento da dietro il sipario, delle luci della ribalta più allucinanti; un susseguirsi di sensazionali sequenze, dove realtà e lucida follia si mescolano, creando un genere particolare e aspirando ad una qualità narrativa di un nuovo linguaggio e perfettamente capibile al tempo stesso.
Un Matt Smith nel pieno delle sua possibilità, terrificante e magnetico al tempo stesso.
Fugaci apparizioni di un veterano Terence Stamp, che diverrà protagonista di un colpo di scena ben studiato e ben messo in scena.
Giovani attori e giovane regista, che insieme fanno un lavoro ammirabile, e che negli anni diverrà probabilmente un vero e proprio film di culto: Thomasin McKenzie dimostra, attraverso i suoi sguardi spaventati oltre ogni dire, capaci di far accapponare la pelle, filtrati dalla luce e dal riflesso di un coltello, del trucco scolorato, una capacità recitativa superlativa.
Film che trae ispirazione da capolavori come “ Repulsione ” di Polanski e “ A Venezia ... un dicembre rosso shocking ” di Roeg.
Le scene di ballo, proprio come l'ultima scena “ Druk ” di Thomas Vinterberg, sebbene in maniera molto più spettacolare visivamente, invitano lo spettatore a prendere parte alla scena, prendendogli la mano e trascinandolo con sé.
È dunque lo spettacolo che diventa orrore, diventa il sipario per ogni losco affare, per ogni desiderio più oscuro e tenebroso.
Musiche che per il regista sono pane quotidiano, quindi una più favolosa e storica dell'altra: la sequenza finale, allucinante, visionaria e d'ispirazione, entrerà nella storia.
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peer gynt
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mercoledì 8 settembre 2021
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quando un sogno si trasforma in un incubo
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Ci sono film che, pur mostrando difetti e punti deboli, affascinano e intrigano e conquistano lo stesso lo spettatore. Questo film di Edgar Wright è uno di quelli. Sorta di thriller-horror psicologico sul tema del doppio, del viaggio (sia mentale che fisico) nel passato, della casa infestata dai fantasmi, mostra, come si vede, temi già trattati mille volte e cliché del cinema horror che non possiamo certo definire originali. Eppure la regia ammaliante e vorticosa, la ricostruzione coloratissima della Londra anni '60 e soprattutto la scelta degli attori ne fanno un prodotto vincente. Soprattutto accostare la dolce e timida Thomasin McKenzie alla conturbante, ammaliante e magnetica Anya Taylor-Joy, e fonderle giocando sul tema del doppio, è una giocata vincente, come pure lo è affidare la parte dell'anziana affittacamere ad una quasi irriconoscibile Diana Rigg, splendida in questa sua ultima interpretazione (e come non sovrapporre a questo suo inquietante personaggio qualcosa dell'irriverente ironia della splendida Emma Peel di "Agente speciale"?).
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Ci sono film che, pur mostrando difetti e punti deboli, affascinano e intrigano e conquistano lo stesso lo spettatore. Questo film di Edgar Wright è uno di quelli. Sorta di thriller-horror psicologico sul tema del doppio, del viaggio (sia mentale che fisico) nel passato, della casa infestata dai fantasmi, mostra, come si vede, temi già trattati mille volte e cliché del cinema horror che non possiamo certo definire originali. Eppure la regia ammaliante e vorticosa, la ricostruzione coloratissima della Londra anni '60 e soprattutto la scelta degli attori ne fanno un prodotto vincente. Soprattutto accostare la dolce e timida Thomasin McKenzie alla conturbante, ammaliante e magnetica Anya Taylor-Joy, e fonderle giocando sul tema del doppio, è una giocata vincente, come pure lo è affidare la parte dell'anziana affittacamere ad una quasi irriconoscibile Diana Rigg, splendida in questa sua ultima interpretazione (e come non sovrapporre a questo suo inquietante personaggio qualcosa dell'irriverente ironia della splendida Emma Peel di "Agente speciale"?). Insomma un film piacevole da vedere e gustoso da ascoltare e al quale mi sembra doveroso perdonare qualche caduta di tono soprattutto sul versante della drammaturgia horror.
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