felicity
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mercoledì 29 giugno 2022
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dramma intimo e potente
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Drive my Car dà forma all’amore, a quel sentimento eterno in grado di sopravvivere alla morte.
Non si può scappare dalla passione, soprattutto quando questa è stata forte come quella tra Yusuke e Oto.
Drive my Car è un insieme di storie all’interno di una storia. La più intrigante è quella della studentessa raccontata da Oto e di cui il protagonista avrà piena consapevolezza solo più avanti.
Con Drive my Car siamo di fronte ad una complessità narrativa che ne giustifica la durata e la dilatazione.
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martedì 5 aprile 2022
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due anime in pena che si confortano a vicenda
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Yûsuke Kafuku è un attore e regista teatrale, che ha da poco perso la moglie per un'emorragia cerebrale. Anche per superare la drammatica separazione, decide di accettare di dirigere a Hiroshima l'allestimento dello Zio Vanja di Cechov. Il quale prevede, oltre ai dialoghi in giapponese, anche in coreano, cinese, filippino e un personaggio sordomuto. Dovrà però rinunciare a guidare la sua amata auto, dove tramite una musicassetta, dialoga con la moglie. La compagnia teatrale gli affida una giovane autista, altra anima tormentata. I due si conosceranno gradualmente, anche per il carattere algido di lei. Ma nei drammi che si portano dentro, troveranno anche un punto di unione. Vincitore del Premio Oscar come Migliore film straniero, questa pellicola sembra però sforzarsi troppo di ergersi a poesia sofisticata.
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Yûsuke Kafuku è un attore e regista teatrale, che ha da poco perso la moglie per un'emorragia cerebrale. Anche per superare la drammatica separazione, decide di accettare di dirigere a Hiroshima l'allestimento dello Zio Vanja di Cechov. Il quale prevede, oltre ai dialoghi in giapponese, anche in coreano, cinese, filippino e un personaggio sordomuto. Dovrà però rinunciare a guidare la sua amata auto, dove tramite una musicassetta, dialoga con la moglie. La compagnia teatrale gli affida una giovane autista, altra anima tormentata. I due si conosceranno gradualmente, anche per il carattere algido di lei. Ma nei drammi che si portano dentro, troveranno anche un punto di unione. Vincitore del Premio Oscar come Migliore film straniero, questa pellicola sembra però sforzarsi troppo di ergersi a poesia sofisticata. Cosa che del resto è nelle corde del cinema giapponese. Tuttavia, 3 ore appaiono una esagerazione, così come i ritmi lenti e sornioni. La storia è sicuramente toccante, tratta da un racconto di Murakami Haruki presente nella raccolta "Uomini senza donne". Ma lo spettatore rischia di trovarsi davanti un mattone del quale perde di tanto in tanto il filo.
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giovanni_b_southern
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giovedì 31 marzo 2022
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molto bello
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Teatro e vita che si fondono. Oscar meritato. Se si pensa che era in lizza con il mediocre <<è stata la mano di Dio>> l'Oscar era logico e dovuto. A parte ciò : ottimo film. Veramente
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chicalinda
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giovedì 31 marzo 2022
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accettazione della sofferenza
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Recitazione elegante toni movenze tipiche del Sol Levante!!
Cinematografia innovativa conferma quanto già visto in "IL gioco del destino e della fantasia" letteratura e poesia che si materializzano nelle immagini.
La sceneggiatura meravigliosa declina i temi di Zio Vanja di Cechov, con un appello concedersi il diritto alla sofferenza.
Soffrire senza aver paura, la sofferenza componente della vita " Bisogna vivere " cosi ci dice Cechov.
La paura della sofferenza ci allontana dalla verità e dalla vita stessa, per imparare a vivere bisogna saper soffrire.
Dialoghi avvincenti e coinvolgenti a tratti di grande emozione grazie ad una recitazione magistrale.
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Recitazione elegante toni movenze tipiche del Sol Levante!!
Cinematografia innovativa conferma quanto già visto in "IL gioco del destino e della fantasia" letteratura e poesia che si materializzano nelle immagini.
La sceneggiatura meravigliosa declina i temi di Zio Vanja di Cechov, con un appello concedersi il diritto alla sofferenza.
Soffrire senza aver paura, la sofferenza componente della vita " Bisogna vivere " cosi ci dice Cechov.
La paura della sofferenza ci allontana dalla verità e dalla vita stessa, per imparare a vivere bisogna saper soffrire.
Dialoghi avvincenti e coinvolgenti a tratti di grande emozione grazie ad una recitazione magistrale.
Un film non facile fatto di parole ..... Strano che abbia avuto un riconoscimento Americano!!!!
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stefano capasso
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mercoledì 30 marzo 2022
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paura, ricerca della verità e amore
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La morte dell’amata moglie è un evento che pesa ancora troppo nella vita di Yusuke Kafusu, noto regista teatrale giapponese, grande esperto di Cechov. Quando accetta di dirigere Zio Vanja in un festival ad Hiroshima incontrerà delle persone che in qualche modo sapranno rimettere in piedi la sua vita. In particolare le conversazioni con Misaki, la sua giovane autista, con la quale condivide ricordi complessi, consentiranno all’uomo, e alla donna di elaborare le dolorose memorie del passato.
Quella di Ryûsuke Hamaguchi è una sfida al cinema mainstream, con la sua storia fatta di scene lunghissime, di silenzi altrettanto lunghi, addirittura in alcuni momenti la traccia sonora scompare del tutto, e su tutto la durata di 3 ore.
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La morte dell’amata moglie è un evento che pesa ancora troppo nella vita di Yusuke Kafusu, noto regista teatrale giapponese, grande esperto di Cechov. Quando accetta di dirigere Zio Vanja in un festival ad Hiroshima incontrerà delle persone che in qualche modo sapranno rimettere in piedi la sua vita. In particolare le conversazioni con Misaki, la sua giovane autista, con la quale condivide ricordi complessi, consentiranno all’uomo, e alla donna di elaborare le dolorose memorie del passato.
Quella di Ryûsuke Hamaguchi è una sfida al cinema mainstream, con la sua storia fatta di scene lunghissime, di silenzi altrettanto lunghi, addirittura in alcuni momenti la traccia sonora scompare del tutto, e su tutto la durata di 3 ore.
Messa in scena estremamente curata, Hamaguchi alterna continuamente pian i molto stretti a magnifici campi lunghi, proprio a sottolineare la difficoltà dei protagonisti di entrare in contatto pieno innanzitutto con le proprie emozioni. La paura che impedisce di manifestarsi in modo appropriato, che porta a creare scorciatoie comportamentali difficile da digerire e che generano solo rimpianto e amarezza. La paura do comunicare se stessi agli altri, di perdere quello che si ha, di scoprirsi estremamente vulnerabili, guida i personaggi del film fino a renderli apparentemente impassibile. Ma, di nuovo, è l’incontro con l’altro che dà la possibilità di scoprirsi e quindi di conoscersi sotto nuovi aspetti, di essere sempre più vicino al vero, condizione indispensabile per amare. La ricerca della verità, quanto è importante per le relazioni, si fonde con la paura e trova spazio nella rappresentazione teatrale che il film si propone di portare a termine, una rappresentazione che è il paradigma della stessa storia raccontata.
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peer gynt
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martedì 22 febbraio 2022
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il testo ti interroga
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Il regista teatrale Yusuke ama riamato la moglie Oto. Ma fra loro si è creato un abisso dalla morte prematura della loro figlia. Una sera Yusuke, che sa che la moglie pur amandolo lo tradisce, torna a casa tardi e la trova morta di emorragia cerebrale. Questo prologo, di ben 40 minuti, precede i titoli e il resto della storia. Yusuke accetta di recarsi ad Hiroshima per un progetto teatrale impegnativo: rappresentare lo Zio Vanja di Cechov con attori che parlano lingue diverse. Durante la selezione del cast compie anche delle scelte coraggiose, anche se forse discutibili: sceglie ad interpretare Sonja (il personaggio che nel testo cechoviano ha il privilegio del lungo monologo finale) un’attrice sordomuta che recita usando il linguaggio dei segni, mentre per il maturo zio Vanja sceglie un giovane attore che aveva interpretato i lavori della moglie Oto e di cui sospetta sia stato anche l’amante.
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Il regista teatrale Yusuke ama riamato la moglie Oto. Ma fra loro si è creato un abisso dalla morte prematura della loro figlia. Una sera Yusuke, che sa che la moglie pur amandolo lo tradisce, torna a casa tardi e la trova morta di emorragia cerebrale. Questo prologo, di ben 40 minuti, precede i titoli e il resto della storia. Yusuke accetta di recarsi ad Hiroshima per un progetto teatrale impegnativo: rappresentare lo Zio Vanja di Cechov con attori che parlano lingue diverse. Durante la selezione del cast compie anche delle scelte coraggiose, anche se forse discutibili: sceglie ad interpretare Sonja (il personaggio che nel testo cechoviano ha il privilegio del lungo monologo finale) un’attrice sordomuta che recita usando il linguaggio dei segni, mentre per il maturo zio Vanja sceglie un giovane attore che aveva interpretato i lavori della moglie Oto e di cui sospetta sia stato anche l’amante. A Yusuke però viene imposta un’autista che lo accompagna tutti i giorni al lavoro: una norma contrattuale di sicurezza che lui, a malincuore, deve accettare. La sua autista è una giovane ragazza di 23 anni, Misaki, che ha più o meno l’età che avrebbe avuto sua figlia se fosse sopravvissuta. All’inizio il rapporto fra i due è freddo e distaccato, ma poi lentamente i due si aprono l’uno verso l’altro. Anche Misaki, infatti, pensa continuamente a una persona di famiglia morta: per le è sua madre, con la quale viveva un rapporto complesso, fatto di odio (perché la picchiava) e di riconoscenza (perché l’ha costretta ad imparare a guidare benissimo e quindi è alla severità della madre che deve il suo lavoro).
Yusuke e Misaki sono insomma quelli che sopravvivono ma continuano a pensare ai loro morti. Sono, in questo, molto simili ai personaggi del dramma di Cechov, personaggi dominati dal rimpianto per ciò che non è stato e per ciò che non hanno potuto fare, ed è questo rimpianto che li porta all’immobilismo paralizzante delle loro vite.
Sarà proprio il testo di Cechov, che con la sua profondità ti interroga e ti mette di fronte al te stesso più nascosto, che li porterà a decidere qualcosa, ad abbandonare i rimpianti. In una scena molto coinvolgente, il monologo di Sonja recitato a gesti dall’attrice sordomuta (e compreso dagli spettatori grazie alle parole di Cechov che scorrono su un grande schermo), viene “ascoltato” (in questo caso è un vero e proprio ascolto interiore, visto che il testo nella sua presenza sonora è scomparso per farsi gesto) sia da Yusuke, che lo vive sul palco nella parte di Vanja, sia dalla sua autista Misaki, inquadrata mentre segue attentissima in mezzo al pubblico.
E cosa dice il testo? Come ti interroga? Come ti incalza? Ti invita a vivere, ad affrontare con pazienza tutte le sfide, a lavorare per gli altri, a soffrire, a piangere, e infine a morire in silenzio, e con questo a guadagnarti lo sguardo benevolo e la misericordia di Dio.
Ha ragione chi dice che il film è lento e molto parlato, e che quindi potrebbe mettere a dura prova la pazienza dello spettatore, ma basta solo l’intuizione di questa scena, di questo monologo muto, di questo momento in cui un cinema tutto parlato si fa cinema del silenzio e del gesto, per intuire che ci troviamo di fronte ad un’opera di grande profondità e di grande ricchezza umana. Un’opera che fa bene al cinema e anche a chi ha la voglia e la pazienza di porvisi di fronte e farsi interrogare da essa.
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emanuele 1968
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venerdì 18 febbraio 2022
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troppo lungo, concordo con utenti
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Film godibile, penso sia un buon lavoro, mi piace pensare che la vera protagonista sia l'autista della saab rossa , e che dopo la morte della madre aveva aveva ereditato la saab, poi nel suo immaginario abbia costruito una storia col regista dove viene mostrato una verità abbastanza diffusa dove tutto mondo e paese , però per raccontare la storia bastavano 90 minuti......
Multisala, giovedi, ore 20:30 , spettatori tre , prezzo del biglietto euro 9.5 una follia ! nei forum leggo alcuni commenti con scritto " il cinema e morto " per forza con questi prezzi ! in alcune multisale accedere al cinema sta diventando una cosa per facoltosi.
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nicozippi
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lunedì 14 febbraio 2022
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film delicato e complesso
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Un film complesso, per pochi e ben preparati a confrontarsi con la lunga durata e lo stile del regista, fatto di lunghi silenzi e scene intime che portano lo spettatore all'interno della storia. Personalmente ho apprezzato la scelta del regista di non ridurre la storia della moglie del protagonista ad un banale prologo sintetico di cinque minuti, ma di raccontarne le vicende per esteso, in modo tale da creare dei personaggi con tratti psicologici profondi che verranno poi svelati, senza fretta, nel corso della narrazione, e di renderlo un antefatto in tutto e per tutto (titoli di testa a conclusione di tale "capitolo") Tempo e dialogo sono i temi fondamentali della storia: il protagonista, attore e regista teatrale, mette in scena una rivisitazione poli - linguistica di "Zio Vanja", opera di Cechov; nel corso della preparazione dello spettacolo una serie di incontri/confronti lo aiuterà ad affrontare la perdita della moglie e la complessità dei rapporti interpersonali che caratterizzavano la vita di coppia.
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Un film complesso, per pochi e ben preparati a confrontarsi con la lunga durata e lo stile del regista, fatto di lunghi silenzi e scene intime che portano lo spettatore all'interno della storia. Personalmente ho apprezzato la scelta del regista di non ridurre la storia della moglie del protagonista ad un banale prologo sintetico di cinque minuti, ma di raccontarne le vicende per esteso, in modo tale da creare dei personaggi con tratti psicologici profondi che verranno poi svelati, senza fretta, nel corso della narrazione, e di renderlo un antefatto in tutto e per tutto (titoli di testa a conclusione di tale "capitolo") Tempo e dialogo sono i temi fondamentali della storia: il protagonista, attore e regista teatrale, mette in scena una rivisitazione poli - linguistica di "Zio Vanja", opera di Cechov; nel corso della preparazione dello spettacolo una serie di incontri/confronti lo aiuterà ad affrontare la perdita della moglie e la complessità dei rapporti interpersonali che caratterizzavano la vita di coppia. Un'autista, personaggio dalla storia travagliata, lo accompagnerà, fisicamente e simbolicamente, in un percorso riflessivo condiviso di una delicatezza più unica che rara, fatto di piccole rivelazioni che arrivano a tempo debito, dopo una progressiva conoscenza reciproca maturata lungo la strada percorsa ogni giorno assieme. Scene da ricordare: monologo finale; cena dall'assistente regista.
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clavius
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lunedì 31 gennaio 2022
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dire tutto affinché nulla sia chiaro...
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Film lungo. Lunghissimo.
Film lento. Lentissimo.
Ma questi in sè non sono difetti. Il problema è la verbosità. E' un film tutto detto. Le emozioni sono dette, i deisideri sono detti così come le paure e le colpe. E' sorprendente come abbia ottenuto tanti consensi dalla critica, una pellicola che mortifica il cinema ed il suo potenziale immaginifico. La prolissità che lo anima arriva a soffocare tutte le tensioni drammatiche che pure (sulla carta) ci sarebbero.
Davvero tre ore indegeste dove la lunghezza e la lentezza a cui mi riferivo all'inizio contribuiscono alla tortura data dal profluvio di parole nelle quali si finisce con l'annegare tristemente.
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sabato 29 gennaio 2022
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cinema letterario ma il cinema è altro
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Lo definiscono cinema letterario, io l'ho trovato solo verboso e monocorde: tante parole e pochissima emozione. Eccessivamente lungo (3 ore) per una storia semplice semplice: l'accettazione e rielaborazione del lutto di un regista e della sua autista. Qualcuno parla di poesia ma le citazioni letterarie e teatrali non fanno cinema. Attori che sembrano algidi, solo la fotografia in alcuni passaggi trasmette emozione. Per me decisamente sopravvalutato.
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